Trib. Savona Sez. Albenga sent. 717 del 29 settembre 2009 (dep. dicembre 2009)
Pres. De Dominicis Est. De Dominicis
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e modifica destinazione

La lottizzazione cosiddetta materiale non presuppone necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma può verificarsi anche in occasione di un mutamento della destinazione d'uso di un edificio già esistente, allorché la modificazione della destinazione d'uso si ponga in contrasto con un piano di fabbricazione già approvato e richieda la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione.

 

 

NOTA:

La vicenda risulta trattata anche in altri documenti di questo sito:

doc. 1

doc. 2

doc. 3

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N. 2027/06 R.G. notizie di reato                                                   N. 717/2009 Reg. Sent.

N.   321/08 R.G. Tribunale Albenga                                                 Data del deposito

________________

N. ________ Camp. Pen

Reg.Esec.: atti alla Procura

Repubblica c/o il Tribunale

di Savona il ______________

Redatta scheda il _____________

T R I B U N A L E   D I   S A V O N A

SEZIONE DISTACCATA DI ALBENGA

RITO MONOCRATICO

S E N T E N Z A

(artt. 542 e segg., 549 c.p.p.)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Giudice di Savona, Sezione Distaccata di Albenga, Dott.ssa Laura DE DOMINICIS, alla pubblica udienza del 29/09/2009 ha pronunciato e pubblicato la seguente

 

S E N T E N Z A

nei confronti di:

 

1. M. Isidoro, nato a XX, residente XX–

Libero, presente –

2. M. Marco, nato ad XX,ivi XX elettivamente domiciliato XX                                                                                                                                  Libero, presente –

3. D. Silvio, nato XX, residente XX

Libero, contumace

I M P U T A T I

M.. M.:

a) del delitto di cui all'ari. 181 co. 1 bis D.L.vo 42/2004 perché, in concorso tra loro, il M. quale amministratore unico della C. S.r.l., società proprietaria dell'immobile sito in Regione San Rocco fg. 26 mapp. 328 e 292, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ai sensi del D.M. 10.7.1953, titolare della DIA n. 158/2002 e del permesso di costruire in variante n. 42 del 12.3.2004, costruttore, il M. quale direttore dei lavori:

1. eseguivano un intervento di lottizzazione abusiva mediante trasformazione dell'immobile da unica unità abitativa destinata a uso turistico alberghiero in n. 49 singole unità immobiliari destinate a uso residenziale mediante lavori di ristrutturazione e sistemazione interna, quali creazione di impianti idrico, elettrico, del gas e riscaldamento in ogni singola delle n. 49 unità immobiliari, creazione delle corti esterne e/o terrazzi ciascuna a servizio di ogni singola unità immobiliare ancora da delimitare, realizzazione di pavimenti in sostituzione delle preesistenti "moquette", creazione di canne fumarie raggruppate in "camini" a servizio delle singole unità immobiliari, in assenza di autorizzazione ambientale

2. demolivano la soletta di copertura di parte dell'intercapedine esistente sul lato via San Rocco e creava un "terrazzo a pozzo" in assenza di autorizzazione ambientale

In Alassio, fino al 23.5.2006;

M., M.:

b) della contravvenzione di cui agli arti 110-113 c.p., 44 lett. c) DPR 380/2001 perché, in concorso tra loro, il M. quale amministratore unico della C. S.r.L, società proprietaria dell'immobile sito in Regione San Rocco fg. 26 mapp. 328 e 292, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ai sensi del D.M. 10.7.1953, titolare della DIA n. 158/2002 e del permesso di costruire in variante n. 42 del 12.3.2004, costruttore, il M. quale direttore dei lavori:

1. eseguivano un intervento di lottizzazione abusiva mediante trasformazione dell'immobile da unica unità abitativa destinata a uso turistico alberghiero in n. 49 singole unità immobiliari destinate a uso residenziale mediante lavori di ristrutturazione e sistemazione interna, quali creazione di impianti idrico, elettrico, del gas e riscaldamento in ogni singola delle n. 49 unità immobiliari, creazione delle corti esterne e/o terrazzi ciascuna a servizio di ogni singola unità immobiliare ancora da delimitare, realizzazione di pavimenti in sostituzione delle preesistenti "moquette", creazione di canne fumarie raggruppate in "camini" a servizio delle singole unità immobiliari, in assenza di concessione edilizia convenzionata prevista dall'ari. 23.6 del PUC comunale

2. demolivano la soletta di copertura di parie dell'intercapedine esistente sul lato via San Rocco e creava un "terrazzo a pozzo" in assenza di permesso di costruire.

In Alassio, fino al 23.5.2006;

M.. D.:

c) dei delitti di cui agli artt. 110, 81, 481, 483, 56 - 48 - 479 c.p. perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, il M. quale amministratore unico della C. S.r.L, società proprietaria dell'immobile sito in Regione San Rocco fg. 26 mapp. 328 e 292, il D. quale tecnico incaricato, falsamente dichiaravano, il M. nelle n. 49 dichiarazioni rese ex ari. 76 DPR 445/2000 ai fini della domanda relativa alla definizione degli illeciti edilizi ex L. 269/2003, il D. nelle tavole grafiche relative allo stato attuale oggetto di sanatoria e calcolo della superficie di riferimento, che l'immobile di cui sopra era stato oggetto di intervento consistente nel cambio di destinazione d'uso da preesistente struttura alberghiera in alloggi con impianti indipendenti ultimato prima del 31.3.2003, e compivano così atti idonei diretti in modo non equivoco a trarre in inganno l'amministrazione comunale di Alassio sull'effettivo cambio di destinazione d'uso prima della data indicata e a rilasciare titolo in sanatoria basato su tale falso presupposto di fatto.

In Alassio, 10.12.2004.

 

 

 

Con l’intervento del Pubblico Ministero VPO dr. Ivaldo in forza di delega del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona e dei difensori di fiducia avv. P. Gaggero  del Foro di Genova e avv. F. Mazzitelli, sost. da avv. M. Piccone entrambi del Foro di Savona, per tutti gli imputati.

 

CONCLUSIONI

 

P.M.: si richiama alla memoria già in atti e conclude: per M.: capi A) e B) riuniti ex art.81 cpv. c.p., anni 1 e mesi 2 di reclusione; per D., capo C) mesi 10 di reclusione; per M., capi A) –B) -C) anni 1 e mesi 4 di reclusione , riuniti ex art. 81 cpv. c.p. e con riguardo al capo B) confisca immobile e acquisizione dello stesso, in subordine, in caso di derubricazione in lettera b), demolizione dell’opera abusiva.

