Cass. Sez. III n. 17433 del 9 maggio 2012 (CC 7 feb. 2012)
Pres.Squassoni Est.Amoroso Ric.Ancora
Urbanistica.Impianto fotovoltaico in zona agricola

E legittimo il sequestro di un impianto fotovoltaico assentito dal rilascio di semplice DIA e non da autorizzazione unica regionale atteso che, a seguito della declaratoria di incostituzionalità degli artt. 3 legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 e 27 legge della Regione Puglia 19 febbraio 2008, n. 1 per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 119 del 2010 e n. 366 del 2010, la realizzazione in zona agricola delle opere senza il rispetto del limite di potenza previsto dalla legislazione statale integra il reato previsto dall'art. 44, lett. a), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 07/02/2012
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 275
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 33166/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ancora Davide, n. Galatina il 02/11/1975;
avverso la ordinanza del 6 maggio 2011 del tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giovanni Amoroso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per l'annullamento con rinvio. RITENUTO IN FATTO
1. Il 14 aprile 2011 militari della Guardia di Finanza di Otranto e della stazione carabinieri di Soleto procedevano al sequestro delle opere realizzate presso l'impianto fotovoltaico denominato Principessa Sofia in Soleto e costituito da n. 4.080 pannelli fotovoltaici, due cabine inverter ed una cabina E.n.e.l., tutto riconducibile alla New Energy s.r.l., della quale Ancora Davide era il legale rappresentante. Nel verbale di sequestro si esponeva che:
la Neto Energy s.r.l. era titolare della d.i.a. n. 77/2008 per la realizzazione di una struttura erogante una potenza di picco pari a 999,04 kw; le opere in fase di realizzazione erano del tutto difformi da quelle di cui alla d.i.a, ed in particolare dalla planimetria riportata sulla tav. 3 del progetto; l'area oggetto di intervento ricadeva in zona classificata dal P.D.T.T. come "e" agricola in ambito territoriale esteso; il 28/11/2008 il Comune di Soleto rilasciava l'autorizzazione paesaggistica; non era stato allegato alla d.i.a. alcun titolo di proprietà del terreno da parte della Neto Energy s.r.l. risultando solo un contratto preliminare in merito alla realizzazione, l'esercizio, la gestione e la manutenzione di una centralina di energia fotovoltaica, con data 20/06/2011; le opere non rispettavano il requisito di cui alla L.R. n. 31 del 2008, art. 3, comma 1, lett. b), (peraltro successiva all'inoltro della d.i.a. e successivamente dichiarata incostituzionale).
Il Pubblico ministero convalidava il sequestro ritenendo ipotizzabile il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 nonché la necessità di procedere ad accertamenti tecnici.
2. Ricorreva avverso il suddetto decreto l'Ancora lamentando che:
mancava nel decreto impugnato l'individuazione delle esigenze probatorie perseguite con l'imposizione del vincolo reale; doveva considerarsi irrilevante l'intervenuta sentenza della Corte Costituzionale rispetto ad un titolo abilitativo già definitivo; le variazioni rispetto al progetto approvato, realizzate nell'ambito temporale triennale di validità della d.i.a., erano necessarie per integrare o mantenere la funzione di quanto autorizzato e pertanto alcun effetto sulla loro realizzabilità poteva derivare dalla dichiarazione di incostituzionalità della normativa regionale; le variazioni erano state dettate sia da esigenze logistiche sopravvenute a seguito della validazione del piano tecnico presentato ad Enel per la connessione che da miglioramenti tecnologici; esse, inoltre, non costituivano variazioni essenziali ai sensi del D.P.R. n. 389 del 2001, art. 32; non poteva comunque ritenersi configurabile l'elemento soggettivo del reato ipotizzato in considerazione anche degli atti amministrativi rilasciati dalla p.a., dei quali si doveva presumere la legittimità.
3. Il tribunale di Lecce con ordinanza del 6 maggio 2011 rigettava il ricorso per il riesame e condannava il ricorrente al pagamento delle spese.
Riteneva il tribunale - dopo aver premesso il quadro normativo di riferimento costituito dalla legislazione statale e da quella regionale - che l'intervento costituito dalla messa in opera dell'impianto fotovoltaico oggetto del sequestro probatorio appariva prima facie illegittimo in quanto la sua realizzazione doveva essere preceduta dal permesso di costruire. In particolare l'impianto risultava essere contrastante con la L.R. n. 11 del 2008, art. 27;
nè tale illegittimità veniva meno per effetto del raffronto con la successiva disciplina posta dalla legge regionale n. 31 del 2008. Secondo una interpretazione letterale dell'art. 27 cit., accolta dal tribunale, gli impianti fotovoltaici ben possono essere realizzati in zona agricola, ma solo quando essi rispondono alle caratteristiche di cui alla lett. a) della medesima disposizione, ossia quando siano "posti su edifici industriali, commerciali e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e servizi esistenti o da costruire". Poiché l'impianto in esame non rispondeva ad alcuno dei requisiti posti dalla citata lett. a), art. 27, esso non poteva essere realizzato mediante una d.i.a..
Successivamente la L.R. n. 31 del 2008, art. 3 aveva previsto la possibilità di realizzare impianti fotovoltaici in zona agricola a condizione che l'area asservita all'intervento fosse estesa almeno due volte la superficie radiante e che superficie non occupata dall'impianto dovesse essere destinata esclusivamente a uso agricolo. Ma - ha osservato il tribunale - una d.i.a. presentata e perfezionatasi in presenza di una determinata disciplina legislativa (ed illegittima rispetto ad essa) non poteva considerarsi essere divenuta legittima in conseguenza di una normativa successivamente intervenuta atteso che la legittimità o meno di un provvedimento (fatto salvo il caso di una sanatoria che però non poteva che essere espressa) doveva essere valutata al momento della sua giuridica esistenza. Poiché pertanto l'impianto non era posto su edifici o all'interno di complessi industriali, commerciali o destinati a servizi la sua realizzazione si poneva in violazione della disciplina urbanistica integrando il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).
4. Avverso questa pronuncia l'indagato propone ricorso per cassazione con tre motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il ricorso articolato in tre motivi il ricorrente censura l'ordinanza impugnata innanzitutto perché il sequestro adottato dal pubblico ministero era privo di idonea motivazione in ordine alla finalità perseguite; sicché non era ben chiaro se si trattasse di sequestro probatorio ovvero preventivo.
Secondo il ricorrente, che censura l'interpretazione che il tribunale ha dato alla L.R. Puglia n. 1 del 2008, art. 27, la possibilità della DIA sussisteva ogni qual volta gli impianti in questione fossero localizzati in zone classificate agricole dai piani urbanistici. Tale interpretazione risultava confermata dalla successiva L.R. Puglia n. 31 del 2008, art. 3 che ribadiva espressamente la possibilità di ricorrere ad una semplice DIA per la realizzazione di impianti fotovoltaici sul suolo agricolo. Il ricorrente deduce anche che la DIA per la costruzione dell'impianto oggetto di sequestro si era perfezionata in realtà sotto la vigenza della L.R. n. 31 del 2008. Censura poi l'ordinanza impugnata sotto il profilo che la difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA non costituisce un illecito penale, ma comporta solo l'applicazione della sanzione amministrativa.
2. Il ricorso è infondato.
3. Quanto alla qualificazione del sequestro (primo motivo), risulta dall'ordinanza che si tratta di sequestro probatorio sorretto dalla necessità di accertare l'effettiva consistenza delle difformità delle opere utilizzate rispetto a quelle di cui alla d.i.a.. Ed infatti il sequestro è stato disposto d'urgenza dalla Guardia di Finanza e poi convalidato dal pubblico ministero che ha ravvisato la necessità di procedere ad accertamenti tecnici.
In proposito va ribadito quanto già affermato da questa corte (Cass., sez. 3, 14 maggio 2009 - 1 luglio 2009, n. 26916) secondo cui rientra tra i poteri del Pubblico Ministero la qualificazione come probatorio o preventivo del sequestro eseguito di urgenza dalla polizia giudiziaria. Cfr. altresì Cass., sez. 6, 17 dicembre 2003 - 22 gennaio 2004, n. 2061, che ha precisato che il Pubblico Ministero che, a norma dell'art. 321 c.p.p., comma 3 bis, riceve il verbale di un sequestro preventivo eseguito in via d'urgenza dalla polizia giudiziaria ha il potere di qualificarlo giuridicamente. Pertanto, se lo ritiene sequestro preventivo, richiede al giudice la convalida; se invece lo ritiene sequestro probatorio, lo può convalidare lui stesso a norma dell'art. 355 c.p.p., comma 1: poiché contro la convalida è ammessa richiesta di riesame al tribunale ex art. 355 c.p.p., comma 3 e art. 324 cod. proc. pen., non viene eluso il controllo giurisdizionale sulla decisione del P.M.. 4. In riferimento agli altri motivi va innanzi tutto premesso che, sulla base della normativa statale, la realizzazione degli impianti fotovoltaici è soggetta a un unico provvedimento autorizzatorie della Regione.
Le disposizioni vigenti in materia di autorizzazione alla realizzazione di impianti eolici sono state inizialmente poste nel D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, il cui art. 12 stabilisce, al comma 3, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono soggetti ad un'autorizzazione unica rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia delegata) nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico - artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.
La medesima disposizione (art. 12, comma 5) ha anche previsto una procedura autorizzatoria semplificata in relazione agli impianti con una capacità di generazione inferiore rispetto alle soglie di cui alla tabella A, allegata al medesimo D.Lgs., diversificate per ciascuna fonte rinnovabile: agli impianti rientranti nelle suddette soglie si applica la disciplina della DIA, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 22 e 23.
Successivamente il D.Lgs. n. 28 del 2011 ha dato attuazione della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009, che in materia di procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili invita gli Stati membri a preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l'altro forme procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13). In particolare il D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 6, in attuazione della direttiva Europea sopra menzionata, disciplina una procedura abilitativa semplificata per la costruzione e l'esercizio di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, riconoscendo inoltre alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di estendere "la soglia di applicazione della procedura semplificata ... agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono soggette altresì all'autorizzazione unica", disciplinata al successivo art. 5 del medesimo D.Lgs. n. 28 del 2011. È quindi solo con la nuova regolamentazione del 2011 che il legislatore statale ha dato facoltà alle Regioni di estendere l'ambito di applicazione del procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza di energia elettrica pari a 1 MW; fermo restando il vincolo per la legislazione regionale costituito dai limiti posti dall'art. 6 citato, che, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo. C. cost. n. 99 del 2012) esprime un principio fondamentale sicché il legislatore regionale è tenuto a rispettarlo nell'esercizio della sua potestà legislativa concorrente.
Il medesimo D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 10, commi 4 e 6, ha poi riguardato proprio gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole dettando specifiche disposizioni per l'accesso agli incentivi statali. In particolare si richiede che non sia destinato all'installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.
Da ultimo una ulteriore disposizione specifica per gli impianti fotovoltaici in ambito agricolo è ora prevista dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 65, conv. in L. 24 marzo 2012, n. 27, che, nel prescrivere in generale che agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è (più) consentito l'accesso agli incentivi statali di cui al D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, ha comunque fatto salvo le situazioni pregresse confermando la perdurante applicabilità del D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 10, comma 6 (inizialmente abrogato dallo stesso d.l., ma fatto rivivere dalla legge di conversione).
5. Nella specie rileva in particolare la disciplina della Regione Puglia - L.R. 19 febbraio 2008, n. 1, art. 27 e L.R. 21 ottobre 2008, n. 31, quest'ultima recante norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale - che ha inteso semplificare ulteriormente il procedimento amministrativo prevedendo la semplice d.i.a. anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici di maggiore potenza complessiva purché contenuta in una determinata soglia, ossia impianti con potenza elettrica nominale fino a 1 MW, mentre il D.Lgs. n. 387 del 2003 ha fissato a 60 kW la soglia per la produzione di energia eolica in regime semplificato.
La Corte costituzionale ha ritenuto che tale normativa regionale del 2008 contrastasse con il principio fondamentale posto dal D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 5, che prevede che "con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività". Principio questo che, in quanto qualificabile come fondamentale, operava come limite per la competenza legislativa concorrente della regione (analogamente alla successiva disposizione statale contenuta nel D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 6: cfr. C. cost. n. 99 del 2012).
La Corte costituzionale quindi ha dichiarato illegittime entrambe le leggi della L.R. Puglia n. 1 del 2008 e L.R. n. 31 del 2008. In particolare con la sentenza n. 119 del 2010 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della L.R. Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, art. 2, commi 1, 2 e 3 e art. 3, commi 1 e 2. Successivamente con la sentenza n. 366 del 2010 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della L.R. Puglia 19 febbraio 2008, n. 1, art. 27, comma 1, lett. b).
Risulta quindi travolta da tali pronunce la disciplina specifica posta dall'art. 27 e dall'art. 3 citati che facoltizzava la realizzazione di impianti fotovoltaici di potenza fino ad un megawatt sulla base di una semplice d.i.a. anche in zone a destinazione agricola secondo gli strumenti urbanistici vigenti. Pertanto, anche se la d.i.a. della società di cui l'indagato era il legale rappresentante sembra essersi perfezionata prima delle richiamate dichiarazioni di incostituzionalità, comunque la realizzazione dell'impianto, ove anche in ipotesi originariamente legittima in forza della d.i.a., non poteva considerarsi tale perché affetta da illegittimità sopravvenuta a seguito della dichiarazione di incostituzionalità prima della L. n. 31 del 2008, art. 3 e poi della L. n. 1 del 2008, art. 27, che rendeva ab origine inidonea la d.i.a. a legittimare la realizzazione di impianti fotovoltaici senza il rispetto del limite di potenza prevista dalla legislazione statale per il regime semplificato.
Viene pertanto in rilievo quanto già ritenuto da questa Corte (Cass., sez. 3, 22 novembre 2006 - 20 dicembre 2006, n. 41619) che ha affermato che l'esecuzione in assenza o in difformità degli interventi subordinati a denuncia di inizio attività (DIA) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 22, commi 1 e 2, allorché non conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico - edilizia in vigore, comporta l'applicazione della sanzione penale prevista dal citato D.P.R. n. 380, art. 44, lett. a), atteso che soltanto in caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dalla DIA, ma conformi alla citata disciplina, è applicabile la sanzione amministrativa prevista dallo stesso Decreto n. 380 del 2001, art. 37.
Nè rileva la limitata salvezza per gli impianti fotovoltaici in aree agricole, quale prevista dalla più recente normativa (sopra citata), che fa riferimento ad impianti già realizzati ove ricorrano determinate condizioni di fatto, perché rimane pur sempre che l'impianto deve risultare legittimo al momento della sua realizzazione, tenendo conto dell'efficacia retroattiva delle citate pronunce di incostituzionalità della normativa della regione Puglia. In sostanza, rimane comunque da accertare la portata e l'entità della realizzazione dell'impianto fotovoltaico suddetto in riferimento ad una d.i.a. da valutare ormai nel diverso contesto normativo modificato dalle menzionate pronunce della Corte costituzionale; e ciò giustifica e legittima il sequestro probatorio.
6. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2012