L’imprescrittibilità degli impegni unilaterali di cessione delle aree per opere di urbanizzazione.
(Nota fortemente critica a TAR Puglia, Bari, Sez. III, n. 356 dep. 26/2/2015)

di Massimo GRISANTI

Il caso in esame potrebbe essere riassunto così: <Quando il Giudice amministrativo nell’accogliere il ricorso dell’intestatario del permesso di costruire ne fa diventare abusiva la costruzione>. Ecco i fatti.

I proprietari di un edificio costruito in forza di una concessione edilizia rilasciata previo assunzione, a mezzo di un atto unilaterale d’obbligo, dell’impegno a cedere un’area di mq 110 quale sede per opere di urbanizzazione primaria si oppongono alla richiesta del dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Acquaviva delle Fonti, formulata a distanza di quasi venti anni dal rilascio del titolo abilitativo, di adempiere alle obbligazioni assunte.

Il Giudice barese ha riconosciuto la legittimità dell’opposizione alla cessione ritenendo che il diritto della P.A. non è imprescrittibile. A fondamento della propria decisione richiama una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione civile (n. 2835/2013).

Sono del fermo avviso che la pronuncia del Giudice barese sia del tutto errata in diritto per il semplice fatto che a mente dell’art. 4 della Legge n. 10/1977 vigente ratione temporis (oggi art. 12 T.U.E.) del rilascio della concessione edilizia ne costituisce il prius l’esistenza o l’adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria oppure l’impegno del privato ad eseguirle contestualmente all’edificazione. L’assenza del presupposto non poteva portare al valido rilascio del titolo abilitativo, così come l’inadempimento – in un’ottica finalistica della disposizione statale di principio – getta l’opera nella sostanziale abusività per assenza del presupposto essenziale.

Ecco, quindi, la particolare imprescrittibilità degli impegni assunti ex art. 4 L. 10/1977. A meno che il titolare della concessione non preferisca demolire la casa a causa della sopravvenuta abusività per effetto del suo rifiuto alla cessione e così continuare a mantenere la proprietà dei 110 mq di terreno.

 

 

N. 00356/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00188/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 188 del 2014, proposto da:
Nicola Ferrulli e Antonia Petrelli, rappresentati e difesi dall'avv. Vittorio Di Salvatore, con domicilio eletto presso Vittorio Di Salvatore in Bari, c.so Vittorio Eamanuele, n.193;

contro

Comune di Acquaviva delle Fonti;

per l'annullamento

a) dell’atto prot. n.23316 del 25/11/2013, con il quale il Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Acquaviva delle Fonti ha “interrotto” i termini di conclusione dei procedimento di rilascio di certificato di agibilità, richiesto dai ricorrenti; b) tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2015 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti il difensore Vittorio Di Salvatore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Espongono in fatto gli odierni ricorrenti di aver sottoscritto, in data 6.8.1986, una dichiarazione d’obbligo (ex art. 31 L. n.1150/42) , con cui si impegnavano “a cedere a titolo gratuito al Comune di Acquaviva delle Fonti, su richiesta di quest’ultimo e comunque prima del rilascio del certificato di abitabilità, le aree della superficie di mq 110,00 necessarie per la sede delle opere di urbanizzazione primaria, indicate in colore giallo nella planimetria che si allega …..……”

L’atto d’obbligo era funzionale al rilascio della concessione edilizia (d’ora in poi C.E.) richiesta per la realizzazione di un fabbricato e rilasciata 2 giorni dopo (cioè in data 8.8.1986 con il n. 130), cui seguiva la regolare esecuzione dei lavori.

Il Comune non domandava l’adempimento dell’atto d’obbligo fino al 9.12.2005, quando, con nota n.24704, i ricorrenti venivano richiesti di cedere i suoli in questione.

I proprietari, tuttavia, non accedevano alla pretesa, ritenendo tale obbligo ormai prescritto.

Seguiva tra le parti odierne una controversia tesa al trasferimento, ex art. 2932 cc, dei suoli in questione.

La vertenza, instaurata dinanzi a questo Tar (ricorso n. 257/2008), si concludeva con sentenza n. 501/2008 di declinatoria di giurisdizione.

La causa non veniva mai riassunta dianzi al Giudice ordinario, designato, dalla sentenza appena citata, quale Giudice munito della giurisdizione.

Formulata domanda di rilascio del certificato di agibilità per il manufatto oggetto di C.E. n.130/86, datata 15.11.2013, con nota prot. 23316 del 25.11.2013, il Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Acquaviva delle Fonti disponeva che i termini di conclusione dei procedimento di rilascio di certificato di agibilità, richiesto dai ricorrenti, fossero interrotti ritenendo che il provvedimento richiesto non potesse essere rilasciato nel perdurante inadempimento degli impegni

assunti con il già citato atto d’obbligo.

Contro tale provvedimento, da qualificarsi, senz’altro come atto soprassessorio e di arresto procedimentale, insorgono gli odierni ricorrenti, denunciandone vari profili di illegittimità.

Accolta la domanda cautelare con ord.131/2014 e nella perdurante non costituzione del Comune intimato, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 12.2.2015.

Il ricorso è fondato, trovando puntuale conferma, anche nella fase di più approfondita riflessione, propria del giudizio di merito, le considerazioni già svolte in sede cautelare, allorquando si è ritenuto fondato il profilo di illegittimità dell’atto impugnato in ragione della intervenuta prescrizione dell’obbligo di cui il Comune reclama l’adempimento con la nota soprassessoria.

Con il motivo di ricorso con cui si denuncia il vizio di eccesso di potere, i ricorrenti censurano l’atto impugnato, in quanto avrebbe subordinato il rilascio del certificato di agibilità all’adempimento di un obbligo ormai prescritto.

La censura, nei suddetti termini, è inserita nell’ambito di un’articolata doglianza, sui cui ulteriori aspetti si sorvola, per esigenze di sintesi.

Pregnante, invece, è la questione inerente la dedotta prescrizione dell’obbligo assunto.

In primo luogo, giova premettere, in punto di fatto, che l’atto sottoscritto il 6.8.1986 non ha effetti reali, ma solo obbligatori.

La circostanza può ritenersi inconfutabile alla luce del tenore letterale della dichiarazione (“si impegna a cedere”).

Giova aggiungere che dal 6.8.1986 al 9.12.2005 (cioè nell’arco di tempo di oltre 19 anni) non constano atti interruttivi della prescrizione di tale obbligo (che evidentemente, sarebbe onere del Comune allegare e provare).

Tanto premesso, il Collegio ritiene particolarmente stringenti le considerazioni fatte dalla giurisprudenza civile in materia, puntualmente riportate nella memoria (depositata il 12.1.2015) di parte ricorrente ed alle quali si aderisce.

“In virtù di un orientamento più recente riferibile alla stessa questione (ricollegabile a Cass. 21 ottobre 2011, n. 21885), si è ritenuto che "nel caso di inadempimento da parte di un privato all'impegno assunto con un comune a trasferire la proprietà di un terreno, seppur collegato (e nella specie posteriore) all'accordo corrispondente allo schema procedimentale di cui alla L. n. 1150 del 1942, art. 31, comma 5, (nel testo "ratione temporis" vigente e corrispondente, nella struttura e nella funzione, a quello poi contemplato dalla L. n. 765 del 1967, art. 8), avente ad oggetto il rilascio di una licenza edilizia subordinata all’impegno di attuare le opere di urbanizzazione, il diritto del comune di avvalersi della tutela dell'esecuzione del contratto in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., non è indisponibile e, quindi, è soggetto a prescrizione; non basta infatti ad integrare l'indisponibilità - cui fa riferimento l'art. 2934 c.c., comma 2, - l'esistenza di una finalità di pubblico interesse, il cui perseguimento non si sottrae, in via di principio, agli effetti del trascorrere del tempo, nemmeno quando si sia in presenza di atti autoritativi della P.A., e dovendosi comunque avere riguardo al contenuto oggettivo del diritto della cui prescrizione si discute, non già alla natura ed alla causa degli atti negoziali dai quali quel diritto trae origine””.

“In sostanza, secondo l'impostazione impressa dal più recente e condivisibile indirizzo di questa Corte, si deve pervenire ad una equiparazione del suddetto atto di impegno con una promessa di vendita nell'ambito di un contratto preliminare.

Peraltro, questo atto, seppur compreso nel procedimento amministrativo e ad esso intimamente connesso, non può inquadrarsi in una chiave pubblicistica (pur essendo, indiscutibilmente, il procedimento al quale è correlato improntato a tale carattere sul piano formale) bensì privastistica, con la conseguente applicabilità, ai fini della sua attuazione ed esecuzione, delle ordinarie norme civilistiche, ivi comprese quelle sulla prescrizione.

Da ciò deriva, quindi, che il diritto del Comune di avvalersi della tutela prevista dall'art. 2932 c.c. non può ritenersi indisponibile, con la derivante assoggettabilità a prescrizione. In particolar modo, con la richiamata sentenza n. 21885 del 2011, questa Corte ha inteso evidenziare che neppure il rilievo causale che negli atti negoziali in questione può avere concretamente assunto l'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio è sufficiente a dare ai diritti nascenti da quegli atti la connotazione di assoluta indisponibilità, che ne determinerebbe l'imprescrittibilità, a norma dell'art. 2934 c.c., comma 2. In altri termini, l'indisponibilità alla quale fa riferimento la disposizione da ultimo citata, infatti, si lega al contenuto oggettivo del diritto della cui prescrizione si discuta, non già alla natura ed alla causa degli atti negoziali dai quali quel diritto trae origine. La Pubblica Amministrazione, d'altronde, anche quando agisce iure privatorum, non può che perseguire interessi generali, per ciò stesso connotati da finalità pubblicistiche; ma questo non basta a rendere indisponibili, in se stessi considerati, i diritti dei quali essa divenga titolare in conseguenza delle attività in tal modo compiute.

Non basta, cioè, invocare l'esistenza di una finalità di pubblico interesse perchè ne discenda l'imprescrittibilità dei diritti eventualmente acquisiti dalla Pubblica Amministrazione all'esito di una determinata attività negoziale, qualora quei diritti non abbiano un oggetto intrinsecamente indisponibile, essendo del resto assolutamente ovvio che il perseguimento di finalità pubblicistiche non si sottrae, in via di principio, agli effetti del trascorrere del tempo nemmeno quando si sia in presenza di atti autoritativi della stessa Pubblica Amministrazione. Da ciò scaturisce che il diritto ad ottenere l'adempimento di un obbligo negoziale avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di porzioni di terreno non è, però, per sua natura, un diritto indisponibile e non può, dunque, predicarsene l'imprescrittibilità.

Dovendo, quindi, la questione essere ricostruita in questo modo (e sul presupposto che il contratto preliminare è fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l'obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine nè in sede convenzionale, nè in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell'art. 1183 c.c., la regola dell'immediato adempimento secondo il brocardo "quod sine die debetur statim debetur"), dovrebbe conseguire che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., l'inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l'estinzione del diritto medesimo per prescrizione (cfr. Cass. n. 14276 del 1999 e, da ultimo, Cass. n. 14463 del 2011), sulla base, ovviamente, dell'accertamento dei relativi presupposti di fatto demandato al giudice del merito in relazione ai riscontri probatori ritualmente acquisiti in giudizio.” (Cassazione civile sez. II, n. 2835 del 6.2.2013).

In conclusione, non può che rilevarsi l’intervenuto decorso del termine prescrizionale decennale e la conseguente illegittimità dell’atto soprassessorio che subordina il rilascio del certificato di agibilità all’adempimento di un obbligo ormai prescritto e non più coercibile.

Il ricorso va, dunque accolto.

L e spese derogano alla soccombenza in ragione della novità della questione e dell’assenza di un univoco orientamento giurisprudenziale in materia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto prot. n. 23316 del 25/11/2013, del Comune di Acquaviva delle Fonti.

Spese integralmente compensate.

Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

Sergio Conti, Presidente

Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore

Viviana Lenzi, Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)