Difensori imputati: per M.: assoluzione per non aver commesso il fatto per tutti i reati a lui ascritti; per gli altri imputati, capo A) assoluzione perché il fatto non costituisce reato circa art.44 lett. c); per art. 44 lett. b) assoluzione perché il fatto non è previsto dalla Legge come reato, in subordine, n.d.p. per estinzione dello stesso;  capo C) art.481-483 c.p.: assoluzione perché il fatto non sussiste o in subordine perché il fatto non costituisce reato; per artt. 56,48,479 c.p. assoluzione perché il fatto non è previsto dalla Legge come reato o in subordine, perché il fatto non costituisce reato.

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Gli odierni imputati venivano citati a giudizio per rispondere dei reati loro rispettivamente ascritti.

Nel corso del dibattimento, svoltosi alla presenza degli imputati M. e M. e nella contumacia di D., dopo avere rigettato alcune eccezioni preliminari formulate dalla difesa all’udienza del 24.6.2008, si procedeva all’escussione dei testi indicati dalle parti; veniva acquisita la copiosa documentazione offerta in produzione nel corso del dibattimento e si procedeva all’esame dell’imputato M. Marco.

All’esito dell’istruttoria le parti concludevano come in epigrafe.

M. Isidoro e M. Marco, il primo quale amministratore unico della società C. s.r.l. proprietaria dell’immobile  e titolare dei titoli abilitativi, ed il secondo quale direttore dei lavori, devono rispondere, nelle rispettive qualità e in concorso tra loro, dei reati di lottizzazione abusiva in zona sottoposta a vincolo ambientale ai sensi del D.M. 10.7.1953, per avere trasformato l’immobile sito in Alassio, Località San Rocco fg. 26 mapp. 328 e 292 da unica unità immobiliare con destinazione a Residenza Turistica Alberghiera (R.T.A.) in n. 49 singole unità immobiliari con destinazione a uso Residenziale, mediante ristrutturazione e sistemazione interna, meglio descritta nei capi di imputazione a) e b) della rubrica, in assenza di concessione edilizia convenzionata prevista dall’art. 23.6 del PUC di Alassio, nonché per avere demolito la soletta di copertura di parte della intercapedine esistente, creando un terrazzo a pozzo in assenza di permesso a costruire.

M. Isidoro e D. Silvio, inoltre, in concorso tra loro e nelle rispettive qualità, rispettivamente, di soggetto istante e di tecnico incaricato, devono rispondere dei reati di falsità ideologica di cui agli artt. 481, 483, 56-48-479 c.p., per avere riferito, il M. nelle 49 dichiarazioni rese ex art. 76 DPR 445/2000 ai fini della presentazione del c.d. “condono” il D. nelle tavole grafiche e nel calcolo della superficie di riferimento, che gli interventi integranti il cambio di destinazione d’uso da unica unità immobiliare R.T.A ad alloggi con impianti indipendenti, erano già completati alla data del 31.3.2003, compiendo così atti idonei diretti in modo non equivoco a trarre in inganno l’amministrazione comunale sul punto e a farsi rilasciare il richiesto titolo in sanatoria basato su un falso presupposto di fatto, non riuscendovi per caause indipendenti dalla loro volontà e, in particolare, per gli accertamenti espletati.

Ciò premesso, l’odierno procedimento riguarda le opere realizzate su un edificio di recente costruzione, sito in Alassio, regione San Rocco, originariamente adibito a struttura ricettiva di tipo turistico alberghiero (R.T.A.), ed ancor prima ad albergo, acquistato dalla società C. s.r.l. nel 2000. Si tratta di un edificio di 5 piani originariamente composto da unità abitative di tipo bilocale e, al piano terra, dalle parti comuni del residence, necessarie ai fini della qualificazione ad R.T.A.  ( cfr. legge regionale n.11/1982 e succ. modifiche).

La C. s.r.l., di cui il M. era ed è amministratore unico, nel 2002 ha progettato un intervento di ristrutturazione interna dell’immobile, prevedendo il mantenimento di destinazione ad R.T.A.  e presentando, all’uopo, D.I.A. ( n. 158/2002 del 8.7.2002). Tale intervento è stato, successivamente, oggetto di alcune varianti in corso d’opera, richieste nel luglio 2003 ed assentite con permesso a costruire in variante n. 42 del 12.3.2004. Nella relazione del progetto presentato alle competenti autorità amministrative in data 14.7.2003, al fine di ottenere il prescritto permesso a costruire in variante, veniva dichiarato che “l’intervento era necessario al fine di potenziare l’offerta alberghiera residua nel Comune di Alassio in un periodo in cui era prevalente la tendenza a trasformare gli alberghi in appartamenti”, mantenendo, pertanto, immutata la destinazione dell’edificio in R.T.A..

Veniva nominato direttore dei lavori l’allora, nonché attuale, sindaco di Alassio, l’architetto Marco M., anch’egli odierno imputato.

Successivamente, in data 10.12.2004, la C. s.r.l. presentava istanza in sanatoria ex l 269/2003 ( c.d. condono), in cui veniva dichiarata l’avvenuta trasformazione dell’immobile da unica unità immobiliare, con destinazione R.T.A., in 49 unità immobiliari distinte, con destinazione d’uso residenziale, comprensiva di magazzini e locali di deposito a servizio delle singole unità immobiliari. Tale variazione di destinazione d’uso veniva ribadita con la variazione catastale presentata dalla C. s.r.l. in data 27.10.2005.

Con raccomandata del 9.12.2004, pervenuta all’amministrazione in data 13.12.2004  l’arch. Marco M., direttore dei lavori e Sindaco di Alassio, comunicava la rinuncia al proprio incarico, “…essendo venuto meno il reciproco rapporto di fiducia…” con la committenza, ovvero con la C. s.r.l..

In data 5.1.2005 veniva comunicato il nuovo direttore dei lavori, nella persona del geom. Moraschinelli Sergio di Morbegno, sostituito, in data 27.2.2006, dall’ing. Orietti Giovanni di Sondrio (cfr deposizione del teste del PM Berriolo).

In data 23 maggio 2006, veniva effettuato un primo sopralluogo sul posto, all’esito del quale il PM in sede chiedeva ed otteneva il sequestro preventivo dell’immobile in data 1.7.2006. Tale provvedimento veniva fatto oggetto di una prima istanza di riesame che dava sfogo a una querelle in sede cautelare che, tra riesami, appelli, annullamenti con rinvio, etc, è durata oltre due anni e mezzo ed è terminata con ordinanza della Corte di Cassazione datata 11.2.2009 che ha confermato l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Savona del 22.7.2008, che, a sua volta, confermava l’originario provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP di Savona in data 1.7.2006,  in esecuzione della quale, in data 30.7.2008, l’immobile in oggetto, nel frattempo dissequestrato, veniva sottoposto nuovamente a sequestro.

Tali circostanze sono assolutamente pacifiche, poiché ammesse dalle parti ed emergenti inequivocabilmente dalla documentazione proD..

Per quanto riguarda i lavori effettuati dalla C. s.r.l. nell’immobile, i verbali di sopralluogo, rispettivamente, del 23.5.2006 e del 30.7.2008, la documentazione fotografica proD., anche sotto forma di dvd, e la deposizione del teste dell’Accusa, Berriolo Gabriele, sovr. della Polizia Municipale in servizio presso la sezione di PG della Procura della Repubblica di Savona che ha svolto gli accertamenti, hanno evidenziato opere, interne ed esterne, di ristrutturazione edilizia dell’immobile finalizzate, pacificamente, come anche ammesso dalla difesa, alla trasformazione d’uso dell’immobile stesso e al suo frazionamento attraverso la creazione di singole unità immobiliari, di servizi specifici per le singole unità immobiliari a destinazione residenziale e alla eliminazione e/io riduzione degli spazi e dei servizi comuni, certamente più importanti e fondamentali in una struttura alberghiera che in un condominio. In particolare in tale direzione devono essere letti (cfr. verbale di sopralluogo 26.5.2006) gli interventi di predisposizione degli impianti idrico, elettrico, del gas e riscaldamento in ogni singola delle n. 49 unità immobiliari, la creazione delle corti esterne e/o terrazzi ciascuna a servizio di ogni singola unità immobiliare (peraltro ancora da delimitare), la realizzazione di pavimenti in sostituzione delle preesistenti moquette, la creazione di canne fumarie raggruppate in “camini” a servizio delle singole unità immobiliari. Gli appartamenti, in tutto 49 unità, sono il risultato della ristrutturazione dei 45 bilocali già esistenti nella R.T.A., e da 4 unità ricavate, al piano terra, dall’eliminazione quasi integrale degli spazi comuni.

Con le stesse finalità si deve, peraltro, inquadrare la demolizione della soletta di copertura di parte dell’intercapedine esistente sul lato via San Rocco con conseguente creazione di un “terrazzo a pozzo”, così come sostenuto dall’Accusa ed, al contrario, contestato, dalla Difesa. Sul punto l’imputato arch. M., direttore dei lavori, nel corso del proprio esame, pur affermando di non essere mai entrato all’interno dell’immobile se non una o due volte all’inizio dell’esecuzione dei lavori, ha sostenuto che la demolizione della soletta fosse un’opera meramente strumentale allo svolgimento dei lavori e avesse come unico scopo quello di facilitare il passaggio del materiale, costituendo un’opera meramente provvisoria. Il  consulente tecnico della difesa, arch. Luigi Pozzi, sulla consistenza di quest’opera, ha riferito che, secondo una sua valutazione basata su alcune fotografie e sui disegni allegati al proprio elaborato, realizzati successivamente agli accertamenti della PG, si trattasse di una semplice demolizione della parte superiore dell’intercapedine che non avrebbe mutato la destinazione d’uso in un terrazzo a pozzo, mantenendo la propria natura di intercapedine, senza far alcun riferimento alla provvisorietà dell’opera e senza chiarire la funzionalità di tale intervento.

A fronte di tali giustificazioni, peraltro disomogenee tra loro, si osserva che la tesi accusatoria, secondo la quale la demolizione della soletta di copertura di parte dell’intercapedine fosse finalizzata alla creazione di un terrazzo a pozzo, è ulteriormente  dimostrata dalla circostanza che su tale “spazio” erano state aperte ben due porte - finestre precedentemente inesistenti, le quali costituivano le uniche luci in uso alla unità immobiliare ivi ricavata e servita da tale terrazzo a pozzo. La descrizione riportata nel verbale di sopralluogo non lascia spazio a dubbi su natura e finalità di tale opera e smentisce la tesi difensiva.

Gli altri testi di difesa ed alcune delle produzioni effettuate hanno avuto come finalità quella di accertare le date o, quantomeno, i periodi di compimento di alcune delle opere di ristrutturazione.

Ciò premesso, il Tribunale osserva che, ad eccezione della circostanza relativa alla creazione o meno del c.d. “terrazzo a pozzo” di cui si è già detto, le questioni principali dell’odierno procedimento, oggetto di valutazioni completamente differenti tra le parti, sono costituite, in primo luogo, dalla possibilità o meno di configurare nella concreta fattispecie sopra descritta il reato di lottizzazione abusiva contestato al capo b) della rubrica, e in secondo luogo, la data di ultimazione delle opere che integrano il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile da R.T.A.  ad appartamenti ad esclusivo uso residenziale, e ciò ai fini della configurabilità, o meno, dei reati di falso contestati al capo c) della rubrica.

Quanto alla prima, fondamentale e dirimente questione esclusivamente “di diritto”, sulla quale si è incentrata quasi esclusivamente la discussione finale, è importante analizzare l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul punto, creatasi anche, ma non solo, nell’ambito di tale specifica fattispecie, di cui la Suprema Corte si è già direttamente occupata in fase cautelare.

Del tutto abbandonata, come sostanzialmente ammesso dalla stessa difesa che la cita nel corpo della propria memoria difensiva conclusiva depositata il 31.3.2009 ( cfr. pag 4), è la giurisprudenza più risalente, che escludeva l’integrazione del reato di lottizzazione abusiva nell’ipotesi di opere che determinassero un mero mutamento di destinazione d’uso degli edifici, e ciò sulla scorta del riferimento letterale della norma  ai soli “terreni”. Ben più recentemente la Cassazione si è espressa con una sentenza che può considerarsi, per complessità e profondità delle questioni affrontate, una sorta di sentenza “quadro” in relazione alla materia della  lottizzazione abusiva: si tratta di Cass. Pen. Sez. 3 n. 24096 del 13 giugno 2008 (c.d. sentenza Desimine), che fissa e ribadisce alcuni principi fondamentali:

1) Il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi;

2) La lottizzazione è configurabile anche in relazione ad un solo edificio allorquando si configuri un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato urbano e di potenziamento delle opere di urbanizzazione;

3) Nei casi, però, in cui si agisca sul territorio con modalità che non possono essere consentite nemmeno attraverso la predisposizione di un piano attuativo, essendo stata posta in essere un’attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell’uso del territorio stesso delineata nello strumento urbanistico generale, non ha alcun rilievo il riferimento all’incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente

4) Per verificare se l’attività complessiva posta in essere costituisca mera edificazione illecita, punibile ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) ovvero lottizzazione abusiva, penalmente sanzionata dalla lett. c) dello stesso art. 4, il parametro di riferimento è dato dall’art. 30, comma 1, e si incentra sul concetto di “opere o atti giuridici che comportino trasformazione edilizia od urbanistica dei terreni”. In tale nozione la trasformazione dei terreni va interpretata nel senso del conferimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale.

Venendo, poi,  specificatamente, a trattare del mutamento di destinazione d’uso degli immobili, che qui più interessa, la citata sentenza precisa:

1) deve ritenersi inammissibile il mutamento della destinazione d’uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, tenuto conto che l’organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi.

