Cass. Sez. III n.24375 del  8 giugno 2015 (Cc 14 mag 2015)
Pres. Franco Est. Ramacci Ric. Agosto
Urbanistica.Sequestro immobile ultimato e aggravio del carico urbanistico

L'incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all'aspetto strutturale e funzionale dell'opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione della originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o alla effettiva utilizzazione tale da determinare un mutamento dell'insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. 1444\68. La misura cautelare reale può essere applicata anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito, laddove la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul "carico urbanistico", il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 9/1/2015 ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell'interesse di A.V., avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale e concernente alcuni manufatti edilizi (un porticato con copertura in legno per un volume di mc 127,60; locali sottostanti una tettoia per un volume di mc 73,62; locali sottostanti un terrazzino per un volume di mc 85,80;

locale tecnico per un volume di me 14,50; locale deposito per mc 33,12; piscina scoperta; tettoia in legno con copertura di mq 4,3) in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. e) e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.

Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 321 e 129 c.p.p. e la omessa o insufficiente motivazione, rilevando che il Tribunale avrebbe omesso di rilevare la prescrizione dei reati, trattandosi, nella fattispecie, di interventi edilizi sottostanti ad immobili preesistenti ed oggetto di condono edilizio, cosicchè la data di consumazione delle violazioni oggetto di provvisoria incolpazione andrebbe collocata in epoca prossima a quella della sanatoria.

Aggiunge che, dalla documentazione fotografica in atti, emergerebbe con chiarezza che gli immobili sequestrati sarebbero "alquanto datati" ed alcuni di essi, trattandosi di volumi tecnici, sarebbero penalmente non rilevanti, mentre per la piscina, definita "una vaschetta d'acqua", non sarebbe pertinente il richiamo alla incidenza sul carico urbanistico.

Quanto al periculum in mora, osserva che il giudice si sarebbe limitato a meri apprezzamenti di principio, stante l'assenza di accertamenti sullo stato urbanistico degli immobili.

Altrettanto avrebbe fatto con riferimento all'aggravio dell'illecito paesaggistico.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

Va rilevato, in primo luogo, che il ricorso è caratterizzato da estrema genericità, essendosi la ricorrente limitata ad affermare, del tutto apoditticamente, che i manufatti in sequestro, in quanto "sottostanti" ad altre opere già oggetto di condono edilizio, rilasciato nel 2008, sarebbero state realizzate in data prossima a quella del titolo abilitativo, con la conseguenza che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare la prescrizione dei reati contestati.

I giudici del riesame, in realtà, hanno dato atto della estraneità delle opere oggetto di provvisoria incolpazione rispetto a quelle condonate, rilevando che in alcun modo era stata dimostrata l'epoca della loro realizzazione, così evidentemente intendendo il mancato accertamento di una diversa data di realizzazione rispetto a quella dell'accertamento.

L'assunto, ad avviso del Collegio, appare corretto, in quanto, come si è già avuto modo di osservare, il principio del "favor rei", per cui, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all'imputato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull'inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili (Sez. 3^, n. 1182 del 17/10/2007 (dep. 2008), Cilia, Rv. 238850).

Inoltre, alla luce di tale condivisibile principio, si è anche rilevato che dalla mera constatazione dell'avvenuta ultimazione delle opere abusive all'atto dell'accertamento non può meccanicamente scaturire una situazione di incertezza sulla data del commesso reato (Sez. 3^, n. 7065 del 7/2/2012, Croce, non massimata).

Nel caso di specie, come si è già detto, la ricorrente, con un vago richiamo a non meglio precisate regole di esperienza, si limita a sostenere che le opere, come sarebbe desumibile dalla fotografie in atti, risulterebbero "alquanto datate", senza null'altro aggiungere.

Si tratta, a ben vedere, di affermazioni la cui inconsistenza appare del tutto evidente e che non intaccano minimamente il ragionamento giustificativo che i giudici del riesame hanno posto a fondamento della loro decisione sul punto.

2. Altrettanto inconferenti risultano le ulteriori considerazioni sviluppate in ricorso e concernenti la irrilevanza penale delle opere realizzate.

La deduzione risulta infatti fondata su una artificiosa frammentazione dell'intervento edilizio, il quale, anzichè essere considerato nel suo complesso, viene frazionato al fine di giustificare la liceità della singola porzione preventivamente individuata.

3. Parimenti corrette risultano, inoltre, le argomentazioni con le quali il Tribunale ha giustificato la sussistenza del periculum in mora con riferimento all'aggravio del carico urbanistico conseguente alla realizzazione degli interventi.

Osservano infatti i giudici del riesame che gli interventi abusivamente realizzati hanno comportato considerevoli aumenti di volume rispetto a quelli delle opere assentite con la sanatoria, nonchè mutamenti dell'originaria destinazione d'uso, con la conseguenza che l'incidenza sul carico urbanistico è determinata dalla fruizione degli immobili realizzati da parte di un numero maggiore di persone.

Il Tribunale, inoltre, ha posto in evidenza che la mera permanenza degli interventi abusivi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico costituisce un vulnus all'originario assetto dei luoghi sottoposti a speciale protezione che giustifica l'apposizione del vincolo reale.

Si tratta, anche in questo caso, di considerazioni che appaiono perfettamente in linea con consolidati principi che questa Corte ha da tempo affermato.

4. In particolare, per ciò che concerne l'aggravio del carico urbanistico, si è precisato che l'incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all'aspetto strutturale e funzionale dell'opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione della originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o alla effettiva utilizzazione tale da determinare un mutamento dell'insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. 1444/68 (Sez. 3^, n. 36104 del 22/9/2011, P.M. in proc. Armelani, Rv. 251251), specificando, altresì, che la misura cautelare reale può essere applicata anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito, laddove la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul "carico urbanistico", il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonchè della domanda di strutture e di opere collettive (Sez. 3^, n. 6599 del 24/11/2011 (dep. 2012), Susinno, Rv. 252016 ).

Per ciò che concerne, invece, gli aspetti concernenti la tutela del paesaggio, si è osservato che, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, rileva la sola esistenza di una struttura abusiva che integra il requisito dell'attualità del pericolo, indipendentemente all'essere l'edificazione illecita ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all'equilibrio ambientale, a prescindere da l'effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione all'utilizzazione della costruzione ultimata (Sez. 3^, n. 42363 del 18/9/2013, Colicchio, Rv. 257526; Sez. 3^, n. 24539 del 20/3/2013, Chiantone, Rv 255560; Sez. 3^, n. 30932 del 19/5/2009, Tortora, Rv. 245207; Sez. 2^ n 23681 del 14/5/2008, Cristallo, Rv. 240621; Sez. 3^, n. 43880 dep. 30/9/2004. Macino Rv 230184; Sez. 3^, n. 32247 del 12/6/2003, Berardi, Rv. 226158).

L'ordinanza impugnata risulta, pertanto, del tutto immune da censure.

5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2015