Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4287, del 26 agosto 2014
Urbanistica.Natura non espropriativa della destinazione sussumibile sotto la lettera “F”

La giurisprudenza amministrativa che si è più volte soffermata sulla natura non espropriativa della destinazione sussumibile sotto la lettera “F” e cioè la destinazione “ad attrezzature pubblico di interesse collettivo. In base a tali indirizzi si è allora affermato che sono conformativi e al di fuori dello schema ablatorio- espropriativo (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio, non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata, o promiscua pubblico- privato , che non comportano necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato , senza ablazione del bene. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04287/2014REG.PROV.COLL.

N. 01176/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1176 del 2009, proposto da: 
Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Laura Astuto, M. Luisa De Salvo, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Baldassarre in Roma, via Flaminia, 56;

contro

Luceri Nicola, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Taurino, con domicilio eletto presso Massimo Graziani in Roma, via dei Motoristi, 62;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 03331/2008, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Corbyons su delega dell'avvocato Laura Astuto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con istanza del 6 aprile 2006 il sig. Nicola Luceri , proprietario di un terreno in Lecce inserito in catasto al foglio197, particella 298 e urbanisticamente in zona F14 “verde attrezzato”- F15 “verde sportivo,chiedeva al suindicato Comune il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione su detto lotto di un fabbricato da adibire ad impianto produttivo- artigianale

In relazione a tale richiesta il Dirigente del Settore pianificazione e Sviluppo Urbano del Comune, dopo aver con nota del 7/6/2006 comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, con provvedimento prot. n.90415 dell’1/9/2006 denegava il chiesto permesso di costruire ritenendo non ammissibile il progettato intervento, non essendo in particolare applicabile la disciplina di cui all’art.9 del DOR n.380/2001 invocata dall’interessato.

Il sig. Luceri impugnava con ricorso innanzi al Tar di Lecce tale negativa determinazione unitamente alla delibera consiliare n.56 del 21/3/2002 richiamata nell’atto de quo, deducendo vari motivi di gravame, tra cui l’intervenuta decadenza dei vincoli ritenuti aventi contenuto espropriativo previsti dallo strumento urbanistico per l’area ( zona F) interessata dal progettato intervento edilizio.

L’adito Tribunale amministrativo con ordinanza n.228/07 accoglieva la chiesta tutela cautelare e il Comune in ragione di detto provvedimento giurisdizionale rinnovava l’istruttoria all’esito della quale, dopo aver comunicato i motivi ostativi, con atto prot. n.83647 del 4 luglio 2007 si rideterminava a respingere la richiesta di edificazione “ in quanto il progetto contrasta con la normativa contenuta negli artt.92 e 93 NTA sia in relazione alla proposta destinazione d’uso di laboratorio artigianale con uffici a fronte della destinazione di PRG di “ Verde attrezzato - Verde sportivo” sia in relazione agli indici urbanistici di progetto che prevedono un rapporto di copertura pari a mq 0,01/1mq a fronte di mq 0,03 /1mq insediabili”.

L’interessato impugnava con motivi aggiunti anche tale ultimo provvedimento e il Tar con sentenza n.3331/08 accoglieva il proposto gravame.

Avverso tale decisum è insorto il Comune di Lecce con l’appello all’esame, deducendo la erroneità delle statuizioni rese dal primo giudice.

In particolare l’amministrazione comunale fa rilevare la natura non espropriativa del vincolo apposto dalle previsioni di piano all’area di proprietà dell’appellato, ponendosi il progettato intervento in contrasto con la destinazione impressa al terreno del sig. Luceri.

Quest’ultimo , costituitosi in giudizio, ha contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

DIRITTO

La controversia ha ad oggetto il diniego di autorizzazione di un progettato intervento edilizio di realizzazione di un immobile da adibire ad attività produttivo-artigianale su un lotto di terreno sito in Comune di Lecce, della superficie di mq 392 inserito nel PRG in zona F4-F5 “verde attrezzato/verde sportivo”.

Il Tar ha ritenuto che la disciplina urbanistica locale abbia imposto con riferimento all’area dell’appellato un vincolo preordinato all’esproprio, con conseguente intervenuta decadenza per effetto del decorso del termine quinquennale.

Tanto precisato, va respinto l’assunto dedotto in via preliminare dal Comune secondo il quale il TAR avrebbe dovuto dichiarare la improcedibilità del ricorso di prime cure, in quanto in ogni caso il proposto intervento edilizio non sarebbe stato comunque possibile.

L’interesse del ricorrente a coltivare il gravame sussisteva ( e continua a sussistere ) indipendentemente dalla concreta realizzabilità o meno del progettato impianto produttivo, in relazione al fatto che l’eventuale accertamento del vincolo de quo come vincolo espropriativo comporta quanto meno il diritto alla liquidazione di un indennizzo in favore del soggetto inciso dalla prescrizione avente una siffatta configurazione ( cfr Cons. Stato sez. IV 6/8/2013 n.4143).

Ciò detto, la critica dell’appellante Amministrazione comunale alla impugnata sentenza sotto il profilo della errata riconducibilità del vincolo derivante dalla zonizzazione F14-F15 ad un vincolo di natura espropriativa, come affermata nel decisum qui gravato, appare meritevole di positivo apprezzamento.

