Consiglio di Stato Sez. II n. 4557 del 14 luglio 2020
Urbanistica.Ristrutturazione mediante demolizione di fienile e sostituzione con edifico residenziale

La ristrutturazione può anche condurre alla formazione di un organismo in parte diverso da quello originario, e se anche è ammissibile che la ristrutturazione possa concretizzarsi nella totale demolizione e fedele ricostruzione del precedente organismo, deve invece escludersi che la ristrutturazione possa consentire — come nel caso di specie — la totale demolizione di una struttura agricola produttiva quale un fienile e la sua sostituzione con un edificio residenziale bifamiliare (segnalazione Ing. M. Federici)

Pubblicato il 14/07/2020

N. 04557/2020REG.PROV.COLL.

N. 01665/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1665 del 2011, proposto dal
Comune di Maclodio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mauro Ballerini, Giuseppe Ramadori, con domicilio eletto presso lo studio Paola Ramadori in Roma, via Marcello Prestinari, 13;

contro

Elia Boldini, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabrizio Tomaselli, con domicilio eletto presso lo studio Amedeo Tonachella in Roma, viale di Villa Grazioli 5;
Cristiano Boldini, Roberto Boldini, rappresentati e difesi dall'avvocato Fabrizio Tomaselli, con domicilio eletto presso lo studio Amedeo Tonachella in Roma, viale di Villa Grazioli 5, rappresentati e difesi dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fabrizio Tomaselli in Brescia, Carlo Zma 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 02648/2010, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire in sanatoria


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elia Boldini e di Cristiano Boldini e di Roberto Boldini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2020 tenutasi con le modalità di cui alla normativa emergenziale di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall'art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni, dopo il passaggio in decisione del presente ricorso, dall'art. 1, comma 1, della legge 25 giugno 2020, n. 7 il Cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, il comune di Maclodio impugna la sentenza datata 6 agosto 2010, n. 2648, con la quale il TAR per la Lombardia - sez. Brescia ha accolto parzialmente il ricorso proposto dai signori Boldini.

Il ricorrente Boldini, nella dichiarata qualità di proprietario degli immobili che fanno parte della Cascina Azienda nel Comune di Maclodio - tra cui un edificio (mappali n. 38 e 40) originariamente destinato a fienile e ricovero di attrezzature agricole classificato nel PRG previgente in zona E3 (nuclei rurali tradizionali) e dal 2007 inserito tra le aree di contiguità agricola intercomunale disciplinate dall’art. 35.3 delle NTA del PGT – aveva chiesto, in data 3 febbraio 2004 un permesso di costruire allo scopo di realizzare al posto del fienile un edificio residenziale per i propri figlioli. A differenza del padre, i figli non possedevano però la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Il Comune respinse la richiesta, opponendo sia la mancanza dei requisiti soggettivi in capo ai beneficiari della costruzione (art. 60 della LR 11 marzo 2005 n. 12) sia il contrasto con il PRG all’epoca vigente (che in zona E3 ammetteva solo la ristrutturazione edilizia).

In seguito al diniego, in data 10 aprile 2004 il sig. Boldini presentò una DIA avente ad oggetto la fedele ricostruzione del fienile. Sennonché, nella circostanza fu realizzato un edificio residenziale bifamiliare. Nel sopralluogo del 29 settembre 2008, i funzionari dell’Ufficio Tecnico e della Polizia Locale rilevarono la presenza della costruzione abusiva accertando in particolare che: (a) il nuovo edificio ricopre quasi interamente il sedime del fienile (il lato sud è più corto mentre i lati est e ovest sono leggermente più lunghi); (b) le quote di colmo e di gronda del nuovo edificio sono leggermente inferiori a quelle indicate nella DIA riguardante la fedele ricostruzione del fienile; (c) la destinazione del fabbricato è definitivamente passata da agricola produttiva a residenziale.

In pratica, all’esito del sopralluogo, il Comune riteneva che il vecchio manufatto agricolo (porticato privo di copertura) fosse stato integralmente sostituito da un nuovo, e del tutto diverso, corpo di fabbrica con destinazione residenziale, costituito da due unità immobiliari residenziali indipendenti che si sviluppavano su tre piani, uno interrato e due fuori terra. Le finiture, gli interni, le caratteristiche costruttive e morfologiche del nuovo fabbricato avrebbero denunciato in maniera inequivocabile la destinazione residenziale ed il completo stravolgimento di quello che un tempo era un porticato destinato a ricovero attrezzi agricoli.

