Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2452, del 13 maggio 2014
Rifiuti.Legittimità accordo di programma per impianto digestione anaerobica dei rifiuti urbani. Compatibilità con il principio di precauzione
E’ legittimo l’accordo di programma per costruzione impianto digestione anaerobica dei rifiuti urbani. Infatti, a nulla vale il richiamo al principio comunitario di precauzione, in quanto, alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale, comunitario e nazionale, le cosiddette “protective measures” non si possono fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico e congetturale fondato su mere supposizioni prive di un’adeguata base scientifica. Il provvedimento impugnato, basato sull’analisi approfondita degli aspetti tecnici che ha escluso la sussistenza di profili di rischio apprezzabili anche in una logica precauzionale, deve allora essere considerato compatibile con il principio di precauzione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02452/2014REG.PROV.COLL.
N. 01918/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1918 del 2013, proposto da:
Rotalnord Auto Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino Galletti, con domicilio eletto presso Antonino Galletti in Roma, via Lucrezio Caro, 63;
contro
Provincia di Trento, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Dettori, con domicilio eletto presso Salvatore Dettori in Roma, piazza Ss.Apostoli N.66; Comune di Faedo;
nei confronti di
Bio Energia Fiemme S.p.A., Mauro Ferrari, Mgm Srl; Bio Energia Trentino S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Flavio Maria Bonazza, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso Paolo Stella Richter in Roma, viale Mazinni N. 11;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00003/2013, resa tra le parti, concernente approvazione accordo di programma per costruzione impianto digestione anaerobica dei rifiuti urbani nel comune di faedo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Trento e di Bio Energia Trentino S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Antonino Galletti, Salvatore Dettori e Paolo Stella Richter;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio riguarda il progetto di un impianto di digestione anaerobica (ossia, senza ossigeno) di rifiuti urbani nel territorio del Comune di Faedo, la cui realizzazione veniva acconsentita dalla Giunta provinciale di Trento all’esito di una lunga ed articolata sequenza procedimentale.
Con il ricorso introduttivo di prime cure, la società ricorrente (la Rotalnord Auto s.r.l.), titolare di un’azienda concessionaria di autoveicoli e veicoli industriali con sede in Faedo, impugnava dinanzi al Tar Trento, per ottenerne l’annullamento, la delibera dell’organo esecutivo della Regione n. 350 del 27 febbraio 2009, recante l’approvazione dell’accordo di programma per la costruzione e per l’esercizio di un impianto di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti urbani nel Comune di Faedo, intercorso tra la Provincia autonoma di Trento, il Comune di Faedo e la Bio Energia Fiemme S.p.A.
Seguivano poi una serie di ricorsi per motivi aggiunti finalizzati all’annullamento di atti amministrativi successivi e consequenziali al primo, vale a dire:
- la deliberazione della Giunta Provinciale di Trento n. 1910 dell’8 settembre 2011, sostitutiva della prima, contenente l’approvazione della localizzazione dell’area per la costruzione e per l’esercizio di un impianto di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti urbani nel Comune di Faedo nel Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti;
- la deliberazione della medesima Giunta n. 2847 del 23 dicembre 2011, recante valutazione ambientale favorevole (VIA), con prescrizioni, del progetto definitivo dell’“Impianto Ciclo Verde di recupero rifiuti organici per la produzione di biogas e ammendante a Cadino”, nel Comune di Faedo, proposto da Bio Energia Trentino s.r.l.;
- la concessione ad edificare n. 1/2012 del 16 gennaio 2012 con cui il Segretario Comunale del Comune di Faedo, in accoglimento dell’istanza presentata da Bio Energia Trentino s.r.l., ha autorizzato la realizzazione del suddetto impianto.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso, integrato dai successivi motivi aggiunti.
Si deve precisare che il Tribunale ha considerato improcedibile l’impugnativa azionata col ricorso introduttivo in quanto, all’esito di una rinnovata istruttoria, è stata emanata la deliberazione della Giunta provinciale 8.9.2011, n. 1910 di integrazione dell’accordo di programma impugnato col ricorso originario, che approva la localizzazione dell’impianto relativamente ad un progetto nuovo e diverso, sul quale si sono esplicate nuove ed autonome valutazioni dell'Amministrazione
L’originario progetto, dunque, è stato sostituito da uno nuovo, presentato da altro soggetto (la Bioenergia Trentino s.r.l., in luogo dell’originaria proponente Bioenergia Fiemme S.p.a.) che prevede un diverso sistema di digestione anaerobica e che è stato approvato all’esito di un nuovo procedimento, con la partecipazione di altri enti pubblici.
Il Tribunale ha quindi considerato che l’interesse della ricorrente si trasferisce e si concentra, perciò, sui motivi aggiunti, diretti contro la citata deliberazione della Giunta provinciale 8.9.2011, n. 1910 e contro i provvedimenti successivi che sono effettivamente lesivi
Con l’atto d’appello Rotalnord Auto s.r.l contesta gli argomenti posti a fondamento del decisum di prime cure.
Resistono la Provincia Autonoma di Trento e la controinteressata Bio Energia Trentino s.r.l.
2. L’appello, che interessa la materia del contendere già delimitata dal Primo Giudice, non merita favorevole valutazione alla stregua delle considerazioni che seguono.
2.1. Con un primo ordine di censure parte appellante lamenta l’ error in iudicando in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado in ragione del mancato rilievo della violazione, per effetto dei provvedimenti impugnati, degli articoli 64 - 68-bis del TULP in materia di tutela dell’ambiente e degli inquinamenti, della delibera di Giunta n. 1730/2006, dell’art. 178 del D.Lgs. 152/2006, del D.Lgs. 205/2010 e dell’art. 301 del D.Lgs. 152/2006, in una con la mancata considerazione degli indici sintomatici dell’ eccesso di potere per travisamento dei fatti, insufficienza istruttoria e motivazionale e omessa applicazione dei criteri per la localizzazione indicati nel Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti.
Tale primo, complesso, primo motivo di appello, contiene tre ordini di censure.
2.1.1. Con un prima doglianza si sottolinea l’asserita incompletezza e la carenza dell’istruttoria svolta dall’Amministrazione provinciale.
A confutazione di tale censura si dive rimarcare che, in disparte la genericità dei richiami normativi posti a sostegno del gravame, l’esame della documentazione in atti consente di acclarare che la Provincia di Trento ha compiuto un’adeguata e ponderata istruttoria, affidandosi a studi tecnici di settore – svolti dal Politecnico di Milano e dalla società tedesca ECOMA, oggi Odournet- che hanno analizzato in modo approfondito i profili di rischio sottesi alla realizzazione dell’impianto, prevedendo, altresì, una serie di misure di monitoraggio continuo delle emissioni. Il recepimento di tali rilievi da parte della Provincia Autonoma di Trento, all’esito di un’istruttoria articolata e approfondita, costituisce esplicazione di discrezionalità tecnica, non sindacabile in sede giurisdizionale in quanto non inficiata da profili di illogicità, di deficienza motivazionale e di travisamento fattuale.
Va soggiunto che i rammentati studi tecnici e le conseguenti valutazioni condotte dall’amministrazione hanno riguardato il progetto finale, sostitutivo di quello originario, che, come ricordato in sede di esposizione dei fatti, è stato presentato da altro soggetto (Energia Trentino s.r.l., in luogo di Bioenergia Fiemme S.p.a.) e ha previsto un diverso sistema di digestione anaerobica.
2.1.2. Non è fondata neanche la seconda doglianza la quale si torna a ribadire la mancata osservanza della fascia di rispetto di 1000 metri e la violazione del principio comunitario di precauzione.
In merito all’asserita violazione della fascia di rispetto si deve ribadire, in adesione ai rilievi svolti dal Primo Giudice, che a pag. 78 del Piano provinciale non si stabilisce un fascia di rispetto di 1000 metri rispetto agli insediamenti abitativi ma si sottolinea l’esigenza di una valutazione approfondita, che nella specie risulta operata alla stregua dei rilievi che precedono, dei rischi derivati dalla realizzazione di un impianto ad una distanza inferiore a tale limite.
Infatti, gli invocati criteri per la localizzazione degli impianti (pag. 78 e ss. del Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti: doc. n. 7 prodotto dalla ricorrente) impongono, nell’ambito di questa distanza, di considerare le “situazioni di eventuale compromissione della sicurezza o di grave disagio degli abitanti dei centri abitati o delle abitazioni sparse”.
Come correttamente osservato dai Primi Giudici, nel rapporto istruttorio all’esito del quale è stata emanata la deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 2847 del 23.12.2011, recante valutazione favorevole dell’impatto ambientale, si osserva che (pag. 11 e 12):
a) il progetto sottoposto a VIA è conforme ai criteri tecnici imposti dal Piano provinciale e relativamente alle citate “situazioni di eventuale compromissione della sicurezza o di grave disagio degli abitanti dei centri abitati o delle abitazioni sparse” , da prendere in considerazione nella fascia di influenza di 1000 metri, sono state effettuate le necessarie verifiche;
b) in particolare, relativamente alla problematica degli odori, “gli studi sull’impatto olfattivo sono stati condotti da esperti qualificati e indipendenti… e sono pervenuti a conclusioni assai confortanti”, anche relativamente al recettore più vicino, cioè la ditta ricorrente;
c) in particolare si osserva che l’impianto progettato ha caratteristiche peculiari (rispetto agli impianti di compostaggio tradizionali), essendo confinate in ambiente chiuso tutte le fasi delle lavorazioni astrattamente idonee a dare luogo ad emissioni odorigene.
Relativamente al problema degli odori, il Collegio osserva che la normativa vigente non prevede norme specifiche e valori limite.
Si è già in precedenza rimarcato che in fase di localizzazione erano stati commissionati due studi, al Politecnico di Milano ed alla società tedesca ECOMA, che avevano concluso nel senso del rispetto, quanto ad impatto olfattivo, dei criteri, particolarmente rigorosi, della linea guida del Regno Unito che fissa un limite al primo recettore di 1.5 ouE/m3, il che significa che il 50% della popolazione non può percepire l’odore per più del 2% delle ore su base annua (pagg. 38 e 39 del citato rapporto istruttorio VIA).
Inoltre la VIA ha previsto un piano gestionale di monitoraggio degli odori, prima dell’entrata in esercizio e dopo il raggiungimento di pieno regime, e ha stabilito ulteriori campagne da porre in essere in caso di disagio o molestia olfattiva o di condizioni impatto odorigeno.
Non risulta poi decisivo il richiamo al principio comunitario di precauzione, in quanto, alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale, comunitario e nazionale, le cosiddette “protective measures” non si possono fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico e congetturale fondato su mere supposizioni prive di una adeguata base scientifica (Corte di giustizia UE 9 settembre 2003 C-236/01 Monsanto; Id 5 febbraio 2004 C-24/00 Commissione vs. Repubblica Francese; in ambito nazionale da ultimo Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2010 n. 183).
Si deve soggiungere che, alla stregua di consolidata giurisprudenza, il principio di precauzione va bilanciato con quello di proporzionalità al fine di pervenire ad una sintesi armonica tra interessi pubblici e privati in gioco (in tal senso Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011 n. 98).
Il provvedimento impugnato, basato sull’analisi approfondita degli aspetti tecnici che ha escluso la sussistenza di profili di rischio apprezzabili anche in una logica precauzionale , deve allora essere considerato compatibile con il principio di precauzione.
2.1.3. Non è fondata neppure la censura con cui parte appellante si duole delle carenze degli studi di settore, per avere gli stessi preso in considerazione solo alcune stazioni meteorologiche, in particolare a quella di Rovere della Luna sita sull’altro lato della valle, pretermettendo stazioni più vicine e ubicate sullo stesso lato della valle.
Dall’esame degli atti di causa si ricava, invero, che nel rapporto istruttorio di VIA, a pag. 34, sono state considerate ben tre stazioni meteorologiche, ossia Rovere della Luna, San Michele all’Adige e Mezzolombardo.
In merito alla mancata considerazione, nello studio ECOMA, della distanza tra sede e struttura, giova ribadire che detto studio è basato sul cosiddetto “metodo CALPUFF”, che non considera la distanza quale variabile decisiva.
L’assunto di parte ricorrente secondo cui la sede dell’azienda non sarebbe stata valutata come ricettore, è poi smentito in virtù del rilievo che nel rapporto istruttorio di VIA (pag. 39) la ditta Rotalnord Auto s.r.l. è espressamente qualificata come primo ricettore.
Quanto poi alla nota n. 526370 del 23 settembre 2011 del Servizio Ambientale della Provincia di Trento, le odierne appellate hanno dimostrato che le considerazioni contenute nella nota sono state recepite nelle integrazioni al progetto dell’impianto; a ciò si aggiunge un dato non trascurabile, ossia la redazione di un protocollo d’intesa tra le Agenzie delle Province autonome di Trento e di Bolzano per monitorare costantemente gli effetti, anche odorigeni, sull’ambiente circostante l’impianto.
Ultimo profilo attiene alle emissioni sonore che secondo la società appellante non sarebbero state attentamente valutate in sede di VIA. A tale rilievo vale obiettare che proprio dal rapporto di VIA si ricava che “la costruzione del nuovo impianto non determina un significativo incremento della rumorosità dei ricettori sensibili”.
2.2.Con il secondo motivo di appello si censura l’omessa comunicazione dell’ avvio del procedimento conclusosi con l’approvazione dell’accordo di programma e della successiva localizzazione dell’area interessata all’insediamento dell’impianto di biodigestione.
A confutazione del motivo è sufficiente osservare che il dato della semplice vicinanza territoriale non è sufficiente a evidenziare in termini di chiarezza e oggettività, in assenza di elementi ulteriori, una situazione di pregiudizio rilevante ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241. E’ quindi corretta l’osservazione svolta dal Primo Giudice in merito alla non agevole individuabilità dell’odierno appellante alla stregua di soggetto pregiudicato, al pari di tutti i soggetti versanti in condizione di prossimità territoriale, dal provvedimento di che trattasi.
Merita al riguardo segnalazione la condivisibile giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui nelle procedure di VIA non sussiste l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento nei confronti dei soggetti residenti della zona interessata dall’intervento, destinati a subirne gli effetti al pari della collettività indifferenziata degli abitanti del Comune, non trattandosi né di destinatari specifici del provvedimento emanando né di soggetti di cui sia obbligatoria la consultazione. (In tal senso Cons. St. , sez. VI, n. 1213/2009).
Non è dato, peraltro, rilevare un profilo di contraddittorietà nella sentenza di prime cure laddove, al tempo stesso, ammette la legittimazione attiva della Rotalnord, in base al criterio della vicinitas, ed esclude l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento.
Invero, come correttamente rilevato dalla Provincia resistente, i due aspetti operano su piani differenti: la legittimazione attiva attiene a profili processuali e consente di accedere alla tutela giurisdizionale a chi si ritenga leso da un provvedimento, sulla base di una valutazione soggettiva supportata dalla deduzione di profili di qualificazione e di differenziazione che, in materia urbanistico-edilizia ed ambientale, si basano sul criterio della cd. vicinitas; l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento (ex art. 7 L. n. 241/90) va rapportato con le esigenze di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa, che verrebbero vulnerate laddove si imponesse all’ Amministrazione di individuare tutti i possibili soggetti potenzialmente pregiudicati in base a valutazioni soggettive non scrutinabili in sede di avvio del procedimento.
Va poi rammentato che l’art. 24 del codice dell’ambiente dispone che, contestualmente alla presentazione dell’istanza, “del progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web dell’autorità competente. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazione di cui all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241”.
Dall’esame della documentazione allegata dalle parti del presente giudizio, si ricava che l’Amministrazione provinciale ha provveduto a pubblicare la delibera n. 350/2009, originariamente impugnata che quella successiva n. 1910/2011, relativa alla localizzazione dell’impianto, sia sul Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige che mediante affissione nell’Albo della Provincia Autonoma di Trento per trenta giorni consecutivi.
2.3.In riferimento al terzo motivo di appello, relativo alla circostanza secondo cui nell’impianto verrebbero trattati rifiuti privi dell’alto tasso di umidità, oltre che rifiuti che provengono anche da raccolta indifferenziata, merita condivisione la considerazione svolta dal Primo Giudice secondo cui, ai sensi dell’art. 68-bis del TULP, la provenienza dalla raccolta differenziata non è un requisito esclusivo e necessario di questi impianti.
Invero, l’art. 68bis del TULP, al comma 1, prevede che “La Giunta provinciale può stipulare accordi di programma con i comuni o loro forme associative, ivi compresi i comuni nel cui territorio sono localizzati gli insediamenti, e con i soggetti economici interessati, per la costruzione e per l'esercizio o il solo esercizio, anche all'interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di rifiuti urbani o di altri rifiuti speciali ad alto tasso di umidità, non previsti dal piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, qualora ricorrano, anche disgiuntamente, le seguenti condizioni:
a) siano recuperati e riciclati come materia prima rifiuti provenienti da raccolta differenziata;
b) sia prodotto composto da rifiuti;
c) sia realizzata l'inertizzazione dei rifiuti”.
Si deve allora convenire con i Primi Giudici che la provenienza dalla raccolta differenziata non è un requisito indispensabile di questo tipo di impianti e che, nella specie, l’apporto di rifiuti ligneo-cellulosici (ramaglie e sfalcio d’erba) non è precluso dalla legge, mentre si configura come tecnicamente utile per la migliore gestione dell’impianto di compostaggio.
2.4. Il quarto motivo di appello, volto a dedurre la mancata valutazione da parte dell’Amministrazione di siti alternativi alla localizzazione dell’impianto, è smentito dal tenore della delibera n. 1910 del 2011 in cui si dà atto, a pag. 5, dell’ avvenuta valutazione di ben tre siti, nonché del possibile potenziamento di uno esistente. Le criticità emerse per ognuno di essi hanno orientato l’Amministrazione provinciale nel ritenere indefettibile la scelta del sito di Cadino, nel Comune di Faedo.
2.5. In riferimento al quinto ed ultimo motivo di appello con cui si censura l’ omessa motivazione, da parte del giudice di prime cure, circa la mancata nomina della CTU e si ripropone la relativa istanza in sede di gravame, si deve rimarcare che la richiesta consulenza si concretizzerebbe in un’inammissibile ripetizione di valutazioni tecniche già svolte in sede procedimentale con esplicazione di discrezionalità tecnica che si è visto essere stata immune da censure.
Si deve soggiungere che anche le perizie tecniche di parte prodotte dall’appellante, lungi dall’evidenziare errori sostanziali o procedurali dell’amministrazione, si sostanziano nella formulazione di un giudizio divergente da quello posto a fondamento del provvedimento impugnato. Ne deriva che la consulenza tecnica richiesta si appalesa, da un lato, non necessaria alla luce della completezza degli elementi istruttori; dall’altro, non ammissibile in quanto volta alla sostituzione del giudizio soggettivo del consulente a quello parimenti opinabile, ma non erroneo e quindi non sindacabile, formulato dall’amministrazione in sede di esplicazione della sua discrezionalità tecnica.
3. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)