Cass. Sez. III sent. 19075 del 7 maggio 2009 (Ud. 24 mar. 2009)
Pres. Onorato Est. Teresi Ric.Santoro
Urbanistica. Violazione di sigilli e responsabilità del custode

Qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore.


UDIENZA 24.03.2009

SENTENZA N. 664

REG. GENERALE n.31879/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere rel.
Dott. Amedeo FRANCO Consigliere
Dott. Guicla MÚLLIRI Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Santoro Antonio, nato a San Cipriano d\'Aversa il 26.09.1939, avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d\'Appello di Napoli in data 31.01.2008 che ha determinato in anni 1 mesi 6 di reclusione e €. 350 di multa la pena inflittagli nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art. 349 cod. pen.; 44 lettera b); 64, 71, 65, 72 d.P.R. n. 380/2001;

Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;

Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;

Sentito il PM nella persona del PG dott. Alfredo Montagna, che ha chiesto dichiarasi inammissibile il ricorso;

osserva

Con sentenza in data 31.01.2008 la Corte d\'Appello di Napoli determinava in anni 1 mesi 6 di reclusione e €. 350 di multa la pena inflitta a Santoro Antonio nel giudizio di primo grado per avere violato i sigilli apposti su un manufatto abusivo; per avere eseguito opere edilizie senza permesso di costruire violando norme sul conglomerato cementizio armato.

Proponeva ricorso per cassazione l\'imputato eccependo la nullità della sentenza per il mancato riconoscimento dell\'impedimento del difensore di fiducia, prontamente comunicato, di presenziare al dibattimento per concomitante impegno presso altro ufficio giudiziario e denunciando mancanza di motivazione sulla conferma dell\'affermazione di responsabilità perché egli non era l\'esecutore dell\'opera abusiva, ma solo il proprietario del terreno sulla quale la stessa insisteva, né aveva violato i sigilli, nonché sull\'omessa declaratoria di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull\'aggravante e, infine, sulla riduzione della pena.

Chiedeva l\'annullamento della sentenza.

L\'eccezione procedurale è manifestamente infondata.

Ha affermato questa Corte che "la concomitanza dell\'impegno professionale assunto dal difensore in un altro procedimento può essere riconosciuto quale legittimo impedimento a comparire all\'udienza, quando il difensore dimostri non solo l\'esistenza dell\'impegno, ma anche le ragioni che rendono indispensabile l\'espletamento delle funzioni difensive in tale procedimento: tali ragioni debbono essere correlate alla particolarità dell\'attività da presenziare, alla mancanza od assenza di un altro condifensore ed all\'impossibilità di avvalersi di un sostituto - ai sensi dell\'art. 102 cod. proc. pen.-sia nel procedimento al quale il difensore intende partecipare, sia in quello del quale si chiede il rinvio per assoluta impossibilità a comparire" (Cassazione Sezione VI, n. 48530/2003, 18/11/2003 - 18/12/2003, Levante, RV. 228598) e che "il legittimo impedimento del difensore, previsto come causa di rinvio del dibattimento deve comportare l\'assoluta impossibilità a comparire, sicché la concomitanza di altri impegni professionali non costituisce impedimento assoluto, determinando solo delle scelte da parte del professionista che può attuarle anche avvalendosi della facoltà di designare un sostituto. Ne consegue che, dinanzi a una richiesta di rinvio motivata dalla contemporaneità di altri impegni professionali, il giudice ha il potere-dovere di bilanciare le esigenze della difesa con quelle di affermazione del diritto e della giustizia, potendo prevalere l\'interesse pubblico all\'immediata trattazione del procedimento per ragioni obiettive, come l\'imminente scadenza del termine di prescrizione del reato o di custodia cautelare, la natura dei fatti oggetto del procedimento e altri" (Cassazione Sezione I n. 5978/2000, 13/03/2000 - 22/05/2000, Sgobba, RN. 216014).

