TAR Marche Sez. I n. 180 del 11 marzo 2020
Urbanistica.Piano regolatore e VAS

La valutazione ambientale strategica riguarda il piano regolatore (o le varianti generali) nel suo (nel loro) complesso e non certo singole aree o singoli interventi (a meno che non si tratti di aree destinate ad ospitare grandi infrastrutture pubbliche o private, quali stazioni, terminal degli autobus, centri commerciali, etc.).

Pubblicato il 11/03/2020

N. 00180/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00376/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 376 del 2014, proposto da
Gabriella Trillini, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Pesaresi, con lo stesso domiciliata presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

contro

Comune di Osimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Andrea Galvani in Ancona, corso Mazzini, 156;

nei confronti

Provincia di Ancona, non costituita in giudizio;

per l'accertamento e la declaratoria

della decadenza del vincolo preordinato all'esproprio imposto sulla proprietà della ricorrente, come in atti individuata, dalla Variante Generale al Piano Regolatore Generale 2005 del Comune di Osimo approvato definitivamente con deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 23 aprile 2008, pubblicata sul BUR Marche n. 56 del 12 giugno 2008,

e per l’annullamento

del provvedimento di diniego adottato con deliberazione del Consiglio Comunale di Osimo n. 15 del 9 aprile 2014 in relazione all’istanza della ricorrente datata 29 novembre 2013 (prot. n. 36584 del 30 novembre 2013 del Comune di Osimo), nonché di ogni altro atto o provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché non conosciuto, comunicato o pubblicato, ed in particolare: della Variante Generale al Piano Regolatore Generale 2005 del Comune di Osimo adottata con deliberazione consiliare n. 181 del 21/11/2005, nonché con le successive deliberazioni consiliari n. 104 del 26/7/2006, n. 105 del 27/7/2006, n. 106 del 28/7/2006, n. 107 del 29/7/2006 e n. 108 del 30/7/2007, e definitivamente approvata con delibera del Consiglio Comunale n. 32 del 23/04/2008 pubblicata sul BUR Marche n. 56 del 12/6/2008, nella parte in cui modifica la destinazione urbanistica della proprietà della ricorrente (da B2-1 a F3-1) e vi impone un vincolo preordinato all’esproprio, delle norme tecniche di attuazione del suddetto piano regolatore con le successive modifiche, e in specie degli artt. 1, 2, 4, 5, 6, 54, della delibera del Consiglio Comunale n. 58 del 1/8/2012 recante i criteri per l’esame delle casistiche di stralcio, nonché infine, per quanto eventualmente di rilevanza, delle delibere del Consiglio Comunale n. 71 del 28/07/2010, n. 5 del 25/1/2012, n. 27 del 26/6/2013 e n. 9 del 12/3/2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Osimo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2020 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sig.ra Trillini, nella spiegata qualità di proprietaria di un fondo, su cui insistono due immobili adibiti a civile abitazione, contraddistinti, rispettivamente, al catasto terreni del Comune di Osimo al foglio 40 particelle 859 e 860 e al catasto fabbricati al foglio 40 particella 141 e 142, agisce in questa sede per conseguire:

- la declaratoria di intervenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio imposto sulla proprietà di essa ricorrente dalla variante generale al piano regolatore generale del Comune di Osimo, approvata definitivamente con deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 23 aprile 2008, pubblicata sul BUR Marche n. 56 del 12 giugno 2008;

- l’annullamento del provvedimento di diniego adottato con deliberazione del Consiglio Comunale di Osimo n. 15 del 9 aprile 2014 in relazione all’istanza di essa ricorrente datata 29 novembre 2013, nonché di tutti gli altri atti presupposti connessi e consequenziali indicati in epigrafe;

- l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti di legge per l’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

2. In punto di fatto la ricorrente espone quanto segue.

2.1. Le proprietà immobiliari in questione sono site nella prima periferia della città, in un’area interamente urbanizzata. Sul lato nord della suddetta proprietà e per tutta la sua estensione si trova una stradina privata senza sbocco, denominata via F.lli Trillini, anch’essa di proprietà della ricorrente. La suddetta stradina, realizzata molti anni fa, consente l’accesso carrabile sulla Via Montefanese agli immobili della ricorrente e alle abitazioni che si trovano sul lato opposto della via F.lli Trillini.

2.2. L’area in argomento, negli ultimi decenni, è stata oggetto delle seguenti previsioni urbanistiche:

- negli anni ’60 del XX secolo, allorquando la zona era ancora scarsamente urbanizzata, il piano regolatore vigente ratione temporis aveva previsto l’allargamento della Via F.lli Trillini e la sua eventuale trasformazione in via pubblica carrabile, e ciò in quanto era prevista la lottizzazione del fondo adiacente alla proprietà della ricorrente (lato est) che non aveva allora un adeguato collegamento con la via Montefanese;

- negli anni successivi il Comune di Osimo ha però impresso all’intera zona, attraverso numerose varianti al P.R.G., uno sviluppo completamente diverso rispetto a quello originariamente pianificato negli anni ’60. Anzitutto circa 100 metri più a sud della Via F.lli Trillini e della proprietà della ricorrente è stata aperta la Via Aldo Moro, non prevista dal piano regolatore degli anni ’60, che è divenuta la principale arteria di collegamento del quartiere con la Via Montefanese. Ciò ha fatto venire meno l’esigenza di aprire al traffico pubblico la Via F.lli Trillini, la quale non solo presenta dimensioni esigue, ma è ubicata anche in una posizione assai più sfavorevole e pericolosa rispetto alla Via Aldo Moro (per cui il suo innesto sulla via principale avverrebbe in condizioni di ridotta visibilità per gli automobilisti);

- inoltre la Via F.lli Trillini, in considerazione dell’assetto urbanistico assunto dal comparto, non serve più nemmeno a collegare alla via pubblica il fondo adiacente a quello della ricorrente. Infatti l’edificazione di tale fondo non è avvenuta secondo le prescrizioni del piano regolatore degli anni ’60 (che prevedeva una destinazione residenziale), visto che su di esso è stato costruito un supermercato a cui si accede direttamente e frontalmente dalla Via Aldo Moro. Fra l’altro la costruzione del citato edificio commerciale ha richiesto un imponente sbancamento, onde portare tutta l’area sullo stesso piano e al livello della Via Aldo Moro, il che ha comportato la creazione di una ripida scarpata – trattenuta da muri di contenimento alti sino a 15 metri lungo il confine est e nord con la proprietà della ricorrente e con la Via Primo Maggio – proprio nel punto in cui il piano regolatore degli anni ’60 prevedeva il prolungamento e l’ampliamento della Via F.lli Trillini;

- in considerazione di tali profonde modifiche, il P.R.G. del 1996 ha rimosso qualsiasi vincolo sull’area in questione e destinato la medesima a via privata costituente pertinenza della proprietà della ricorrente e posta a servizio delle abitazioni che si affacciano sulla medesima. Inoltre nell’anno 2000 il Comune, a ulteriore dimostrazione dell’inesistenza di qualsiasi residuo interesse pubblico sulla strada in questione, ha autorizzato la ricorrente a realizzare un muro di cinta alto circa due metri sul confine della sua proprietà per tutta l’estensione della Via F.lli Trillini.

2.3. Inopinatamente, con la variante generale al P.R.G. oggetto della presente impugnativa, è stata ripristinata la previsione del piano regolatore degli anni ’60 e prevista la trasformazione della Via F.lli Trillini in strada pubblica aperta al traffico automobilistico, il tutto in totale ed immotivato ribaltamento delle determinazioni sino ad allora assunte dal Comune e in difetto di un’adeguata istruttoria circa le trasformazioni intervenute nello stato dei luoghi.

2.4. Nel novembre del 2013 il Comune di Osimo ha reso nota la propria volontà di procedere all’approvazione di una nuova variante al P.R.G., invitando i cittadini a formulare osservazioni e proposte di modifica in merito. Essa ricorrente, con istanza datata 29 novembre 2013, ha pertanto presentato una motivata e dettagliata richiesta di riconduzione della suddetta Via F.lli Trillini alla precedente destinazione di mera pertinenza privata delle abitazioni su di essa prospicienti e dunque il ripristino della destinazione urbanistica già prevista dal P.R.G. del 1996.

2.5. Con deliberazione n. 15 del 9 aprile 2014, il Consiglio Comunale di Osimo, pur non individuando alcun interesse pubblico al mantenimento del vincolo, per ragioni meramente procedurali ha sommariamente rigettato la predetta istanza.

3. La sig.ra Trillini ha pertanto notificato il presente ricorso, con il quale formula le domande di cui si è detto al precedente paragrafo 1., le quali sono fondate sulle seguenti ragioni.

3.1. Domanda di declaratoria della intervenuta decadenza, ex art. 9 D.P.R. n. 327/2001, del vincolo preordinato all’esproprio.