In data 20 febbraio 2009, il sig. Boldini, unitamente ai figlioli, presentò al Comune istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 nella quale eccepiva di non avere introdotto alcun aumento di superficie o di volume rispetto al fienile.

Il Comune, con provvedimento del 23 settembre 2009, denegò il permesso di costruire in sanatoria, in quanto:

-veniva contestato che “l'immobile oggetto della richiesta di permesso di costruire in sanatoria avesse destinazione residenziale, fatto in contrasto con i documenti allegati alla DIA prot. n. 1084 in data 10/04/2004 (P.E. 06/2004), nella quale la ristrutturazione dell'immobile riproponeva per lo stesso la destinazione a deposito e fienile”;

- nella zona in questione, l’art. 35.3 delle NTA considera ammissibili le residenze agricole o extra-agricole solo quando si tratti di edifici preesistenti all’approvazione del PGT, e che in concreto il vecchio manufatto (porticato) non aveva tale destinazione.

Avverso il diniego, gli istanti hanno proposto ricorso al Tar per la Lombardia.

Il giudice di prime cure ha osservato che il ricorrente Elia Boldini era l’unico soggetto che avrebbe potuto chiedere l’applicazione degli art. 59 e 60 della L.R. Lombardia n. 12 del 2005, in quanto imprenditore agricolo; sennonché, egli possedeva già un’abitazione collegata alla coltivazione del fondo e quindi non aveva la necessità di realizzarne un’altra per sé. Pertanto, i veri beneficiari del nuovo fabbricato dovevano ritenersi gli altri ricorrenti, ossia i figli, che però non possedevano i requisiti soggettivi (la qualità di imprenditori agricoli). Il TAR ritenne, altresì, improprio richiamare gli art. 59 e 60 della LR 12/2005 poiché queste norme si applicano soltanto alle nuove costruzioni, mentre le ristrutturazioni (e lo stesso vale per tutti gli altri interventi edilizi diversi dalle nuove costruzioni) rientrano, invece, nella previsione dell’art. 62, comma 1, della L.R. 12 del 2005, il quale rinvia integralmente alla disciplina del PGT prescindendo dai requisiti soggettivi. Pertanto, rileva il Tribunale, “se la demolizione e ricostruzione del fienile è qualificabile come ristrutturazione, l’edificio può essere utilizzato anche da chi non sia imprenditore agricolo professionale”; di talché, passando alla qualificazione dell’intervento progettato dai ricorrenti, esso lo qualifica di “ristrutturazione”.

Tuttavia, conclude il Tar, “la qualificazione dell’intervento edilizio come ristrutturazione non risolve però automaticamente il problema del cambio di destinazione d’uso. Il fienile rientra infatti pacificamente tra le strutture agricole produttive e quindi non è possibile trasferire a questo fabbricato il carattere di preesistenza residenziale posseduto dall’abitazione del ricorrente Elia Boldini”.

Sulla scorta di queste argomentazione, il giudice di primo grado, muovendo dalla lettura dell’art. 35.3 delle NTA – secondo cui l’indice fondiario, che per le residenze agricole è pari a 0,01 mc/mq., può essere applicato agli interventi di ampliamento degli edifici residenziali esistenti e, dunque, è possibile utilizzarlo per interventi di ristrutturazione che non modificano quantitativamente ma solo qualitativamente il volume attraverso il cambio di destinazione d’uso – ha imposto al Comune di “riesaminare la domanda dei ricorrenti per verificare se la superficie aziendale produca attraverso il suddetto indice fondiario un volume abbastanza ampio da comprendere quello residenziale insediato nell’edificio che ha sostituito il fienile. Qualora il volume così reperito sia sufficiente allo scopo, l’accertamento di conformità è ammissibile. Diversamente, l’edificio rimane abusivo in tutto o in parte e la questione dovrà essere valutata dal Comune per le determinazioni conseguenti. Nel caso in cui si possa pervenire in questo modo all’accertamento di conformità il titolo edilizio in sanatoria è oneroso (poiché i beneficiari della volumetria residenziale non hanno la qualifica di imprenditori agricoli). Inoltre la superficie che ha prodotto la cubatura utilizzata nella sanatoria non è più utile per generare nuova volumetria in zona agricola produttiva”.

Nel gravarsi in appello, il Comune deduce un unico, articolato motivo di doglianza avverso la decisione impugnata per violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (art. 3, comma 1, lett. d) DPR n. 380/01 e art. 27 legge regionale lombarda n. 12/05; artt. 59-60-61 legge regionale lombarda n. 12/05). Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione di norma regolamentare (art. 35 NTA del Piano delle regole del PGT di Maclodio), travisamento dei fatti, manifesta illogicità e contraddittorietà.