Il Collegio ritiene di dover qui richiamare consolidati approdi giurisprudenziali dai quali non ha motivo di discostarsi secondo cui ( Cons. Giu. Amm. Regione siciliana 22/11/2012 n.1035; Cons. Stato Sez. IV 6/8/2013 n.4143) i limiti posti nei regolamenti urbanistici o nella pianificazione urbanistica e relative norme tecniche riguardanti altezza, distanze, indici di fabbricabilità, zone di rispetto non hanno carattere ablatorio, e sono connaturali alla proprietà e restano altresì avulsi dallo schema ablatorio i vincoli imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa di parte o promiscua, in regime di economia o di mercato , anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento.

Più specificatamente detto principio è stato ripetutamente predicato dalla giurisprudenza amministrativa che si è soffermata sulla natura non espropriativa della destinazione sussumibile sotto la lettera “F” e cioè la destinazione “ad attrezzature pubblico di interesse collettivo, nella quale vanno incluse le due destinazioni qui in rilievo, la F14 ( verde attrezzato ) e la F15 ( verde sportivo).

In base a tali indirizzi della giurisprudenza si è allora affermato che sono conformativi e al di fuori dello schema ablatorio- espropriativo ( non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio, non sussiste un dovere di ritipizzazione ) i vincoli che importano una destinazione ( anche di contenuto specifico ) realizzabile ad iniziativa privata, o promiscua pubblico- privato , che non comportano necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato , senza ablazione del bene.

Ebbene questa regula iuris appare applicabile agevolmente al caso di specie , proprio sulla scorta della disamina della disciplina urbanistica all’uopo dettata, rappresentata , in particolare:

a) dagli artt.92 e 93 delle NTA del PRG di Lecce ( rispettivamente zona F14 – verde attrezzato e zona F15 - verde sportivo);

b) dalla delibera del Consiglio Comunale di Lecce n.56 del 21/372002 avente ad oggetto . “ D.M. 2 aprile 1968 n.1444- Ricognizione e verifica aree a servizi. Definizione criteri e modalità di attuazione”.

Dalla contenuto testuale della normativa di Piano di cui ai suindicati articoli si evince chiaramente la possibilità di attuazione da parte dei privati delle attrezzature pubbliche sub specie del verde attrezzato e sportivo, senza che la concreta esecuzione delle opere de quibus debba imprescindibilmente avvenire con la sola iniziativa pubblica ed inoltre senza che gli interventi a farsi, nei limiti ivi indicati, abbisognino di piani attuativi, il che equivale a ragionevolmente ritenere che le previsioni recate dal Piano hanno introdotto sulle aree inserite nelle zone in questione ( fra cui quella del sig. Luceri) un vincolo unicamente conformativo.

Ad adiuvandum della voluntas del normatore comunale, come evincibile dalla formulazione delle previsioni di PRG, di conferire alle prescrizioni che contraddistinguono la zone F una valenza non espropriativa, ma solo conformativa, soccorre quanto rilevato e deciso dal civico consesso di Lecce con la delibera indicata sub b), con la quale si è andata ad effettuare una verifica sul regime urbanistico delle aree a servizi, quelle inserite nelle zone F , dandosi atto che sulle ulteriori aree eccedenti lo standard minimo, “ è possibile l’intervento diretto di iniziativa privata, purché nel rispetto delle originarie previsioni di PRG finalizzate al soddisfacimento di un interesse collettivo”, con l’ulteriore espressa precisazione che “ il presente provvedimento non costituisce variante alle previsioni del vigente PRG né comporta l’imposizione o la reiterazione di vincoli urbanistici decaduti , fermi restando per le aree a servizi contrassegnate come zone F( artt. 88 e seguenti ) la destinazione d’uso attuale e gli standard urbanistici di cui all’art.8 delle NTA del PRG”.

Una piana lettura sia della parte motiva che di quella dispositiva della delibera de qua depone nei sensi di una qualificazione di tipo ricognitivo delle determinazioni assunte dal Consiglio Comunale, che si è dato carico unicamente di integrare e riaffermare la valenza conformativa dei vincoli apposti per le aree ricadenti nelle zone classificate come “F” ( attrezzature collettive”).

La disciplina testé illustrata consente dunque l’attuazione da parte dei privati delle previsioni riguardanti le attrezzature e i servizi di quartiere su aree classificate F ( da F11 a F15 ) , senza che in ciò possa riscontrarsi contrasto con la norma del PRG di cui all’art.88, che pure prevede l’acquisizione da parte del Comune delle aree occorrenti per le singole attrezzature: quest’ultima disposizione si limita unicamente a stabilire una modalità di attuazione di carattere generale, il che non esclude però la possibilità di consentire una iniziativa privata di attuazione di un intervento urbanistico- edilizio volto a dare esecuzione alla previsione di destinazione di dotare dei servizi de quibus e delle attrezzature proprie delle zone F .

Il Tar sul punto ha dato una interpretazione di tipo restrittivo, che, però, non collima con il dato normativo urbanistico locale e neppure con i parametri giurisprudenziali posti in evidenza

Se così è, deve dedursi che il diniego opposto in ordine alla richiesta di edificazione avanzata dal sig. Luceri appare legittimamente essere stato opposto sull’esatto rilievo che il progettato intervento di realizzazione in area F14 e F15 di un laboratorio con uffici si pone in contrasto con la destinazione di zona di che trattasi : invero, la disciplina urbanistica, come sopra evidenziato, ammette l’iniziativa privata sempreché però l’attività edilizia sia conforme alle destinazioni di Piano; e tale non è una destinazione produttivo – artigianale, quale quella proposta dall’attuale appellato .

Conclusivamente, l’appello all’esame, in quanto fondato, va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza.

Le spese e competenze del doppio grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 6.000,00 ( seimila ) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)