Consiglio di Stato Sez. VI n. 6346 del 17 settembre 2021
Urbanistica.Amovibilità e qualificazione edilizia

L'astratta amovibilità delle strutture non ne muta la qualificazione edilizia, in quanto non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo. E ciò in quanto i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale (nel caso di specie, relativo ad una serra il CdS, tenuto conto dell’attività agricola svolta, ha rilevato che la stagionalità dell’utilizzo incide esclusivamente sulla modalità di uso delle serre - in particolare la copertura dei tunnel - ma non comporta la integrale rimozione periodica delle stesse.

Pubblicato il 17/09/2021

N. 06346/2021REG.PROV.COLL.

N. 03744/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3733 del 2020 proposto dai signori Maria Violi, Domenica Palumbo, Luigi Palumbo, Giuseppina Palumbo, Saverio Palumbo e Giovanni Palumbo, tutti nella qualità di eredi del signor Pasquale Palumbo e la signora Maria Violi anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Gurnari, domiciliati presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliati nello studio dell’avvocato Giovanni Romano in Roma, via Valadier, n. 43;

contro

il Comune di Brancaleone, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gaetano Gallipo, domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, 18 febbraio 2020 n. 116, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brancaleone e i documenti prodotti;

Vista l’ordinanza della Sezione 16 luglio 2020 n. 4242, con la quale è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla parte appellante;

Esaminate le memorie depositate con documenti, anche di replica e le note d’udienza;

Relatore nell’udienza del 28 gennaio 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello n. R.g. 3744/2020 i signori Maria Violi, Domenica Palumbo, Luigi Palumbo, Giuseppina Palumbo, Saverio Palumbo e Giovanni Palumbo, tutti nella qualità di eredi del signor Pasquale Palumbo e la signora Maria Violi anche in proprio, hanno chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, 18 febbraio 2020 n. 116, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 246/2010) a suo tempo proposto dal signor Pasquale Palumbo (oggi deceduto) e dalla signora Maria Violi ai fini dell’annullamento dell’ordinanza di demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi emessa dal Comune di Brancaleone n. 2 del 31 gennaio 2019 prot. 932.

2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- il signor Pasquale Palumbo e la signora Maria Violi sono proprietari di un appezzamento di terreno in parte occupato da serre;

- a seguito di richiesta trasmessa al Comune di Brancaleone in data 23 febbraio 2018 dai Carabinieri del Comando per la tutela ambientale –Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria che, nell’ambito delle attività d’istituto circa la potabilità delle acque per uso umano, avevano rilevato nell’area circostante ai pozzi di approvvigionamento idrico la presenza di serre orticole e dunque chiedevano se tali serre fossero o meno munite di titoli abilitativi, venivano effettuati accertamenti anche con riferimento alla proprietà dei signori Palumbo-Violi,

- all’esito di tali accertamenti veniva individuata la presenza in detta proprietà di “serre fisse occupanti una superficie di circa quattro ettari, costituite da elementi metallici rivestiti in film plastico, stabilmente ancorate al suolo, mediante plinti, occupanti da oltre un decennio, in modo permanente, il suolo censito in catasto terreni al foglio di mappa 18 particelle 3 237, 238, 141, 73”;

- conseguentemente gli uffici comunali, avendo verificato la realizzazione di tali serre in assenza di titolo edilizio, necessario nella specie in quanto si tratta di una tipologia di “(…) serra che, pur costituita da strutture agevolmente rimovibili, (è) destinata a far fronte ad esigenze continuative connesse a coltivazioni ortofrutticole, in quanto destinata ad alterare in modo duraturo l'effetto urbanistico-territoriale (…) che, per estensione e presenza duratura nel tempo, determina un'alterazione dei luoghi permanentemente stabile”, oltre che “risultano sprovviste del requisito della stagionalità, dato che permangono durante tutto l'anno, senza alcuna modifica o ridimensionamento e che risultano presenti sul terreno in questione da lungo tempo”, disponevano l’avvio del procedimento per l’adozione di un provvedimento repressivo “di attività edilizie e commerciali abusive” che, nonostante le memorie difensive presentate dagli interessati, veniva concluso con ordinanza di demolizione prot. n. 943 del 31 gennaio 2019;

