Consiglio di Stato Sez. VI n. 5815 del 2 luglio 2024
Urbanistica.Istanza di sanatoria e pregresso ordine demolitorio

L'intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.p.r n. 380 del 2001 non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell'ingiunzione di demolizione, comportando che l'esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa, non restando, comunque, preclusa all'ente l'adozione di ulteriori determinazioni sanzionatorie in esito alla definizione del procedimento originato dalla presentazione di detta istanza

Pubblicato il 02/07/2024

N. 05815/2024REG.PROV.COLL.

N. 09761/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9761 del 2021, proposto da
Giovanni Ferrara, rappresentato e difeso dall'avvocato Emanuele D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Casoria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaele Manfrellotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 02160/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casoria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi. Nessuno è comparso per le parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso del 2015 il signor Giovanni Ferrara ha chiesto al Tar per la Campania l’annullamento:

- dell’ordinanza di demolizione e riduzione in pristino n. 69 del 04.11.2014, prot. n.39783 del 7.11.2014, adottata dal dirigente del settore VIII pianificazione e controllo del territorio del Comune di Casoria, recante ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per opere abusive realizzate in Casoria, alla via Martiri d’Otranto, n. 29;

- del silenzio-rigetto serbato dall'Amministrazione comunale sulla richiesta di accertamento di conformità presentata dal ricorrente in data 13.10.2014 prot. n. 34971, prat. n. 119/14;

-di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente, ivi compresi il richiamato verbale prot. n. 4544 del 10.07.2014 con allegata relazione tecnica prot. U/1397/PT del 10.06.2014, la presupposta comunicazione di avvio del procedimento rif. VII Sett.U/1873 del 30.09.2014, prot. n. 33180 del 30.09.2014, nonché il preavviso di diniego ex art. 10-bis l. 241/1990 prot. n. VIII Sett.U/2274 del 27.11.2014 in riferimento all'istanza di accertamento di conformità presentata in data 13.10.2014 prot. n. 34971, prat. n. 119/14.

1.1 Con ricorso per motivi aggiunti il signor Ferrara ha altresì chiesto l’annullamento:

-del provvedimento VIII Sett.U/160/PT del 03.02.2015, prot. n. 4433 del03.02.2015 adottato dal Dirigente del Settore VIII — Pianificazione e Controllo del Territorio - del Comune di Casoria, avente ad oggetto il diniego definitivo in riferimento all'istanza di accertamento di conformità presentata in data 13.10.2014, prot. n. 34971, prat. n. 119/14;

-di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente.

2. Di seguito le premesse in fatto:

- il signor Ferrara è locatario di un terreno ubicato nel Comune di Casoria, alla via Martiri d’Otranto n. 29, di proprietà dei signori Luigi Sandomenico e Carmela Talotti;

- a seguito di sopralluogo del 10.07.2014 (verbale prot. 4544), si contestava al signor Ferrara la realizzazione di opere abusive realizzate sul terreno di proprietà dei signori Sandomenico e Talotti consistenti: (i) in una struttura con pilastrini in ferro e coperta con tegole, tipo gazebo, avente una superficie di circa mq. 15; (ii) un locale in muratura, alluminio anodizzato e vetro, copertura in poliuretano tipo sandwich, di circa mq. 50, adibito a cucina, con annesso W.C. e locale deposito;

- con comunicazione prot. n. 33180 del 30.09.2014, rif. VII Sett.U/1873 del 30.09.2014, il Direttore di Servizio del Settore VIII – Pianificazione e Controllo del Territorio - del Comune di Casoria, richiamando il verbale prot. n. 4544 del 10.07.2014 con allegata relazione tecnica prot. U/1397/PT del 10.06.2014, dava avvio al procedimento preordinato alla demolizione delle opere in questione ed al ripristino dello stato dei luoghi;

- in data 13.10.2014, il signor Ferrara presentava domanda di sanatoria prot. n. 34971, prat. n. 119/14, in riferimento ai suddetti interventi edilizi;

- con provvedimento n. 69 del 04.11.2014, prot. n. 39783 del 07.11.2014, il Dirigente del Settore VIII (Pianificazione e Controllo del Territorio) del Comune di Casoria ordinava la demolizione e restituzione in pristino delle suddette opere;

- con successivo provvedimento rif. VIII Sett. U/2274/PT del 27.11.2014 veniva comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato al diniego della concessione edilizia in sanatoria prot. n. 34971 del 13.10.2014, prat. n. 119/14;

- avverso l’ordine di demolizione e il successivo silenzio-rigetto formatosi sulla domanda di accertamento di conformità) il ricorrente proponeva ricorso innanzi al Tar per la Campania, Sezione di Napoli;

- con successivo provvedimento del VIII Sett. U/160/PT del 03.02.2015, prot. n. 4433 del 03.02.2015, al signor Ferrara veniva comunicato il diniego definitivo in riferimento all’istanza di sanatoria presentata in data 13.10.2014, prot. n. 34971, prat. n. 119/14;

- quest’ultimo provvedimento veniva impugnato con ricorso per motivi aggiunti.

