Corte Costituzionale ord. 105 del 17 marzo 2010

Oggetto: Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Condono edilizio - Oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria - Determinazione con riferimento alle tariffe vigenti all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria anziché al momento dell'entrata in vigore del d.l. n. 269/2003, conv. in legge n. 326/2003, ferma la facoltà di incremento di cui all'art. 32, comma 34, secondo periodo, di detto decreto.


Dispositivo: manifesta inammissibilità

ORDINANZA N. 105

ANNO 2010



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, nel procedimento vertente tra M.p. s.r.l. in liquidazione e il Comune di Milano, con ordinanza del 20 marzo 2009, iscritta al n. 212 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella.



Ritenuto che, con ordinanza del 20 marzo 2009, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi), laddove stabilisce che gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria, anziché al momento di entrata in vigore del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

che, riferisce il rimettente, con istanza dell’8 aprile 2004, la società ricorrente aveva chiesto il condono edilizio, ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, per interventi abusivi realizzati nell’immobile di sua proprietà, richiesta accolta dal Comune il 6 ottobre 2008, con determinazione del contributo di costruzione, la cui entità era stata comunicata con una nota notificata il 29 aprile 2008;

che la ricorrente aveva impugnato il provvedimento, deducendone l’illegittimità per avere il Comune calcolato il contributo sulla base delle tariffe vigenti al momento dell’emanazione del titolo in sanatoria, anziché di quelle, meno onerose, vigenti al momento di presentazione della domanda, deducendo, tra i motivi del ricorso, la violazione dell’art. 16, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. - Testo A), il quale dovrebbe essere interpretato, alla stregua della giurisprudenza dominante, nel senso che, in caso di concessione in sanatoria, gli oneri dovuti sono quelli vigenti non al momento di rilascio del permesso ma al momento di presentazione della domanda; lamentava inoltre l’illogicità e contraddittorietà della motivazione, basata sul contestuale richiamo di due norme tra loro incompatibili, e la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), in quanto la natura fiscale del contributo imponeva al Comune di allegare al provvedimento impugnato gli atti richiamati nella sua motivazione;

che, in subordine, la ricorrente aveva eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della citata legge regionale n. 31 del 2004;

che il rimettente, dopo aver respinto, con sentenza parziale, i primi tre motivi di ricorso, ha dichiarato la questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata;

che, in punto di non manifesta infondatezza, secondo il rimettente la norma regionale non si armonizzerebbe con la legislazione statale sul condono edilizio, dato che la legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nello stabilire che la sanatoria degli abusi fosse condizionata al versamento di un’oblazione e del contributo di concessione di cui all’art. 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilità dei suoli), consentiva alle Regioni di legiferare sul punto, anche modificando (con possibilità di riduzione fino al 50%) la misura del contributo «determinato secondo le disposizioni vigenti all’entrata in vigore della presente legge» (art. 37, secondo comma), aggiungendo che, se il potere di legiferare non fosse stato esercitato entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, si sarebbero applicate le norme vigenti all’entrata in vigore della legge stessa (art. 37, quarto comma);

che, in ragione di ciò, secondo il rimettente, la prevalente giurisprudenza aveva avuto modo di statuire che, ai fini della sanatoria, il contributo andava calcolato con riferimento alle tariffe vigenti al momento dell’entrata in vigore della legge di sanatoria;

che, secondo il TAR rimettente, dalla lettura del complesso normativo si evincerebbe che, ai fini del condono, le disposizioni di riferimento, comprese quelle di carattere tariffario, debbano essere quelle vigenti al momento dell’entrata in vigore delle leggi di sanatoria via via promulgate dal legislatore statale;

che, pertanto, l’art. 4, comma 6, della legge regionale n. 31 del 2004, secondo cui oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria «sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria», sarebbe di dubbia legittimità costituzionale, dato che l’espressione usata dal legislatore regionale («perfezionamento del procedimento di sanatoria») non potrebbe intendersi come riferita al momento della presentazione della domanda di condono, se non a costo di una inammissibile forzatura del dato letterale;

che, invero, secondo il rimettente, il momento in cui il procedimento di sanatoria si perfeziona non potrebbe farsi coincidere che col rilascio del permesso di costruire, ovvero (nella ricorrenza delle condizioni previste dal comma 37 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003) con la formazione tacita del titolo abilitativo;

che, secondo il rimettente, valorizzare, assumendole come termine di riferimento, le tariffe vigenti nel momento del rilascio del titolo (o della sua formazione tacita) sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. che, nelle materie di legislazione concorrente, attribuisce la potestà legislativa alle Regioni, riservando allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, tra i quali va annoverato quello, dettato dalla legislazione speciale sul condono edilizio, in base al quale la misura del contributo è conforme alle disposizioni vigenti all’entrata in vigore delle leggi di settore via via emanate;

che la normativa regionale contrasterebbe, altresì, con l’art. 97 Cost., in quanto, nelle fattispecie di condono di abusi edilizi, soggette a disciplina uniforme quanto alla data-limite stabilita per la commissione dell’abuso e per la presentazione della domanda di condono, non apparirebbe conforme ai principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione lasciare che, nei singoli casi, l’entità degli oneri dipenda da due variabili quali la scelta dei tempi nell’aggiornamento delle tariffe e la tempestività nella evasione delle pratiche di condono;