A questo proposito la sig.ra Trillini evidenzia che:

- l’art. 9 del T.U. n. 327/2001, come è noto, stabilisce che i vincoli preordinati all’esproprio hanno la durata di cinque anni;

- nella specie il vincolo è stato apposto con il P.R.G. 2005, approvato definitivamente con deliberazione del C.C. n. 32 del 23 aprile 2008 e pubblicato sul BURM n. 56 del 12 giugno 2008. Le pertinenti norme di attuazione (art. 5) prevedono che nelle zone destinate alla infrastrutture stradali (F3-1) “….il P.R.G. si attua mediante intervento diretto…”;

- alla data di presentazione dell’istanza di variante e a fortiori alla data di notifica del ricorso, il termine previsto dall’art. 9 era dunque decorso ed è pacifico che il vincolo apposto sulla proprietà della ricorrente ha perduto qualsiasi efficacia.

3.2. Domanda di annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza del 29 novembre 2013, adottato con deliberazione consiliare n. 15 del 2014.

Al riguardo la ricorrente articola le seguenti censure:

a) violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Illogicità manifesta. Elusione dell’obbligo di provvedere e violazione dell’art. 2 comma 1 L. n. 241/1990. Omissione di atti istruttori e violazione da parte del responsabile del procedimento dell’art. 6, comma 1, let. b, della L. n. 241/1990. Violazione dell’art. 1, comma 2, della L. n. 241/1990 per ingiustificato e pretestuoso aggravamento del procedimento. Violazione dell’art. 10-bis L. n. 241/1990 per omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione.

Al riguardo la ricorrente espone che:

- l’istanza del 29/11/2013, tesa a ottenere il ripristino delle previsioni di PRG del 1996 e l’assegnazione della precedente destinazione urbanistica all’area già oggetto del vincolo, è stata rigettata dal Comune con una motivazione puramente “procedurale”, che se da un lato conferma l’assenza di qualsiasi interesse pubblico alla conservazione del vincolo stesso, dall’altro di fatto lo mantiene surrettiziamente in vita sulla base di un unico rilievo ostativo. Il provvedimento impugnato si basa infatti sul presupposto, secondo cui “…l’istanza non è accoglibile in quanto l’eliminazione della previsione di tracciato stradale e conseguente ripristino della destinazione previgente, ovvero residenziale di completamento B2-1, comporterebbe un aumento del carico urbanistico e di conseguenza sarebbe soggetta a verifica preliminare di V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica)…”;

- la variante oggetto dell’istanza, pur se essenziale per la proprietà della ricorrente, è di portata assai modesta (riguardano essa una stradina lunga circa 40 m) ed oltretutto verte sul semplice ripristino della precedente previsione di piano del 1996. Pertanto, evocare una procedura gravosa come la V.A.S. per un intervento “correttivo” di così modesta rilevanza appare fuori luogo, anche alla luce delle disposizioni regionali che disciplinano la V.A.S. (art. 18 della L.R. n. 6/2007 e s.m.i. e deliberazione della Giunta Regionale n. 1813 del 21 dicembre 2010), le quali a loro volta recepiscono i principi di cui alla direttiva 2001/42/CE e agli artt. 4 e ss. del D.Lgs. n. 152/2006;

- da tale compendio normativo, infatti, si evince la regola generale per cui la V.A.S. deve essere svolta con riguardo a “piani e programmi” di urbanizzazione di vasta portata “…che possono avere un impatto significativo sull’ambiente o sul patrimonio culturale” (art. 18 L.R. n. 6/2007, art. 6 D.Lgs. n. 152/2006) e non per modifiche come quella oggetto dell’istanza della ricorrente, che si risolve nella mera eliminazione della previsione di un vincolo preordinato all’esproprio su una stradina privata sita all’interno di un’area già interamente urbanizzata, operazione dalla quale non può derivare alcun “effetto significativo sull’ambiente”;

- la lacuna motivazionale che affligge l’impugnato diniego è poi tanto più grave se si pensa che la precedente destinazione urbanistica dell’area interessata dal vincolo di esproprio, come anche dell’intera proprietà della ricorrente, era “B2-1”, la quale, ai sensi dell’art. 34 delle NTA, identifica le zone residenziali di completamento “in contesti privi di valenza ambientale”. Inoltre, l’area interessata dal vincolo, per la parte dove è previsto l’ampliamento della strada privata esistente, è di fatto un’area verde in quanto la ricorrente vi ha realizzato un giardino con piante di alto fusto. Il pericolo per l’ambiente viene dunque dalla previsione dell’ampliamento della strada, visto che ciò comporterebbe l’abbattimento di numerosi alberi e l’eliminazione del giardino;

- ma, in ogni caso, il fatto che il Comune ritenesse necessario subordinare l’accoglimento dell’istanza all’effettuazione della V.A.S. non lo esimeva dall’avviare il relativo iter procedurale, investendo della questione l’Autorità che, in base alla normativa regionale, è competente in materia, ossia la Provincia di Ancona;

b) difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti con riguardo allo stato dei luoghi. Violazione del D.M. n. 1444/1968. Violazione dei principi di legalità, efficienza, e buon andamento della P.A. Contraddittorietà con precedenti atti e provvedimenti dell’Amministrazione. Irrazionalità e illogicità manifesta.

