Sviluppo sostenibile. Impianti eolici
Il legislatore italiano ha definitivamente collocato la produzione e la vendita di energia elettrica nell’alveo dell’attività d’impresa concorrenziale, sì sottoposta a controllo e regolazione amministrativa ma non più riservata alla mano pubblica, né soggetta a regime di privativa o di contingentamento (con l’ovvia eccezione delle derivazioni d’acqua per uso idroelettrico le quali, stante la naturale limitatezza della risorsa, continuano ad essere affidate in concessione onerosa trentennale, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 79/1999).
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 435 del 2007 e successivi motivi aggiunti, proposti da Farpower s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eugenio Picozza ed Annalisa Di Giovanni, con domicilio eletto presso l’Avv. Rosa Cerabino in Bari, via Melo, 141;
- Comune di Cerignola, rappresentato e difeso dall'avv. Luca Alberto Clarizio, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via De Nicolò, 7;
- Regione Puglia, non costituita in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
- Alerion Energie Rinnovabili s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Benedetto Giovanni Carbone, Federico Massa ed Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via Nicolai, 29;
- Fen Energia s.p.a., non costituita in giudizio;
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 47 del 8.2.2007, avente ad oggetto “Indirizzi per l’individuazione soggetti interessati alla realizzazione degli impianti eolici”;
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 44 del 8.2.2007, con la quale si è deliberato di procedere all’assegnazione di impianti eolici nel territorio di Cerignola;
di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, con particolare riferimento alla deliberazione del Consiglio comunale di Cerignola n. 35 del 13.10.2004, avente ad oggetto “Localizzazione di parchi eolici – indirizzi all’organo esecutivo e all’ufficio tecnico – approvazione di schema di convenzione”;
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 90 del 3.4.2007, avente ad oggetto “Manifestazione d’interesse alla realizzazione di parchi eolici – determinazioni finali” e di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, con particolare riferimento ai verbali della commissione di valutazione tecnica nn. 1, 2 e 3 e relativi allegati nn. 1 e 2;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cerignola, del Ministero dello Sviluppo Economico, di Alerion Energie Rinnovabili s.r.l.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2008 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
La società ricorrente espone di aver acquisito la disponibilità di terreni, situati nel Comune di Cerignola, allo scopo di realizzarvi impianti eolici per la produzione di energia elettrica.
Con lettera del 13.2.2007, l’Amministrazione resistente informava la Farpower s.r.l. di aver indetto, mediante le gravate deliberazioni n. 44 e 47 del 8.2.2007, una procedura ad evidenza pubblica per l’assegnazione di impianti eolici.
In breve, dopo aver concluso la prima fase di “aggiudicazione” di 15 impianti eolici avviata sul finire del 2004, il Comune con i provvedimenti impugnati dava corso ad un procedimento di gara per l’assegnazione di ulteriori 52 impianti, in modo da saturarne il numero massimo realizzabile ai sensi degli artt. 13 e 14 del regolamento regionale n. 16/2006 (che hanno introdotto un “parametro tecnico di controllo” limitativo del numero di aerogeneratori autorizzabili in determinate aree territoriali, rispettivamente in presenza ed in assenza dei Piani regolatori comunali per l’installazione di impianti eolici – P.R.I.E.).
Il bando poneva a base di gara un corrispettivo minimo una tantum pari ad Euro 10.700 ad impianto, un aggio percentuale del 4,50% sull’energia prodotta, con minimo garantito di Euro 6.000 ad impianto, ed un aggio percentuale del 2,20% sulla vendita dei “certificati verdi”, ai fini della “messa a disposizione dei richiedenti” delle tre zone individuate dal Piano di localizzazione comunale, approvato con deliberazione consiliare n. 35 del 13.10.2004. Si prevedeva l’aggiudicazione alle due offerte più vantaggiose, valutate dalla commissione di gara all’uopo istituita.
Il bando prescriveva altresì, tra i requisiti soggettivi per concorrere all’aggiudicazione, l’aver già in esercizio almeno un impianto eolico nel territorio nazionale.
In una delle zone messe a gara ricadevano anche i terreni acquisiti dalla ricorrente, giudicati idonei alla installazione di aereogeneratori e per i quali la stessa aveva presentato domanda di autorizzazione alla Regione Puglia, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. E’ agli atti una nota del 7.3.2007, a firma del dirigente della Regione Puglia – Assessorato all’ecologia, nella quale veniva implicitamente avallata la condotta del Comune di Cerignola, in base alla considerazione che le procedure di competenza regionale “… non possano prescindere dalla coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione degli enti territorialmente competenti”.
Con la successiva deliberazione di Giunta comunale n. 90 del 3.4.2007, all’esito delle valutazioni della commissione, veniva conclusa la procedura di evidenza pubblica stabilendo che “… al primo classificato (Alerion Energie Rinnovabili di Milano) va autorizzata la realizzazione del primo parco eolico per un totale di n. 30 aerogeneratori, mentre al secondo classificato (Fen Energia spa di Milano) va autorizzata la realizzazione del secondo parco eolico per un totale di n. 22 aerogeneratori, precisandosi che la scelta dell’area dove dovranno sorgere i detti impianti dovrà essere effettuata in primis dalla prima classificata; … Il medesimo Dirigente procurerà che venga stipulata la convenzione prevista sia dalla regolamentazione regionale che dalla citata delibera consiliare n. 35/2004, con l’intesa che della convenzione definitiva venga preso atto da parte di questa Giunta per il necessario controllo ad essa competente; Altre domande da parte di ditte che intendano realizzare sul territorio comunale di Cerignola impianti eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa dell’approvazione definitiva del Piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (P.R.I.E.)”.
Le controinteressate Fen Energia s.p.a. ed Alerion Energie Rinnovabili s.r.l. avevano offerto, rispettivamente, un corrispettivo una tantum per ogni impianto di Euro 20.000 e di Euro 12.500, un aggio sull’energia prodotta del 6,85% e del 10%, un minimo garantito ad impianto di Euro 12.000 e di Euro 15.000, un aggio sulla vendita dei certificati verdi del 3,01% e del 6%, risultando comparativamente le migliori offerenti in termini economici.
Con ricorso ritualmente notificato il 26.3.2007 e con successivi motivi aggiunti notificati il 2.5.2007, la Farpower s.r.l. impugna i descritti provvedimenti, deducendo:
Violazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. Incompetenza. Nullità per carenza assoluta di potere. Violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi e del principio di nominatività dei procedimenti autorizzatori;
Sviamento di potere. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere. Violazione dell’art. 13 del Regolamento regionale n. 16/2006;
Violazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, della delibera della Giunta regionale n. 35/2007, dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE, dell’art. 14 del Regolamento regionale n. 16/2006. Sviamento di potere e disparità di trattamento;
Violazione dei principi generali del Trattato CE e delle libertà fondamentali, in particolare della libera prestazione dei servizi. Violazione dell’art. 295 TCE sul regime di proprietà negli stati membri. Violazione degli artt. 41 e 42 della Costituzione;
Violazione dell’art. 14, 5° comma, del Regolamento regionale n. 16/2006. Sviamento di potere. Disparità di trattamento e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
In prossimità della camera di consiglio fissata per trattazione dell’istanza cautelare, la ricorrente ha depositato memoria ove ha ulteriormente articolato le proprie censure di legittimità.
Si sono costituiti il Comune di Cerignola e la controinteressata Alerion Energie Rinnovabili s.r.l., affermando l’inammissibilità del ricorso, per omessa impugnazione di atti presupposti e per mancata partecipazione alla gara, ovvero la sua infondatezza.
Si è costituita l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari per conto del Ministero dello Sviluppo Economico, chiedendone l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.
Le parti hanno depositato scritti difensivi prima dell’udienza pubblica del 6.2.2008, alla quale la causa è stata trattenuta in decisione.
1. Ai fini della presente controversia, è necessario individuare le norme di diritto comunitario, statale e regionale applicabili in materia di mercato dell’energia elettrica, con specifico riguardo alla disciplina della realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Deve essere individuato, in particolare, il regime giuridico proprio dell’attività di “produzione” di energia elettrica.
Come è noto, a partire dalla Direttiva 1996/92/CE, si è andata affermando a livello comunitario la progressiva liberalizzazione del mercato dell’energia, attraverso il superamento del regime di monopolio pubblico sulla produzione, sulla distribuzione e sulla vendita. In sintesi, l’art. 3 della direttiva introduceva il principio generale secondo cui gli Stati membri, nel dovuto rispetto del principio di sussidiarietà, fanno sì che le imprese elettriche siano gestite nella prospettiva di conseguire un mercato concorrenziale, senza discriminazioni tra esse quanto a diritti o obblighi, assicurando un grado di apertura dei mercati direttamente comparabile. Fermo il rispetto dei principi della Trattato CE, veniva consentito agli Stati membri di imporre alle imprese del settore obblighi di servizio pubblico, al solo fine di salvaguardare la sicurezza di approvvigionamento, la regolarità ed il prezzo delle forniture, la qualità dell’ambiente. Per quel che qui rileva, gli artt. 4-ss. della direttiva regolavano la costruzione di nuovi impianti di “generazione” di energia elettrica (“produzione”, nella terminologia del legislatore italiano), consentendo l’alternativa tra il regime autorizzatorio puro e la procedura di gara d’appalto. L’art. 5 obbligava gli Stati che optassero per il primo a stabilire criteri di rilascio delle autorizzazioni obiettivi, trasparenti e non discriminatori, riferiti esclusivamente alla sicurezza delle reti, alla protezione dell’ambiente, all’assetto del territorio, all’uso del suolo pubblico, all’efficienza energetica, alla natura delle fonti primarie, alle capacità tecnico-economiche dei richiedenti. L’art. 6 disciplinava le modalità di esperimento della procedura di evidenza pubblica, che doveva essere necessariamente preceduta da una valutazione preventiva periodica della capacità attuale di generazione e del fabbisogno di energia elettrica. Gli artt. 7-ss. assoggettavano invece a regime concessorio la gestione della rete di trasmissione, il dispacciamento e la gestione della rete di distribuzione, obbligando il gestore unico a condotte trasparenti e non discriminatorie.
Il d. lgs. n. 79/1999 di attuazione della Direttiva 1996/92/CE ha pienamente recepito i principi di liberalizzazione ed apertura del mercato dell’energia, disponendo all’art. 1 che le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere, nel rispetto dei soli obblighi di servizio pubblico; le attività di trasmissione, dispacciamento e distribuzione sono invece svolte in regime di concessione, sotto la vigilanza dell’Autorità di settore (cfr. gli artt. 3-ss. e 9 del decreto). Per quel che qui rileva, il legislatore italiano ha optato per il modello autorizzatorio puro in relazione all’attività di “produzione” di energia elettrica, ripudiando il sistema della gara d’appalto e conformandosi alle previsioni dell’art. 5 della Direttiva 1996/92/CE: l’art. 8 del d. lgs. n. 79/1999, dopo aver fissato limiti massimi di concentrazione in capo alle singole imprese produttrici, rimanda infatti ad uno o più regolamenti che disciplinino l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di nuovi impianti di produzione dell’energia elettrica o la modifica ed il ripotenziamento di impianti esistenti, prevedendo lo svolgimento di una procedura di autorizzazione unificata e semplificata che si concluda, in tempi determinati, con il rilascio di un provvedimento abilitativo unico e confinando la valutazione urbanistica dei progetti al solo caso di occupazione di aree esterne a quelle pertinenziali. Il diniego di autorizzazione deve fondarsi, secondo il 5° comma dell’art. 8, in ogni caso su motivi obiettivi e non discriminatori.
