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Cass. Sez. III sent.. 39219 del 25-10-2005 (c.c. 5 ottobre 2005)
Pres. Papadia Est. Grassi Ric. Amoroso
Urbanistica – Interventi edilizi – Demolizione e ricostruzione

In caso di demolizione e ricostruzione l’attività consentita deve riguardare una costruzione collegata (anche in senso di prossimità cronologica) alla previa del manufatto preesistente e, in particolar modo, una costruzione del nuovo necessariamente rispettoso della sagoma e dell’edificio preesistente, con l’unica possibilità di deroga (nella fattispecie) dell’allineamento plano-altimetrico

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 05/10/2005 Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 1024 Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 023724/2005 ha pronunciato la seguente: SENTENZA/ORDINANZA sul ricorso proposto da: 1) AMOROSO PATRIZIA, N. IL 10/06/1961; avverso ORDINANZA del 03/05/2005 TRIB. LIBERTÀ di CATANZARO; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO; sentite le conclusioni del P.G. Dr. IZZO G. inammissibilità del ricorso. MOTIVAZIONE Con decreto del 15.4.2005 il GIP del Tribunale di Catanzaro dispose il sequestro preventivo di un manufatto a tre livelli in danno di Amoroso Patrizia, indagata per il reato di cui all'art. 44 lett. a) DPR 380/2001 ("per avere costruito, in zona tecnica omogenea B, un fabbricato con struttura portante in calcestruzzo armato, costituito da un piano interrato, due piani fuori terra e un sottotetto, in violazione dell'art. 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale, che prevede che, in zone integralmente edificate ove si debba intervenire per una demolizione e successiva ricostruzione l'attività edilizia si possa attivare anche con una semplice concessione edilizia, laddove nel caso di specie dalla relativa misura catastale risulta che la particella di terreno su cui sorge il fabbricato anzidetto è fin dal 1986 e tuttora iscritta al N.C.T. come terreno incolto produttivo ovvero non accatasta come fabbricato", acc. in Pentone il 14.3.2005). Avverso l'indicato decreto l'indagata propose istanza di riesame, che la competente sezione del Tribunale suddetto ha rigettato con ordinanza del 3.5.2005, ritenendo in sostanza che "una corretta interpretazione dell'art. 13 delle NTA del comune di Pentone rivela come il permesso a costruire in atti sia difforme da quanto prescritto". Contro tale ordinanza propone ricorso per Cassazione il difensore dell'indagata deducendo con il primo motivo violazione dell'art. 44 cit., come modif. ed integr. dal D.L.vo 301/2002, nonché dell'art. 13 delle citate N.T.A. per avere il GIP ritenuto che "nel caso di specie, la realizzazione del nuovo manufatto non è stata preceduta dalla demolizione di altro fabbricato, che, anzi, le risultanze procedimentali dimostrano che lo stesso fondo almeno da vent'anni è un terreno incolto, non occupato da nessuna costruzione". Il motivo è inammissibile perché manifestamente infondato per non essere più pertinente. È, infatti, pacifico che il Tribunale del riesame ben può, in forza dei poteri integrativi attribuitigli dall'art. 324 co. 7 c.p.p., che richiama i co. 9 e 10 dell'art. 309, sostituire la propria motivazione a quella del provvedimento impugnato. E nel caso in esame di tale potere si è avvalso il Tribunale, ritenendo, come si vedrà esaminando il secondo motivo, che nella specie si è verificata per l'appunto una demolizione e successiva ricostruzione. Con il secondo motivo viene denunciato che il Tribunale avrebbe, in violazione degli artt. 44 DPR 380/2001 e 13 NTA PRG del comune di Pentone, ritenuto che "l'attività consentita, in caso di demolizione e ricostruzione (come è il caso assentito nel permesso a costruire in atti), sia in primo luogo una ricostruzione collegata (anche in senso di prossimità cronologica) alla previa demolizione del manufatto, ma soprattutto una costruzione di manufatto per sagoma e superficie identico a quello demolito, con l'unico limite del possibile plano-altimetrico". L'errore di tale affermazione del Tribunale consisterebbe, secondo il ricorrente che richiama, in termini, le osservazioni in proposito del CT del PM, nell'aver ritenuto che "l'intervento assentito integri la ristrutturazione specificata dall'art. 13 sotto la rubrica attività edilizia consentita e che si realizza anche sotto forma di demolizione e ricostruzione..., mentre esso configura l'ipotesi di demolizione e ricostruzione autonomamente prevista dall'art. 13 cit. per le zone integralmente edificate, la quale ha contenuto totalmente autonomo e diverso da quello della ristrutturazione". La censura è infondata, dovendo ritenersi esatta l'interpretazione che del citato art. 13 N.T.A. P.R.G. del comune di Pentone ha dato il Tribunale. Ed invero, tale norma, dopo aver indicato la destinazione di zona dell'area che qui interessa (tecnica omogenea B), definisce l'attività edilizia consentita nella zona stessa nel seguente modo: "ordinaria e straordinaria manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia: demolizione e ricostruzione". Di tale norma l'unica interpretazione possibile - letteralmente, sintatticamente e logicamente - è, come si diceva, quella data dal Tribunale, secondo cui, nella zona in questione, sono possibili soltanto - oltre agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, restauro e risanamento conservativo - interventi di demolizione e ricostruzione come modalità della ristrutturazione edilizia; al riguardo, il Tribunale ha esattamente affermato che l'uso, dopo il termine ristrutturazione, dei due punti, in luogo della virgola, rende chiaro che demolizione e ricostruzione vanno intese come una modalità della ristrutturazione. Inducono a tale affermazione anche le ulteriori proposizioni della norma, che non indica altre attività edilizie consentite, ma passa immediatamente dopo a indicare le modalità di attuazione, precisando che "in zone integralmente edificate, ove si debba intervenire per una demolizione e successiva ricostruzione, l'attività edilizia si potrà attivare anche con semplice concessione edilizia"; che in tal caso "in deroga agli indici stabiliti è consentito... l'allineamento plano altimetrico dei fabbricati da realizzare...", ne deriva che, trattandosi di un intervento pacificamente rientrante nella zona indicata (integralmente edificata), l'unica deroga consentita alle prescrizioni generali era quella dell'allineamento plano-altimetrico. Deve, quindi, ritenersi contrastante con la norma l'ipotesi del ricorrente della previsione, ad opera della norma stessa, di due diverse ipotesi di demolizione e ricostruzione: una generale che, come tale, deve rispettare i limiti propri della ristrutturazione; l'altra, specifica delle zone integralmente edificate, che a quei limiti, oltre che a quello plano-altimetrico, può derogare. Una tale tesi non è consentita non solo, come si diceva, dalla interpretazione letterale e sintattica della norma, ma neppure da quella sistematica, perché, innanzi tutto, non si capirebbe il motivo per cui la norma, nel delineare una più ampia possibilità di demolizione-ricostruzione, abbia menzionato l'unica deroga della possibilità di allineamento plano-altimetrico (non essendo sostenibile che si sia in presenza di una deroga, per così dire, generalizzata, la norma prescrivendo soltanto il rispetto dell'indice relativo all'altezza"; risulta evidente che la locuzione in deroga agli indici è riferita alla sola possibilità di allineamento plano- altimetrico, e non anche agli altri indici); inoltre, e ancor più, posto che l'ipotesi tecnica di demolizione-ricostruzione ha l'unico senso del riferimento al collegamento temporale e strutturale dei due momenti, la norma regolamentare stessa si porrebbe in contrasto, oltre che con l'interpretazione giurisprudenziale consolidata da anni, con la lettera stessa della norma statale (che anche con l'art. 3 del T.U., nel definire gli interventi di ristrutturazione edilizia, all'ultima alinea ha precisato che "nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente"). Non esiste, in conclusione, alternativa possibile: l'attività di ricostruzione successiva a precedente demolizione, nel senso e nei limiti testè precisati, deve, comunque, essere rispettosa della sagoma e della volumetria dell'edificio preesistente. Sotto tale aspetto, è fuori del dato normativo e della sua interpretazione l'ulteriore obiezione del ricorrente secondo cui "... se la ristrutturazione così prevista vale per le aree ricadenti in zona B diverse da quelle integralmente edificate, per queste ultime invece la demolizione e la ricostruzione non costituiscono una forma di ristrutturazione, bensì uno specifico intervento edilizio previsto dalla norma che ha una finalità specifica e indipendente dalla ristrutturazione e che consiste nella uniformità dell'altezza degli edifici"; oltre tutto, la previsione della diversità di tale intervento non è desumibile dalla norma che, invece, risulta collegarsi, anche quanto agli interventi in zone integralmente edificate, nella stessa linea delle previsioni precedenti (con l'unica deroga più volte precisata). Nè da tale conclusione si discosta l'opinione del C.T., almeno nella parte riportata dal ricorrente ("Il progetto relativo al permesso di costruire n. 663/2004, in testa alla ditta Amoroso, basa la sua ammissibilità sul paragrafo sopra riportato, relativamente all'intervento di demolizione e successiva ricostruzione in zone integralmente edificate, il tutto attraverso l'allineamento piano- volumetrico... all'esistente con un limite di 10,00 metri di altezza"; anche per il consulente, quindi, sembra esistere, per l'ipotesi di demolizione-ricostruzione nella zona considerata, l'unica deroga plano-altimetrica). Va, in definitiva, ritenuta esatta l'affermazione del Tribunale che nel caso in esame l'attività consentita, trattandosi per l'appunto di demolizione e ricostruzione, era una costruzione collegata (anche in senso di prossimità cronologica) alla previa demolizione del manufatto preesistente, ma soprattutto una costruzione del nuovo necessariamente rispettoso della sagoma e dell'edificio preesistente, con l'unica possibilità di deroga dell'allineamento plano-altimetrico. Da tutto ciò il Tribunale è esattamente pervenuto alla conclusione che "essendo incontestato ed emergendo dagli atti che la sagoma e la superficie della costruzione realizzata è difforme dal manufatto indicato dalla ricorrente come preesistente", è ravvisabile a carico della stessa il fumus del reato ipotizzato di cui all'art. 44 lett. a) DPR 380/2001, per essere il fabbricato stato realizzato in base a permesso di costruire contrastante con la citata N.T.A. Con l'ultimo motivo viene denunciato che il Tribunale - in violazione degli artt. 44 DPR 380/2001, del DPR 6.6.2001 n. 380 e dell'art. 321 c.p.p. - aveva disatteso la tesi secondo cui "la confiscabilità amministrativa del bene esclude ogni necessità di sequestro preventivo". Tale motivo è infondato, essendo indiscutibile che il sequestro preventivo e la confisca amministrativa sono istituti del tutto diversi, aventi ciascuno una propria sfera di operatività e finalità ben diverse, di guisa che non possono ne' devono mai interferire. In questa ottica va inserita la sentenza di questa Corte citata dal ricorrente (Sez. 6, 6.2.2003 n. 11357), che ha inteso ribadire la diversa sfera di operatività delle due misure, escludendo che il sequestro preventivo possa avere funzione anticipatoria della confisca atteso che la confisca amministrativa è direttamente riconducibile ali 'esercizio dei poteri demandati in via generale alla P.A., va realizzata con criteri di discrezionalita' e prescinde quindi totalmente da ogni collegamento con vicende processuali). Ha escluso si diceva, nell'ipotesi di previsione di confisca amministrativa, la possibilità del sequestro preventivo, ma solo nella funzione anticipatoria della confisca stessa e la ragione, evidente, è quella chiarita dalla massima stessa; ma altrettanto evidente è che un bene, astrattamente confiscabile in via amministrativa in relazione a determinati fatti, possa e debba, per quegli stessi fatti, essere sottoposto a sequestro preventivo allorché ricorrano le condizioni stabilite dall'art. 321 c.p.p.. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2005. Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2005