Con questo secondo gruppo di censure la ricorrente espone che:

- il procedimento di revisione del vigente P.R.G., avviato dal Comune di Osimo nel novembre 2013 e conclusosi con l’adozione della variante di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 15 del 9 aprile 2014, ha comportato per volontà dell’ente una “riedizione”, in contraddittorio con i privati espressamente invitati a formulare istanze e presentare osservazioni, del potere amministrativo e delle scelte alla base della variante generale al P.R.G. del 2005, i cui contenuti sono infatti esplicitamente richiamati e ribaditi dalla delibera consiliare impugnata;

- la predetta deliberazione n. 15/2014 risulta pertanto affetta da ulteriori vizi di legittimità che per larga parte sono gli stessi che già inficiavano la variante del 2005 (per i quali la ricorrente rimanda al successivo par. IV del ricorso).

3.3. Azione (atipica) di accertamento dell’insussistenza dei presupposti di legge per l’imposizione del vincolo finalizzato all’esproprio.

La ricorrente, premettendo alcune considerazioni in merito all’ammissibilità, in generale, dell’azione atipica di accertamento nel processo amministrativo, espone quanto segue:

- il vincolo apposto sulla sua proprietà risulta del tutto incoerente con lo stato dei luoghi, ed è viziato da carenza d’istruttoria e travisamento dei fatti alla base del procedimento sotto vari profili;

- in primo luogo, il Comune non ha considerato che l’abitazione della ricorrente e quella del proprietario finitimo, tra le quali passa la via Trillini, distano tra loro circa 15 m, per cui non vi è lo spazio fisico per realizzare una strada aperta al traffico veicolare pubblico nel rispetto delle norme di legge e delle stesse norme tecniche di attuazione del P.R.G. (art. 54). La previsione di piano viola infatti l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, secondo cui “le distanze minime tra fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di ml 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml 7, e ml 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml 7 e ml 15”. Questa norma, al pari delle prescrizioni del Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18) che prevedono fasce di rispetto ai lati delle strade aperte al traffico veicolare espressamente richiamate dall’art. 54 delle NTA, integra ex lege lo strumento urbanistico ed è inderogabile poiché, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, è finalizzata alla tutela della sicurezza del traffico. Inoltre, ai sensi dell’art. 18, comma 2, C.d.S., “in corrispondenza di intersezioni stradali a raso, alle fasce di rispetto indicate nel comma 1 devesi aggiungere l'area di visibilità determinata dal triangolo avente due lati sugli allineamenti delimitanti le fasce di rispetto, la cui lunghezza misurata a partire dal punto di intersezione degli allineamenti stessi sia pari al doppio delle distanze stabilite nel regolamento a seconda del tipo di strada, e il terzo lato costituito dal segmento congiungente i punti estremi”. Nel caso di specie il P.R.G. ipotizza un’intersezione a raso tra il prolungamento della via Trillini e la via Primo Maggio, ma non si è tenuto conto che non esiste lo spazio fisico tra gli edifici esistenti per realizzare l’area di visibilità prevista dal C.d.S., e ciò determina una situazione di pericolo per gli automobilisti e per i pedoni. Peraltro la previsione del P.R.G. è del tutto illogica ed irrazionale, perché contempla la realizzazione di una strada che, inserendosi in un’area già completamente edificata, rasenta letteralmente le abitazioni esistenti. Questo è consentito solo nei centri storici, ovvero qualora si tratti di abitazioni sorte lungo le vie pubbliche anteriormente all’entrata in vigore del D.M. n. 1444/1968, e non è questo il caso. La previsione di piano è dunque del tutto contra legem, ed espone a grave pericolo sia gli automobilisti (la strada sfiora le abitazioni e i manufatti esistenti, come una preesistente cabina ENEL) sia gli abitanti delle case che si affacciano sulla via Trillini e sulla stessa via Primo Maggio nel tratto interessato dal collegamento viario;