3. A sostegno del ricorso principale venivano formulati i seguenti motivi di ricorso:

A) Motivi di ricorso relativi all’ordine di demolizione.

I) Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 380/2001 - Violazione art. 3 e segg. della l. 241/1990 – Violazione e falsa applicazione della delibera di C.C. n. 40 del 25.07.2002 - Eccesso di potere - Erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto - Carenza di istruttoria difetto di motivazione.

Si sosteneva l’illegittimità dell’adozione dell’ordine di demolizione (4.11.2014) prima della decisione sull’istanza di sanatoria, presentata il 13.10.2014, quindi in un momento anteriore, e sulla quale il Comune era tenuto a pronunciarsi prima di emettere il provvedimento sanzionatorio.

II) Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 380/2001, dell’art. 3 l. 241/90 – Eccesso di potere – Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto - Carenza di istruttoria - Difetto di motivazione – Sviamento.

Si sosteneva che parte degli abusi rientrino nel regime previsto per gli interventi assentibili con S.C.I.A., trattandosi di pertinenze o comunque manufatti non determinanti aumenti di volumetria, per cui avrebbe dovuto essere erogata la sola sanzione pecuniaria.

III) Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 380/2001 - Violazione art. 3 e segg. l. 241/1991 - Eccesso di potere - Erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto - Carenza di istruttoria – Difetto di motivazione - Sviamento.

Si sosteneva che le opere realizzate sono risalenti nel tempo, e che sarebbe servita una specifica motivazione sulle ragioni di interesse pubblico alla demolizione.

B) Motivi di ricorso relativi al silenzio rigetto.

IV) Violazione degli articoli 36 e 37 del d.p.r. 380/2001 Violazione e falsa applicazione del P.R.G. di Casoria e della delibera di C.C. n. 40 del 25/7/2002 –Violazione e falsa applicazione della legge 241 del 1990 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere - Erronea valutazione dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria.

Si sosteneva che il silenzio serbato dal Comune di Casoria sull’istanza di accertamento di conformità presentata il 13.10.2014 sarebbe illegittimo posto che nella fattispecie in esame risulterebbero soddisfatte tutte le condizioni normativamente previste per poter ottenere il rilascio del titolo abilitativo.

V) Violazione degli articoli 36 e 37 del d.p.r. 380/2001 - Violazione art. 43 l.r.16/2004; Violazione art. 2 della legge 241/1990 - Eccesso di potere – Violazione del giusto procedimento.

Si ribadiva l’interesse a una pronuncia espressa e motivata sull’istanza di accertamento di conformità.

3.1 Con il ricorso per motivi aggiunti con i quali si impugna il diniego espresso della sanatoria sono state sollevate le seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del d.p.r. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione del P.R.G., delle N.T.A. e della delibera di C.C. n. 40 del 25.07.2002 del Comune di Casoria - Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990 – Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere - Erronea valutazione dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Irragionevolezza e contraddittorietà - Carenza di interesse pubblico.

Si lamentava la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato perché il Comune avrebbe omesso di specificare le oggettive ragioni di contrasto con la normativa vigente, richiamata solo genericamente, ed avrebbe altresì omesso di considerare che nell'area su cui insiste il manufatto (in quanto zona "D2" Industriale — Ristrutturazione — Completamento del P.R.G. del Comune di Casoria, successivamente regolamentata dalla delibera di Consiglio Comunale n. 40 del 25.07.2002, nella quale in mancanza di strumenti pianificatori esecutivi al P.R.G., sarebbe possibile il rilascio di concessioni edilizie convenzionate per attività strettamente produttive) ben si poteva consentire la sanatoria dei manufatti, tenuto conto della urbanizzazione dell’area in questione e la destinazione ad attività artigianali.

4. Nel giudizio di primo grado si costituiva il Comune chiedendo il rigetto dei gravami.

5. Con sentenza n. 2160/2021 il Tar per la Campania ha dichiarato il ricorso principale in parte improcedibile e lo ha respinto per il resto. Il Tar ha quindi respinto il ricorso per motivi aggiunti.

5.1 Il Tar ha affermato che:

- l’istanza depositata il 13.10.2014 prot. 34971 non è una vera e propria domanda di accertamento di conformità ex art. 36 TUED, bensì una istanza di “rilascio di concessioni edilizie convenzionate per attività strettamente produttive”, in assenza di titolo abilitativo, presentata ai sensi della delibera di consiglio comunale n. 40 del 25 luglio 2002;

- tale delibera, all’epoca vigente, costituiva notoriamente una parte essenziale della disciplina urbanistica del Comune di Casoria e si pone su un piano completamente diverso rispetto al rapporto tra istanza di accertamento di conformità ex art. 36 TUED e ordine di demolizione: restava così smentita in radice la prospettazione di parte ricorrente in ordine al preteso rapporto di pregiudizialità tra l’uno e l’altro procedimento.

5.2 Il Tar ha quindi respinto i motivi I, II, e III riferiti all’ordine di demolizione sostenendo che:

- le opere abusive eseguite non sono state oggetto di alcuna istanza di sanatoria ex art. 36 TUED, come peraltro riportato testualmente nell’ordinanza impugnata;

- si tratta di opere non pertinenziali;

- il provvedimento di demolizione è atto dovuto che prescinde sia dal tempo trascorso dalla realizzazione degli interventi sia dall’interesse pubblico alla loro materiale eliminazione.

5.3 Analizzando i motivi IV e V (aventi ad oggetto il silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di sanatoria) il Tar li ha dichiarati improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse alla loro decisione.

5.4 Il Tar ha respinto i motivi aggiunti avverso il provvedimento di diniego definitivo del 3.2.2015 prot. 4433 – provvedimento che supera il silenzio- rigetto- affermando che:

- la delibera n. 40 non attiene al rilascio di permessi di costruire in sanatoria, avendo invece ad oggetto scelte dell’Amministrazione intese a semplificare le procedure per il rilascio di permessi di costruire per attività strettamente produttive nelle zone D e G;

- il Comune ha correttamente motivato il diniego evidenziando che l'intervento richiesto non risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della presentazione della domanda, alla luce della circostanza che l'art. 11 del N.T.A. del P.R.G. vigente, al comma 5, chiarisce che nelle zone D2 (area nella quale ricade l'intervento de quo), l'attuazione del P.R.G. è affidato al piano particolareggiato di esecuzione ed alla lottizzazione convenzionata;

- ai sensi dell'art. 9 del d.p.r. 380/2001, nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, mentre non sono contemplati interventi di nuova costruzione, quale è quello realizzato dal ricorrente, stante l’aumento di volumetria ascrivibile ai manufatti in questione (aumento attestato nella relazione urbanistica allegata all’istanza, a cura dello stesso ricorrente);

- il diniego, pertanto, era atto pressoché obbligato, e comunque è stato adeguatamente motivato.

6. Avverso la sentenza del Tar per la Campania n. 2160/2021 ha proposto appello il signor Ferrara per i motivi che saranno più avanti analizzati.

7. Si è costituito in giudizio il Comune di Casoria chiedendo che l’appello venga dichiarato inammissibile ovvero infondato nel merito.

8. All’udienza del 27 giugno 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31, 32, 33, 34 e 36 del d.p.r. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e segg. della l. 241/1990 - Violazione del giusto procedimento – Carenza dei presupposti in fatto e diritto - Difetto di istruttoria - Illogicità e travisamento - Sviamento - Contraddittorietà - Carenza di motivazione.

L’appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha statuito che l'istanza di sanatoria presentata dal privato non era una domanda di accertamento di conformità ex art. 36 d.p.r. 380/2001. In particolare si sostiene che:

- il Tar si è limitato alla lettura dell'epigrafe dell'istanza di sanatoria, che, benché non indichi espressamente il riferimento all'art. 36 del d.p.r. 380 del 2001, è una domanda di permesso di costruire in sanatoria;

- la qualificazione dell'istanza presentata dall'appellante andava necessariamente interpretata in base al suo specifico contenuto, prescindendo dal nomen iuris utilizzato nell'epigrafe dal tecnico incaricato, il quale ha omesso unicamente il richiamo all'art. 36 del d.p.r. 380/2001;

- l'apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria utilizzata nell'epigrafe dell'istanza presentata dal privato non è vincolante e non può prevalere sulla sostanza;

- l'istanza è stata espressamente qualificata come sanatoria e nel corpo della stessa si fa più volte riferimento all'art. 36 del d.p.r. 380 del 2001 e alla sussistenza del requisito di doppia conformità richiesto dalla norma in parola;

- lo stesso Comune ha motivato il diniego definitivo (provvedimento del VIII Sett. U/160/PT, prot. n. 4433 del 03.02.2015) dell’istanza facendo riferimento all’art. 36 del d.p.r. 380 del 2001 e alla mancanza della doppia conformità, con l'ovvia conseguenza che l'adozione dell'ordine di demolizione avrebbe dovuto essere preceduto dalla previa definizione del procedimento parallelo, avviato con la domanda di sanatoria;

- sussiste un obbligo per l’Amministrazione di definire il procedimento di sanatoria (implicitamente, attendendo il decorso dei sessanta giorni previsti dalla legge, oppure con un provvedimento di diniego espresso) prima di adottare l'ordine demolitorio;

- nel caso di specie, non essendovi alcun obbligo di legge in capo alla P.A. di fornire una risposta espressa (in mancanza della quale l'istanza deve essere intesa come rigettata decorsi i sessanta giorni), il Comune ove intenzionato a procedere con i provvedimenti sanzionatori prima del decorso del termine di sessanta giorni previsto dalla legge, era tenuto a valutare l'istanza prodotta dall'appellante, procedendo al preventivo rigetto della stessa;

- il Comune di Casoria avrebbe in definitiva operato una inversione dell'ordine dei procedimenti.

1.1 Il motivo è infondato.

1.1.1 Conviene preliminarmente ricordare che l'intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.p.r n. 380 del 2001 non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell'ingiunzione di demolizione, comportando che l'esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa, non restando, comunque, preclusa all'ente l'adozione di ulteriori determinazioni sanzionatorie in esito alla definizione del procedimento originato dalla presentazione di detta istanza (Cons. Stato, sez. VII, 02/04/2024, n. 2990).

1.1.2 Nella specie, peraltro, il signor Ferrara non ha depositato un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.p.r n. 380 del 2001 bensì una istanza di “rilascio di concessioni edilizie convenzionate per attività strettamente produttive”, prive del titolo abilitativo, presentate ai sensi della delibera di Consiglio Comunale n. 40 del 25 luglio 2002. La circostanza emerge in maniera incontrovertibile dalla denominazione dell’istanza presentata senza che, nella specie, esista un contrasto tra il nomen iuris dell’atto e il suo effettivo contenuto.

Correttamente il Tar ha ritenuto che la citata delibera del Consiglio Comunale all’epoca vigente, costituiva notoriamente una parte essenziale della disciplina urbanistica del Comune di Casoria, posto che, in considerazione della mancata approvazione di strumenti urbanistici attuativi e della conseguente stasi nell'attuazione del P.R.G., sono stati approvati una serie di atti con i quali è stata prevista, per attività strettamente produttive da localizzare nelle zone D2 e G, la possibilità di edificare con intervento diretto in luogo della prevista approvazione di piani attuativi, attraverso lo strumento della “concessione edilizia convenzionata”. Tale possibilità veniva subordinata alla presenza delle opere di urbanizzazione da attestare attraverso una perizia giurata a firma di un tecnico abilitato, salvo verifica del reale grado di urbanizzazione a cura del competente ufficio comunale. Essa si pone su un piano completamente diverso rispetto al rapporto tra istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.p.r. 380/2001 e ordine di demolizione, così smentendosi in radice la prospettazione di parte ricorrente in ordine al preteso rapporto di pregiudizialità tra l’uno e l’altro procedimento.

I manufatti abusivi realizzati dal sig. Ferrara non sono stati oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del d.p.r. e la loro ipotetica sanabilità è esclusa dal Comune stesso, che afferma “… in ogni caso l’intervento è in contrasto con la normativa urbanistica vigente ed adottata e pertanto non può essere suscettibile di sanatoria, per cui risulta da applicare la sanzione ripristinatoria prevista dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001….”.

1.1.3 Non è possibile definire come pertinenziali le opere di cui si discute. La natura pertinenziale è riferibile unicamente ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili ma non anche a opere connotate da una propria autonomia rispetto a quella considerata principale (Cons. Stato, sez. VI, 29/11/2023, n. 10256). Gli elementi che caratterizzano le pertinenze sono, da un lato, l'esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l'assetto del territorio; dall'altro, l'esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente; un'opera può definirsi accessoria rispetto a un'altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l'alterazione dell'essenza e della funzione dell'insieme; tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe (Cons. Stato, sez. II, 03/01/2024, n. 130). Nella specie sono stati realizzati manufatti del tutto autonomi rispetto al bene principale, tra cui un locale in muratura di circa mq. 50.

2. Il secondo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 380/2001 - Violazione art. 3 e segg. della l. 241/1990 - Eccesso di potere – Erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto – Carenza di istruttoria – Difetto di motivazione - Sviamento.

L’appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui non tiene conto che le opere realizzate non sono di recente fattura ma sono risalenti nel tempo.

In particolare si sostiene che il provvedimento gravato è intervenuto a notevole distanza temporale dalla realizzazione delle opere in questione, in assenza di una specifica motivazione in relazione alla permanenza e prevalenza dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso a fronte dell’affidamento ingeneratosi in capo al privato e del consolidamento dello stato di fatto.

2.1 Il motivo è infondato.

l’Adunanza Plenaria n. 9 del 2017 – costantemente richiamata dalla Sezione che la considera una vera e propria architrave del diritto sanzionatorio in edilizia - ha enunciato il seguente principio di diritto: “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

E’ stato, quindi, affermato che il carattere del tutto vincolato dell’ordine di demolizione, adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento, fa sì che esso non necessiti di una particolare motivazione circa l’interesse pubblico sotteso a tale determinazione.

Tale particolare onere motivazionale non occorre neanche nell’ipotesi in cui venga ordinata la demolizione di un immobile abusivo dalla cui realizzazione sia trascorso un notevole lasso di tempo; l’ordinamento, infatti, tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (in tal senso, ex multis: Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 28 febbraio 2017, n.908).

L’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile; ciò in quanto non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare.

L’Adunanza plenaria ritiene, in conclusione, di confermare l’orientamento secondo cui gli ordini di demolizione di costruzioni abusive, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile, applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VI, 26 luglio 2017, n. 3694).

L'ordine di demolizione di un abuso edilizio – va ribadito - è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, non essendovi alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana ( di recente Cons. Stato, sez. VI, 24/03/2023, n. 3001).

L'ordinanza di demolizione di opere abusive non richiede una motivazione basata su un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. Il decorso del tempo non implica un affidamento legittimo da parte dei proprietari dell'abuso, poiché la tutela del legittimo affidamento si riferisce a provvedimenti amministrativi che generano aspettative stabilite e rapporti giuridici certi, cosa che non si verifica nel caso in cui le opere abusive non abbiano i titoli prescritti (Cons. Stato, sez. VII, 22/01/2024, n. 659).

3. Il terzo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del d.p.r. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione del P.R.G., delle N.T.A. e della delibera di C.C. n. 40 del 25.07.2002 del Comune di Casoria - Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere - Erronea valutazione dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Irragionevolezza e contraddittorietà - Carenza di interesse pubblico.

L’appellante ritiene la sentenza del Tar viziata anche in relazione alle censure sollevate avverso il provvedimento espresso di diniego di sanatoria che muove dall'assunto secondo cui l'art. 11 N.T.A. del P.R.G. vigente, al comma 5, chiarisce che nelle zone D2 (area nella quale ricade l'intervento de quo), l'attuazione del P.R.G. è affidato al piano particolareggiato di esecuzione ed alla lottizzazione convenzionata.

In particolare si sostiene che:

- la verifica preliminare sull'effettiva necessità, o meno, nella specie, dello strumento attuativo, in relazione al livello concreto di urbanizzazione della zona, dagli atti di causa e con riferimento al momento dell'adozione del provvedimento contestato (febbraio 2015) non è stata compiuta in modo adeguato, e sufficientemente approfondito;

- prima di considerare indispensabile la previa adozione del piano attuativo, andava verificato in modo puntuale e approfondito, da parte dell'Amministrazione, lo stato reale di urbanizzazione della intera zona;

- il Comune avrebbe dovuto accertare la sussistenza delle condizioni - di "piena" o comunque "adeguata" urbanizzazione - per poter derogare, ove del caso, all'obbligo, sancito dalle N.T.A. del P.R.G., della preventiva approvazione del piano esecutivo per la realizzazione di strutture edilizie;