Può dirsi che in tal modo il legislatore italiano ha definitivamente collocato la produzione e la vendita di energia elettrica nell’alveo dell’attività d’impresa concorrenziale, sì sottoposta a controllo e regolazione amministrativa ma non più riservata alla mano pubblica, né soggetta a regime di privativa o di contingentamento (con l’ovvia eccezione delle derivazioni d’acqua per uso idroelettrico le quali, stante la naturale limitatezza della risorsa, continuano ad essere affidate in concessione onerosa trentennale, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 79/1999).
La cornice comunitaria non è sostanzialmente mutata con la nuova Direttiva 2003/54/CE. Ivi si legge, al 4° considerando, che “La libera circolazione delle merci, la libera fornitura dei servizi e la libertà di stabilimento, assicurate ai cittadini europei dal Trattato, possono tuttavia essere attuate soltanto in un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti”; al 12° considerando, che “Le procedure di autorizzazione non dovrebbero dar luogo a un onere amministrativo sproporzionato alle dimensioni e al potenziale impatto tra i produttori di energia elettrica”; al 17° considerando, che “Per garantire a tutti gli operatori del mercato, compresi i nuovi operatori, un accesso effettivo al mercato, è necessario istituire meccanismi di bilanciamento non discriminatori e che rispecchino i costi”. Quanto al regime dell’attività di produzione di energia elettrica, la nuova direttiva conferma l’alternativa tra procedura di autorizzazione (art. 6) ed indizione di gara d’appalto (art. 7), accentuando tuttavia la preferenza per la prima: gli Stati membri non potranno infatti prevedere discrezionalmente procedure di gara, bensì soltanto nel caso in cui gli impianti in costruzione o le misure di efficienza contenute nelle autorizzazioni non garantiscano la sicurezza dell’approvvigionamento ovvero la tutela dell’ambiente.
La netta opzione del legislatore italiano per il sistema autorizzatorio, quanto all’attività di produzione di energia elettrica, è stata confermata con la legge n. 239/2004. L’art. 1, 4° comma, dispone che lo Stato e le Regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali di prestazioni e l’omogeneità delle tariffe, garantiscono tra l’altro: l’assenza di vincoli, ostacoli o oneri, diretti o indiretti, alla libera circolazione dell’energia all’interno del territorio nazionale e dell’Unione; l’assenza di oneri di qualsiasi specie che abbiano effetti economici diretti o indiretti al di fuori dell’ambito territoriale ove sono previsti; la possibilità di prevedere misure di compensazione e di riequilibrio ambientale per la localizzazione di infrastrutture ad elevato impatto territoriale (il cui importo è regolato dal successivo comma 36), con l’espressa esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; infine, procedure semplificate, trasparenti e non discriminatorie per il rilascio delle autorizzazioni in regime di libero mercato.
Il breve excursus sulla disciplina vigente, in tema di impianti di produzione di energia elettrica da fonti tradizionali, è propedeutico all’analisi della normativa sugli impianti eolici, dal momento che la legislazione speciale introdotta per questi ultimi, sia a livello comunitario che statale, si inserisce in quella generale del settore elettrico condividendone i principi fondamentali fin qui illustrati.
Il legislatore nazionale, già con la legge n. 10/1991, affrontò parzialmente la questione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, definendola “di pubblico interesse e di pubblica utilità” ai fini dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche (art. 1) e prevedendo la competenza pianificatoria delle Regioni e dei Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti (art. 5).
Con la Direttiva 2001/77/CE, adottata in dichiarato favore allo sviluppo e l’incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili, sul presupposto che “Il maggiore uso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al Protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni” (3° considerando), e che “E’ necessario tener conto della struttura specifica del settore delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare al momento della revisione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili” (20° considerando), vengono assegnati obiettivi indicativi agli Stati membri e, per quel che qui interessa, viene integrata la disciplina procedurale dettata dalla Direttiva 96/92/CE per gli impianti di generazione di energia da fonti tradizionali. Dispone l’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE che “Gli Stati membri o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l’attuale quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre procedure di cui all’articolo 4 della Direttiva 96/92/CE applicabili agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo scopo di: - ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili; - razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo; - garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili”. Nella fattispecie, il legislatore comunitario si è dunque limitato a rinviare alla compiuta regolamentazione contenuta nella direttiva del 1996 (oggi sostituita dalla Direttiva 2003/54/CE), consistente nella descritta alternativa tra sistema autorizzatorio e sistema di gara pubblica, indicando però agli Stati membri l’obbligo di semplificare ed agevolare ulteriormente la costruzione di impianti di produzione, nell’ottica di un maggior favore per lo sviluppo dell’offerta di energia da fonti rinnovabili.
Il recepimento della Direttiva 2001/77/CE è avvenuto con il d. lgs. n. 387/2003. L’art. 12 del decreto (peraltro recentemente modificato dalla legge n. 244/2007), dopo aver rinnovato la previsione secondo cui le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti, ha stabilito che la costruzione e l'esercizio dei detti impianti, la loro modifica, il potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia delegata), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine è convocata dalla Regione una conferenza di servizi entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. L'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico da concludersi nel termine massimo di 180 giorni, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge n. 241/1990. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, ed ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle Regioni, il decreto rimette la decisione alla Giunta regionale. Dal punto di vista urbanistico, si stabilisce che gli impianti possono in ogni caso essere ubicati anche in zona agricola, contemperando tuttavia la loro realizzazione con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale; il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto, in conformità al progetto approvato, e comporta l'obbligo di rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del titolare a seguito della dismissione. Viene poi stabilito il divieto di prevedere misure di compensazione a favore delle Regioni e delle Province, poi confermato dall’art. 1, 4° comma – lett. f), della legge n. 239/2004. E’ infine prevista l’approvazione, in Conferenza unificata Stato-Regioni, delle linee guida per lo svolgimento del procedimento autorizzatorio, volte anche ad assicurare il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio; in attuazione di tali linee guida, le Regioni potranno procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.
Prima di esaminare la normativa regolamentare recentemente approvata dalla Regione Puglia in materia di energia eolica, è opportuno dar conto dei limiti assegnati alla legislazione statale ed a quella regionale dalla Corte costituzionale nel settore energetico, alla luce del riformato Titolo V della Costituzione. Con la nota sentenza n. 383 del 11.10.2005, pronunciata in relazione a molteplici previsioni della legge n. 239/2004, la Corte ha confermato la loro riconducibilità alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui al 3° comma dell’art. 117 Cost. (legislazione concorrente), escludendo l’assimilabilità della materia dell’energia al “governo del territorio” ed alla “sicurezza ed ordine pubblico” ovvero ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Prescindendo dall’intervento della Corte sui meccanismi di pianificazione energetica e localizzazione delle infrastrutture attraverso la cosiddetta “intesa forte”, nell’ambito della Conferenza unificata Stato-Regioni, quel che più interessa ai fini della presente controversia è la parte della pronuncia relativa alle norme della legge n. 239/2004 in tema di autorizzazione delle attività di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, impugnate dalla Regione Toscana per asserita violazione degli artt. 117 e 118 Cost. nonché del principio di leale collaborazione. Sulla base di considerazioni immediatamente estensibili alla normativa sulla costruzione degli impianti eolici, la Corte ha infatti dichiarato non fondata la questione, affermando che “… L’individuazione delle attività soggette ad autorizzazione costituisce senz’altro una disciplina qualificabile come principio fondamentale della materia, dal momento che attraverso di essa viene stabilito quando si renda necessaria la sottoposizione al peculiare regime amministrativo relativo agli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio degli oli minerali: tale scelta, come è evidente, dipende anche da variabili e parametri tendenzialmente insensibili alla specificità territoriale, in quanto legati alla obiettiva rilevanza – non frazionabile geograficamente – di tali attività rispetto agli interessi pubblici che ne impediscono uno svolgimento liberalizzato. In quest’ottica, la stessa soglia quantitativa, individuata in relazione alla complessiva capacità di stoccaggio, non appare irragionevole rispetto al bilanciamento fra i diversi interessi in gioco. Quanto alle specifiche censure concernenti le previsioni di cui ai commi 57 e 58, occorre prendere atto della ineludibilità dell’evidente impatto sul territorio di molte delle scelte che caratterizzano il settore delle politiche riconducibili alla materia dell’energia (che, una volta completati i relativi procedimenti, per quanto si è rilevato nel precedente par. 15, sicuramente si impongono rispetto agli atti di gestione del territorio). Tali conseguenze, tuttavia, debbono ritenersi adeguatamente bilanciate dal doveroso coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali all’interno dei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche; nello specifico settore delle disposizioni qui censurate, si può richiamare, in proposito, quanto prevede la stessa legge n. 239 del 2004 all’art. 1, comma 8, lettera c), punti 5 e 6, in relazione all’individuazione «di criteri e modalità per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione ed all’esercizio degli impianti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali», nonché all’individuazione «della rete nazionale di oleodotti»”. Ed ancora, nell’accogliere solo parzialmente la questione promossa dalla Regione Toscana avverso la legge n. 239 del 2004, sempre in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., nella parte in cui prevede la misura percentuale massima del “contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio” così impedendo alla legge regionale di disciplinare il contributo compensativo e gli effetti della mancata sottoscrizione degli accordi, la Corte ha altresì chiarito che “…La determinazione dell’ammontare massimo del contributo compensativo può essere agevolmente ricondotta ad una normativa di principio, necessaria anche al fine di garantire sull’intero territorio nazionale una relativa uniformità dei costi per le imprese di coltivazione degli idrocarburi sulla terraferma”.
Trasponendo le conclusioni della sentenza n. 383/2005 alla materia degli impianti eolici, può dunque affermarsi che, sul piano costituzionale, costituiscono norme di principio inderogabili per le Regioni: 1) l’individuazione e la delimitazione del regime autorizzatorio per nuove attività; 2) la determinazione e la misura dell’eventuale contributo compensativo posto a carico delle imprese titolari di nuovi impianti.
In disparte la declaratoria di incostituzionalità della legge regionale n. 9/2005, che aveva disposto una sospensione indifferenziata delle procedure di nulla-osta per la costruzione di nuovi impianti eolici (cfr. Corte cost., n. 364 del 9.11.2006), e nelle more dell’emanazione delle linee guida per lo svolgimento del procedimento autorizzatorio in sede di Conferenza unificata, la Regione Puglia ha disciplinato la materia approvando il regolamento regionale n. 16/2006 (abrogativo del precedente regolamento n. 9/2006) e la delibera di Giunta regionale n. 35/2007 (che ha abrogato le precedenti delibere n. 716/2005, n. 1550/2006 e n. 1630/2006).
Con il primo, è stata prevista l’approvazione dei Piani regolatori comunali ed intercomunali per l’installazione di impianti eolici – P.R.I.E., finalizzati all’identificazione delle “aree non idonee” ovvero delle aree nelle quali non è consentito localizzare gli aerogeneratori (artt. 4-7), ed è regolamentata la cosiddetta “valutazione integrata” delle proposte progettuali concorrenti in uno stesso ambito pianificatorio, da effettuarsi a scadenze prefissate in sede regionale, allo scopo di individuare gli elementi di incongruità o di sovrapposizione tra impianti e di razionalizzare le diverse proposte tra loro interferenti (artt. 8-11). L’art. 13 del regolamento introduce un “parametro tecnico di controllo” (P) limitativo del numero di aerogeneratori autorizzabili in determinate aree territoriali, mentre il successivo art. 14 detta disposizioni transitorie particolarmente restrittive applicabili, con effetto di salvaguardia, nelle more dell’approvazione dei P.R.I.E. comunali; il 5° comma del medesimo art. 14, in assenza di P.R.I.E., obbliga il soggetto proponente a stipulare una convenzione con il Comune nel cui territorio ricade l’intervento.
Con la delibera di Giunta n. 35/2007, la Regione Puglia si è invece dotata di norme di indirizzo e procedimentali, volte a colmare il vuoto normativo determinato dalla mancata adozione delle linee guida ministeriali per lo svolgimento del procedimento autorizzatorio, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. La delibera introduce in via provvisoria criteri preferenziali di localizzazione, fissa i requisiti soggettivi per il conseguimento del titolo, regolamenta in maniera dettagliata il dispiegarsi delle distinte fasi procedurali (presentazione della domanda, verifica della documentazione, conferenza dei servizi, assunzione di impegni da parte del soggetto proponente). E’ previsto che il richiedente, in assenza di P.R.I.E. comunale, alleghi all’istanza (§ 2.3.1 – lett. g) “… l’eventuale atto di indirizzo o delibera del Consiglio comunale del territorio interessato dal progetto in cui si attesti l’accoglimento della proposta di realizzazione dell’impianto; tale atto potrà essere inoltrato successivamente alla presentazione della domanda e comunque entro e non oltre la conclusione della conferenza dei servizi; per le iniziative che interessano il territorio di più Comuni può essere necessaria la presentazione di altrettante delibere; la delibera comunale non costituisce in ogni caso atto vincolante per il Comune, in quanto la reale fattibilità del progetto resta subordinata alla positiva complessiva valutazione in sede di conferenza di servizi”. E’ prescritta inoltre la preventiva sottoscrizione di un atto unilaterale d’impegno e di una convenzione con Regione e Comune, per regolare i rapporti nella fase di costruzione dell’impianto (§ 2.3.5) e nella fase di conduzione e dismissione (§ 2.3.6).
Da ultimo, l’art. 3, comma 16, della legge regionale n. 40/2007 (pubblicata sul B.U.R.P. del 31.12.2007) ha previsto che la realizzazione dei parchi eolici è disciplinata dalle direttive di cui al regolamento regionale n. 16/2006.
2. La sequenza di atti adottati dal Comune di Cerignola deve pertanto essere valutata alla luce del composito quadro normativo fin qui descritto.
Il Comune, dando seguito alla deliberazione consiliare di indirizzo n. 35 del 13.10.2004, aveva già avviato sul finire del 2004 una prima fase di “aggiudicazione” di 15 impianti eolici.
Con i provvedimenti impugnati, ha quindi dato corso ad una nuova procedura competitiva per l’assegnazione di ulteriori 52 impianti, in modo da saturare il numero massimo di aerogeneratori realizzabili nel rispetto del “parametro di controllo” (P) ai sensi degli artt. 13 e 14 del regolamento regionale n. 16/2006, in assenza di P.R.I.E. approvato. La scelta è stata giustificata, tra l’altro, con la necessità di effettuare una selezione obiettiva ed imparziale tra le domande di autorizzazione pervenute, che sarebbero state superiori al numero massimo di impianti assentibili.
Il bando ha posto a base di gara un corrispettivo minimo una tantum da corrispondersi al Comune, pari ad Euro 10.700 ad impianto, ed inoltre un aggio percentuale del 4,50% sull’energia prodotta, con minimo garantito di Euro 6.000 ad impianto, ed un aggio percentuale del 2,20% sulla vendita dei “certificati verdi”. L’aggiudicazione ha avuto ad oggetto la “messa a disposizione dei richiedenti” delle tre zone individuate dal Piano di localizzazione comunale, approvato con la menzionata deliberazione consiliare n. 35 del 13.10.2004.
Il bando ha prescritto altresì, tra i requisiti soggettivi per concorrere all’aggiudicazione, l’aver già in esercizio almeno un impianto eolico nel territorio nazionale.
I terreni acquisiti dalla ricorrente, classificati idonei alla installazione di aereogeneratori e per i quali la stessa aveva presentato domanda di autorizzazione alla Regione Puglia, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, ricadevano in una delle “zone” poste in gara. La stessa Regione, peraltro, con una breve nota del 7.3.2007 a firma del dirigente dell’Assessorato all’ecologia, ha implicitamente condiviso la condotta del Comune di Cerignola, in base alla considerazione che le procedure di competenza regionale “… non possano prescindere dalla coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione degli enti territorialmente competenti”.
La delibera di aggiudicazione, impugnata con motivi aggiunti, ha stabilito che “… al primo classificato (Alerion Energie Rinnovabili di Milano) va autorizzata la realizzazione del primo parco eolico per un totale di n. 30 aerogeneratori, mentre al secondo classificato (Fen Energia spa di Milano) va autorizzata la realizzazione del secondo parco eolico per un totale di n. 22 aerogeneratori, precisandosi che la scelta dell’area dove dovranno sorgere i detti impianti dovrà essere effettuata in primis dalla prima classificata; … Il medesimo Dirigente procurerà che venga stipulata la convenzione prevista sia dalla regolamentazione regionale che dalla citata delibera consiliare n. 35/2004, con l’intesa che della convenzione definitiva venga preso atto da parte di questa Giunta per il neces-sario controllo ad essa competente; Altre domande da parte di ditte che intendano realizzare sul ter-ritorio comunale di Cerignola impianti eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa dell’approvazione definitiva del Piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (P.R.I.E.)”.
Risulta dai verbali di gara che le controinteressate Fen Energia s.p.a. ed Alerion Energie Rinnovabili s.r.l. avevano offerto, rispettivamente, un corrispettivo una tantum per ogni impianto di Euro 20.000 e di Euro 12.500, un aggio sull’energia prodotta del 6,85% e del 10%, un minimo garantito ad impianto di Euro 12.000 e di Euro 15.000, un aggio sulla vendita dei certificati verdi del 3,01% e del 6%, risultando comparativamente le migliori offerenti in termini economici.
Conclusivamente, può descriversi l’operazione posta in essere dal Comune di Cerignola come assegnazione di concessioni onerose per la costruzione di impianti eolici su terreni di proprietà privata (eventualmente soggetti ad esproprio), aventi durata indeterminata, aggiudicate in base al massimo rialzo sul corrispettivo fisso ed a percentuale.
3. Devono preliminarmente scrutinarsi le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa del Comune di Cerignola, sul rilievo che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare nei termini dalla loro pubblicazione: la deliberazione del Consiglio comunale n. 35 del 13.10.2004 (avente ad oggetto “Localizzazione di parchi eolici – indirizzi all’organo esecutivo e all’ufficio tecnico – approvazione di schema di convenzione”), il regolamento della Regione Puglia n. 16/2006, la delibera della Giunta regionale n. 35/2007, la nota del 7.3.2007 a firma del dirigente della Regione Puglia – Assessorato all’ecologia.
Le eccezioni non sono meritevoli di accoglimento. Il primo degli atti richiamati, risalente al 2004, si limitava a localizzare le aree idonee alla installazione di nuovi impianti eolici (e per tale parte non ne è dimostrata la diretta lesività degli interessi della ricorrente) ed a formulare meri indirizzi per la Giunta comunale in ordine alle programmate procedure di evidenza pubblica (e per tale parte la ricorrente correttamente lo impugna, congiuntamente al bando ed alle aggiudicazioni concluse nel 2007). Il regolamento e la delibera di indirizzo adottati dalla Regione Puglia hanno carattere di normazione generale e, soprattutto, non contemplano neppure in via eventuale l’affidamento in concessione dei nuovi impianti mediante gara, talché la ricorrente non era tenuta a farne oggetto di specifico gravame in relazione ai provvedimenti del Comune di Cerignola. Quanto alla lettera del dirigente regionale (peraltro indirizzata ad altra società ed al Comune stesso), essa non ha determinato alcun arresto procedimentale o diniego rispetto alla domanda di autorizzazione presentata dalla Farpower s.r.l. ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003 e quindi, pur rivelando una implicita condivisione da parte della Regione della procedura instaurata dal Comune di Cerignola, non era autonomamente impugnabile.
Maggiore attenzione merita l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa del Comune per la l’omessa partecipazione della ricorrente alla gara, che ne determinerebbe la carenza di interesse all'impugnazione, particolarmente con riguardo alla censura mossa avverso la clausola del bando che prescriveva il requisito soggettivo di avere in esercizio almeno un impianto eolico nel territorio nazionale. Ciò sulla scorta del risalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui il soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione alla procedura di gara o di concorso non ha un interesse qualificato e differenziato ad impugnare gli atti della medesima procedura, poiché l'interesse fatto valere dal ricorrente, in tale ipotesi, è esattamente quello di potere prendere parte alla procedura malgrado il bando non lo consenta ed allora, fermo l'onere di impugnare tempestivamente il bando nella parte lesiva, l'interesse concreto fatto valere dovrebbe essere comprovato dalla presentazione della domanda di partecipazione nel termine fissato dalla lex specialis della procedura.
Osserva il Collegio, in primo luogo, che la più recente giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado ha rimeditato il suddetto indirizzo ermeneutico, riconoscendo la legittimazione a ricorrere avverso un bando di gara e l'annesso capitolato speciale all'impresa che non abbia presentato la propria offerta, qualora sia prospettata l'esistenza di clausole immediatamente lesive tali da impedire ex se l'utile presentazione dell'offerta, ovvero si contesti in radice il metodo di selezione del contraente (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, n. 827 del 14.2.2002; Id., sez. II, n. 552 del 17.9.1996; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, n. 148 del 29.1.2002; T.A.R. Lazio, sez. III, n. 3412 del 26.4.2000) ed affermando che se, in linea di massima, chi non ha partecipato alla gara di un appalto pubblico non è legittimato a contestarne in sede giurisdizionale il procedimento e l'esito, sussiste tuttavia l'interesse di tale soggetto quando egli chieda l'annullamento in radice della gara stessa, affinché questa non abbia luogo, nel qual caso l'omessa sua partecipazione è del tutto compatibile con la domanda così posta, posto che l'impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva (cf. Cons. Stato, sez. V, n. 4970 del 20.9.2001; Id., n. 7341 del 11.11.2004; Id., n. 794 del 14.2.2003; Id., n. 7055 del 18.12.2002; Id., n. 351 del 31.1.2001; Id., sez. II, n. 149/2001 del 7.3.2001). Più di recente, la giurisprudenza ha rinvenuto il fondamento di tale diverso orientamento nei valori comunitari e costituzionali e nelle recenti riforme amministrative, giudicando non conforme alla piena esplicazione del diritto alla difesa (art. 24 Cost.), della libertà della iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e soprattutto dell'apicale principio di portata comunitaria della libera e massima concorrenza, limitare la legittimazione di un soggetto, sostanzialmente leso da un bando, al mero formalismo della presentazione di una domanda che, con riferimento alla fattispecie in esame, avrebbe comportato la sicura esclusione, anche in applicazione diretta dell'ulteriore e generalizzante principio della economicità dei mezzi giuridici (così TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 2206 del 18.4.2002).
Tale indirizzo ha di recente ottenuto autorevole conferma dalla giurisprudenza comunitaria: “… Nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero proprio impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste, essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato. Infatti, da un lato, sarebbe eccessivo esigere che un'impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un'offerta nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, quando persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell'esistenza delle dette specifiche. Dall'altro, risulta chiaramente dal testo dell'art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 89/665 che le procedure di ricorso, che gli Stati membri devono organizzare in conformità a tale direttiva, devono consentire in particolare di ‘annullare … le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie ...’. Ad un'impresa deve essere pertanto consentito di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche discriminatorie, senza attendere la conclusione del procedimento di aggiudicazione dell'appalto.” (così Corte Giust. CE, sent. 12.2.2004, C-230/02).
Nella fattispecie, peraltro, la ricorrente Farpower s.r.l. non si è limitata ad impugnare la clausola del bando restrittiva della possibilità di partecipare alla gara, ma ha proposto censure di legittimità in ordine alla stessa possibilità di indire la procedura competitiva da parte del Comune di Cerignola. Essa perciò ha interesse all’impugnativa e il ricorso sotto tale profilo è ammissibile.
4. In via alternativa ai rubricati vizi di legittimità, la ricorrente chiede sia dichiarata la radicale nullità degli atti adottati dal Comune di Cerignola, ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990, per carenza assoluta di potere ovvero incompetenza assoluta, dovendosi escludere che l’ente locale abbia il potere di “assegnare” le aree su cui saranno costruiti gli impianti eolici e di selezionare i soggetti che li realizzeranno.
Ad avviso del Collegio, la tesi non può essere accolta. Nella sequenza procedimentale complessivamente posta in essere dal Comune di Cerignola non pare ravvisabile l’esercizio di poteri pubblicistici del tutto privi di fondamento legale, né lo sconfinamento nella sfera di attribuzioni di altro plesso dell’Amministrazione. L’analisi puntuale della legislazione statale e delle norme dettate dalla Regione Puglia, in tema di autorizzazione alla costruzione di impianti eolici, rivela che spettano ai Comuni significativi poteri di amministrazione attiva, sia a livello di pianificazione (art. 5 della legge n. 10/1991; artt. 4-ss. del regolamento regionale n. 16/2006), sia nella fase di conferenza dei servizi sui progetti presentati alla Regione (art. 12 del d. lgs. n. 387/2003; art. 14, 5° comma, del regolamento regionale n. 16/2006; delibera di Giunta regionale n. 35/2007). Analogo potere di intervento viene riconosciuto agli enti locali dalla legge regionale n. 11/2001 in materia di valutazione di impatto ambientale. Ed anzi, la normativa regolamentare della Regione Puglia prevede che le imprese titolari di nuovi impianti debbano stipulare con i Comuni interessati apposite convenzioni e che le stesse possano allegare alla domanda di autorizzazione l’eventuale delibera del Consiglio comunale che esprime parere favorevole al progetto. D’altronde, sul piano sistematico, confliggerebbe verosimilmente con il principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 Cost. un corpus legislativo che estromettesse del tutto gli enti locali dai processi di decisione sulla localizzazione delle infrastrutture energetiche.
Neppure persuade la prospettazione della situazione soggettiva dell’impresa che intenda realizzare un nuovo impianto di produzione di energia, in termini di diritto soggettivo di rango comunitario, incomprimibile da parte dell’Amministrazione. Se non vi è dubbio, infatti, che l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con aperto favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, è tuttavia altrettanto certo che le direttive di settore e la normativa interna fanno salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio. Alle imprese proponenti dovrà semmai riconoscersi la titolarità di interessi legittimi alla corretta valutazione delle istanze. D’altronde, l’ascendenza comunitaria della situazione soggettiva tutelata non ne impedisce affatto la configurazione in termini di interesse legittimo, secondo le peculiarità del diritto pubblico interno.
Ne discende l’infondatezza del ricorso, nella parte in cui prospetta la nullità dei provvedimenti impugnati ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990.
5.1. Sussiste, in primo luogo, il vizio di incompetenza relativa. Di fatto, il Comune di Cerignola si è illegittimamente appropriato della potestà di individuare i soggetti che avrebbero conseguito l’autorizzazione alla costruzione dei 52 nuovi aerogeneratori, laddove ha disposto, con l’impugnata delibera di aggiudicazione n. 90 del 3.4.2007, che “… Altre domande da parte di ditte che intendano realizzare sul territorio comunale di Cerignola impianti eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa dell’approvazione definitiva del Piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (P.R.I.E.)”. Si tratta di una prerogativa appartenente alla Regione, titolare del procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, che nessuna norma di legge ha mai trasferito ai Comuni. A questi ultimi viceversa compete l’approvazione dei P.R.I.E., che individuano in modo obiettivo le zone del territorio comunale non idonee alla localizzazione di aerogeneratori dal punto di vista urbanistico, idrogeologico ed ambientale.
Né possono accogliersi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla difesa del Comune di Cerignola, che tenta di giustificare siffatti provvedimenti con il richiamo delle competenze generalmente spettanti ai Comuni in materia di governo del territorio, nonché delle previsioni contenute nella delibera della Giunta regionale n. 35/2007 che prevedono il coinvolgimento dei Comuni stessi in fase di istruttoria.
Sotto il primo profilo, valga quanto nitidamente affermato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 383/2005, che ha rimarcato la distinzione tra la materia dell’energia e quella del governo del territorio, pur essendo scontate ed inevitabili le reciproche interferenze; ed in ogni caso, la potestà di pianificazione comunale degli impianti eolici è stata dettagliatamente tipizzata con il regolamento regionale n. 16/2006, senza spazio residuo per interventi nella selezione delle imprese autorizzate a realizzarli.
In secondo luogo, il § 2.3.1 – lett. g) della delibera della Regione Puglia n. 35/2007 prevede sì che il richiedente, in assenza di P.R.I.E., alleghi all’istanza “… l’eventuale atto di indirizzo o delibera del Consiglio comunale del territorio interessato dal progetto in cui si attesti l’accoglimento della proposta di realizzazione dell’impianto; tale atto potrà essere inoltrato successivamente alla presentazione della domanda e comunque entro e non oltre la conclusione della conferenza dei servizi; … la delibera comunale non costituisce in ogni caso atto vincolante per il Comune, in quanto la reale fattibilità del progetto resta subordinata alla positiva complessiva valutazione in sede di conferenza di servizi”. Ma tale atto, solo eventuale, rappresenta nient’altro che un indirizzo non vincolante, neppure per l’ente da cui proviene, suscettibile di essere contraddetto all’esito della conferenza dei servizi e, quel che più conta, assolutamente inidoneo a selezionare i soggetti che conseguiranno il nulla-osta. Del pari irrilevante è il fatto che i §§ 2.3.5 e 2.3.6 della delibera regionale impongano la preventiva sottoscrizione di un atto unilaterale d’impegno e di una convenzione con Regione e Comune, atteso che entrambi gli adempimenti sono finalizzati a regolare i rapporti tra l’impresa e gli enti nelle fasi successive di costruzione, conduzione e dismissione dell’impianto.