Queste le censure.

1.La qualificazione giuridica dell'intervento che la sentenza avvalora è radicalmente errata.

La ristrutturazione può anche condurre alla formazione di un organismo in parte diverso da quello originario, e se anche è ammissibile che la ristrutturazione possa concretizzarsi nella totale demolizione e fedele ricostruzione del precedente organismo, deve invece escludersi che la ristrutturazione possa consentire — come nel caso di specie — la totale demolizione di una struttura agricola produttiva quale un fienile e la sua sostituzione con un edificio residenziale bifamiliare: da cui, la violazione della disciplina recata sia dagli artt. 59 e ss. della legge regionale lombarda n. 12 del 2005, sia dalla normativa regolamentare locale (art. 35.3 delle NTA del Piano delle regole).

L'edificio ricostruito sarebbe, infatti, completamente diverso per sagoma, volume, destinazione d'uso e morfologia rispetto al preesistente.

2. In base all'art. 62, comma 1, legge regionale lombarda n. 12 del 2005, compete al PGT dettare le norme in tema (anche) di ristrutturazione.

L’art. 35.3 delle NTA del Piano delle regole del PGT di Maclodio stabilisce che: è vietato il rilascio di permessi di costruire per nuova edificazione; non ammette nuove residenze agricole, ma semplicemente tollera quelle preesistenti; non consente incrementi delle residenze esistenti, mentre sono consentiti gli ampliamenti degli edifici e dei complessi produttivi esistenti; ribadisce che è vietata qualsiasi edificazione a scopo residenziale.

La sentenza, dunque, erroneamente afferma che l'art. 35.3 contempla un indice edificatorio a scopo residenziale (0,01 mc. / mq.), facendone discendere le divisate conclusioni.

Si è costituita in giudizio la parte appellata (signori Boldini Elia, Cristiano e Roberto) che, oltre a chiedere il rigetto dell’appello, si grava incidentalmente avverso la medesima decisione per i seguenti motivi:

1.Violazione dell'art. 35.3 Piano di governo del territorio del comune di Maclodio.

1.1. L'immobile rispetta pienamente le distanze dagli allevamenti e dagli altri fabbricati anche in relazione alla disciplina igienico sanitaria e ciò con un livello di protezione equivalente a quello imposto dalla relativa normativa e senza la necessità di alcun accorgimento tecnologico e barriera naturale o artificiale, consentendo di per sé addirittura nello specifico, il potere di deroga, specie quando il risultato, come nel caso in esame, ha comportato un miglioramento della situazione in conseguenza della dismissione di strutture preesistenti e pericolanti. Sussiste, pertanto, pienamente una condizione assimilabile sotto il profilo amministrativo a quella dell'articolo 36 del DPR 380/2001, ossia la possibilità di chiedere la regolarizzazione della struttura.

2. Mancata statuizione su un punto decisivo della controversia. Eccesso di potere. Manifesta irragionevolezza.

Il sig. Boldini Elia ha sempre esercitato l'attività di coltivatore diretto e con esso i suoi fratelli Pietro e Natalino ed i suoi figli Cristiano e Roberto, sviluppando la propria azienda agricola sui fondi siti nel Comune di Maclodio ma sostanzialmente mantenendo inalterate tutte le strutture edilizie che erano state realizzate da oltre quarant’anni. La morfologia dei terreni di proprietà del sig. Boldini Elia e la regolamentazione e le distanze previste nel piano delle regole di PRG tra le nuove costruzioni e le altre zone di Piano inibiscono oggettivamente qualsiasi possibilità edificatoria all'attuale ricorrente ed in tale modo alcuna possibilità di consentire ai figli una localizzazione abitativa all'interno dell'azienda agricola.

Con atto depositato il 10 febbraio 2020, l’avv. Fabrizio Tomacelli, in qualità di difensore dei convenuti appellati e appellanti in via incidentale, ha comunicato che “il sig. BOLDINI ELIA, nato a Brandico (BS), il 7 agosto 1947 e residente a Maclodio, via Cascina Azienda, n. 1, è deceduto in Brescia, il 24 settembre 2017, come da certificato di morte che allega”.

Con la medesima nota, il difensore ha chiesto l’interruzione del processo.

La causa, iscritta a ruolo per l’udienza del 24 marzo 2020, è stata rinviata al 30 giugno 2020 a cagione della normativa emergenziale in vigore per i processi amministrativi.

