Cass. Sez. III n. 5307 del 15 febbraio 2022 (PU 11 gen 2022)
Pres. Petruzzellis Est. Corbetta Ric. Bacchini
Urbanistica. Utilizzazione opera in cemento armato o a struttura metallica prima del rilascio del certificato di collaudo

 Il reato di cui all'art. 75 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (utilizzazione di un'opera in cemento armato o a struttura metallica prima del rilascio del certificato di collaudo) ha natura di reato permanente a condotta mista in quanto comprende, da un lato, un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio e, dall'altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile ovvero con il collaudo


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Rimini condannava Marcello Bacchini, Oriano Bacchini e Paola Bacchini  alla pena di 1.000 euro di ammenda ciascuno, condizionalmente sospesa per tutti gli imputati, per il reato di cui all’art. 75 d.P.R. n. 380 del 2001, a loro ascritto perché, in qualità di proprietari,  consentivano l’utilizzazione, prima del certificato di collaudo, dell’immobile sito in Rimini, via Lucinico n. 6. Il Tribunale, inoltre, condannava gli imputati al risarcimento del danno patito della parte civile, da liquidarsi in sede civile, con una provvisionale pari a 5.000 euro.

2. Avverso l’indicata sentenza, gli imputati, per il tramite del comune difensore di  fiducia, con un unico atto propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge il correlativo vizio di motivazione in relazione al termine di prescrizione, che, ad avviso del difensore, decorrerebbe dal 26 maggio 2016, data in cui è stato effettuato il sopralluogo da parte della polizia giudiziaria presso l’immobile in questione.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce il vizio di motivazione per omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti e il travisamento della prova per omessa considerazione della documentazione prodotta. Assume il difensore che, diversamente da quanto riferito dal teste Domeniconi, il fabbricato risultava legittimato perché era stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria n. 13114, prodotta all’udienza del 14 febbraio 2020; parimenti quanto alle altre opere (chiusura di un terrazzo, realizzazione di una camera, di un bagno, di un disimpegno, nonché di un balcone sul retro e di due balconi sul lato mare), il Comune di Rimini, in data 16 settembre 2019, aveva rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria ai sensi dell’art. 32 l n. 326 del 2003, come confermato dal teste Geri, la cui deposizione, per stralci, viene riportata alle p. 10-12 del ricorso.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione, per non aver il Tribunale valutato l’ultima memoria presentata dal difensore degli imputati, avv. Cicchini, ciò che integra la nullità prevista dall’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione relativamente all’art. 75 d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto erroneamente il Tribunale ha rigettato l’eccezione di estromissione della parte civile, non essendo ravvisabile un rapporto causale immediato e diretto tra il contestato illecito per utilizzo di un immobile prima del rilascio e l’asserito danno patito dalla parte civile, e, comunque, non essendo esplicitate le ragioni che giustificano la domanda risarcitoria.


CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
I ricorrenti, nel sostenere che la data di consumazione del reato coincide con quella in cui fu effettuato il sopralluogo presso l’immobile, omettono di confrontasi con il principio, costantemente affermato e qui da ribadire, secondo cui il reato di cui all'art. 75 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (utilizzazione di un'opera in cemento armato o a struttura metallica prima del rilascio del certificato di collaudo) ha natura di reato permanente a condotta mista in quanto comprende, da un lato, un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio e, dall'altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile ovvero con il collaudo (Sez. 3, n. 36095 del 30/06/2016, dep. 01/09/2016, Ercoli, Rv. 267917; Sez. 3, n. 1411 del 03/11/2011, dep. 17/01/2012, p.m. in c. Iazzetta, Rv. 251880).
 
3. Il secondo motivo è inammissibile perché proposto al di fuori dei casi consentiti.
Pur deducendo formalmente il vizio di motivazione e il travisamento della prova, i ricorrenti attaccano, a ben vedere, profili ricostruttivi del fatto, censura che esula dai casi tassativamente previsti dall’art. 606 cod. proc. pen., posto che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione delle vicende (tra le varie, Sez. 3, n. 46526 del 28/10/2015, Cargnello, Rv. 265402; Sez. 3, n. 26505 del 20/5/2015, Bruzzaniti ed altri, Rv. 264396).
Invero, per un verso, al fine di dimostrare l’asserito travisamento della prova, il ricorso si è limitato ad una riproduzione, peraltro parziale e frammentaria, della deposizione del teste Geri, impedendo, in questo modo, una verifica dell'effettivo travisamento del contenuto della testimonianza (ex multis, cfr. Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, dep. 2/05/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016, dep. 27/04/2017, Saccomanno, Rv. 269801), e, per altro verso, il Tribunale ha motivatamente spiegato, sulla base della deposizione del tecnico comunale, arch. Cappiello, il quale effettuò il sopralluogo presso l’immobile in esame, che all’interno dell’appartamento erano state realizzate delle opere le quali avrebbero necessitato sia di collaudo sismico, sia di collaudo ex art. 75 d.P.R. n. 380 del 2001, considerando che Paola Bacchini, con il consenso dei fratelli, risultava residente presso quell’immobile - in cui, peraltro, erano presenti arredi, tavoli accatastati e “letti mezzi rifatti” -, collaudo che non era stato mai rilasciato, e non potendo essere evidentemente sostituito dal rilascio dei titoli abilitativi, che nulla hanno a che vedere con il collaudo, il quale, con riferimento alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, come chiaramente si evince dall’art. 67 d.P.R. n. 380 del 2001, persegue la finalità di accertare la sicurezza di dette opere, così da non compromettere la pubblica incolumità.

4. Il terzo motivo è inammissibile perché generico.
Si rammenta che l'omessa valutazione di memorie difensive non costituisce causa di nullità della decisione, ma può unicamente incidere sulla tenuta logico-giuridica della motivazione (da ultimo, Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, dep. 23/09/2020, Cilio, Rv. 279578), gravando, a tal proposito, sulla parte che deduce l'omessa valutazione di memorie difensive l'onere di indicare, pena la genericità del motivo di impugnazione, l'argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, dep. 31/05/2019, Armeli, Rv. 276511).
Nel caso di specie, il motivo è del tutto generico, perché non indica gli argomenti difensivi contenuti nella memoria asseritamente non aggetto di valutazione, né spiega in che modo, dette argomentazioni, avrebbero inciso, disarticolandola, sulla motivazione della sentenza impugnata.

5. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Si rammenta che, ai fini della legittimazione di costituzione di parte civile per l'esercizio di azione risarcitoria, è sufficiente che il preteso danneggiato prospetti un fatto astrattamente idoneo a cagionare un pregiudizio, giuridicamente apprezzabile, alla sua sfera di interessi (Sez. 3, n. 18518 del 11/01/2018, dep. 02/05/2018, S., Rv. 273647).
Nel caso di specie, come risulta dagli atti, la parte civile, qualificatasi come proprietario di un immobile confinante con quello degli imputati, ha prospettato la possibilità di in danno derivante da “una diminuzione d’aria dal mare”, ciò che è sufficiente ai fini della legittimazione alla costituzione ex art. 74 cod. proc. pen.
Altra e diversa questione è la prova di un danno immediato e diretto derivante dal fatto di reato – danno che il Tribunale ha ritenuto provato, demandandone la relativa liquidazione al giudice civile - ma in ordine a tale aspetto il motivo di ricorso – che si limita a contestare la legittimatio ad causam della costituta parte civile - non muove alcuna censura.

6. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 11/01/2021.