2) Il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico - contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria

3) Un’interpretazione coerente della disposizione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c) può aversi soltanto allorché si ritenga che in essa il legislatore si è riferito alle “destinazioni d’uso compatibili” già considerate dall’art. 3, comma 1, lett. c) dello stesso D.P.R. (nella descrizione della tipologia del restauro e risanamento conservativo). Gli interventi di ristrutturazione edilizia, in sostanza, alla stessa stregua degli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo:

a) necessitano sempre di permesso di costruire, qualora comportino mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico

b) fuori dei centri storici sono realizzabili mediante denunzia di attività qualora comportino il mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea

c) nei centri storici non possono essere realizzati mediante denunzia di attività neppure qualora comportino il mero mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea.

Tali arresti giurisprudenziali ribadiscono il fondamentale concetto secondo cui la trasformazione della destinazione d’uso di un immobile tra categorie eterogenee, qualora vi sia attività di parcellizzazione e incremento dei carichi urbanistici, costituisce sempre attività lottizzatoria, non importa quale sia la tipologia di zona (urbanizzata, parzialmente urbanizzata, non urbanizzata) su cui insiste l’intervento.

La citata sentenza, del resto, oltre a fornire importanti principi cardine in merito al concetto di lottizzazione abusiva, appare particolarmente rilevante nel caso di specie poiché ha affrontato una fattispecie, analoga alla nostra, relativa al mutamento della destinazione d’uso di un singolo immobile previamente destinato ad uso alberghiero (ex Hotel Ideale) situato proprio nel Comune di Alassio, per cui anche l’analisi della fattispecie concreta, della normativa regionale e del PUC risultano assolutamente pertinenti.

I giudici di legittimità hanno proceduto ad analizzare la normativa regionale e il PUC del Comune di Alassio e la giurisprudenza in materia,  arrivando ad affermare che:

1) Il problema della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva, allorquando il bene suddiviso non consista in un terreno inedificato, bensì in un immobile già regolarmente edificato, deve essere affrontato anche alla stregua della legislazione urbanistica regionale in materia di classificazione delle categorie funzionali della destinazione d’uso e correlato precipuamente alle previsioni della pianificazione comunale, alle quali deve essere raffrontata, in termini di “compatibilità”, la trasformazione del territorio effettuata;

2) può integrare il reato di lottizzazione abusiva il mutamento della destinazione d’uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, dovendosi considerare, quanto alla individuazione di siffatta “alterazione”, che l’organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi. L’assetto territoriale, pertanto, può essere alterato anche quando si incida significativamente sulle dotazioni degli standards di zona.

Venendo ora ad analizzare la fattispecie concreta per cui oggi è processo alla luce dei citati principi giurisprudenziali, presenti, peraltro, anche nelle sentenze di legittimità emesse nella fase cautelare dell’odierno procedimento ( Cass. sez .3° del 7.12.2006; Cass. sez. 4° n. 72 del 17.1.2008; Cass. sez. 3° n. 263 del 11 .2 2009), di cui si dirà più dettagliatamente infra,  si rileva che l’immobile oggetto di ristrutturazione consisteva, pacificamente, in un'unica unità immobiliare a destinazione alberghiera, come risulta evidente sia dalla destinazione urbanistica dello stesso, sia dalla sua classificazione catastale che, fino  alla avvenuta denuncia di variazione presentata dalla C. s.r.l. in data 27.10.2005, era ricompresa come unità immobiliare unica  nella categoria D/2 ( alberghi e pensioni con fine di lucro). L’attività di parcellizzazione dell’immobile, per opera della C. s.r.l., è avvenuta con più condotte diverse. Primo atto rilevante a tal fine è stata la presentazione, in data 10.12.2004, delle istanze di sanatoria ex L. 269/2003 in cui veniva dichiarata l’avvenuta trasformazione dell’immobile da unica unità immobiliare in n. 49 unità immobiliari diverse, comprensiva di magazzini e locali di deposito a servizio delle singole unità immobiliari. Successivamente in data 16.5.2005 la C. S.r.l. presentava al Comune di Alassio una scheda relativa all’aggiornamento annuale del Programma di Attuazione del PUC relativa all’Albergo San Rocco con riferimento alle aree circostanti (su cui era già stato apposto un vicolo pubblico per la realizzazione di una piscina – palestra) proponendo al Comune la cessione a titolo gratuito di una parte dei terreni e contestualmente l’eliminazione del vincolo su una residua parte dei terreni. Tale modifica era indispensabile alla C. S.r.l. per reperire gli standards (precedentemente inesistenti) da asservire al nuovo immobile a uso residenziale e ai n. 49 appartamenti in via di realizzazione, tanto che il progetto prevedeva, sulla parte di terreno che sarebbe rimasto di proprietà C. S.r.l., la realizzazione di una autorimessa interrata multipiano. Si trattava dunque di un intervento finalizzato al perfezionamento della parcellizzazione dell’immobile anche con riguardo agli standards. Tale aggiornamento del PUC veniva poi effettivamente approvato con delibera di Consiglio Comunale n. 27 del 30.3.2006. Infine in data 27.10.2005, come già detto, la società presentava una variazione catastale per avvenuta divisione e cambio di destinazione d’uso, dichiarando l’immobile suddiviso in n. 49 unità immobiliari (da sub 1 a 49) di categoria A/3 (abitazioni di tipo economico, poi corretta d’ufficio dall’UTE di Savona in A/2, abitazioni di tipo civile).

Come sopra indicato, secondo la giurisprudenza più recente formatasi sul punto, per potersi parlare di intervento lottizzatorio in caso di parcellizzazione e trasformazione della destinazione d’uso di un immobile, è necessario che il mutamento avvenga tra categorie funzionalmente autonome (c.d. categorie eterogenee). Su tale punto si è principalmente incentrata tutta la controversia relativa alla fase cautelare del sequestro preventivo e su tale punto si ritiene che la Corte di Cassazione abbia statuito in modo pressoché definitivo. La questione infatti non è stata affrontata dalla Corte di legittimità con un vaglio parziale o incompleto della vicenda bensì, trattandosi di questione esclusivamente in punto di diritto, con valutazione completa.

In particolare la Corte, nella sentenza  n. 72 del 17.1.2008 affermava la necessità di valutare, con riferimento alle categorie d’uso, sia la legislazione regionale e, in particolare la L.R. Liguria n. 25/1995, sia il P.U.C. di Alassio, precisando, testualmente che “la L.R., espressamente richiamata dal co. 2 dell’art. 10 del D.M. 1444/1968, in relazione alla determinazione degli oneri di urbanizzazione distingue le categorie “residenziale” rispetto a quella “turismo”, considerandole diverse ed eterogenee.” I Giudici di legittimità affermavano altresì che veniva “in rilievo anche il piano urbanistico del Comune di Alassio il quale, all’art. 6, definisce le tipologie funzionali degli interventi edilizi distinguendo chiaramente quella “residenziale” da quella “turistico – alberghiera” mentre all’art. 7 riconduce nell’ambito delle modifiche di destinazioni d’uso, per le quali è richiesto il titolo edilizio (la concessione edilizia convenzionata) e il pagamento degli oneri accessori, tra trasformazione da albergo a “residenza o casa per vacanze”, costituendo simile modifica di destinazione d’uso una “trasformazione funzionale dei fabbricati o del territorio che comporta un maggior carico sul sistema delle urbanizzazioni”.

