Cass.Sez. III n. 42637 del 17 ottobre 2013 (Cc 26 set 2013)
Pres.Teresi Est. Amoresano Ric.Braccini
Urbanistica.Sequestro preventivo e richiesta di dissequestro temporaneo finalizzata alla demolizione delle opere

In tema di sequestro preventivo di immobile abusivo, non possono essere proposte al tribunale del riesame questioni relative al dissequestro temporaneo finalizzato alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi, essendo queste di competenza del giudice del merito.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 26/09/2013
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - rel. Consigliere - N. 1772
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 1914/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Braccini Franco nato il 18.11.1943;
avverso l'ordinanza del 10.12.2012 del Tribunale di Roma;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMORESANO Silvio;
sentite le conclusioni del P.G., Dott. SPINACI Sante, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
sentito il difensore, avv. CAPONE Mauro, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con istanza in data 9.7.2012 Braccini Franco, a mezzo del difensore, chiedeva che venisse disposto il dissequestro temporaneo del cantiere, sito in Formello via Fossi Vecchi, al fine di procedere all'abbattimento delle opere abusivamente realizzate, ripristinare lo stato dei luoghi ed eliminare le conseguenze del reato.
Il Gip, con ordinanza del 6.8.2012, rigettava l'istanza, assumendo che il Comune aveva emesso ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi alla quale il Braccini non aveva ottemperato nel termine di novanta giorni (l'esistenza del sequestro penale non determinava la sospensione di tale termine). Essendo quindi intervenuta "ope legis" D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 31, l'acquisizione dell'area al patrimonio comunale, l'istante non aveva alcuna legittimazione a richiedere il dissequestro e, tanto meno, per procedere alla demolizione.
Con ordinanza in data 10.12.29012 il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile l'appello proposto nell'interesse di Braccini Franco avverso il suddetto provvedimento del GIP.
Premetteva il Tribunale che l'accertamento dell'avvenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale era irrilevante ai fini della decisione.
Il petitum dell'appello doveva ritenersi circoscritto al dissequestro temporaneo per procedere alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi (tale era l'oggetto dell'istanza rivolta al GIP). Ma al Tribunale del riesame possono essere demandate solo le questioni riguardanti la legittimità del titolo e (nell'ipotesi di appello) quelle riguardanti la persistenza dei presupposti posti a fondamento del decreto di sequestro.
Il Tribunale non poteva pertanto pronunciarsi in ordine al dissequestro finalizzato al ripristino dello stato dei luoghi, essendo competente sul punto il Giudice di merito.
2. Ricorre per cassazione Braccini Franco, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'art. 322 bis c.p.p..
Erroneamente il Tribunale ha ritenuto inammissibile l'appello, assumendo che il petitum dello stesso fosse diverso dall'oggetto dell'istanza rivolta al GIP. L'oggetto della doglianza era proprio quello di verificare la sussistenza dei presupposti di legittimità del provvedimento cautelare. L'accertamento dell'acquisizione del manufatto al patrimonio comunale non era irrilevante, essendo stata tale circostanza posta a fondamento dell'ordinanza del GIP. Peraltro, a seguire l'impostazione del Tribunale, l'istante rimarrebbe privo di tutela avverso il provvedimento del GIP.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va,pertanto, rigettato.
2. Il Tribunale non ha ritenuto che il "petitum" dell'appello fosse diverso da quello dell'istanza rivolta al GIP, ma solo che esso dovesse ritenersi "circoscritto al dissequestro temporaneo al fine di procedere all'abbattimento delle opere abusivamente realizzate.." (pag. 1 ord.) e, a tal fine, ha osservato correttamente che soltanto il giudice di merito avrebbe potuto adottare le opportune statuizioni (pag. 2 ord.).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, "..l'immobile abusivo non può essere dissequestrato al solo fine di consentire l'esecuzione della sanzione demolitoria, la quale può essere disposta dal giudice esclusivamente con la sentenza di condanna per costruzione abusiva eseguita in assenza della concessione edilizia ovvero in totale difformità della stessa" (cfr. Cass. pen. sez. 3^ n. 2403 del 13.6.2000).
3. In ogni caso (e in tal senso, trattandosi di questione di diritto, può essere integrata la motivazione dell'ordinanza impugnata) ineccepibilmente il Gip aveva ritenuto che, comunque, l'istante non aveva alcun titolo per richiedere il dissequestro del bene e, tanto meno, per procedere alla demolizione, essendo ormai l'opera acquisita al patrimonio del Comune, non avendo l'interessato ottemperato, nel termine di novanta giorni, all'ordinanza ingiunzione di demolizione. E tale termine non poteva certo ritenersi sospeso per la pendenza del sequestro penale.
3.1. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3 stabilisce che "se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata nel ritenere che dal tenore letterale della norma " risulta evidente che l'effetto ablatorio si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari..." (cfr. ex multis Cass. pen. sez. n. 4962/2008). Tale decisione ha anche precisato che "Evidente corollario dei principi sopra esposti è che il giudice che dispone il dissequestro di un immobile abusivo, dopo che il responsabile dell'abuso non ha ottemperato nel termine di legge all'ingiunzione comunale di demolire, e quindi dopo che si è verificato l'effetto ablativo a favore dell'ente comunale, deve disporre la restituzione dell'immobile allo stesso ente comunale e non al privato responsabile, che per avventura sia ancora in possesso del bene. Per individuare l'avente diritto alla restituzione, infatti, non è sufficiente il favor possessionis, occorrendo invece la prova positiva dello ius possidenti, che non compete più al privato ottemperare".
Operando l'effetto ablativo di diritto ed automaticamente con il mero decorso del termine, per essere "paralizzato" è necessario che si verifichi un "impedimento assoluto" che non consenta al destinatario di dare esecuzione all'ordinanza (tale non è certamente il sequestro).
L'art. 85 disp. att. c.p.p., prevede, infatti, che "quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria, se l'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso..". È l'ordinamento stesso, quindi, a consentire di "superare" il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione" (così Cass. pen. sez. 3^ n. 9186 del 14.1.2009; conf. Cass., pen. Sez. 3^ n. 171888 del 24.3.2010).
4. Quanto alla pendenza di ricorso davanti al TAR, dalla stessa prospettazione difensiva non risulta che fosse stata adottata "sospensiva" dell'ordinanza di demolizione emessa dal Comune. Per cui neanche sotto tale profilo poteva determinarsi la sospensione del termine di novanta giorni di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2013