- diversamente da quanto si afferma nella sentenza del Tar, dall'esame del provvedimento impugnato in primo grado non è provato che il Comune abbia compiuto la necessaria, approfondita verifica sullo stato di urbanizzazione della zona e sulle eventuali ulteriori esigenze di urbanizzazione dell'area;

- non pare, quantomeno, che l'Amministrazione abbia effettuato, trasponendone le risultanze nella motivazione dell'atto, le indagini necessarie sul fabbisogno di standard della zona e sulla ubicazione degli stessi come prevista dal P.R.G., essendosi il Comune limitato ad affermare l'impossibilità di prescindere dalla previa approvazione dello strumento attuativo;

- il provvedimento non è sorretto da un sostegno motivazionale e istruttorio adeguato;

- il semplice richiamo alla mancata approvazione di piani attuativi e/o di lottizzazione convenzionata non esaurisce l’obbligo motivazionale dell’Amministrazione resistente;

- l’area su cui insiste il manufatto in argomento rientra nella zona “D2” Industriale – Ristrutturazione – Completamento del P.R.G. del Comune di Casoria, successivamente regolamentata dalla delibera di Consiglio Comunale n. 40 del 25.07.2002, che, sopperendo alla mancanza di strumenti pianificatori esecutivi al P.R.G., ha previsto, in presenza di aree urbanizzate e nel rispetto delle destinazioni urbanistiche, il rilascio di concessioni edilizie convenzionate per attività strettamente produttive;

- la P.A. non ha tenuto in considerazione che l’area in questione è stata interessata nel corso degli anni da un’edificazione diffusa proprio in applicazione della richiamata delibera di C.C. n. 40/2002.

3.1 Il motivo è infondato.

Come affermato dal Tar (in maniera condividibile) il Comune ha correttamente motivato il diniego evidenziando che l'intervento richiesto non risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della presentazione della domanda, alla luce della circostanza che l'art. 11 del N.T.A. del P.R.G. vigente, al comma 5, chiarisce che nelle zone D2 (area nella quale ricada l'intervento de quo), l'attuazione del P.R.G. è affidato al piano particolareggiato di esecuzione ed alla lottizzazione convenzionata.

L’appellante sostiene che il Comune avrebbe dovuto comunque valutare la possibilità di rilasciare il tutolo edilizio anche in assenza dell’approvazione dei piani attuativi. La tesi non è condivisibile.

In tema edilizio, le scelte effettuate attraverso il piano urbanistico generale di un Comune, di regola, non possano essere attuate mediante il diretto rilascio di permessi di costruire agli interessati, ma richiedano l'intermediazione di uno strumento ulteriore, rappresentato dai piani attuativi (Cons. Stato, sez. VII, 04/01/2023, n. 148). Le scelte effettuate dal Comune nel piano urbanistico generale, di regola, non possono essere attuate attraverso il diretto rilascio di permessi di costruire agli interessati, in quanto è richiesta l'intermediazione di un ulteriore strumento, rappresentato dai piani attuativi; la funzione svolta da questi ultimi, è di precisare zona per zona, con i dovuti dettagli, le indicazioni di assetto e di sviluppo urbanistico complessivo contenute nel piano regolatore (Cons. Stato, sez. VI, 19/07/2021, n. 5403) in caso contrario sarebbe – con tutta evidenza - compromesso l’interesse pubblico ad una ordinata urbanizzazione del territorio.

4. L’appellante, in ultimo, ai fini e per gli effetti del principio devolutivo, ripropone in appello le censure già formulate in primo grado con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, motivi tutti nella sostanza affrontati dal Tar con la sentenza impugnata. In particolare i motivi vengono trascritti parola per parola.

4.1 La mera riproposizione dei motivi è inammissibile come eccepito dalla difesa del Comune e non apporta alcuna novità sul piano del contenuto di merito dell’appello già prima esaminato essendo fatta per mero scrupolo defensionale.

Nel processo amministrativo di appello, innanzi al Consiglio di Stato, è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che l'effetto devolutivo dell'appello non esclude l'obbligo dell'appellante di indicare nell'atto di appello le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (Cons. Stato, sez. V, 16/02/2024, n. 1578).

5. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore dell’Avvocato del Comune dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese relative al presente giudizio, che si quantificano in € 4.000,00 (quattromila) in favore del Comune di Casoria, con attribuzione al procuratore di quest’ultimo che si è dichiarato antistatario, oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore