Cass. Sez. III n. 45432 del 27 ottobre 2016 (CC 25 mag 2016)
Pres. Grillo Est. Mocci Imp. Ligorio
Urbanistica.Interesse del condannato alla revoca o sospensione dell'ordine di demolizione

In tema di reati edilizi, a seguito dell'inutile decorso del termine assegnato al condannato per l'esecuzione dell'ordine di demolizione, viene meno l'interesse alla revoca o alla sospensione dello stesso, essendo il bene ormai divenuto di proprietà del Comune.



 RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 ottobre 2014, il Tribunale di Brindisi rigettava la richiesta di L.R., diretta ad ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di opere abusive, quale pronunzia consequenziale ad una sentenza di condanna del Tribunale di Brindisi, sez. distaccata di Francavilla Fontana, confermata dalla Corte d'Appello di Lecce e divenuta irrevocabile il 21 gennaio 2010.

Il Tribunale affermava che la possibilità di accedere all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'opera abusivamente realizzata era preclusa, trattandosi di un intervento che aveva comportato un aumento della superficie e l'incremento della volumetria dell'immobile preesistente, nè avrebbe potuto ostare alla demolizione l'acquisizione dell'immobile al patrimonio comunale, in assenza di una deliberazione consiliare che affermasse l'esistenza di interessi pubblici al mantenimento dell'opera.

2. Ricorre per cassazione L.R., svolgendo un unico motivo e lamentando inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 33 e 34, D.Lgs. n. 42 del 2004 , artt. 167 e 181.

Con il suo unico rilievo, la ricorrente deduce che l'abuso avrebbe riguardato un immobile sito in zona vincolata e non un immobile vincolato, e sarebbe consistito in un aumento di circa mq. 2,80 della superficie dell'unico bagno. La demolizione di tale superficie, anche in ragione della caratteristica costruttiva, avrebbe compromesso la conservazione e la staticità della parte restante e, d'altronde, il modesto aumento di volume non avrebbe comportato alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio e della zona interessata. Infine, il Tribunale avrebbe erroneamente applicato il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, stante l'immediato trasferimento al patrimonio comunale dell'immobile abusivo.

Nel suo parere, reso per iscritto, il Procuratore Generale ha sollecitato il rigetto del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non è fondato.

Invero, l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva patrimonio indisponibile del comune non è incompatibile con l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale ed eseguito dal Pubblico Ministero, potendosi ravvisare un'ipotesi di incompatibilità soltanto se la deliberazione consiliare abbia statuito di non dover demolire l'opera acquisita, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive (ex plurimis Sez. 3^, n. 42698 del 07/07/2015 Rv. 265495; Sez. 3^, n. 4962 del 31/01/2008 Rv. 238803; Sez. 3^, n. 37120 del 11/05/2005 Rv. 232174).

L'ordine di demolizione impartito dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c., assolvendo ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, ha natura di provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale e costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio, non residuale o sostitutivo ma autonomo rispetto a quelli dell'autorità amministrativa, attribuito dalla legge al giudice penale (vedi Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, n. 15, ric. PM in proc. Monterisi).

L'acquisizione gratuita, in via amministrativa, è finalizzata essenzialmente alla demolizione, per cui non si ravvisa alcun contrasto con l'ordine demolitorio impartito dal giudice penale, che persegue lo stesso obiettivo: il destinatario di tale ordine, a fronte dell'ingiunzione del P.M., allorquando sia intervenuta l'acquisizione amministrativa a suo danno, non potrà ottemperare all'ingiunzione medesima allorquando il Consiglio Comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di deliberare) l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive. Ove il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell'abuso.

Nella fase di esecuzione dovranno risolversi le questioni riguardanti i rapporti con i provvedimenti concorrenti della pubblica Amministrazione e potrà disporsi la revoca dell'ordine di demolizione (statuizione sanzionatoria giurisdizionale, che, avendo natura amministrativa, non è suscettibile di passare in giudicato) che risulti non compatibile con situazioni di fatto o giuridiche sopravvenute, quali atti amministrativi della competente autorità, che abbia conferito all'immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria.

Tale incompatibilità, però, oltre che assoluta, deve essere già esistente ed insanabile e non invece futura e meramente eventuale (Cass., Sez. 3^: 17.12.2001, Musumeci; 30.3.2000, Ciconte; 14.2.2000, Cucinella; 4.2.2000, Le Grottaglie; 7.3.1994, Iannelli e 7.3.1994, Acquafredda).

Le suesposte motivazioni vanno ribadite nella specie.

Nè, a ben vedere, rende comunque accoglibile il ricorso sul punto il richiamo fatto dalla L. ad altre decisioni della Corte, secondo cui l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, adottato dal giudice penale ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, u.c., conserva efficacia fino a quando la Pubblica Amministrazione rimanga inerte, omettendo sia di ingiungere la demolizione, sia di procedere all'acquisizione di diritto del manufatto al patrimonio del Comune (in questo senso Sez. 3^, n. 22743 del 15/04/2004 Rv. 228721). Quest'ultimo orientamento poggia, infatti, sulla considerazione che "una volta esauritasi la procedura ablatoria con il provvedimento di acquisizione del bene al patrimonio comunale - provvedimento che costituisce titolo per la successiva immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari - il condannato è privato della titolarità e disponibilità del bene stesso e, quindi, viene a trovarsi nella condizione dell'impossibilità di eseguire l'ordine giudiziale di demolizione, se non compiendo un atto di intervento su cosa altrui".

Orbene, a prescindere dall'ulteriore questione che si pone - pure rilevante nella specie e sulla quale anche vi è stato contrasto interpretativo - relativa alla verificazione "ope legis" dell'effetto ablatorio con acquisizione gratuita del manufatto al patrimonio comunale alla scadenza del termine di giorni novanta assegnato per l'esecuzione (in senso favorevole Sez. 3^, n. 14638 del 2005; n. 33548 del 2003; n. 35785 del 2004, contra Sez. 3^, n. 44695 del 2004 secondo cui l'acquisizione al patrimonio comunale avviene soltanto all'esito del procedimento amministrativo che si perfeziona con la trascrizione del titolo e con la acquisizione materiale del bene al patrimonio del comune), appare evidente che dopo l'acquisizione del bene al patrimonio comunale, viene di regola comunque meno per il condannato l'interesse a sospendere o paralizzare l'esecuzione dell'ordine di demolizione, in quanto nel frattempo è il Comune ad essere divenuto proprietario del bene.

E, quindi, neanche per tale via il ricorso sarebbe comunque accoglibile. Al rigetto consegue la condanna per la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.