Nella specie, il difensore ha segnalato soltanto di essere impegnato in altra sede giudiziaria senza dimostrare le ragioni che rendevano indispensabile l\'espletamento delle funzioni difensive in altro procedimento, sicché, non avendo lo stesso neppure documentato l\'impossibilità di designare un proprio sostituto, il Tribunale correttamente ha escluso la sussistenza del legittimo impedimento a comparire mancando i requisiti della tempestività della segnalazione [effettuata all\'udienza di trattazione del giudizio d\'appello]; della specificazione delle ragioni della scelta adottata e della giustificazione della mancata designazione di un sostituto.

Sull\'affermazione di responsabilità il ricorso non è puntuale perché censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell\'imputato e confutata ogni obiezione difensiva.

Ha puntualizzato questa Corte [RV. 166001] che, con l\'apposizione dei sigilli, si attua una custodia meramente simbolica mediante la quale si manifesta la volontà dello Stato di assicurare cose, mobili o immobili, contro ogni atto di disposizione di persone non autorizzate.
Pertanto, il fatto costitutivo del reato di cui all\'art. 349 cod. pen. consiste in qualsiasi atto che renda vana la predetta volontà e di esso risponde, "da solo o in concorso con altri, il custode giudiziario della cosa sottoposta a sequestro, il quale [ha] il dovere giuridico di impedire che il fatto si verific[hi]. In tal caso si verte in ipotesi di responsabilità personale diretta, non oggettiva, e incombe sul custode l\'onere della prova degli eventuali caso fortuito o forza maggiore, quali cause impeditive dell\'esercizio del dovere di vigilanza e custodia" (Cass. sezione III, n. 2989/2000, Capogna, RV: 215768).

Ne consegue che, qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell\'accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

Non può, quindi, essere censurata la sentenza impugnata che ha ritenuto, alla stregua di dati obiettivi, la sussistenza del reato de quo [che "si perfeziona con qualsiasi condotta idonea a eludere l’obbligo d\'immodificabilità del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell\'avvenuto sequestro, sempre che si tratti di soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene" [Cassazione Sezione III n. 37570/2002; RV. 222557)] essendo emerso che l\'imputato, pur in presenza dei sigilli e pur consapevole di essere privo di titolo autorizzativo, ha violato il divieto di assoluta intangibilità della cosa.

Il principio della responsabilità penale comporta che un soggetto può essere ritenuto autore nel reato solo se ha dato un contributo causale, a livello ideativo preparatorio o esecutivo, alla commissione del fatto criminoso o anche se ha dato un apporto causale qualificato di ordine psicologico alla commissione del fatto.

Con congrua motivazione l\'imputato è stato ritenuto responsabile del reato per avere avuto la disponibilità di fatto dell\'immobile di sua proprietà e, dopo il sequestro preventivo, affidato alla sua custodia, sicché logicamente è stato osservato che non è individuabile alcun soggetto, diverso dal Santoro, che abbia avuto interesse e possibilità materiale di eseguire i lavori abusivi.

Ne consegue che il motivo in punto di affermazione di responsabilità, che si fonda sulle stesse argomentazioni proposte in appello e puntualmente confutate dal giudice del gravame, è manifestamente infondato, avendo i giudici di merito ritenuto con argomentazioni immuni da censure che l\'imputato abbia commesso il reato urbanistico.

E\' fondato il motivo sulla rideterminazione della pena illegittimamente eseguita dalla corte territoriale che ha aumentato quella inflitta dal Tribunale [anni 1 mesi 6 di reclusione €. 300 di multa] sebbene abbia concesso le circostanze attenuanti generiche, dichiarate prevalenti dalla contestata aggravante, e dichiarata prescritta una contravvenzione.

Pertanto può, ai sensi dell\'art. 620, lettera l, c.p.p., procedersi alla determinazione della pena stabilendola in un anno mesi quattro di reclusione €. 280 di multa [PB anni 1 mesi 2 €. 250 aumentata per la continuazione di mesi 2 e €. 30].


PQM


La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena che ridetermina in un anno mesi quattro di reclusione €. 280 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 24.03.2009.

Deposito in Cancelleria il 07/05/2009.