Cass.Sez. III n. 6592 del 17 febbraio 2012 (Ud.24 nov. 2011)
Pres.Teresi Est. Andronio Ric.Bufano
Urbanistica.Unico atto di accertamento della polizia giudiziaria

Per la validità delle attività di constatazione e di repressione delle violazioni edilizie è sufficiente anche un unico atto di accertamento espletato dalla polizia giudiziaria, atteso che l'art. 96 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 prevede il compimento di ulteriori riscontri di carattere tecnico solo ove occorrenti.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 24/11/2011
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 2502
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - rel. Consigliere - N. 20948/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BUFANO GIUSEPPE N. IL 13/03/1954;
avverso la sentenza n. 1597/2009 CORTE APPELLO di LECCE, del 03/11/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Lettieri Nicola che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con sentenza del 3 novembre 2010, la Corte d'appello di Lecce ha confermato la sentenza del tribunale di Brindisi - sezione distaccata di Fasano del 29 maggio 2009, con cui l'imputato era stato condannato, per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, per avere, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e in mancanza di permesso di costruire, realizzato un manufatto allo stato grezzo, costruito in blocchi di cemento, avente forma rettangolare, delle dimensioni di metri 4,80 per metri 4,60, con altezza di circa metri 3. 2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: a) la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 96, perché, dalle risultanze probatorie, si riscontra un unico accertamento operato dalla polizia giudiziaria, avvenuto, tra l'altro, casualmente, nel corso di un controllo circa lo stato di detenzione domiciliare a cui era sottoposto l'imputato per altra causa, con la conseguenza che non vi sarebbe stato un sufficiente riscontro della consistenza dell'opera;
b) la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, la quale avrebbe scorrettamente desunto l'ascrivibilità dell'opera realizzata all'imputato dalla circostanza, qualificata come acquiescenza, che questo non ha impugnato l'ordinanza di demolizione emessa dal Comune.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi manifestamente infondati.
3.1. - Quanto alla prima doglianza, con la quale si contesta la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 96, è sufficiente rilevare che tale disposizione non prevede - come, invece, ritenuto del ricorrente - l'insufficienza di un unico accertamento operato dalla polizia giudiziaria, perché essa si riferisce ad ulteriori accertamenti, precisando che essi devono essere compiuti solo se "occorrenti".
In punto di fatto, la Corte d'appello ha evidenziato che il maresciallo che ha effettuato il controllo era da lungo tempo a conoscenza dello stato dei luoghi e della disponibilità della casa di abitazione da parte dell'imputato (il quale, infatti, vi si trovava in regime di detenzione domiciliare), potendo accertare che il manufatto in questione era di recente fattura ed era accorpato all'abitazione dell'imputato e non all'altra porzione, utilizzata invece dal figlio. Correttamente il giudice di secondo grado ha fatto conseguire a tali rilievi la conclusione che non vi è dubbio che la realizzazione del manufatto, a prescindere dalla verifica del titolo di proprietà del suolo su cui esso insiste, debba essere ricondotta l'imputato, atteso che esso costituisce un ampliamento della casa di abitazione che gli occupa e al quale solo lui, e non altri, era direttamente interessato.
Ne deriva la manifesta infondatezza del motivo sopra riportato. 3.2. - Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole che la Corte distrettuale avrebbe scorrettamente desunto l'ascrivitalità dell'opera realizzata all'imputato dalla circostanza che questo non ha impugnato l'ordinanza di demolizione emessa dal Comune.
Contrariamente a quanto sostenuto dall'imputato, dalla semplice lettura della sentenza emerge che l'acquiescenza prestata dallo stesso alla demolizione del manufatto disposta dal Comune non è il solo elemento dal quale si desume la paternità di esso, ma rappresenta solo un elemento di carattere aggiuntivo rispetto a quelli presi in considerazione e riportati supra al punto 3.1. 4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2012