che, inoltre, essa contrasterebbe anche con i principi di certezza e di affidamento, immanenti nell’ordinamento nazionale e comunitario, anch’essi riconducibili all’art. 97 Cost., secondo cui il privato deve essere posto in grado di conoscere anticipatamente a quali oneri, esborsi e conseguenze sia esposta la propria azione, anche laddove gli sia offerta la possibilità di riparare abusi edilizi con una autodenuncia;

che, infine, la normativa impugnata contrasterebbe anche con l’art. 3 Cost., in quanto non sarebbe conforme al principio di uguaglianza che abusi edilizi suscettibili di sanatoria, uguali per natura e data di compimento, fossero assoggettati ad oneri di diverso importo in applicazione delle tariffe vigenti nei diversi momenti di conclusione dei singoli procedimenti;

che è intervenuta nel giudizio di costituzionalità la Regione Lombardia, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata;

che, quanto all’inammissibilità, la difesa della Regione ha affermato, innanzitutto, che l’ordinanza di rimessione non sarebbe sufficientemente motivata in riferimento alla rilevanza della questione, con riferimento alla data di entrata in vigore della normativa regionale e all’incidenza sulla normativa della sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 2004;

che, in secondo luogo, secondo la Regione, il rimettente richiederebbe alla Corte costituzionale un intervento manipolativo, a rime non obbligate, che appartiene alla discrezionalità del legislatore, dato che la determinazione degli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione potrebbero astrattamente essere ancorati a momenti diversi;

che, nel merito, quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 117 Cost., secondo la Regione non esisterebbero principi desumibili dalla legge statale con cui la legge regionale si ponga in contrasto, dato che la regola relativa alle modalità di determinazione del contributo di costruzione non rientrerebbe tra le scelte di principio rimesse al legislatore statale;

che, inoltre, la giurisprudenza sul condono di cui alla legge n. 47 del 1985 non sarebbe pacifica, per cui neppure nella legislazione statale sarebbe presente il principio, indicato dal rimettente come violato dalla norma censurata, in base al quale i contributi di costruzione debbono essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti al momento di presentazione della domanda e non a quelle vigenti al momento del rilascio del titolo abilitativi;

che, quanto alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., la questione avrebbe ad oggetto la denuncia di meri inconvenienti di fatto, irrilevanti ai fini dello scrutinio di costituzionalità;

che, d’altra parte, secondo la Regione, laddove venisse accolta la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo, si garantirebbe ai soggetti che richiedono il titolo abilitativo in sanatoria un trattamento più favorevole rispetto a quelli che chiedono il permesso di costruire in via ordinaria, per i quali l’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che le quote di contributo relative agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione siano determinate al momento del rilascio del permesso di costruire.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita, con riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi), laddove stabilisce che gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria, anziché al momento di entrata in vigore del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

che, quanto alla censura relativa all’art. 117, terzo comma, Cost., il rimettente, nel denunciare la lesione della competenza legislativa statale concorrente, omette di indicare quale, a suo giudizio, tra i diversi ambiti materiali ivi elencati, sia quello asseritamente inciso dalla normativa regionale, in tal modo, inammissibilmente, ponendo a carico di questa Corte il compito di individuare le ragioni dell’affermata violazione;

che, in ogni caso, il rimettente ricava il principio fondamentale della legislazione statale violato dalla norma regionale – quello in base al quale gli oneri di concessione debbano essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria – dal combinato disposto dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e dell’art. 37 della legge n. 47 del 1985, sulla base di un orientamento interpretativo non consolidato nella giurisprudenza amministrativa e, in tal modo, chiede alla Corte di avallare un’interpretazione della normativa statale, così evidenziando un uso improprio dell’incidente di costituzionalità, il che determina – per costante giurisprudenza della Corte – l’inammissibilità della questione (ex plurimis, ordinanze n. 320 del 2009, n. 422 del 2008, n. 361 del 2007);

che, quanto alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., il criterio delle tariffe vigenti al momento dell’entrata in vigore delle leggi di sanatoria di volta in volta promulgate dal legislatore statale ai fini della determinazione della misura del contributo è ben lungi dell’essere l’unica regolamentazione conforme alla Costituzione, ma rappresenta solo una delle diverse soluzioni astrattamente possibili;

che, invero, gli oneri di concessione potrebbero, in teoria, essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l’abuso è iniziato, al momento in cui l’immobile abusivo è completato, al momento dell’entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell’entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria;

che, in tale contesto di pluralità di soluzioni, la scelta del legislatore regionale di privilegiare l’interesse pubblico all’adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, ad esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso – ugualmente meritevole di protezione – sembra essere il frutto di una scelta discrezionale implicante un bilanciamento di interessi che può solo essere effettuato dal legislatore;

che, pertanto, stante il carattere manipolativo dell’intervento richiesto, in una materia necessariamente riservata, per la pluralità delle soluzioni possibili, alla discrezionalità del legislatore (cfr., in tal senso, ordinanze nn. 287 e 203 del 2009, n. 177 del 2008 ), la questione si presenta inammissibile anche con riferimento ai predetti parametri.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

la corte costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi), sollevata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA