Consiglio di Stato Sez. VI n. 4553 del 3 luglio 2019
Urbanistica.Nozione di di pertinenza urbanistica

La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa- economica


Pubblicato il 03/07/2019

N. 04553/2019REG.PROV.COLL.

N. 10585/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10585 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Morrone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Panunzio Romano in Roma, viale XXI Aprile, 11;

contro

Comune di -OMISSIS- in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Mitidieri, con domicilio eletto presso lo studio Placidi S.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

per la riforma

della sentenza breve n. 418 del T.A.R. per la BASILICATA – POTENZA (Sezione Prima) del 23 giugno 2014, resa tra le parti, concernente l’impugnazione dell’ordinanza n. 4503 del 24 febbraio 2014 del Comune di -OMISSIS- con la quale il Dirigente del Servizio Tecnico ha ordinato la demolizione e/o rimozione di presunti abusi edilizi ed il rispristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Consigliere Oswald Leitner e uditi, per le parti, gli avvocati Luigi Morrone e Francesco Americo, su delega dell'avvocato Giuseppe Mitidieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con provvedimento del 21.12.1998 il Comune di -OMISSIS- rilasciava al sig. -OMISSIS- la concessione edilizia in sanatoria, per l'installazione sul terreno foglio di mappa n. 2, particella n. 522, sito nel Comune di -OMISSIS- ad angolo di -OMISSIS-, ricadente nella Zona E1S (Aree agricole di salvaguardia) del vigente PRG, di tre containers, adibiti ad uso uffici, e la realizzazione di un piazzale pertinenziale agli stessi.

Successivamente, in data 2.5.2000, il Comune di -OMISSIS- rilasciava al sig. -OMISSIS- l'autorizzazione, per l'installazione di tre insegne luminose e di sei gazebo.

In data 11.10.2013 la Polizia Municipale del Comune di -OMISSIS- accertava che il sig. -OMISSIS- aveva realizzato sul predetto terreno quanto segue:

1) tettoia, adiacente e collegata ai due containers adibiti ad uffici, delimitata da un muretto, alto 1,10 m. ed intervallato da tre accessi, avente una struttura, alta 2,40 m. alla gronda, in pilastrini e travetti di ferro bullonati alla base, pavimentata con mattoni in gres, suddivisa in due tratti, di cui il primo, lungo 12,00 m. e largo 2,90 m., ed il secondo, lungo 8,00 m. e largo 6,00 m.;

2) chiusura dello spazio, esistente tra i due containers adibiti ad uffici e di accesso a quest'ultimi, con pannelli perimetrali in legno e parte della struttura vetrata, lungo 6,00 m., largo 5,60 in ed alto 2,80 m., con porta di ingresso, alta 2,40 m. e larga 1,00 m.;

3) altra tettoria, adiacente e collegata al container prospiciente su Via Agri, delimitata longitudinalmente in parte in muratura ed in parte in pannelli prefabbricati, avente struttura, alta 2,30 m. alla gronda della copertura di pannelli coibentati a pendenza unica, in pilastrini e travetti di ferro bullonati alla base, pavimentata con cemento battuto, lunga 12,50 M. e larga 4,70 m.;

4) posizionamento di 7 casette prefabbricate, trasportabili con idonei mezzi meccanici, suscettibili di essere utilizzate a fini abitativi, lunghe ognuna 8,50 m., larghe 2,60 m. ed alte 3,00 m. al colmo e 2,45 m. alla gronda, poggiate sul terreno e dotate sul prospetto principale di marciapiede largo 0,90 m., costituite da due vani ed un bagno, pavimentate con piastrelle in gres, dotate di porta di ingresso e quattro finestre, con struttura portante in pilastri e travi di ferro, copertura a due falde, tompagnature perimetrali intonacate e tinteggiate;

5) due pavimentazioni per percorsi e vialetti, realizzate in parti diverse del terreno con lastroni di cemento, di cui una in direzione degli uffici, lunga 15,00 m. e larga 5,50 m., e l'altra dal cancello di ingresso per tutta la lunghezza dell'area, larga 5,00 m.;

6) quattro strutture metalliche, di collegamento ai gazebo autorizzati, con copertura in telo ombreggiante;

7) due nuovi gazebo, aventi struttura metallica, bullonata al basamento di cemento, e copertura con telo plastificato, aventi le medesime dimensioni 5,00 m. x 5,00 m. ed alti 2,30 m.;

8) due coperture per parcheggi-posti auto, con strutture in tubolari metallici, bullonati tramite piastre alla base, e copertura con rete ombreggiante, di cui la prima, lunga 13,50 m. e larga 4,50, e la seconda, lunga 28,00 m. e larga 3,00 m.;

9) rampa espositiva, costituita da due muretti, lunghi 8,80 m., spessi 0,50 m. ed altezza variabile da zero a 0,75 m..

Con Ordinanza n. 4476 del 12.12.2013 il Dirigente del Settore Tecnico, dopo aver evidenziato che il suddetto terreno risultava sottoposto a vincolo paesaggistico, per cui i suindicati presunti abusi edilizi risultavano carenti anche della prescritta autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.Lg.vo n. 42/2004, ingiungeva al sig. -OMISSIS- la demolizione dei sopra descritti abusi edilizi ed il ripristino dello stato dei luoghi preesistente alla realizzazione delle opere abusive, che doveva essere eseguita entro 90 giorni dalla notifica.

Il Sig. -OMISSIS- con ricorso del 7.1.2014 chiedeva al Sindaco di -OMISSIS- di annullare la predetta Ordinanza n. 4476 del 12.12.2013.

Con Ordinanza n. 4503 del 24.2.2014 il medesimo Dirigente del Settore Tecnico reiterava nei confronti del Sig. -OMISSIS- la rimozione dei sopra descritti presunti abusi edilizi ed il ripristino dello stato dei luoghi, da eseguire entro 90 giorni dalla notifica, specificando nuovamente che, in caso di inerzia, si sarebbe proceduto d'ufficio con spese a suo carico.

Questa seconda Ordinanza n. 4503 del 24.2.2014 è stata impugnata dinanzi al T.A.R. per la Basilicata, deducendo:

1) eccesso di potere per contraddittorietà, in quanto nella precedente Ordinanza n. 4476 del 12.12.2013 era stata ingiunta la demolizione, mentre nella successiva Ordinanza n. 4503 del 24.2.2014 era stata disposta la rimozione;

2) eccesso di potere per illogicità, errore nei presupposti e sviamento, in quanto con il rilascio della concessione edilizia in sanatoria del 21.12.1998 il ricorrente aveva sanato tutte le opere edilizie abusive, realizzate sul terreno foglio di mappa n. 2, particella n. 522;

3) eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto, dopo il rilascio della predetta concessione edilizia in sanatoria del 21.12.1998 e della successiva autorizzazione edilizia del 2.5.2000, doveva ritenersi che il terreno di cui è causa risultava asservito all'attività commercia di vendita di tutti i beni usati;

4) violazione del D.L. n. 69/2013 conv. nella L. n. 98/2013, nella parte in cui "esclude dalla nozione di interventi di nuova costruzione l'installazione di manufatti leggeri, prefabbricati e strutture di tipo roullottes, casette mobili che siano anche installate con temporaneo ancoraggio al suolo, da destinarsi a soddisfare esigenze temporanee (cfr. Cass. 9268/2014)".

Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS- il quale, oltre a sostenerne l'infondatezza, ha anche eccepito l'irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione dell'Ordinanza n. 4476 del 12.12.2013, evidenziando con la successiva Ordinanza n. 4532 del 30.4.2014 (notificata il 2.5.2014), che il terreno foglio di mappa n. 2, particella n. 522, aveva una superficie complessiva di 3.450 mq., ma il ripristino dello stato dei luoghi all'uso agricolo non si riferiva ai 608,81 mq., occupati dai tre containers, adibiti ad uso uffici (aventi una superficie complessiva di 83,66 mq.), ed all'antistante piazzale pertinenziale (avente una superficie di 365,15 mq., anzicché 219,09 mq. come erroneamente indicato nell'Ordinanza n. 4503/2014, anche perché il ricorrente nella domanda di sanatoria aveva indicato la superficie di 219,09 mq.), sanati con la concessione edilizia in sanatoria del 21.12.1998, e dei sei gazebo (aventi ognuno la superficie di 25,00 mq. e perciò l'ampiezza complessiva di 150,00 mq.), autorizzati con provvedimento del 2.5.2000.

Il T.A.R. respingeva il ricorso, con sentenza n. 418/2014.

Avverso tale sentenza interponeva gravame il sig. -OMISSIS-.

Il Comune di -OMISSIS- si costituiva in giudizio per resistere all’appello.

All’udienza del 27 giugno 2019, la causa passava in decisione.

DIRITTO

In primo luogo, va rilevato che l’esposizione nella parte intitolato “fatto” dell’atto d’appello dei motivi di ricorso formulati in primo grado non comporta l’obbligo di riesaminare quest’ultimi, dal momento che i veri e propri motivi di gravame proposti sono soltanto quelli indicata nella parte dell’atto d’appello intitolata “diritto”. La riproposizione dei motivi d’appello ai sensi dell’art. 101, co. 2 c.p.a contenuta nell’ultima parte in diritto dell’atto, infatti, potrebbe ritenersi ritualmente proposta soltanto qualora si trattasse di motivi assorbiti, ma non anche in caso di motivi rigettati, caso in cui i relativi capi della decisione di primo grado vanno gravati specificatamente, con indicazione del singolo capo impugnato.

Con la prima deduzione difensiva contenuta nell’atto di gravame, l’appellante dichiara di voler parare l’eventuale eccezione di controparte circa la tardività del ricorso, per omessa impugnazione nei termini della precedente ordinanza n. 4476 del 12 dicembre 2013. In sostanza, si afferma che, essendo l’ordinanza n. 4503 del 24 febbraio 2014, oggetto di causa, frutto di una nuova istruttoria e di un riesame dell’intera situazione, non si tratterebbe di un atto meramente confermativo.

Sul punto, l’assunto dell’appellante è senz’altro corretto, in quanto nella nuova ordinanza si dà espressamente atto della richiesta di riesame, per cui può essere affermato che la stessa sia frutto di una nuova istruttoria, con la conseguenza che l’ordinanza del 24 febbraio 2014 è da considerarsi atto di conferma in senso proprio, per cui sostituisce l’ordinanza del 12 dicembre 2013.

Parimenti infondato è l’affermazione dell’appellato Comune, per cui il giudizio d’appello sarebbe improcedibile, per non avere l’appellante impugnato l’ordinanza n. 4532 del 30 aprile 2014 che ha rettificato l’ordinanza del 24 febbraio 2014. Nella specie, invero, tale nuova ordinanza contiene soltanto la rettifica, in senso più favorevole all’interessato, dell’ordinanza del 24 febbraio 2014 (si dà atto che la realizzazione del piazzale condonata con concessione del 1998, riguarda una superficie di 365,15 mq e non di 219,09 come indicato nell’ordinanza del 24 febbraio 2014), per cui l’appellante non era tenuto in alcun modo a gravarla.

Con il primo motivo d’appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui non avrebbe considerato che, come si evincerebbe chiaramente dagli atti sottesi alla sanatoria del 1998, il piazzale cementato non era l’unico spazio a servizio dell’attività di vendita del deducente, poiché tutta l’area de qua era stata recintata e su di essa era stata sparsa della ghiaia per renderla idonea al deposito di beni destinati alla vendita, onde la sanatoria comprende l’intera particella e non soltanto il piazzale cementato.

Il motivo d’appello non è fondato.

L’assunto dell’appellante non è condivisibile, in quanto nella relazione tecnica allegata all’istanza di rilascio di concessione edilizia in sanatoria si parla espressamente di 365,15 metri quadrati, i quali, appunto, sono stati fatti salvi dall’ordinanza di demolizione impugnata in questa sede, così come rettificata dall’ordinanza del 30 aprile 2014.

Con il secondo motivo di gravame si deduce che le opere poggiate sul suolo nella disponibilità del deducente non potrebbero in alcun caso integrare attività edilizia come tale assoggettabile alla necessità di permesso di costruire e, per la posizione del terreno, ad autorizzazione paesaggistica. Non si tratterebbe di trasformazione permanente del territorio, di guisa da realizzare un aumento del carico urbanistico. I manufatti sarebbero facilmente amovibili e, l’accertamento se vi sia stata attività edilizia ex art. 3 del TU 380/2001, non dipenderebbe dalla qualità dei materiali utilizzati, o dalla facile amovibilità, ma dalla temporaneità o meno della sua funzione in relazione ad esigenze di natura contingente. Nella specie l’amovibilità dei manufatti sarebbe riconnessa al tipo di attività imprenditoriale svolta dal deducente, la quale sarebbe la dimostrazione più evidente della temporaneità delle esigenze che essi sono destinati a soddisfare. In altre parole, si tratterebbe si semplice stoccaggio della mercanzia destinata alla vendita nell’ambito dell’attività imprenditoriale, la quale non sarebbe limitata al commercio delle auto, ma è estesa al commercio di beni usati, come si evince chiaramente dalla presa d’atto del 2 marzo 1999 dell’Ufficio Attività Produttive e Polizia Amministrativa del Comune di -OMISSIS-. Ciò varrebbe per le casette prefabbricate e per i pannelli.

Il motivo d’appello non è fondato.

L’assunto dell’appellante non è condivisibile, dal momento che la qualificazione delle casette prefabbricate e dei pannelli come “mercanzia esposta in vendita” è già esclusa dalle loro intrinseche caratteristiche, che non consentono di ritenerle facilmente amovibili. Inoltre, la documentazione versata in atti (cfr. pag. 15 della memoria di costituzione del Comune) induce a ritenere che l’attività del sig. -OMISSIS-, così come autorizzata e svolta, riguardi soltanto la compravendita di veicoli usati e non di case prefabbricate e pannelli, per cui non sussistono situazioni temporanee e di natura contingente (anche nella presa d’atto del 2 marzo 1999, non sono contenuti elementi idonei a addivenire ad una conclusione diversa).

Per quanto riguarda le tettoie a protezione delle auto parcheggiate nel piazzale viene richiamata la giurisprudenza per cui una tettoia non stabilmente infissa al suolo sarebbe attività di edilizia libera o, al più, integrante pertinenza dell’immobile principale. Non implicando una durevole trasformazione del territorio e, in ultima conseguenza, un aumento del carico urbanistico, l’attività posta in essere dall’interessato non sarebbe nemmeno assoggettata a nulla osta paesaggistico.

In primo luogo, va escluso che, nella specie, si possa parlare di pertinenza, dal momento che, in base alla costante giurisprudenza, la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica; nell'ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un "manufatto edilizio" e, a tali fini, manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo manufatto su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma.

Le caratteristiche e le dimensioni delle tettoie e coperture per parcheggi-posti auto, poi, impediscono di considerarle come mere pergotende eliminabili in ogni momento e come opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità (cfr. art. 6, lett. e-bis D.P.R. n. 380/2001).

In ogni modo, va rilevato che il fondo oggetto di causa è sottoposto a vincolo paesaggistico, per cui trattandosi di strutture la cui realizzazione ha comportato la creazione di superfici/volumi utili, esse dovevano comunque essere precedute dal previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (v. artt. 146, co. 4 e 167, co. 4, D.L.vo 42/2004).

Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.

Le spese di lite, così come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello rimane definitivamente a carico dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante a rifondere alla parte resistente le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge.

Il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello rimane definitivamente a carico dell’appellante.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente FF

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Oswald Leitner, Consigliere, Estensore