- in secondo luogo, il Comune non ha considerato che lo sviluppo urbanistico ed edilizio del comparto (costruzione in Via Aldo Moro di un supermercato in luogo degli edifici residenziali inizialmente previsti; realizzazione di viabilità alternativa; spostamento di terreno di riporto in prossimità della via Primo Maggio e dello stesso tratto terminale della via F.lli Trillini; realizzazione di una imponente cabina ENEL; etc.) ha fatto venire meno le previsioni del P.R.G. vigente negli anni ’60, le quali sono state correttamente modificate, in parte qua, dal P.R.G. 1996 (il quale ha abbandonato definitivamente l’idea di realizzare l’ampliamento della Via F.lli Trillini);

- in terzo luogo, l’amministrazione non ha neppure preso in considerazione il fatto che sul terreno di proprietà della ricorrente in cui andrebbe ad insistere il tracciato ampliato della strada, sorge una zona di verde privato, la cui soppressione comporterebbe l’abbattimento di varie specie di alberi ad alto fusto che rientrano tra le varietà protette dall’art. 20 della L.R. n. 6 del 2005. In particolare dovrebbero essere abbattuti 8 esemplari di leccio (Quercus ilex), un Pino Himalayano (Pinus wallichiana) di circa 15 mt di altezza, nonché alcuni pini domestici (Pinus pinea), cipressi (Cupressus sempervirens), tre pini di Aleppo (Pinus halepensis), un tiglio (Tilia) e una Magnolia, tutti di notevoli dimensioni, oltre a numerose varietà floristiche minori. Anche sotto questo profilo si tratta di una scelta urbanistica manifestamente irrazionale poiché non solo non migliora in alcun modo la viabilità del quartiere ma va ad incidere negativamente sull’ambiente e sul paesaggio, in quanto sopprime un parco privato, ponendosi oltretutto in contraddizione con l’art. 14 delle NTA, il quale prevede il divieto di abbattere o danneggiare le alberature di alto fusto;

- in quarto luogo, la realizzazione dell’ampliamento stradale comporterebbe anche la distruzione del monumento alla memoria dei caduti F.lli Trillini, realizzato dal Comune di Osimo negli anni venti del ‘900 e dotato di rilevante valore storico. In tal senso l’impugnata previsione urbanistica si pone in contrasto con l’art. 18 delle NTA, norma che intende dare adeguata valorizzazione “….alle caratteristiche e alle qualità del contesto territoriale relativo ai beni stessi, in quanto il valore intrinseco dei manufatti è garantito ed esaltato dalla qualità dell’ambiente circostante, dell’unità di paesaggio. Tale ambito va quindi tutelato nella sua integrità visuale e formale, evitando interventi che possano alterarlo e degradarlo, o promuovendone l’adeguata riqualificazione. All’interno dell’azzonamento non sono ammesse neanche le opere di mobilità e gli impianti tecnologici fuori terra, nonché i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale il profilo del terreno”;

- in quinto luogo, la previsione qui contestata si pone in immotivata contraddizione con precedenti scelte urbanistiche dell’ente, tradottesi in provvedimenti che hanno determinato una trasformazione urbanistica dell’area incompatibile con l’ampliamento e l’apertura al traffico pubblico veicolare della via F.lli Trillini. In relazione a tali modificazioni (di cui si è detto nella parte in fatto), la ricorrente evidenzia inoltre che nell’anno 2000 il Comune l’ha autorizzata a costruire un muro di cinta in cemento armato per tutta l’estensione della via F.lli Trillini lungo il confine con la sua proprietà, il quale muro si trova approssimativamente all’altezza della linea di mezzeria della strada prevista dall’attuale P.R.G. Né la scelta qui avversata potrebbe trovare giustificazione in modificazioni dello stato urbanistico dell’area interessata, né del quartiere in cui si inserisce, rispetto alla situazione esistente nel 1996, visto che da allora non si sono registrati significativi cambiamenti;

- in sesto luogo, non risulta che il Comune abbia compiuto una valutazione costi/benefici fra il grave pregiudizio che la previsione urbanistica in parola arreca alla ricorrente e il vantaggio che da essa discenderebbe per la collettività (considerando però anche il costo dell’espropriazione). Fra l’altro, l’apertura al traffico della via Trillini non consente neppure un collegamento rettilineo con la viabilità del quartiere e con il prolungamento della via Primo Maggio che, in base al P.R.G., è destinata a rimanere un vicolo cieco. Il collegamento viario con la via Trillini si svilupperebbe infatti esclusivamente con la parte di via Primo Maggio che risale verso la via San Lorenzo, andando a formare una sorta di diverticolo che scorre in forte pendenza tra le abitazioni esistenti. Si tratta dunque di una previsione contraria a qualsiasi logica di pianificazione territoriale (lo stesso piano regolatore degli anni ’60 prevedeva ben altro) e sostanzialmente priva di qualsiasi utilità pubblica.

4. Si è costituito il Comune di Osimo, eccependo l’inammissibilità di alcune delle domande proposte dalla ricorrente e chiedendo comunque l’integrale rigetto del ricorso nel merito.

La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 19 febbraio 2020.

DIRITTO

5. Il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte accolto.

L’inammissibilità va dichiarata in relazione alle censure afferenti l’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio ad opera del P.R.G. approvato nel 2008 e in relazione alla domanda di accertamento dell’avvenuta decadenza del vincolo.

Come ha infatti correttamente eccepito la difesa comunale, le censure avverso la previsione urbanistica avrebbero dovuto essere sollevate entro 60 giorni dalla pubblicazione sul B.U.R.M. della deliberazione consiliare recante l’approvazione definitiva della variante 2008. Non vi è dubbio, infatti, che, per stessa prospettazione di parte ricorrente, tali previsioni urbanistiche fossero immediatamente lesive per la sig.ra Trillini, al pari del provvedimento con il quale il Comune, respingendo l’osservazione della ricorrente, nel 2014 ha riconfermato tali previsioni.

Quanto invece alla domanda di accertamento della decadenza del vincolo, coglie nel segno la difesa comunale nel momento in cui eccepisce che, anche a voler ammettere che il vincolo in questione abbia natura espropriativa (il che, come si vedrà, il Comune nega), la decadenza non implicherebbe comunque la reviviscenza della precedente destinazione (che è il vero obiettivo della sig.ra Trillini). Sarebbe stato dunque necessario che la ricorrente proponesse una domanda ex artt. 31 e 117 c.p.a., per ottenere una sentenza che obblighi l’amministrazione a ripianificare l’area.

Dal punto di vista della teoria generale del processo amministrativo va poi aggiunto che, per unanime orientamento dottrinale e giurisprudenziale, l’azione autonoma di accertamento - nei limiti in cui essa è ritenuta ammissibile - non può comunque essere utilizzata per ovviare al decorso del termine per la proposizione della domanda impugnatoria. Né può essere utilizzata per chiedere surrettiziamente al giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati.

Nella specie, seppure in forma obliqua, la ricorrente chiede proprio al Tribunale di accertare, sia per il passato che per il futuro, l’insussistenza dei presupposti per l’imposizione (o la riconferma) del vincolo preordinato all’esproprio.

Ma per il passato tale pretesa trova il limite dell’irricevibilità, mentre pro futuro incontra il limite di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a. (fra l’altro, e sempre con riguardo alla futura azione amministrativa, un’eventuale pronuncia di accoglimento del ricorso in parte qua non priverebbe comunque l’amministrazione del potere di decidere diversamente, visto che è la stessa ricorrente ad aver provato che le scelte del Comune sono cambiate nel corso degli anni proprio in relazione al mutamento dello stato dei luoghi e allo sviluppo urbanistico dell’intero comparto).

Per cui, se è certamente vero che, dal punto di vista della teoria generale, l’azione di accertamento è ammessa ogni qualvolta il titolare di una posizione giuridica di vantaggio vede in concreto messo in discussione il pieno e pacifico godimento delle facoltà insite nel diritto o nell’interesse di cui è titolare (e questo certamente si verifica nel caso della sig.ra Trillini) - in quanto ciò fa insorgere l’interesse a far cessare lo stato di incertezza circa la titolarità della posizione giuridica sottostante - è altrettanto vero che si deve tenere conto anche delle altre disposizioni processuali vigenti nell’ordinamento, le quali vanno sempre lette in maniera sistematica e coordinata.

Del resto, il titolare di una posizione giuridica di vantaggio è tenuto anzitutto a sperimentare le azioni che ordinariamente sono previste per la tutela di quella posizione, il che, nel processo amministrativo, vuol dire che va elettivamente esperita l’azione di annullamento e che le altre azioni sono ammissibili laddove quella di annullamento non sia stata in concreto esperibile oppure laddove essa non si riveli integralmente satisfattiva. Nella specie non si comprende la ragione per cui la sig.ra Trillini non abbia agito sin dal 2008 per chiedere l’annullamento in parte qua del P.R.G., visto che esisteva il fondato rischio che il Comune, nel periodo di vigenza del vincolo, desse seguito alla previsione contestata.

6. Per quanto riguarda, invece, la domanda impugnatoria, il ricorso va accolto.

Al riguardo sono tre le questioni da esaminare.

In primo luogo, è necessario stabilire se il vincolo in parola abbia o meno natura espropriativa, in secondo luogo se le varianti che i cittadini avevano facoltà di proporre a seguito dell’avviso pubblico del 2013 avessero un oggetto limitato, e in terzo luogo se la motivazione che il Comune ha posto a base del rigetto dell’osservazione presentata dalla sig.ra Trillini sia adeguata e immune dalle censure sollevate in ricorso.

6.1. Partendo dal primo profilo, si deve premettere che, nonostante quanto detto al paragrafo 5., esso è rilevante in vista della riedizione del potere.

Nel merito, è indiscutibile che il vincolo in parola abbia natura espropriativa, visto che esso incide su una singola proprietà e non consente che la previsione sia attuabile anche dal privato.

Oltre agli elementi che la giurisprudenza è solita valorizzare per stabilire se un vincolo abbia natura conformativa o espropriativa, nella specie rileva il fatto che, come si è detto, nel corso degli ultimi decenni lo strumento urbanistico di Osimo ha modificato radicalmente la destinazione della proprietà Trillini, per cui nemmeno sotto questo profilo può negarsi che si sia in presenza di una previsione puntuale e circoscritta, intervenuta peraltro dopo che la disciplina urbanistica del lotto sembrava ormai essersi consolidata da oltre dieci anni.

Non sono pertanto decisivi i richiami giurisprudenziali di cui alla memoria difensiva del Comune depositata il 14 gennaio 2020, visto che essi:

- in generale, riguardano vicende in cui venivano in evidenza previsioni urbanistiche relative a destinazioni non edificatorie che però non svuotano completamente di contenuto la proprietà privata (ad esempio “verde attrezzato”, “parcheggi”, etc.) in quanto contemplano interventi realizzabili anche dal soggetto privato (così Cons. Stato, n. 3116/2018, n. 4748/2017, n. 1700/2017, n. 3684/2016; T.A.R. Catania, n. 603/2016; TAR Marche, nn. 129, 136 e 137 del 2011). Ha però natura espropriativa il vincolo finalizzato alla localizzazione puntuale di un’opera pubblica (così, ex multis, TAR Liguria, n. 238/2015 e TAR Lecce, n. 12/2014);

- con specifico riguardo alla viabilità, precisano poi che i principi richiamati dalla difesa comunale si applicano “di regola” (Cass. n. 11913/2017, n. 19204 e n. 24283 del 2016, n. 17677 e n. 13615 del 2010) e non sempre e comunque. Né rileva ovviamente il fatto che l’art. 1 (rubricato “Oggetto e valore conformativo”) delle N.T.A. del P.R.G. 2008 abbia qualificato come non espropriativi i vincoli discendenti dalla destinazione delle aree private a zona F, visto che la correttezza di siffatta qualificazione va verificata in concreto per le singole aree.

6.2. Con riguardo alla seconda questione, non può essere condiviso l’argomento difensivo dell’amministrazione resistente secondo cui le varianti che i cittadini potevano proporre in base all’indagine conoscitiva avviata dal Comune nel 2013 (si veda l’avviso allegato al ricorso) dovessero avere ad oggetto unicamente la retrocessione a zona agricola di aree alle quali il P.R.G. 2008 aveva impresso vocazione edificatoria.

Questo per due motivi:

- primo, perché l’avviso pubblico non contiene alcuna limitazione in tal senso;

- secondo, perché se questa limitazione vi fosse stata, il Comune, per rigettare l’osservazione delle ricorrente, si sarebbe limitato ad opporre l’estraneità dell’istanza all’oggetto dell’avviso pubblico.

E’ certamente vero che - come è accaduto in buona parte dei Comuni italiani negli anni successivi alla grave crisi economica del 2007 - la maggior parte delle richieste ha avuto ad oggetto la retrocessione ad aree agricole di aree a vocazione edificatoria, ma questo è l’appunto un dato meramente fattuale e non giuridico.

6.3. L’ultimo profilo da esaminare è quello maggiormente rilevante, perché attiene (anche) alla sostanza della vicenda.

Come si è appena detto, dalla lettura delle deliberazioni consiliari aventi ad oggetto l’esame delle osservazioni presentate a far tempo dal 2011 si potrebbe pensare che il Comune abbia tenuto una linea di condotta uniforme e lineare e che, dunque, il pur insufficiente richiamo alla necessità di sottoporre a V.A.S. la variante proposta dalla sig.ra Trillini vada letto in coerenza con il complessivo indirizzo a cui il Comune ha inteso attenersi. Così però non è, visto che:

- in generale, ai sensi dell’art. 6, comma 2, let. a), del D.Lgs. n. 152/2006, la V.A.S. è certamente obbligatoria per i piani e programmi urbanistici e per le loro varianti generali. Ma lo stesso art. 6, al comma 3, stabilisce che “…per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”. Nella specie, come emerge dalla lettura complessiva delle citate deliberazioni consiliari, l’accoglimento della gran parte delle osservazioni presentate ha determinato un netto miglioramento del bilancio ambientale, visto che molte aree rese (o confermate come) edificabili dal P.R.G. 2008 sono state “retrocesse” a zone agricole. La valutazione ambientale strategica riguarda il piano regolatore (o le varianti generali) nel suo (nel loro) complesso e non certo singole aree o singoli interventi (a meno che non si tratti di aree destinate ad ospitare grandi infrastrutture pubbliche o private, quali stazioni, terminal degli autobus, centri commerciali, etc.). Nella specie si sta discutendo di una porzione di un lotto già parzialmente edificato ricadente in zona intensamente urbanizzata e nella quale peraltro il proprietario non ha manifestato di voler attuare alcun intervento edificatorio;

- questo non vuol certo dire che lo screening di V.A.S. non sia nella specie necessario (perché non spetta al Tribunale esprimere tale giudizio, almeno in prima battuta), ma il fatto che l’accoglimento della domanda di variante al P.R.G. presentata dalla ricorrente debba passare per l’apertura del sub-procedimento di screening di V.A.S. di cui all’art. 12 del T.U. Ambiente non autorizzava l’amministrazione ad arrestare il procedimento nella fase iniziale;

- ma nella specie rileva in senso dirimente il fatto che in una vicenda coeva ed analoga lo stesso Comune di Osimo ha svolto la V.A.S. (si veda la deliberazione consiliare n. 58/2012, nella parte relativa alla posizione dei signori Vaccarini e Pulselli, i quali avevano richiesto una variante che, come risulta a pag. 9 della deliberazione, comportava un lieve incremento del carico urbanistico e che ciononostante è stata trasmessa alla Provincia per lo screening di V.A.S.), per cui non si comprende questa difformità del modus procedendi adottato nei riguardi della odierna ricorrente;

- quanto invece al fatto che già nella deliberazione consiliare n. 58/2012 il Comune avesse manifestato, quale linea di indirizzo generale delle varianti de quibus, la necessità di non modificare le previsioni urbanistiche relative agli standard, esso ha certamente una rilevanza sostanziale ben maggiore rispetto a quella dell’unico argomento che l’amministrazione ha addotto per respingere l’istanza della sig.ra Trillini. Tuttavia, al riguardo, oltre a quanto detto all’alinea precedente in merito alla disparità di trattamento, rivestono altrettanta rilevanza gli elementi fattuali dedotti in ricorso, ed in particolare la sequenza delle previsioni urbanistiche che, dagli anni ’60, hanno interessato la proprietà della ricorrente. Come si dirà nel paragrafo seguente, tali elementi andranno valutati comparativamente dal Comune in sede di esecuzione della presente decisione.

7. Alla luce delle considerazioni esposte nei paragrafi 6.1., 6.2. e 6.3., la domanda impugnatoria va dunque accolta, con conseguente annullamento, in parte qua, della deliberazione consiliare n. 15/2014.

Da ciò discende l’obbligo per il Comune di riesaminare l’istanza della sig.ra Trillini, attenendosi ai suesposti principi di diritto (in particolare per quanto concerne la V.A.S.) e prendendo in esame tutte le questioni che la ricorrente ha sollevato in ricorso circa la congruità della scelta urbanistica qui avversata (situazione urbanistico-edilizia del comparto, per come essa si è delineata nel corso del tempo, viabilità e traffico, etc.).

8. Alla luce di tutto quanto precede, il ricorso va dichiarato inammissibile quanto alle domande di accertamento e va accolto quanto alla domanda impugnatoria.

Le spese, liquidate in dispositivo, in parte seguono la soccombenza e in parte, in ragione della reciproca parziale soccombenza, vanno compensate. A questo proposito il Collegio ritiene di dover precisare che l’illegittimità in parte qua della motivazione emergente dalla deliberazione n. 15/2014 ha reso necessario per la sig.ra Trillini articolare censure eccedenti quello che sarebbe stato stricto iure l’oggetto del giudizio impugnatorio, ma ciò non già a fini emulativi, bensì per tentare di offrire al giudice il maggior numero possibile di elementi di valutazione sui quali fondare la decisione di accoglimento (anche in vista del riesercizio del potere).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- in parte lo accoglie e in parte lo dichiara inammissibile;

- liquida le spese del giudizio in complessivi € 1.500,00, oltre accessori di legge, che compensa per la metà e che per la parte restante pone a carico del Comune di Osimo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Giovanni Ruiu, Consigliere