Cass. Sez. III n. 22237 del 11 giugno 2010 (Cc.22 apr. 2010)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Gotti
Urbanistica. Omessa demolizione e acquisizione dell’opera

Se il colpevole dell’abuso edilizio non provvede alla demolizione dell’opera abusiva ed alla remissione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall’ingiunzione a demolire emessa dal sindaco, l’opera e l’area pertinente sono acquisite di diritto al patrimonio comunale e tale effetto si produce ipso iure sulla sola base dell’accertamento di un’inottemperanza colpevole, senza che sia necessario alcun atto ulteriore ed in particolare senza che sia necessaria la notifica dell’accertamento dell’inottemperanza all’interessato o la trascrizione, giacché il primo atto ha solo funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l’immissione in possesso mentre la trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai terzi a norma dell’articolo 2644 cc.

 

UDIENZA del 22.04.2010

SENTENZA N. 645

REG. GENERALE N. 36421/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dai sigg. magistrati:


Dott. Guido de Maio                                         presidente
Dott. Agostino Cordova                                     consigliere
Dott. Ciro Petti                                                 consigliere
Dott. Aldo Fiale                                                consigliere
Dott. Silvio Amoresano                                      consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto dal difensore di Gotti Gilberto, nato a Guidonia Montecelio il 00/00/0000, avverso l'ordinanza del tribunale di Tivoli sezione distaccata di Castelnuovo Di Porto del 20 maggio del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- letta la requisitoria del Procuratore generale nella persona del dott. Antonio Gialanella, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
- Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue:


IN FATTO


Il tribunale di Tivoli,sezione distaccata di Castelnuovo Di Porto,con ordinanza del 20 maggio del 2009, preso atto dell'inottemperanza all'ordine di demolizione disposto dal Comune, ordinava che l'immobile, abusivamente realizzato in Campagnano di Roma da Gotti Gilberto, a carico del quale era stata già pronunciata sentenza definitiva di condanna, fosse restituito al Comune.


Ricorre per cassazione il condannato denunciando:


1) contraddittorietà della motivazione perché l'ordinanza di demolizione notificata al Gotti non conteneva alcun termine entro il quale adempiere; inoltre il procedimento doveva considerarsi sospeso per la pendenza della domanda di sanatoria;


2) la violazione dell'articolo 31 del D.P.R. n 380 del 2001, in quanto alla fattispecie era applicabile la disciplina di cui all'articolo 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 che non indica alcun termine per l'ottemperanza.


IN DIRITTO


Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.


La demolizione d'ufficio prevista dall'articolo 4 della legge n 47 del 1985 ed attualmente dall'articolo 27 del testo unico sull'edilizia, come modificato dall'articolo 32 comma 44 e 45 del decreto legge n 269 del 2003 convertito nella legge n 326 del 2003, all'epoca dell'abuso in questione, ossia prima dell'intervento del testo unico e delle modificazioni apportate con la legge dianzi citata, si applicava in ipotesi ristrette era cioè subordinata all'esistenza di due requisiti:

a) che le opere abusive fossero realizzate sua aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta o destinate a fini pubblici o di pubblica utilità;

b) che le opere medesime non si trovassero in fase di avanzata realizzazione, sicché l'iniziativa edificatoria potesse essere bloccata sul nascere .

 

Orbene, proprio perché si trattava di un intervento immediato adottabile allorché le opere erano in fase iniziale, non era previsto alcun termine o ingiunzione a demolire nel senso che era la stessa autorità amministrativa in presenza dei presupposti previsti dalla legge ad effettuare d'ufficio la demolizione. E' pertanto palese l'inapplicabilità di tale istituto alla fattispecie.


Nel caso in esame la demolizione è stata disposta in base all'articolo 31 del d.P.R.n 380 del 2001 ed è stata ribadita dall'autorità giudiziaria con la sentenza di condanna.


Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, se il colpevole dell'abuso edilizio non provvede alla demolizione dell'opera abusiva ed alla remissione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall'ingiunzione a demolire emessa dal sindaco, l'opera e l'area pertinente sono acquisite di diritto al patrimonio comunale e tale effetto si produce ipso iure sulla sola base dell'accertamento di un'inottemperanza colpevole, senza che sia necessario alcun atto ulteriore ed in particolare senza che sia necessaria la notifica dell'accertamento dell'inottemperanza all'interessato o la trascrizione, giacché il primo atto ha solo funzione certificativa dell'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l'immissione in possesso, mentre la trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai terzi a norma dell'articolo 2644 c.c. (cfr Cass n 755 del 2000; n16283 del 2005;4962 del 2008; n 1819 del 2009).


Il potere attribuito al giudice di disporre la demolizione dell'opera in caso di condanna non si pone in contrasto con quello amministrativo perché entrambi mirano ad ottenere lo stesso risultato ossia l'eliminazione dal territorio di un'opera abusiva. In caso di condanna il giudice deve sempre disporre la demolizione se a tanto non si sia già provveduto da parte dell'autorità amministrativa o se l'abuso non sia stato nel frattempo sanato sotto il profilo urbanistico o se il Consiglio comunale abbia disposto la conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti (Cass. n. 43294 del 2005)


La pendenza di una domanda di sanatoria è irrilevante trattandosi di abuso non condonabile.


P.Q.M.


La Corte
Letto l'articolo 616 c.p.p.


Dichiara


Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille a favore della cassa delle ammende


Così deciso in Roma il 22 aprile del 2010


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  10 Giu. 2010