Il 4 maggio 2020, il comune di Maclodio ha depositato l’atto di riassunzione del processo.

Il successivo giorno 25, lo stesso Comune ha depositato memoria finale con la quale replica all’appello incidentale promosso dai signori Boldini, ritenendo che “gran parte dei rilievi sollevati sono inammissibili giacché i sigg.ri Boldini non hanno mai impugnato e chiesto l’annullamento dell’art. 35 delle NTA del Piano delle regole.

Con atto depositato il 10 giugno 2020, si sono costituiti in giudizio i signori Boldini Cristiano e Boldini Roberto, quali eredi del sig. Boldini Elia, che con annessa memoria conclusiva, dopo avere ribadito che “il sig. Boldini Elia ha sempre esercitato l’attività di coltivatore diretto e con esso i suoi fratelli Pietro e Natalino ed i suoi figli Cristiano e Roberto, sviluppando la propria azienda agricola sui fondi siti nel Comune di Maclodio ma sostanzialmente mantenendo inalterate tutte le strutture edilizie che erano state realizzate da oltre quarant’anni”, chiedono il rigetto dell’appello.

In data 23 giugno 2020, l’avv. Fabrizio Tomaselli ha formulato istanza di discussione da remoto. Successivamente, egli ha fatto pervenire note di udienza con richiesta di passaggio in decisione della causa.

All’udienza del 30 giugno 2020, l’appello è stato trattenuto per la decisione.

Preliminarmente, il Collegio ritiene il contraddittorio regolarmente integratosi tra le parti, a seguito dell’atto di riassunzione del processo e della costituzione in giudizio degli eredi dell’originario ricorrente.

Nel merito, l’appello principale proposto dal comune è fondato.

La fonte normativa pertinente alla regolazione della fattispecie in esame va individuata nell’art. 35. 3 delle N.T.A. – Area di contiguità agricola intercomunale.

In questa area il pianificatore locale, mutuando il potere dell’art. 62, comma 1, legge regionale lombarda n. 12 del 2005, ha imposto un divieto di trasformazione edilizia ed urbanistica destinando l’area medesima al “mantenimento dei caratteri identitari degli stessi per evitare il fenomeno di frammentazione del tessuto agricolo”.

Il punto 1 dell’articolo in esame consente, poi, “limitate e circostanziate possibilità di trasformazione edificatoria anche per i titolati ex art. 59 L.R. 12 del 2005 e per le quali si prevedono la tutela, il recupero e la valorizzazione”. La norma prevede in modo esplicito che “E' vietato il rilascio di permessi di costruire per nuova edificazione”.

L’articolo 59 citato così recita: “1.Nelle aree destinate all’agricoltura dal piano delle regole sono ammesse esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alle residenze dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti dell'azienda, nonché alle attrezzature e infrastrutture produttive necessarie per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le modalità previsti dall’articolo 60. 2. La costruzione di nuovi edifici residenziali di cui al comma 1 è ammessa qualora le esigenze abitative non possano essere soddisfatte attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente. 3. I relativi indici di densità fondiaria per le abitazioni dell'imprenditore agricolo non possono superare i seguenti limiti: a) 0,06 metri cubi per metro quadrato su terreni a coltura orto-floro-vivaistica specializzata; b) 0,01 metri cubi per metro quadrato, per un massimo di cinquecento metri cubi per azienda, su terreni a bosco, a coltivazione industriale del legno, a pascolo o a prato-pascolo permanente; c) 0,03 metri cubi per metro quadrato sugli altri terreni agricoli.

Il Collegio ritiene che la decisone gravata non abbia fatto corretta applicazione delle norme che disciplinano l’edificazione in zona agricola e, segnatamente, nell’area “di contiguità agricola intercomunale”.

Nella zona in cui insiste il divisato manufatto è vietata la nuova edificazione (assentendosi solo residenze, agricole o extra agricole, preesistenti all’approvazione dello strumento urbanistico). Le nuove opere assentibili sono soltanto quelle realizzate in funzione della conduzione del fondo e della conservazione del tessuto agricolo.

La disciplina di settore contempla, pertanto, una doppia condizione: l’una, di tipo soggettivo: essere imprenditore agricolo; l’altra, di natura oggettiva: opere funzionali alla conduzione del fondo, poste al suo servizio, che ripetono dalla qualità di imprenditore agricolo la loro identità e legittimità ovvero funzionali alla conservazione del tessuto agricolo.

Nella fattispecie, è pacifico che il nuovo manufatto, realizzato sulle spoglie del precedente, sia da imputare ai figlioli dell’imprenditore agricolo Elia Boldini per soddisfare le loro esigenze abitative, i quali però non rivestivano la medesima qualità di imprenditori agricoli al momento della trasformazione edilizia; inoltre, che si tratti di un edificio a destinazione residenziale-civile, realizzato in luogo di un preesistente manufatto (demolito per essere ricostruito) che non aveva la medesima, originaria destinazione trattandosi di un fienile, dunque di bene privo di funzione residenziale, pertinenziale alla conduzione del fondo agricolo.

La combinazione dei due fattori colloca l’edificato manufatto al di fuori del perimento di applicazione della normativa di settore.

L’imprenditore agricolo Boselli, pur avendo sottoscritto l’istanza di accertamento di conformità, non la identifica dal punto di vista soggettivo poiché egli risulta pacificamente già titolare di una propria abitazione in loco; la circostanza è stata colta e ribadita anche dalla sentenza impugnata.

Ragion per cui, è del tutto evidente che il nuovo manufatto non sia di utilità all’imprenditore agricolo (Elia Boldini) bensì a soggetti privi di siffatta qualità; e che, altresì, la diversa destinazione residenziale impressa al manufatto sia a servizio non dell’impresa agricola bensì, delle esigenze abitative, di carattere civile, dei figli del sig. Elia Boldini.

Il manufatto, alla luce di queste caratteristiche ontologiche e funzionali, non può qualificarsi come di mera ristrutturazione nei sensi patrocinati dalla sentenza impugnata.

Ancor più se si consideri che, a mente del ricordato articolo 59 della legge regionale lombarda n. 12 del 2005, le strutture produttive in zona agricola si calcolano, in termini di superficie coperta (massimo 10%) mentre le strutture abitative in termini di indice edificatorio volumetrico espresso in mc/mq. (massimo 0,03 mc./mq.).

Di talché, un intervento di demolizione che porti alla trasformazione/sostituzione totale di una struttura produttiva (da misurare in termini di superficie coperta) in una struttura residenziale, da misurare in termini di indice edificatorio volumetrico (0,03 mc./mq.) non può qualificarsi di ristrutturazione.

E invero, l'indice 0,01 mc./mq. è riferito soltanto alle residenze agricole (Rb), ossia a quelle poste al servizio dell'attività agricola. Nel caso di specie, invece, come sopra chiarito, l'imprenditore agricolo professionale (Elia Boldini) già dispone di un'abitazione.

In realtà, ci si trova dinanzi ad una nuova costruzione, poiché viene stravolto il preesistente assetto urbanistico mediante una modifica strutturale e funzionale, dunque sostanziale dell'organismo edilizio, con ulteriore stravolgimento dei carichi urbanistici nonché l’immutazione e la frammentazione dei caratteri identitari del tessuto agricolo.

Le medesime argomentazioni che precedono inducono al rigetto del ricorso incidentale proposto da parte appellata.

Costei sostiene che il permesso in sanatoria di cui all'art. 36 del D.P.R. 06.06.01 n. 380 doveva prendere in considerazione la situazione urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dello stesso. Il Comune, inoltre, avrebbe dovuto considerare la peculiarità della fattispecie per valutare l’opportunità di operare in deroga.

Il Collegio osserva che il permesso ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 sconta, ai fini del suo rilascio, la doppia conformità urbanistica.

Nel caso di specie, siffatta, doppia conformità non è ravvisabile: in primo luogo, perché la trasformazione edilizia ha realizzato un organismo nuovo, non sovrapponibile a quello preesistente, vietato dal vigente art. 35.1; in secondo luogo, perché in epoca preesistente il manufatto aveva destinazione funzionale pertinenziale, ad uso fienile.

Nessuna norma consente al Comune di agire in deroga alle disposizioni urbanistiche vincolanti.

Per quanto sopra argomentato, l’appello principale merita accoglimento, mentre l’appello incidentale deve essere disatteso.

Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso n. 1246 del 2009, proposto da

ELIA BOLDINI, CRISTIANO BOLDINI, ROBERTO BOLDINI, va respinto.

Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso n. 1246 del 2009.

Respinge l’appello incidentale proposto dalla parte appellata.

Condanna gli appellati, in solido, al pagamento in favore del comune di Maclodio delle spese processuali del doppio grado di giudizio, che si liquidano in complessivi € 5.000,00 oltre Iva e rimborso spese ed oneri accessori, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2020 tenutasi da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Cecilia Altavista, Consigliere