- detto provvedimento era impugnato dai signori Palumbo-Violi dinanzi al TAR per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, stante la protestata illegittimità dello stesso, in quanto le serre in questione avrebbero la natura di serre mobili stagionali e, di conseguenza, ai sensi dell'art. 6, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la loro realizzazione deve considerarsi attività edilizia libera, oltre al fatto che: a) le serre sarebbero state già assentite con la concessione edilizia 21 settembre 1993 prot. 4405, peraltro richiamata nelle loro difese procedimentali dagli interessati nel corso del contraddittorio (procedimentale) con il Comune di Brancalone; b) il signor. Palumbo svolge sui terreni in questione un’attività agricola che non impiega pesticidi o, comunque, prodotti nocivi per le acque; c) dalla contestata assenza di titolo edilizio non potrebbe scaturire l'irregolarità della serre dal punto di vista urbanistico;

- il TAR per la Calabria respingeva il ricorso, con la sentenza n. 116/2020, perché “le serre realizzate dai ricorrenti non sono sussumibili nella tipologia delineata dall'art. 6, comma 1, lettera e), del d.P.R. n. 380/2001, in quanto caratterizzate da elementi di stabilità costruttiva che portano ad escluderne la precarietà e la stagionalità” e tenuto conto che “il manufatto non precario, nel caso di specie le serre o meglio i tunnel serra ad uso stagionale, non risultano in concreto deputati ad un uso per fini contingenti ma, al contrario, sono destinati ad un utilizzo protratto nel tempo, ovvero allo svolgimento dell'attività agricola facente capo ad uno dei ricorrenti” (così, testualmente, a pag. 5 della sentenza qui oggetto di appello). A ciò si aggiunga che dalla lettura della concessione rilasciata ai ricorrenti dal Comune il 21 settembre 1993 con il prot. 4405 emerge che “essa autorizzava gli odierni ricorrenti a realizzare non più di otto serre (di cui cinque a due campate e tre a tre campate), numero questo ultimo sensibilmente inferiore a quello rilevabile dalla mera osservazione della ortofoto versata in atti dalla resistente amministrazione” (così ancora, testualmente, a pag. 6 della sentenza qui oggetto di appello).

Da qui la proposizione dell’appello da parte degli eredi del signor Pasquale Palumbo, nel frattempo deceduto (i signori Maria Violi, Domenica Palumbo, Luigi Palumbo, Giuseppina Palumbo, Saverio Palumbo e Giovanni Palumbo), oltre che da parte della signora Maria Violi, già ricorrente in primo grado e destinataria della sentenza del TAR per la Calabria.

3. – I suddetti appellanti, con due complessi motivi di appello, ritengono erronea la ricostruzione normativa e fattuale espressa dal primo giudice, che è giunto a conclusioni contraddittorie, illogiche e comunque non corrispondenti alle previsioni normative applicabili alla fattispecie in esame.

In sintesi gli appellanti sostengono che il giudice di primo grado abbia errato per:

1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 6, comma 1, lettera e), d.P.R. 380/2001 nonchè d.lgs. 222/2016, tabella A, punto 33 - illogicità e contraddittorietà manifesta. Il TAR per la Calabria, anzitutto, non ha colto la reale e naturale precarietà delle serre. Esse, infatti, sono realizzate in struttura leggera e l’ancoraggio sul terreno, attraverso dei semplici plinti, è collegato a ragioni di sicurezza al fine di impedire che, per effetto di eventi atmosferici (ad esempio, una raffica di vento), esse possano essere spostate o catapultate su persone o cose, ma ciò non toglie che, in disparte tali accortezze per la sicurezza dei terzi, mantengano la caratteristica di opere di facile ed immediata rimozione. Peraltro, le stesse, non hanno una copertura ancorata alla struttura, in materiale pesante, ma a ricoprirle, viene posato uno strato di monofilm che viene eliminato nei periodi estivi unitamente a gran parte delle strutture che costituiscono le opere stesse. La precarietà delle opere, dunque, è tale da escludere la necessità di un permesso di costruire o qualsivoglia altro atto autorizzativo e tale caratterizzazione giuridica non può essere stravolta in ragione dell’utilizzo che di tali opere viene effettuato, visto che l’eventuale “utilizzo continuativo di opere, di per se precarie, non fa venir meno la precarietà sotto il profilo urbanistico e di qualificazione delle stesse in relazione al regime giuridico che dovrebbe disciplinare la loro presenza sul territorio” (così, testualmente, a pag. 9 dell’atto di appello);

2) illogicità e contraddittorietà manifesta con riferimento alla esclusione i qualsivoglia efficacia della concessione rilasciata dal comune il 21 settembre 1993 prot. 4405. Gli odierni appellanti non sono gli unici proprietari dei terreni sui quali si trovano le serre, che misura nella sua complessità circa quattro ettari, ma sono proprietari di una estensione di terreno di circa un ettaro che coincide con il numero di otto serre a suo tempo autorizzate con la concessione edilizia del 21 settembre 1993 prot. 4405, né il Comune di Brancaleone ha dimostrato una diverso stato delle cose.

4. – Nel presente giudizio di appello si è costituito il Comune di Brancaleone che ha contestato analiticamente le avverse prospettazioni, ribadendo la correttezza della sentenza fatta qui oggetto di appello che ha puntualmente colto l’illegittimità della realizzazione delle serre senza la previa acquisizione del titolo edilizio, reso necessario dalle caratteristiche delle stesse e dall’uso che non corrisponde ad una precarietà delle opere e ad un utilizzo stagionale delle stesse.

In particolare il comune appellato ricorda (nella memoria di costituzione che, per stralci, viene riprodotta qui di seguito) come nell’ordinanza impugnata in primo grado si puntualizza che:

- “le serre oggetto dell’ordinanza di demolizione occupano un’area di oltre quattro ettari, e consistono in strutture metalliche stabilmente ancorate al suolo mediante plinti in calcestruzzo armato, rivestite da film plastico. Le strutture non hanno il requisito della stagionalità, in quanto permangono per tutta la durata dell’anno, senza alcuna modifica e/o ridimensionamento, e per estensione e presenza duratura nel tempo hanno determinato e determinano un’alterazione dei luoghi permanentemente stabile”;

- “le serre insistono su terreni, di proprietà dei destinatari dell’ordinanza catastalmente individuati al foglio 8 particelle n. 9, 68, 73, 141, 236, 237 e 238, e sono gravati dai seguenti vincoli: vincolo paesaggistico ambientale ai sensi dell’art. 142 del D. Lgs. 42/2004 ss.mm.ii., vincolo derivante dalla presenza dell’elettrodotto, vincolo derivante dalla sussistenza dei pozzi ai sensi del D. Lgs. 152/2006,- art. 94, vincolo idrogeologico - forestale ai sensi del R.D. n. 3267/33”, rispetto ai quali non è stata rilasciata alcuna autorizzazione o nulla osta per la realizzazione delle serre;

- con “particolare riferimento ai vincoli imposti dalla presenza di pozzi idropotabili, l’ordinanza ha dato altresì atto che le serre sono state realizzate in violazione delle prescrizioni dell’articolo 94 del decreto legislativo 152/2006, (recante la disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano) in quanto esse insistono all’interno delle aree di salvaguardia (zone di tutela assolute e zone di rispetto ristrette ) e delle zone di protezione a tutela dei pozzi di approvvigionamento idrico del Comune di Brancaleone”;

- “dall’ortofoto allegata dal Comune nel fascicolo di primo grado sub doc. 2, risulta che le serre sono state realizzate all’interno della fascia di tutela assoluta (meno di dieci metri dal punto di captazione) di ben tre distinti pozzi comunali (evidenziati in colore blu) di approvvigionamento idrico per la popolazione”

- l’ordinanza di demolizione “(…) ha dedotto puntualmente sulla irrilevanza dei documenti prodotti dagli odierni” appellanti nel corso della partecipazione procedimentale.

Il Comune di Brancaleone, dunque, chiedeva la reiezione del ricorso in appello e la conferma della sentenza di primo grado.

Con ordinanza della Sezione 16 luglio 2020 n. 4242 veniva accolta l’istanza cautelare per lasciare la res adhuc integra fino all’approfondimento nella sede del merito delle questioni sottoposte a questo Consiglio dalle parti controvertenti.

Le parti hanno presentato ulteriori memorie e note d’udienza confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.

5. – Ad avviso del Collegio va confermata la sentenza di primo grado non riuscendo i motivi di appello dedotti a dimostrare la illegittimità del provvedimento impugnato in quella sede.

Va subito chiarito che, diversamente da quanto sostiene la parte appellante, la funzione svolta da un’opera rileva in ordine alla necessità della previa acquisizione del titolo edilizio per la realizzazione della stessa, escludendosene la sussumibilità nell’alveo della categoria dell’attività edilizia “libera”, sebbene manifesti una potenziale facile amovibilità, caratteristica che nella specie non può dirsi del tutto sussistente essendo le serre in questione ancorate al suolo con plinti di cemento armato, restando indifferenti, sotto un profilo prettamente edilizio e di carico urbanistico delle installazioni, le ragioni di tale “invasivo” metodo di ancoraggio.

Infatti l'astratta amovibilità delle strutture non ne muta la qualificazione edilizia, in quanto non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo. E ciò in quanto i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale (cfr, tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2014 n. 2842).

Nel caso di specie peraltro, tenuto conto dell’attività agricola svolta, la stagionalità dell’utilizzo incide esclusivamente sulla modalità di uso delle serre (in particolare la copertura dei tunnel), ma non comporta la integrale rimozione periodica delle stesse.

6. - Giova ancora sottolineare che, anche a norma della legislazione statale - di cui all'art. 6, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380/2001, come modificato dall'art. 5 d.l. 25 marzo 2010, n. 40, convertito nella l. 22 maggio 2010, n. 73 - la realizzazione di “serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola” costituisce attività edilizia libera. La disciplina statale recepisce sul punto una distinzione già operata nella giurisprudenza amministrativa e penale, fra le serre temporanee ed amovibili, da un lato, funzionali al mero svolgimento dell'attività agricola, e le serre dotate di strutture murarie, dall'altro, destinate più che altro alla produzione a supporto dell'attività agricolo-commerciale, per le quali ultime soltanto è stato ritenuto necessario un titolo edilizio (cfr.: Cass. pen., Sez. III, 22 novembre 2016 n. 49602; cfr., anche, Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2017 n. 915)” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. II, 24 dicembre 2020 n. 8323 e Sez. VI, 25 gennaio 2019 n. 628).

Nel caso in questione, dagli atti depositati, risulta non smentito lo svolgimento a fini agricolo-commerciali dell’attività svolta grazie all’utilizzo delle serre la cui realizzazione, dunque, anche per quanto si è appena ricordato, non può ritenersi “libera” e necessita di titolo edilizio, tenuto anche conto che le opere insistono su un’area interessata da numerosi vincoli e dalla vicinanza con pozzi e falde acquifere (come è documentalmente provato dall’ortofoto prodotta dal comune appellato).

Inoltre la parte appellante non ha dimostrato puntualmente (e al di là di ogni ragionevole dubbio, spettando ad essa e non al comune tale dimostrazione) che la realizzazione delle stesse serre oggetto dell’ordinanza sanzionatoria impugnata fosse stata già assentita dal Comune di Brancaleone.

Nello stesso provvedimento sanzionatorio è adeguatamente chiarito (al punto 3 di pag. 5) che “La concessione prodotta in allegato (…) e rilasciata in data 22.01.1994 con Prat. n.01 anno 1993 - prot. n. 1303/92 è inerente ai "Lavori di costruzione di un fabbricato in c.a. a due piani ft. capannone in acciaio; fabbricato ad uso centrale termica ad un piano ft.; n. 5 serre a n. 2 campate e n. 3 serre a n. 3 campate in acciaio". Tali opere, come si può evincere dal progetto depositato agli atti di questo Comune, fanno riferimento ai terreni posti in località Galati, al confine con il Comune di Palizzi, non rilevandosi le strutture sopra elencate nei terreni oggetti dell'accertamento da cui è scaturito il procedimento di cui alla presente né, tantomeno, sono riconducibili alle opere realizzate nell'area circostante i punti di presa idrica comunali, indubbiamente realizzate di recente e che non possono essere ricomprese tra quelle autorizzate con la concessione esibita. (…)” (così, testualmente, nel provvedimento impugnato in primo grado).

7. – La infondatezza dei due motivi di appello, per come si è sopra chiarito, conduce alla reiezione dello stesso e alla conferma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, 18 febbraio 2020 n. 116, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 246/2010) a suo tempo proposto dal signor Pasquale Palumbo (oggi deceduto) e dalla signora Maria Violi.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., liquidandosi a carico della parte appellante ed in favore del Comune di Brancaleone nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00) oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 3744/2020), come indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, 18 febbraio 2020 n. 116, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 246/2010) proposto in primo grado.

Condanna i signori Maria Violi, Domenica Palumbo, Luigi Palumbo, Giuseppina Palumbo, Saverio Palumbo e Giovanni Palumbo, a rifondere le spese del grado di appello in favore del Comune di Brancaleone, in persona del Sindaco pro tempore, che liquida nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00) oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle Camere di consiglio del 28 gennaio 2021 e del 15 aprile 2021 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore