Cass.Pen. Sez. III n. 35848 del 28 agosto 2023 (UP 10 mag 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Busillo
Urbanistica.Responsabilità a titolo di concorso del dirigente UTC
Sussiste la responsabilità a titolo di concorso nel reato urbanistico – sia che si tratti di lottizzazione abusiva, sia che si tratti di lavori in assenza di permesso di costruire legittimamente rilasciato – del dirigente dell'ufficio tecnico comunale che, con condotta commissiva sorretta da colpa cosciente, illegittimamente rilasci un titolo edilizio in forza del quale avvenga, o prosegua, una trasformazione del suolo integrante il reato colposo, essendosi in tal modo apportato un contributo causale rilevante, cosciente e consapevole, alla realizzazione dell'illecito urbanistico
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 settembre 2022, la Corte di appello di Salerno, rigettando, per quanto qui interessa, il gravame proposto dagli odierni ricorrenti, ne ha confermato la condanna alle pene di legge per il concorso nella contravvenzione di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
2. A mezzo del comune difensore fiduciario, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione deducendo, con i primi tre motivi – congiuntamente esposti – la violazione della legge penale e processuale ed il vizio di motivazione. Si lamenta, in particolare, che sia stato illegittimamente ed illogicamente ritenuto il concorso degli imputati nella realizzazione dell’opera giudicata abusiva per aver i medesimi cooperato nel rilascio del permesso di costruire, ritenuto illegittimo, in forza del quale si era proceduto ai lavori (Giuseppe Lepre quale responsabile del procedimento, che ebbe ad esprimere parere favorevole al rilascio del titolo; Attilio Busillo, quale responsabile dell’ufficio tecnico comunale che ebbe a materialmente rilasciare il permesso di costruire). Quel titolo era stato dai giudici di merito giudicato illegittimo in quanto autorizzativo di un intervento di copertura di un precedente manufatto adibito a box, edificato in base ad un permesso di costruire ritenuto illegittimo da altri rilasciato e ultimato otto anni prima.
I ricorrenti lamentano:
• che il primo permesso di costruire, rilasciato in base alla c.d. legge Tognoli, con procedura estesa da una legge regionale, era perfettamente legittimo;
• in ogni caso, a distanza di anni, essi non avevano il potere di annullare quel titolo e, in forza della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, non avevano alcun onere di controllarne la legittimità;
• come affermato dalla giurisprudenza di legittimità citata in ricorso, non poteva nei loro confronti ricostruirsi alcuna posizione di garanzia suscettibile di radicare responsabilità per omissione;
• difettava l’elemento psicologico del reato contestato, trattandosi di prassi seguita dal Comune in molti altri casi, radicatasi in forza di una equivoca formulazione letterale della legge;
• i ricorrenti erano estranei ai fatti successivi al rilascio del permesso di costruire in questione, rilasciato in conformità all’art. 23 reg. ed. quanto al rispetto dell’altezza massima al colmo pari a mt. 2,60.
2.1. Con il quarto motivo si eccepisce violazione di legge in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo nel reato proprio da altri eventualmente commesso, in difetto di prova di un contributo causale rilevante e consapevole.
2.2. Con l’ultimo motivo di ricorso si deducono erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, non essendo configurabile un concorso omissivo dei funzionari comunali nelle contravvenzioni urbanistiche da altri commesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I riepilogati motivi di ricorso ripropongono le medesime questioni già sollevate con il gravame di merito (di cui il ricorso riproduce anche parzialmente l’identico contenuto, definendo pure gli imputati quali “appellanti”), questioni correttamente e non illogicamente risolte dalla Corte territoriale, senza che i ricorrenti si confrontino con le argomentazioni svolte in sentenza. Detti motivi – da esaminarsi congiuntamente perché largamente sovrapponibili – sono in parte infondati e, comunque, in via pregiudiziale inammissibili per genericità.
Va in primo luogo considerato che i giudici di merito hanno accertato l’illegittimità del permesso di costruire rilasciato dall’ing. Busillo, con parere favorevole del responsabile del procedimento geom. Lepre, per due, indipendenti, ragioni, entrambe correttamente contestate in imputazione. In ricorso, tuttavia, ci si concentra soprattutto su una di esse, vale a dire la ritenuta impossibilità di far derivare una responsabilità dei funzionari comunali che, senza rilevare la pregressa illegittimità di un titolo edilizio da altri rilasciato, autorizzino ulteriori opere sull’immobile in tal modo illegittimamente edificato. Se questa specifica censura è – ad avviso del Collegio – nel complesso infondata, la generica critica che viene mossa rispetto all’ulteriore profilo di illegittimità del permesso di costruire rilasciato in cooperazione tra loro dai ricorrenti, per violazione del regolamento edilizio comunale, profilo di per sé sufficiente a fondare la decisione, è invece radicalmente inammissibile, ciò che rende pertanto inammissibile per genericità l’intero ricorso.
2. Con riguardo al primo punto, va innanzitutto premesso che i ricorrenti non contestano specificamente le ragioni per cui l’originario permesso di costruire dei box era da ritenersi illegittimamente rilasciato e le conclusioni rese sul punto dai giudici di merito sono certamente corrette e condivisibili. In mancanza di specifiche censure, al proposito il Collegio si limita infatti a rilevare come la realizzazione di un garage a servizio di un edificio preesistente è sottoposto al regime autorizzativo di maggior favore di cui all'art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, soltanto nel caso in cui ricorrano tutti i presupposti previsti da detta normativa (Sez. 3, n. 10927 del 06/12/2018, dep. 2019, Bonica, Rv. 275145) e, come esattamente ritenuto dai giudici di merito, che hanno citato conforme giurisprudenza amministrativa, la deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti vigenti riguarda esclusivamente i box pertinenziali realizzati nel sottosuolo ovvero al piano terreno di preesistenti fabbricati (cfr. Sez. 3, n. 6738 del 28/11/2017, dep. 2018, Montanarella, Rv. 272508). Nel caso di specie, nemmeno col richiamo alle disposizioni della legge regionale, ritenuta sul punto non derogatoria rispetto alla c.d. legge Tognoli, si sarebbe dunque potuto invocare questa disciplina per la realizzazione, in deroga ai parametri edilizi, di box in una limitrofa area pertinenziale, come invece avvenuto.
2.1. Con riguardo, poi, alla principale questione che gli imputati continuano a riproporre in questa sede, concernente la responsabilità dei funzionari comunali nel rilascio di titoli, la decisione impugnata è parimenti corretta.
Secondo la preferibile giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, sussiste, infatti, la responsabilità a titolo di concorso nel reato urbanistico – sia che si tratti di lottizzazione abusiva, sia che si tratti di lavori in assenza di permesso di costruire legittimamente rilasciato – del dirigente dell'ufficio tecnico comunale che, con condotta commissiva sorretta da colpa cosciente, illegittimamente rilasci un titolo edilizio in forza del quale avvenga, o prosegua, una trasformazione del suolo integrante il reato colposo, essendosi in tal modo apportato un contributo causale rilevante, cosciente e consapevole, alla realizzazione dell'illecito urbanistico (cfr. Sez. 3, n. 8225 del 18/12/2020, dep. 2021, Pettina, Rv. 281097).
Le contestazioni mosse in ricorso circa il difetto di una posizione di garanzia e la dedotta impossibilità di riconoscere in capo ai funzionari comunali un concorso per omissione sono nella specie del tutto generiche – con conseguente inammissibilità dell’ultimo motivo di ricorso – essendo stato riconosciuto un concorso commissivo consistito nel rilascio del permesso di costruire illegittimo, ciò che, come argomentato nella decisione appena richiamata, costituisce certamente un contributo causale idoneo ad integrare la corresponsabilità nel reato urbanistico da altri, in forza di quel titolo, materialmente commesso (con conseguente inammissibilità, per genericità e manifesta infondatezza, del quarto motivo di ricorso).
2.2. Con particolare riguardo, poi, all’elemento soggettivo, la colpa è stata ravvisata nel non aver i ricorrenti considerato che il preesistente manufatto, per le ragioni esposte e non specificamente contestate, era da ritenersi illegittimamente edificato, sicché del pari conseguentemente illegittimi erano gli ulteriori interventi sul medesimo effettuati. E’ consolidato e risalente, invero, il principio giusta il quale gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dal manufatto principale, al quale ineriscono strutturalmente, sicché, così come non è in tal caso applicabile il regime della comunicazione di inizio lavori asseverata o della s.c.i.a. (Sez. 3, n. 41105 del 12/07/2018, C., Rv. 274063; Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017, Pepe, Rv. 270252; Sez. 3, n. 51427 del 16/10/2014, Rossignoli e aa., Rv. 261330), laddove trattisi di intervento assoggettato a permesso di costruire, il titolo abilitativo non può essere rilasciato, pena l’illegittimità dello stesso. Agli imputati, del resto, non si contesta di non aver revocato d’ufficio il primo permesso di costruire illegittimo, ma di non essersi colpevolmente avveduti – in forza della particolare competenza e del dovere di attenzione conseguenti alle funzioni amministrative svolte – della sua illegittimità e di aver conseguentemente violato il principio più sopra richiamato nell’autorizzare ulteriori interventi su un manufatto da ritenersi abusivamente realizzato.
3. Al di là di questi rilievi – che rivelano l’infondatezza delle doglianze al proposito proposte in ricorso – l’analizzata questione, come in apertura si accennava, non è tuttavia determinante nel caso di specie. Il Collegio non può non constatare, infatti, come la generica e manifestamente infondata contestazione dell’ulteriore ratio decidendi che sorregge la decisione sia inammissibile.
3.1. Ci si riferisce, in particolare, al profilo, debitamente contestato in imputazione e ritenuto dai giudici di merito, concernente la violazione dell’art. 23 reg. ed. com., per essere stata assentita la sopraelevazione di una costruzione – vale a dire la copertura dei box garage - che non poteva costituire pertinenza, avendo altezza media netta di mt. 2,77 anziché quella massima consentita di mt. 2,60, ed imponeva quindi di computarne i volumi, che, eccedendo quelli consentiti, rendono per ciò solo illegittimo il permesso di costruire rilasciato dall’ing. Busillo a seguito di parere favorevole del geom. Lepre e abusivo l’intervento.
Rispetto a tale contestazione – non illogicamente reputata sussistente dalla sentenza impugnata (pagg. 10 e 11) – i ricorrenti non muovono specifiche censure e con il terzo motivo di appello si erano limitati a lamentare che essa non potesse loro addebitarsi. Respingendo la doglianza (pagg. 13 e 14), la Corte territoriale ha tuttavia attestato che il superamento dell’altezza di mt. 2,60 non era il frutto di lavori eseguiti in difformità dal titolo – ciò che ovviamente escluderebbe la responsabilità dei ricorrenti – essendo invece già evincibile dal progetto approvato, che aveva erroneamente computato l’altezza del sottotetto dall’intradosso della trave piuttosto che dal solaio, con conseguente autorizzazione di un’opera in difformità dal regolamento edilizio e quindi non assentibile anche a prescindere dal fatto che accedeva ad un manufatto già ab origine oggetto di un permesso di costruire illegittimo. Anche su quest’ultima attestazione i ricorrenti non muovono specifiche contestazioni, limitandosi a reiterare la generica doglianza della loro “estraneità” a fatti successivi al rilascio del permesso di costruire n. 33/2014, come se la costruzione eseguita in forza – ed in conformità – ad un permesso di costruire illegittimamente rilasciato debba essere imputata soltanto agli autori materiali delle opere (e ai professionisti privati che hanno concorso nella richiesta e nell’ottenimento dell’illegittimo titolo) e non anche ai funzionari comunali che, come gli odierni ricorrenti, hanno colposamente concorso nell’adozione del provvedimento illegittimo.
3.2. L’inammissibilità della doglianza concernente tale secondo, autonomo, profilo, rende dunque inammissibile l’intero ricorso anche in relazione all’ulteriore doglianza più sopra analizzata ed impedisce, pertanto, di rilevare l’intervenuta prescrizione del reato.
Mutatis mutandis, vale, infatti, il principio secondo cui è affetto da difetto di specificità, con violazione dell’art. 581 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove siano entrambe autonome ed autosufficienti (Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep. 2018, Bimonte, Rv. 272448; Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011, F., Rv. 250972; Sez. 3, n. 30013 del 14/07/2011, Melis e Bimonte, non massimata); sotto altro angolo visuale, ricorre negli stessi casi il difetto di concreto interesse ad impugnare, in quanto l'eventuale apprezzamento favorevole della doglianza non condurrebbe comunque all’accoglimento del ricorso (Sez. 6, n. 7200 del 08/02/2013, Koci, Rv. 254506).
4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., oltre all'onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della cassa delle ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10 maggio 2023.