Cass. Sez. III n. 31618 del 21 luglio 2015 (Ud 14 gen 2015)
Pres. Fiale Est. Grillo Ric. PM in proc. Cecchini ed altri
Urbanistica. Interventi di conservazione

Il ritocco operato all'art. 3 del D.P.R. n.380/2001 con il quale è stato introdotto il concetto di "interventi di conservazione", fino ad ora assente nel panorama legislativo di settore è certamente di rilevante portata nella materia dell'edilizia ed urbanistica in quanto viene modificato il concetto di "manutenzione straordinaria" fino a quel momento attestato su interventi di tipo manutentivo non incidenti nè sulle superfici né sulla volumetria complessiva, né sulla destinazione d'uso. Si tratta di disposizioni che consentono interventi di rilevante incidenza ed impatto sul territorio (oltre che di impatto fiscale) consentendo lavori prima non eseguibili se non mediante il permesso di costruire. In sostanza, quindi, la modifica normativa elimina ogni riferimento alle modifiche della superficie dell'immobile oggetto di opere di manutenzione straordinaria

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza dell'8 aprile 2014 il Tribunale di Firenze in composizione monocratica assolveva C.P., C. V., P.M., B.M., CE. S., CR.Em. e D.I.R., imputati dei reati di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29 e art. 44, comma 1, lett. a) e b); artt. 110, 481 e 483 c.p. e art. 61 c.p., n. 2; art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e art. 477 c.p., perchè il fatto non sussiste.

1.2 Detta pronuncia conseguiva ad una complessa vicenda giudiziaria attinente ad una serie di opere edilizie eseguite in (OMISSIS) su un complesso immobiliare sito nella (OMISSIS) classificato come appartenente alla classe 1. Le indagini erano scaturite da una verifica compiuta dalla Direzione Urbanistica del Comune di Firenze in esito alla quale era stato accertato che nel corso del 2009 erano stati iniziati lavori di frazionamento del detto complesso immobiliare in 12 nuove unità abitative. Secondo il detto Ufficio urbanistico tali opere erano state eseguite in difformità alle denunce di inizio attività n. 1315/09 (e successiva variante in corso d'opera); 6062/09 (in variante della precedente D.I.A.) e n. 2556/10. Disposto il rinvio a giudizio da parte del P.M. il Giudice per le indagini preliminari, all'esito della perizia disposta in sede di incidente probatorio emetteva il decreto che dispone il giudizio nei riguardi dei predetti imputati.

1.3 Il Tribunale ha ritenuto tutti gli imputati esenti da responsabilità, disattendendo la tesi della Pubblica Accusa secondo la quale gli imputati, a vario titolo, si erano resi responsabili di aver intrapreso opere di ristrutturazione finalizzate al frazionamento in undici unità abitative e come tali non consentite su edifici appartenenti alla classe 1. Quelli che la Pubblica Accusa aveva qualificato come lavori di ristrutturazione, secondo il Tribunale andavano invece ricompresi nell'ambito degli interventi di restauro e risanamento conservativo; a tale conclusione il Tribunale è giunto dopo aver ripercorso le complesse vicende storiche che nel tempo avevano caratterizzato il plesso immobiliare sin dai primi anni '80, interpretando le norme disciplinanti la materia secondo l'orientamento della Corte Suprema formatosi in tema di opere di restauro e interventi di ristrutturazione, escludendo che le variazioni rispetto alle denunce di inizio attività costituissero mutamenti sostanziali di quel complesso immobiliare e, del pari, che la sagoma complessiva dell'edificio fosse stata variata.

1.2 Ricorre avverso la detta sentenza il Procuratore della Repubblica ribadendo la tesi che nel caso in esame si era trattato di un intervento di ristrutturazione non consentito per immobili - come quello de quo - appartenenti alla classe 1. Da qui, quale primo motivo, l'asserita inosservanza della legge penale sub D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) e b), in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto dei dati emersi dalla stessa consulenza di parte nell'interesse degli imputati e persino di alcuni dati evincibili da atti a firma di alcuni degli imputati (segnatamente il P. che aveva qualificato i lavori come interventi di ristrutturazione e il D.I. che, nella comunicazione diretta all'Ufficio del Genio Civile di Firenze, aveva fornito identiche indicazioni).

Con il secondo motivo il P.M. ricorrente deduce l'erronea applicazione del cit. D.P.R., art. 44, lett. b) ignorando il dato dell'aggravio (assolutamente rilevante visto il numero di unità abitative ricavate) del carico urbanistico che avrebbe reso necessario il rilascio di apposito permesso di costruire e non di una semplice D.I.A. Con il terzo motivo il Pubblico Ministero si duole dell'erronea interpretazione della legge penale in riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), tenuto conto che erroneamente il Tribunale aveva qualificato gli interventi edilizi come restauro anzichè ristrutturazione, così come previsto dalla legislazione nazionale applicabile nella specie. Con il quarto motivo il Pubblico Ministero lamenta, in relazione alla contestazione enunciata nel capo c) della rubrica nei confronti dei soli CE. e CR., difetto di motivazione in punto di qualificazione della condotta dei detti imputati, resisi responsabili, ad avviso del P.M. ricorrente, di avere consentito, nella qualità di pubblici ufficiali, con il loro inerte comportamento a fronte delle accertate irregolarità la commissione del reato urbanistico di cui al capo a). Infine, con l'ultimo motivo il P.M. lamenta inosservanza della legge processuale penale in punto di omessa valutazione da parte del Tribunale delle prove documentali e testimoniali acquisite, ignorando in particolare i riscontri fotografici comprovanti gli abusi edilizi commessi.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. A giudizio del Collegio il ricorso del Pubblico Ministero non può essere condiviso. Da quanto indicato nella premessa emerge subito che il thema decidendum, come evidenziato dal Tribunale, è costituito dalla qualificazione giuridica degli interventi edilizi operati sul complesso immobiliare sito nella città di Firenze e destinato, per effetto di tali interventi, ad ospitare alcune unità abitative (il Tribunale ne indica nove) frutto di un frazionamento di una parte di un complesso immobiliare.

1.1 Nella giurisprudenza di questa Corte Suprema si è sempre affermato che la figura della ristrutturazione edilizia, disciplinata dall'art. 3 comma 1 - lett. d), - come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 - riguarda gli interventi "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti". Per tali ragioni la ristrutturazione edilizia non è vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente.

1.2 Il cit. D.P.R., art. 3 nel testo antecedente alle modifiche normative recentemente apportate dal D.L. n. 133 del 2014 convertito nella L. n. 164 del 2014 (c.d. "Decreto del fare" o "sblocca Italia"), disciplina anche le diverse figure della manutenzione straordinaria (comma 1, lett. b) e del restauro e risanamento conservativo (art. 3, comma 1, lett. c).

1.3 La prima di tali due figure riguarda le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico- sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; era quindi escluso che tali interventi potessero comportare aumenti della superfici utili o del numero delle unità immobiliari, ovvero la modifica della sagoma o il mutamento della destinazione d'uso).

1.4 La seconda figura concerne gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con esse compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio: anche in questo caso non sono consentite modifiche in senso sostanziale dell'assetto edilizio preesistente, mentre sono permesse variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato.

2. La materia degli interventi edilizi ha, però, subito importanti modifiche con il D.L. n. 133 del 2014 convertito nella L. n. 164 del 2014.

2.1 A norma della citata Legge, art. 17, comma 1, lett. b), n. 1 e 2 è stato ampliato il concetto degli interventi di manutenzione straordinaria ricomprendendovi oltre che le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico- sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso, anche quegli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonchè del carico urbanistico purchè non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso".

2.2 E', invece, rimasta immutata sia la tipologia degli interventi di restauro e risanamento conservativo, sia quella della ristrutturazione in cui sono inclusi gli interventi "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente".

2.3 In particolare, per quanto attiene agli interventi di ristrutturazione, essi, nel testo del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) come successivamente modificato prima dal D.L. 27 dicembre 2002, n. 301 e, di seguito, dall'art. 30, comma 1, lett. a), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella L. 9 agosto 2013, n. 98, comprendono - come già detto - "il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonchè quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purchè sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente".

2.4 Il ritocco operato al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 con il quale è stato introdotto il concetto di "interventi di conservazione", fino ad ora assente nel panorama legislativo di settore è certamente di rilevante portata nella materia dell'edilizia ed urbanistica in quanto viene modificato il concetto di "manutenzione straordinaria" fino a quel momento attestato su interventi di tipo manutentivo non incidenti nè sulle superfici nè sulla volumetria complessiva, nè sulla destinazione d'uso.

2.5 Si tratta di disposizioni che consentono interventi di rilevante incidenza ed impatto sul territorio (oltre che di impatto fiscale) consentendo lavori prima non eseguibili se non mediante il permesso di costruire: tra questi - per quanto qui rileva - rientrano il frazionamento ed accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti una variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonchè del carico urbanistico, mentre deve rimanere inalterata la volumetria complessiva degli edifici e mantenuta immutata l'originaria destinazione d'uso". In sostanza, quindi, la modifica normativa elimina ogni riferimento alle modifiche della superficie dell'immobile oggetto di opere di manutenzione straordinaria.

2.6 Nel caso in esame, quindi, le attività intraprese dagli imputati vanno riconsiderate alla luce delle modifiche normative di cui sopra, escludendosi, quindi, la necessità del preventivo permesso di costruire nelle ipotesi in cui siano state - ferme restando la volumetria complessiva originaria e la destinazione d'uso (in quanto gli interventi sono stati condotti su quella porzione di immobile con destinazione abitativa) - variate le superfici e sia stato operato un frazionamento con suddivisione della superficie complessiva in alcune unità abitative che hanno inciso certamente sul carico urbanistico, senza tuttavia richiedere per ciò solo il previo rilascio del permesso di costruire.

3. Ne consegue che la decisione impugnata, seppur riferita ad una operazione complessiva di restauro e risanamento conservativo non consentita secondo la legislazione dell'epoca tenuto conto della tipologia degli interventi, non poteva comunque riferirsi ad un intervento di ristrutturazione nei termini indicati dal Pubblico Ministero ricorrente.

4. Correttamente il p.m. ha enunciato alcuni principi quali l'immutabilità del carico urbanistico e la variazione per frazionamento delle originarie superfici compatibili con il concetto di ristrutturazione, ma non con il nuovo concetto di manutenzione straordinaria che ha inglobato lavori un tempo assoggettabili al regime concessorio (ovvero del permesso di costruire) ed oggi assentibili a mezzo D.I.A., come è avvenuto nel caso di specie.

5. Sulla base di tali considerazioni il ricorso del Pubblico Ministero va rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2015.