TAR Campania (NA) Sez. II n. 2515 del 17 aprile 2018
Urbanistica.Rapporto tra ordine di demolizione dell’immobile abusivo e sequestro penale

Il Collegio, pur conoscendo il recente indirizzo assunto dal Giudice d’appello (VI, 17.5.2017, n.2337), ritiene di aderire al consolidato orientamento secondo cui il profilo amministrativo e quello penalistico, entrambi connessi e conseguenti alla realizzazione di opere abusive, operano su distinti piani e secondo diverse cadenze temporali, potendo l’azione amministrativa o quella del privato, per quel che riguarda l’effettiva rimozione del manufatto abusivo, essere poste in essere a conclusione della fase processuale penale o prendendo le iniziative occorrenti per il dissequestro dell’immobile (cfr. ex multis TAR Sicilia, Palermo, 4.7.2017, n. 1776; TAR Lazio, Roma, I-quater, 2.4.2015, n. 4970) (segnlazione e massima Avv. M. BALLETTA)

Pubblicato il 17/04/2018

N. 02515/2018 REG.PROV.COLL.

N. 05636/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5636 del 2013 proposto dai Sigg. Ruotolo Vincenzo e Cirillo Maria Teresa, rappresentati e difesi dagli avv. Loris Laino e Antonia Dal Ponte e con domicilio eletto presso lo studio Laudadio-Scotto in Napoli, Via F. Caracciolo n.15;

contro

Comune di Casalnuovo di Napoli in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Luisa Errichiello e con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR di Napoli;

per l'annullamento

della Disposizione dirigenziale n.35120 del 30/8/2013 di acquisizione gratuita al patrimonio comunale del manufatto alla Via Orazio n.6 di cui al fl.4 sub 5 p.lla 860.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la costituzione del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Vista la memoria del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Vista la memoria di parte ricorrente;

Vista la memoria del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato Relatore all’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2018 il Cons. Gabriele Nunziata e uditi gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Espongono in fatto i ricorrenti di essere comproprietari di immobile in Casalnuovo - Via Orazio n.6 – di cui al fl.4 p.lla 860 ricadente in zona B1, sul quale veniva realizzato un terzo piano senza titolo abilitativo. Venne adottata ordinanza di demolizione n.51/2007 impugnata innanzi a questo Tribunale, richiedendo di poter regolarizzare la propria posizione con istanza di sanatoria, fino all’adozione dell’impugnato provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

Il Comune di Casalnuovo si è costituito per dedurre che, in disparte il provvedimento impugnato con ricorso Rg. n.6925 del 2007, i ricorrenti presentavano istanza di sanatoria denegata con provvedimento impugnato con ricorso Rg. n.1425 del 2008 e rigettato giusta sentenza n.5654 del 2015, il che giustificava l’ordinanza per accertamento dell’inottemperanza qui impugnata; i motivi di ricorso sono stati oggetto di specifiche repliche con riferimento specifico alla circostanza che in zona B1 la ristrutturazione è consentita a parità di volume preesistente e superficie utile

Alla udienza pubblica del 20 marzo 2018 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.

DIRITTO

1.Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la violazione dell’art.31 del DPR n.380/2001, nonché l’inesistenza dei presupposti, l’eccesso di potere, il difetto di motivazione e di istruttoria.

2. Il Collegio, premesso che ai fini della definizione della presente controversia non appare necessario attendere l’esito del giudizio incardinato presso il Consiglio di Stato con Rg. n.5309 del 2016 – peraltro neanche fissato alla data odierna - avverso la sentenza di questo Tribunale n.5654 del 2015 che rigettava il gravame avverso il diniego di sanatoria del 3° piano, ritiene di osservare in via preliminare che, con riguardo ad un organismo edilizio autonomamente utilizzabile siccome realizzato in assenza di titolo autorizzativo, in caso di ordine di demolizione ed anche di acquisizione al patrimonio dell’Ente, non è richiesta una specifica motivazione che dia conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico sottese alla determinazione assunta o della comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, in quanto il presupposto per l'adozione dell'ordine de quo è costituito esclusivamente dalla constatata esecuzione dell'opera in difformità dal titolo abilitativo o in sua assenza, con la conseguenza che il provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con la descrizione delle opere abusive e il richiamo alla loro accertata abusività (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 4.2.2012, n. 227; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 9.2.2012, n. 693).

2.1 Nel caso in esame, poi, il Tribunale rileva che già in sede di delibazione del ricorso distinto con Rg. n.6925 del 2007, proposto avverso la presupposta ordinanza di demolizione n.51/2007 e chiamato all’odierna udienza pubblica, è stato evidenziato che, come peraltro già affermato nella sentenza n.5654 del 2015 che rigettava il gravame avverso il diniego di sanatoria del 3° piano, si rientra in Zona B1 ove non era consentito l’aumento di superficie utile e volumetria ed in ogni caso in zona satura in cui non è possibile una nuova edificazione; peraltro l’art.22 NTA vigenti nel Comune di Casalnuovo consente interventi di ricostruzione, ristrutturazione edilizia, trasformazione interna, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo a parità di volume preesistente e superficie utile, ragion per cui le caratteristiche delle opere realizzate abusivamente sono incompatibili con la normativa urbanistico-edilizia vigente.

3. Nello specifico del presente gravame va poi evidenziato che l’impugnata Disposizione di acquisizione gratuita al patrimonio comunale costituisce misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza all'ordine di demolizione e -in quanto ricompresa fra i provvedimenti adottati nell'esercizio del potere di vigilanza in materia edilizia- rientra nella competenza del dirigente ai sensi dell'art. 27 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell'art. 107, terzo comma, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 23/01/2014, n. 475) e rispetto ad essa può eventualmente seguire (e non precedere, come sostenuto nel quinto motivo di ricorso), ai sensi del comma 5 dell’art. 31, la deliberazione consiliare dichiarativa dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici che ne inibisce la demolizione.

3.1 Ai fini della reiezione delle censure sviluppate da parte ricorrente, non può poi assumere rilevanza l'assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite mediante l'acquisizione, essendo in re ipsa l'interesse all'adozione delle misure, stante la natura interamente vincolata del provvedimento, sicché risulta necessario solo che in detto atto siano esattamente individuate ed elencate le opere e la relativa area di sedime. Tuttavia, non potendosi ragionevolmente ritenere che il Legislatore abbia rimesso la determinazione dell'ulteriore area acquisibile al puro arbitrio dell'Amministrazione, quest’ultima è tenuta a specificare, volta per volta, in motivazione le ragioni che rendono necessario disporre l'ulteriore acquisto, nonché ad indicare con precisione l'ulteriore area di cui viene disposta l'acquisizione.

Ora nella fattispecie non pare suscettibile di positiva valutazione il rilievo in termini di genericità formulato da parte ricorrente, ove si consideri che l’acquisizione si estende esclusivamente alla parte che rappresenta l’effettiva area di sedime dell’abuso come afferente il manufatto allo stato grezzo tompagnato, completo di torrino scala e solaio in c.a., p.lla 860 fl.4 sub 5; del resto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive è atto dovuto, senza alcun contenuto discrezionale, avente natura meramente dichiarativa, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e del decorso del termine di legge fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, che opera automaticamente con riguardo all’opera abusiva ed all’area di sedime. L'acquisizione opera di diritto e automaticamente allo scadere del termine stabilito, con la conseguenza che l'accertamento all'inottemperanza all'ingiunzione ha solo valenza di titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, cosicché la sua notifica all'interessato ha una sua esclusiva funzione certificativa dell'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà.

3.1 Non troverebbero ingresso neanche le censure di natura procedimentale, essendo orientamento della Sezione (da ultimo, n.203/2014) che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione e la stessa acquisizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, dunque, non devono essere preceduti da tale comunicazione, perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime; inoltre, seppure si aderisse all'orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione, troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l'art. 21-octies, comma 2, prima parte, della Legge n. 241/1990 (introdotto dalla Legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento ... qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Deve, con tali premesse, ritenersi che del tutto legittimamente è stato adottato il contestato provvedimento repressivo, ove si consideri che in siffatta materia, attesa la natura vincolata del potere, non è configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può, di per sé, legittimare in via di fatto. Infatti in materia urbanistica la constatata esecuzione dell’opera in difformità dal titolo abilitativo o in assenza dello stesso fa sì che l’interesse pubblico alla rimozione della stessa sia “in re ipsa”, senza alcun margine per apprezzamenti discrezionali da parte dell’Amministrazione che è, viceversa, tenuta istituzionalmente a garantire il corretto utilizzo del territorio senza effettuare alcuna comparazione degli interessi, pubblici e privati, coinvolti nella singola vicenda.

3.2 Da ultimo, quanto all’asserita nullità dell’ordine impugnato in costanza del sequestro penale dell’immobile e della conseguente impossibilità giuridica di adempiere, il Collegio, pur conoscendo il recente indirizzo assunto dal Giudice d’appello (VI, 17.5.2017, n.2337), ritiene di aderire al consolidato orientamento secondo cui il profilo amministrativo e quello penalistico, entrambi connessi e conseguenti alla realizzazione di opere abusive, operano su distinti piani e secondo diverse cadenze temporali, potendo l’azione amministrativa o quella del privato, per quel che riguarda l’effettiva rimozione del manufatto abusivo, essere poste in essere a conclusione della fase processuale penale o prendendo le iniziative occorrenti per il dissequestro dell’immobile (cfr. ex multis TAR Sicilia, Palermo, 4.7.2017, n. 1776; TAR Lazio, Roma, I-quater, 2.4.2015, n. 4970). Ne discende che devono qualificarsi legittimi i provvedimenti demolitori e acquisitivi emessi dall’amministrazione comunale anche in pendenza di sequestro penale sul manufatto abusivo, non costituendo tale evenienza un impedimento assoluto alla demolizione. Invero, il sequestro penale di un immobile abusivo non esclude di per sé la possibilità di procedere alla demolizione delle opere abusive, così come, per contro, non giustifica l’inerzia del privato dettata dal mero rispetto delle esigenze processuali che possono averlo determinato. Il privato, che voglia evitare l’effetto ablatorio connesso ope legis alla scadenza del termine per ottemperare all’ordine di demolizione, deve tenere un comportamento attivo volto comunque ad eliminare l’abuso perpetrato: pertanto, deve sollecitare all’autorità giudiziaria il dissequestro, secondo la procedura prevista dall’art. 85 disp. att. c.p.p., allo scopo di poter provvedere direttamente all’eliminazione, sicché, in tal caso, soltanto il rigetto dell’istanza – nella specie non intervenuto – giustificherebbe il factum principis che potrebbe inibire l’ordine di demolizione e/o l’avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale (cfr. Cons. Stato, VI, 28.1.2016, n.335; C.G.A., Sez. Giurisd., 18.9.2012, n. 768; Cons. Stato, IV, 6.3.2012, n. 1260; TAR Campania, Napoli, II, 13.11.2017, n.5353; 22.3.2016 n. 1477; VI, 2.5.2012, n. 2000; VIII, 9.2.2012, n. 693).

Non si può neanche fondatamente asserire che la richiesta di dissequestro inciderebbe irreparabilmente, conculcando i principi costituzionali di difesa e di giusto processo, sulla possibilità per l’imputato di scegliere liberamente i mezzi di prova di cui servirsi in sede dibattimentale. Infatti, una volta intervenuto il dissequestro, l’imputato potrebbe utilmente conciliare la tempestiva ottemperanza all’ordine di demolizione con le eventuali esigenze probatorie ricorrendo allo strumento dell’incidente probatorio di cui all’art. 392 c.p.p., attraverso il quale sarebbe in grado di ottenere in tempi brevi una perizia o un esperimento giudiziale, da inserire agli atti del dibattimento, su cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile, come espressamente previsto dal comma 1, lett. f), della citata disposizione. Nemmeno appare attendibile la tesi che l’ottemperanza all’ordinanza di demolizione possa integrare un implicito riconoscimento di colpevolezza in sede penale, poiché è evidente che in tal caso la rimozione dell’immobile abusivo non è indotta da una sorta di ravvedimento operoso, ma dalla necessità di adempiere ad un preciso ordine esecutivo dell’autorità comunale al fine di evitare la più afflittiva misura dell’acquisizione gratuita.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato per come infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta come da motivazione.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 20 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Pennetti, Presidente

Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Consigliere

 
        

 
        

L'ESTENSORE
        

IL PRESIDENTE

Gabriele Nunziata
        

Giancarlo Pennetti