Effettivamente una attenta analisi della normativa regionale e del PUC del Comune di Alassio non può che condurre a condividere pienamente l’assunto della Suprema Corte. L’art. 6 definisce le tipologie funzionali distinguendo chiaramente quella residenziale da quella turistico – alberghiera. L’art. 7, con riferimento esplicito alla L.R. 25/95, definisce “i passaggi tra tipologie funzionali assoggettati alla procedura di “modifica di destinazione d’uso”, fermo restando che ai fini dei contributi concessori deve farsi riferimento alla legge regionale 25/1995, talché ove l’intervento non comporti opere edilizie la modifica della destinazione d’uso nell’ambito della stessa categoria non può concretizzare l’ipotesi di modifica della destinazione d’uso a norma della legge regionale n. 25/1995” La tabella successiva esplicita i casi in cui la modifica non è nell’ambito della stessa categoria e costituisce mutamento di destinazione d’uso:

da   RESIDENZA                   a CASA PER VACANZE (RT)

da   ALBERGO                     a RESIDENZA o CASA PER VACANZE

da   SERVIZI                          a COMMERCIO, UFFICI, RESI­DENZA,                                                                              TURISMO, RT.

………………………………………………………………………………

 

La trasformazione “da Albergo a Residenza” è quindi esplicitamente riconD. nell’alveo delle modifiche di destinazioni d’uso per cui è richiesto il titolo edilizio e il pagamento degli oneri concessori. La ratio della norma è esplicitata nel capoverso precedente dell’art. 7: “costituisce modifica di destinazione d’uso una trasformazione funzionale dei fabbricati o del territorio che comporta un maggio­re carico sul sistema delle urbanizzazioni”. Peraltro il titolo richiesto non sarebbe né quello della c.d. “super DIA” né quello del permesso di costruire bensì quello, ben più oneroso, della “concessione edilizia convenzionata”. L’art. 8 del PUC alla lett. i) infatti prevede che il regime di attuazione debba essere quello “specifico della Disciplina urbanistico edilizia delle strutture turistico ricettive” vale a dire, così come previsto dall’art. 26.3 in caso di trasformazioni alberghiere, quello della concessione edilizia convenzionata. A ulteriore riprova del “trattamento” normativo riservato nella regione Liguria e dal PUC di Alassio a tale tipo di intervento va richiamato anche il 3° cpv. dell’art. 26.3 che prevede che “le trasformazioni alberghiere sono assimilate, sotto il profilo degli oneri di concessione, agli interventi di nuova costruzione”.

La difesa, sul punto, ha eccepito che, proprio dalla tabella sopra indicata, emergerebbe che le residenze turistiche ( R.T.), cui apparterrebbe il Residence San Rocco, rientrano nella categoria delle Case per Vacanze, assimilata alla Residenza, in relazione alla quale, non vi è alcuna differenza dal punto di vista del carico insediativo; al contrario, il passaggio “da Residenza a Casa per Vacanza o R.T.” configura un aumento del carico insediativo.

In realtà la tesi difensiva si fonda su un equivoco di base: ovvero l’assimilabilità tra la categoria Casa per Vacanza o R.T. e la categoria Residenza Turistico Alberghiera ( R.T.A.), cui pacificamente appartiene il Residence San Rocco. E’ sufficiente analizzare la legislazione regionale e, in particolare la L.R. n.13/92 e la n. 11/82  per verificare che Casa per Vacanza o R.T., cui, ad esempio, appartengono gli appartamenti acquistati in multiproprietà, è categoria del tutto differente  dalla categoria della Residenza Turistico Alberghiera o R.T.A., assimilabile in tutto e per tutto alla categoria Albergo. Nelle R.T. infatti, solo a titolo esemplificativo, è vietata la somministrazione di cibi e bevande, che, al contrario, è obbligatoria per le R.T.A., che, infatti, devono avere determinati standard di spazi comuni.

Il Residence San Rocco, già Albergo San Rocco, pertanto, rientra pacificamente nella categoria R.T.A. assimilabile alla categoria Albergo, e la sua trasformazione in Residenza, cui le opere poste in essere dalla C. s.r.l. erano in realtà finalizzate, come emerso dall’istruttoria dibattimentale e pacificamente ammesso da tutti, comporta mutamento di destinazione d’uso tra categorie disomogenee, come confermato dalla tabella sopra riportata, con conseguente aumento del carico insediativo.

Da ciò ne discende che, in  virtù dei principi di diritto sopra analizzati, che questo Giudice condivide e ai quali intende aderire, la conD. posta in essere dalla C. s.r.l. integra la contravvenzione di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44 lett. c) DPR 380/2001.

La sentenza della Suprema Corte che ha portato alla formazione del giudicato cautelare ( sez. 3° n. 263 del 11.2.2009) ribadisce e rafforza la fondatezza della conclusione di cui sopra. I giudici di legittimità, infatti, dopo avere riportato i principi del Supremo Collegio in ordine a quali interventi  di ristrutturazione edilizia necessitino una semplice D.I.A.  e quali, invece, un permesso a costruire ( cfr. Cass. 1893/2006) ha affermato, in relazione al caso di specie: “…che con la realizzazione delle 49 unità immobiliari (secondo le modalità già più volte evidenziate) si desse vita ad un organismo edilizio completamente diverso dal precedente (si pensi in particolare alle 4 unità ottenute dalla trasformazione delle parti comuni) non può minimamente essere revocato in dubbio. Del resto, della necessità del permesso di costruire era convinta la stessa società proprietaria dell’immobile, tanto che ne faceva espressamente richiesta ad integrazione della DIA e, successivamente, chiedeva di condonare le predette 49 unità abitative. Non c’è dubbio, poi, che le abusive trasformazioni potessero aggravare il carico urbanistico e quindi sussistesse il pericolo che la libera disponibilità delle 49 unità abitative realizzate potesse protrarre le conseguenze del reato. Nella previsione normativa il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone, infatti, che l’organismo edilizio abusivamente realizzato sia separato dal principale, ma soltanto che determini la creazione di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di uso indipendente, anche se l’accesso sia comune (cfr. Cass. sez. 3 n. 34142 del 5.7.2005).

Dall’applicazione di tali principi di diritto al caso per cui è processo discende, pertanto, la piena sussistenza del reato di lottizzazione abusiva correttamente contestato, al capo b) della rubrica, sia a M. Isidoro, amministratore unico della C. s.r.l., sia a M. Marco, direttore dei lavori sino al 9.12.2004, data in cui ha presentato le proprie dimissioni.

Quanto, in particolare, alla posizione del M., la difesa ha sostenuto l’assoluta estraneità dello stesso a ogni tipo di abuso edilizio eventualmente commesso dalla C. s.r.l., dal momento che costui sarebbe rimasto totalmente all’oscuro delle reali intenzioni del M., il quale, dopo avere agito a sua insaputa, lo avrebbe messo di fronte “al fatto compiuto” nel comunicargli la sua intenzione di presentare, nell’imminenza, domanda di “condono” edilizio. A riprova di tale assunto il M. produceva copia della lettera di dimissioni, redatta subito dopo avere avuto la comunicazione di cui sopra, motivata dal venir meno  del “ reciproco rapporto di fiducia”.

Il Sindaco di Alassio, nel corso del suo esame dibattimentale, ha precisato che non condivideva, né mai avrebbe potuto avallare l’intenzione di mutare la destinazione d’uso del residence San Rocco, da R.T.A. in appartamenti ad uso residenziale, poiché si trattava di un comportamento del tutto contrastante con la volontà politica dell’Amministrazione comunale, volta a potenziare, anziché svilire, l’offerta alberghiera di Alassio.

Il M. ha, inoltre, sostenuto di essersi recato solo due volte all’interno del cantiere e solo all’inizio dei lavori ( una volta prima della presentazione della D.I.A. per fare le misurazioni, e una volta intorno a “…settembre/ottobre 2002 per verificare le modifiche che si intendevano fare con il progetto che poi è stato presentato a luglio” volto ad ottenere un permesso a costruire in  variante), trattandosi di opere di ristrutturazione interna di scarsa rilevanza che non necessitavano di particolari controlli o indirizzi.

Tale assunto difensivo, oltre che parzialmente inverosimile, non appare dirimente in ordine alla responsabilità del M. rispetto ai reati a lui  contestati.

Quanto alla credibilità delle dichiarazioni rese dall’odierno imputato in ordine alla sua frequentazione del cantiere, si rileva, in primo luogo, che le stesse non risultano costanti rispetto a quanto dichiarato nel corso delle indagini preliminari, puntualmente contestato dal PM in  udienza, quando il M. ha sostenuto di essersi recato all’interno del cantiere, addirittura, una sola volta, prima della presentazione della D.I.A., ma, soprattutto, ciò che appare più incredibile è che un direttore lavori di opere edilizie su una struttura di tipo alberghiero che riveste anche la qualità di Sindaco della città, politicamente impegnato, come da lui riferito, a mantenere, ed anzi, a potenziare l’offerta ricettivo turistica di Alassio, sostanzialmente si disinteressi completamente dei lavori d ristrutturazione proprio di una R.T.A. nel corso della loro realizzazione, violando altresì gli obblighi di indirizzo e di controllo a lui imposti, nella sua qualità di direttore dei lavori, dalla legge ( cfr. art. 29 co 2 DPR 380/2001).

Un  sostanziale “disinteresse” alla fase di esecuzione delle opere, poi, mal si concilia con la sicurezza con la quale lo stesso M. ha descritto e definito l’intervento sull’intercapedine lato Via San Rocco, definendola, con assoluta certezza, un’opera precaria realizzata con la sola finalità di facilitare il passaggio del materiale necessari alla realizzazione delle opere in corso. Non si comprende, infatti, da dove deriva tutta questa sicurezza se il direttore dei lavori si è recato sul cantiere solo un paio di volte.

In ogni caso, anche qualora si volesse credere alle affermazioni del M., le circostanze riferite appaiono irrilevanti ai fini della configurabilità del reato urbanistico a suo carico, trattandosi, com’è noto, di reato contravvenzionale, di cui i soggetti, analiticamente individuati dalla legge, rispondono anche a titolo di colpa, della quale, senza dubbio per quanto sopra detto, è connotata la conD. del direttore dei lavori, Marco M., che, quantomeno, non ha svolto quei compiti di direzione e controllo che gli sono imposti dalla legge.

Venendo ora al reato ambientale di cui al capo a) della rubrica, contestato in concorso agli imputati M. e M., questo Tribunale osserva che la configurazione del reato di lottizzazione abusiva in capo ai predetti per le condotte tenute e descritte al capo b) dell’imputazione rende pacifica la configurabilità anche del reato ambientale.

In tema di lottizzazione abusiva infatti non può mai venire in rilievo, anche qualora si tratti di trasformazione effettuata con opere edilizie meramente interne o persino senza opera alcuna, la pur costante giurisprudenza secondo cui “su zone vincolate è necessario che gli interventi non autorizzati siano idonei ad incidere negativamente sull’originario assetto dei luoghi sottoposti a protezione per cui sono inscrivibili nella sfera dell’irrilevanza penale tutti gli interventi che non pongono neppure astrattamente in pericolo il paesaggio” (cfr. ex pluribus Css. Sez. 3 n. 2732 del 26.11.1999). Infatti la lottizzazione abusiva comporta una rilevante modifica dell’assetto del territorio con conseguente aggravamento del carico urbanistico e necessità di reperire adeguati standards. Deve dunque essere richiamata, in tema di violazioni ambientali mediante interventi di lottizzazione abusiva, la giurisprudenza, anch’essa peraltro non contrastata (e non in contraddizione con quella precedentemente richiamata), secondo cui “in tema di tutela delle zone paesistiche, configura il reato di cui all’art. 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ora sostituto dall’art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (cosiddetto codice Urbani), ogni modificazione dell’assetto del territorio, in assenza di autorizzazione, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualunque genere”. In ogni caso deve anche essere evidenziato che l’intervento edilizio in questione ha rilevanza non solo con relazione alle opere interne o di trasformazione della destinazione d’uso bensì anche esterna, riguardando numerose parti esterne dell’edificio. In particolare dagli atti e dal verbale di sopralluogo del 23.5.2006 emergono chiaramente “interventi edilizi di ristrutturazione e sistemazione esterna”. Nello specifico il verbale, quanto alle opere esterne, descrive l’intervento sull’”intercapedine esistente lato via San Rocco trasformata in un terrazzo a pozzo … aprendo due porte – finestre sul perimetro dell’immobile”, di cui si è già abbondantemente trattato sopra. In sede di sopralluogo inoltre si è specificato che erano in corso di esecuzione i lavori di creazione delle “corti esterne e/o terrazzi delle predette 36 unità immobiliari … non ancora delimitate (fatta eccezione per i terrazzi esclusivi)”. Ancora lo stesso verbale descrive sul lastrico “canne fumarie raggruppate in camini visibilmente di recente realizzazione”. In sostanza, erano in corso i lavori, sia interni sia esterni, finalizzati al frazionamento dell’immobile e a rendere ogni singola unità immobiliare indipendente dall’altra, il che avrebbe richiesto la creazione del terrazzo a pozzo nell’unità d’attico, di corti e terrazzi singoli nelle altre unità immobiliari, di canne fumarie ciascuna al servizio della singola unità immobiliare. Si tratta di lavori che sono certamente idonei a realizzare una trasformazione della sagoma e dei prospetti esterni rilevanti penalmente, come la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare più volte (cfr. Cass. sez. 3 n. 9427 del 2003). L’immobile su cui è stato effettuato l’intervento è posto i zona particolarmente pregiata sottoposta a specifico vincolo ambientale ex D.M. 10.7.1953 (dichiarazione di notevole interesse pubblico delle zone “Restante” e “Paradiso” site nell’ambito del Comune di Alassio) per cui il reato deve essere ricondotto all’ipotesi delittuosa di cui al co. 1 bis dell’art. 181 D. Lgv 42/2004, come correttamente contestato.

Venendo, infine, ai reati di falso, contesti al  capo c) della rubrica ai soli imputati M. Isidoro, titolare dell’impresa omonima e presentatore dell’istanza, e D. Silvio, tecnico incaricato redattore delle rappresentazioni grafiche e del calcolo della superficie di riferimento, il Tribunale osserva quanto segue:

in sede di presentazione di istanza di “condono” ex L. 269/2003 il M. e il suo tecnico di fiducia incaricato, D. Silvio, hanno dichiarato e rappresentato di avere già ultimato alla data del 31.3.2003 i lavori finalizzati al mutamento di destinazione d’uso da preesistente struttura di tipo alberghiero ad alloggi indipendenti, e ciò al fine di far rilasciare all’amministrazione comunale idonei titoli in sanatoria relativamente a ciascuna delle nuove 49 unità immobiliari indipendenti.

Secondo l’ipotesi accusatoria, pur essendo evidente l’attività di trasformazione, sia materiale mediante opere edilizie, sia negoziale – giuridica, finalizzata alla trasformazione della destinazione d’uso dell’immobile da alberghiera a residenziale, la stessa non era stata portata a completamento entro il 31.3.2003.

Tale tesi è stata decisamente contrastata dalla difesa, la quale, da un lato con le testimonianze di alcuni artigiani  e impiantisti che hanno lavorato sul cantiere e la produzione di alcune fatture, e, dall’altro con la deposizione del consulente di parte, hanno sostenuto che la trasformazione della destinazione d’uso da struttura alberghiera ad alloggi indipendenti si era già conclusa prima del 30.3.2003, in particolare, con la realizzazione delle quattro unità immobiliari aggiuntive a quelle già esistenti, ricavate dal notevole ridimensionamento degli spazi comuni. Secondo la tesi difensiva, infatti, sarebbe proprio l’eliminazione degli spazi comuni necessari per l’esistenza della R.T.A., a definire il passaggio di destinazione d’uso dell’immobile da struttura alberghiera a residenza, come sostenuto dall’arch. Luigi Poggi, consulente tecnico della difesa ( cfr deposizione del 3.2.2009 e relazione scritta a sua firma).

Tale assunto non appare condivisibile sulla scorta delle seguenti considerazioni emergenti dall’istruttoria dibattimentale espletata.

In particolare, il verbale di sopralluogo del 23.5.2006 da atto della presenza delle mere predisposizioni per gli impianti elettrico, idrico, gas e riscaldamento. Nello stesso verbale si da altresì atto della mancanza dei sanitari, dei rivestimenti, dei pavimenti, dei termosifoni, dei frutti dell’impianto elettrico, dei gruppi cucina. Si descrivono le unità immobiliari del piano primo come privi di serramenti e porte di ingresso, i piani superiori con la presenza di serramenti vecchi di circa 20 anni e, dunque, ancora neppure rimossi. Le corti esterne e i terrazzi non erano ancora delimitate a servizio delle singole unità immobiliari. In alcune delle stanze non erano ancora stati neppure realizzate le opere per la messa in opera dei punti luce. Quanto all’impianto di distribuzione del gas, pure predisposto, non era presente nell’intero immobile neppure una calderina. Nell’immobile vi era ancora un unico contatore elettrico di cantiere e nessun contatore a servizio delle singole unità immobiliari era stato installato, era presente un solo e cumulativo allaccio alla rete idrica, nessun allaccio alla rete gas. Nelle parti comuni erano assenti la pavimentazioni e non esisteva alcun ascensore (era stato realizzato solo il vano). Tale descrizione rende palese che nell’immobile, ancora nel 2006, era presente un vero e proprio cantiere e i lavori non erano stati completati. Tale situazione, che ha trovato conferma nella deposizione del teste Berriolo, il quale ha anche riferito in ordine ai lavori effettuati tra il primo e il secondo sopralluogo, datato 30.7.2008, evidenzia palesemente che la lottizzazione materiale era  in corso di esecuzione ma non era certamente completata.

Il requisito del necessario completamento funzionale, con particolare riguardo agli edifici destinati a uso abitativo, è fissato normativamente dall’art. 31 co. 2 L. 47/85 (poi richiamato dalle successive L. 794/1994 e L. 269/2003) ed è stato più volte ribadito dalla Cassazione penale e dal Giudice Amministrativo. La Suprema Corte si è espressa nel senso che “come già rilevato dalla sent. Sez. III, 26 aprile 1999, n. 8584, il principio della considerazione unitaria dell’opera cui si riferisce la sanatoria (al quale si uniforma la disciplina dettata sotto il profilo soggettivo dall’art. 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724. in relazione all’art. 38, comma 2, ultima parte, e 5, legge 28 febbraio 1985, n. 47), si trova già affermato, sotto il profilo oggettivo, nell’art. 31, comma 2, della stessa legge 28 febbraio 1985, n. 47, laddove si fa riferimento ai concetti paralleli di esecuzione del rustico e di completamento della copertura per gli edifici destinati alla residenza (vale a dire, ad abitazione) e di completamento funzionale per le opere interne agli edifici suddetti, già esistenti, e per quelle non destinate alla residenza per escludere la possibilità di scindere l’edificio negli elementi che lo compongono (rispettivamente, piani, appartamenti e singole opere nell’ambito di un complesso funzionale in corso di realizzazione) in rapporto al concetto normativo di ultimazione ai fini della sanatoria di singole parti dell’immobile completate entro il termine utile di legge” (così Cass. sez. 3 n. 40183 del 2006). Si tratta di una interpretazione dell’art. 31 co. 2 che si era già fatta strada sotto la vigenza del primo “condono” come ebbe ad affermare la pur risalente Cass. Sez. 3, n. 9635 del 07/03/1988: “L’art. 31 legge 28 febbraio 1985, n. 47 stabilisce che possono conseguire la sanatoria edilizia i proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino ultimate entro la data dell’1 ottobre 1983, precisando che tali devono intendersi gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura e, per le altre opere, quando esse siano state completate funzionalmente. Pertanto, l’interpretazione letterale e logica di tale norma non consente di frazionare l’opera abusiva, ma impone la considerazione della opera medesima nel suo complesso”.

La giurisprudenza amministrativa ha ulteriormente specificato il contenuto del concetto di completamento funzionale con riferimento agli immobili a uso residenziale. Si veda a tal proposito Consiglio di Stato nn. 1071 e 718 del 1995, n. 1514 del 1994, n. 7021 del 2002, n. 4790-5225 REG. DEC. del 26 ottobre 1999. Più recentemente lo stesso Consiglio di Stato, con sentenza n. 2578/05REG.DEC del 22 marzo 2005, dep. 23 maggio 2005, affermava che “nel caso in esame, né le tamponature esterne … né la mera predisposizione degli impianti tecnologici (in corrispondenza di quelli delle abitazioni sottostanti) né infine l’esistenza di due porte di accesso dal vano scala (già previste nel progetto originario della loggia parziale risalente al del 1966) costituiscono elementi idonei a fare ritenere realizzato il completamento funzionale di due unità abitative … gli elementi tecnologici realizzati in corrispondenza a quelli esistenti negli  appartamenti, in modo da potere, poi, consentire gli allacci ai servizi ed agli altri ambienti abitabili delle due distinte porzioni, e la stessa esistenza di due distinte porte di accesso dal vano scala, possono soltanto fare presumere un disegno preordinato ad una differente utilizzazione di quanto compiutamente realizzato abusivamente (, senza che però tale disegno avesse avuto, allo stato, uno sviluppo concreto, neppure allo stato embrionale … In altri termini, i proprietari hanno abusivamente ampliato la loggia di cui al progetto originario e nel fare ciò hanno anche predisposto taluni elementi preparatori (impianti tecnologici ubicati in corrispondenza degli impianti delle utenze dei piani inferiori) preordinati alla “futura” realizzazione, nell’unico locale completato a loggia,  di due porzioni immobiliari a destinazione abitativa. Hanno, tuttavia, omesso, in concreto, di porre in essere quell’ulteriore completamento funzionale idoneo a definire la tipologia edilizia e d’uso, per il quale è stato richiesto il condono

Alla luce di tali principi deve dunque essere valutato l’effettivo completamento delle opere abusive dell’immobile della C. S.r.l. entro il termine del 31.3.2003.

La descrizione del cantiere effettuata nel verbale di sopralluogo del 23.5.2006, confermata dal teste Berriolo e non smentita dai testi e dalle produzioni della difesa, non consente di poter ragionevolmente ritenere che, alla data fissata dalla L. 269/2003, “l’immobile fosse già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile un uso diverso da quello assentito” (così testualmente la giurisprudenza amministrativa richiamata), smentendo così la tesi difensiva.

Infine deve rilevarsi che, ai fini del completamento effettivo dell’intervento abusivo, stante la sua natura lottizzatoria sopra ampiamente esplorata, oltre alle opere edilizie avrebbero dovuto essere completate anche le attività negoziali e giuridiche, quali l’effettivo frazionamento catastale e l’effettivo reperimento degli standards, requisiti che, per quanto già detto, risultano palesemente carenti alla data del 31.3.2003.

Ne consegue che le dichiarazioni degli imputati relativamente al definitivo completamento delle opere abusive entro la data indicata dalla L. 269/2003 devono ritenersi ideologicamente false, con conseguente integrazione da parte degli imputati  M. e D. dei reati contestati ai capi c) della rubrica, più precisamente, seguendo la giurisprudenza del Supremo Collegio,  del reato di cui all’art. 483 c.p. per il M., trattandosi di privato, e del reato di cui all’art. 481 c.p. per il D., trattandosi di esercente di un pubblico servizio, oltre che del reato di cui agli artt. 56-48-479 c.p. per entrambi, avendo dichiarato e rappresentato nelle 49 istanze di “condono” circostanze non vere al Comune di Alassio, finalizzate ad ottenere i relativi titoli in sanatoria, non ottenuti per cause indipendenti dalla volontà dei dichiaranti ( cfr., per la qualificazione giuridica, tra le altre, Cass.  3.4.1998 in Cass. Pen. 99, 2146 e Cass. n.5122 del 19.12.2005).

I reati contestati possono essere unificati sotto il vincolo della continuazione, essendo emersa, con evidenza, l’univocità del disegno criminoso da parte degli autori.

Più grave, per M. e M., è il reato ambientale di cui al capo a) della rubrica, per D. è il reato di cui agli artt. 56-48-479 c.p..

L’incensuratezza degli imputati M. e D. e il ruolo, certamente più marginale  e contenuto nel tempo, tenuto da costoro nell’intera vicenda consentono di concedere ad entrambi le circostanze attenuanti generiche ed il beneficio della sospensione condizionale della pena.

I precedenti penali a carico del M. e la conD. complessivamente tenuta dallo stesso, che denota una premeditazione ben precisa, oltre che il comportamento processuale tenuto da costui, non consentono la concessione allo stesso di alcun beneficio di legge.

Alla luce dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p. appare equo comminare: a M. Isidoro la pena base di anni uno di reclusione, aumentata per la continuazione alla pena finale di anni uno e mesi quattro di reclusione ( di cui due mesi per il reato edilizio e un mese per ciascun reato di falso); a M. Marco la pena base di anni uno di reclusione, riD. per le circostanze attenuanti generiche alla pena di mesi otto di reclusione, aumentata per la continuazione con il reato edilizio alla pena finale di mesi nove di reclusione; D. Silvio la pena base di mesi sette di reclusione, riD. per le circostanze attenuanti generiche alla pena di mesi cinque di reclusione, aumentata per la continuazione con il reato di cui all’art. 481 c.p., alla pena finale di mesi sei di reclusione.

Le spese processuali seguono la condanna.

L’art. 44 comma 2 DPR 380/2001 impone, in caso di condanna per il reato di lottizzazione abusiva, la confisca dei terreni e delle opere abusive in sequestro e l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Alassio.

 

P. Q. M.

visti gli art. 533, 535 c.p.p.

DICHIARA

M. Isidoro, M. Marco, D. Silvio responsabili dei reati loro rispetti­vamente ascritti, e, unificati i reati dal vincolo della continuazione e concesse le atte­nuanti generiche ai soli M. e D., condanna: M. Isidoro alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione; M. Marco alla pena di mesi nove di reclu­sione; D. Silvio alla pena di mesi sei di reclusione.

Condanna tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali

Visti gli artt. 163 e ss c.p.,

CONCEDE

ai soli M.  Marco e D. Silvio il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Visto l'art. 44 comma 2 DPR 380/2001

 

DISPONE

la confisca dell'immobile abusivo in sequestro e l'acquisizione gratuita nel patrimonio del Comune di Alassio.

Visto l'art. 544 c.p.p.

RISERVA

il deposito della motivazione della sentenza nel termine di giorni 90.

Albenga, lì 29/09/2009

 

Il Giudice

(Dr.ssa L. DE DOMINICIS)

rf/LDD