Il Comune di Cerignola, con i provvedimenti impugnati, si è perciò illegittimamente appropriato della funzione di comparazione e selezione dei progetti, che la legge attribuisce alla competenza della Regione.
Come dimostrato con l’excursus introduttivo che qui si richiama, l’ordinamento comunitario e quello nazionale non ammettono procedure pubblicistiche di natura concessoria a presidio dell’attività di “produzione” di energia elettrica da fonti tradizionali o rinnovabili. La costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia eolica sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, in attuazione dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE (che a sua volta rinvia, come si è visto, alla direttiva generale sul mercato elettrico). Secondo il vigente assetto normativo, si tratta di attività economiche non riservate agli enti locali, non soggette a regime di privativa, che non rientrano nella nozione di servizio pubblico locale di cui agli artt. 112-ss. del d. lgs. 267/2000, sebbene rivestano una significativa importanza nell’ottica dell’apertura e dello sviluppo del mercato comunitario e della tutela dell’ambiente.
Neppure al legislatore regionale sarebbe consentito di sovvertire i predetti principi regolatori, secondo la riferita giurisprudenza della Corte costituzionale.
Al più, sarebbe dato ai Comuni di concedere a titolo oneroso l’uso esclusivo di aree di loro proprietà destinate alla installazione degli aerogeneratori, secondo il consueto regime di occupazione e sfruttamento dei beni pubblici. Ma nella fattispecie risulta che il bando avesse ad oggetto zone di proprietà privata, eventualmente soggette ad espropriazione per pubblica utilità a favore degli “assegnatari” vincitori della gara.
I provvedimenti impugnati contrastano con le leggi regolanti la materia, anche nella parte in cui hanno imposto un corrispettivo (in misura fissa e variabile) alle imprese aggiudicatarie. Vige, infatti, il divieto assoluto di prevedere misure di compensazione patrimoniale a favore delle Regioni e degli enti locali, secondo il chiaro disposto dell’art. 12, 6° comma, del d. lgs. n. 387/2003, poi confermato con l’art. 1, 4° comma – lett. f), della legge n. 239/2004. Il Comune di Cerignola ha invece costruito un composito meccanismo di prelievo (legato parzialmente alla quantità di energia prodotta) senza alcuna copertura legislativa, in aperta violazione dell’art. 23 Cost. e del principio di tipicità delle entrate di diritto pubblico. Sul piano della politica energetica, è sufficiente il rilievo che una simile espansione dei poteri impositivi delle autonomie locali determinerebbe effetti aberranti, in termini di costi di produzione supplementari gravanti sui produttori di energia da fonti rinnovabili, a beneficio di ristrette collettività ed a discapito della generalità degli utenti finali.
Invero, il Comune di Cerignola ha trasformato un’apparente lacuna normativa in occasione di indebito incremento delle proprie entrate patrimoniali. A giustificazione dei provvedimenti gravati, viene infatti ripetutamente invocata (anche da parte della difesa dell’ente) l’assenza di criteri legislativamente determinati per la scelta tra più progetti concorrenti in uno stesso ambito territoriale. Ma se anche fosse vero che attualmente, in assenza delle linee-guida statali, la normativa sugli impianti eolici non risolve il problema del concorso di più progetti in uno stesso ambito, dove non possono essere tutti realizzati a causa delle limitazioni imposte dal piano o dalle norme di salvaguardia, è certo però che non potrebbe giammai consentirsi all’Amministrazione, in difetto di una specifica previsione di legge, di assegnare i titoli abilitativi ai migliori offerenti. La procedura di evidenza pubblica escogitata dal Comune di Cerignola ha del tutto trascurato l’esame ed il raffronto comparativo degli aspetti tecnico-qualitativi delle diverse istanze e si è concentrata unicamente sul maggiore arricchimento possibile per le finanze dell’ente, manifestando una tipica ipotesi di sviamento nell’uso della discrezionalità.
A tal proposito, il Collegio non ignora che la stessa giurisprudenza amministrativa, anche di recente, ha offerto soluzioni divergenti alla questione del concorso di domande rivolte all’ottenimento di autorizzazioni numericamente limitate. E’ prevalente l’orientamento che assegna rilevanza decisiva all’ordine cronologico di presentazione delle istanze, in analogia con quanto previsto dal legislatore, ad esempio, in relazione al rilascio delle licenze edilizie.
Una recente decisione della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, resa in materia di autorizzazione all’apertura di distributori di carburante, ha così motivato: “… L’errore in cui è incorso il primo giudice è quello di ritenere di poter colmare una presunta lacuna normativa, istituendo una sorta di procedura concorsuale nella quale comparare la diverse domande presentate. E ciò dopo aver affermato che si versava in situazione di assenza di un regolamento per l’installazione degli impianti, e che il criterio cronologico poteva considerarsi legittimo in quanto rispondente ai principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’amministrazione. In tal senso può ricordarsi, del resto, come la giurisprudenza abbia ritenuto che, quando si controverta del rilascio di licenze che rimuovono limiti al diritto di impresa, come nella specie, il criterio cronologico, che accorda priorità alla domanda presentata per prima, costituisce principio di portata generale a tutela degli interessi pretesivi dell’imprenditore (Sez. IV, 14 maggio 2001 n. 2670). Né va taciuto che l’ordine cronologico di presentazione delle istanze determina solo la sequenza in base alla quale esse devono essere esaminate, fermo restando che, qualora la prima presentata non sia in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, l’Amministrazione deve obbligatoriamente procedere all’esame di quella successiva. … Occorre poi evidenziare che l’intento della sentenza di imporre una procedura concorsuale non prevista dalla legge, se pur condivisibile de jure condendo, avrebbe mutato sostanzialmente la natura del potere conferito nella materia all’Amministrazione, che nel procedimento in questione deve limitarsi a verificare la sussistenza dei presupposti di legge ed è priva di una qualche apprezzabile discrezionalità. Ed è noto che l’esercizio della discrezionalità richiede in ogni caso la preventiva indicazione di finalità e la prescrizione di criteri, ossia un corredo di principi, nella specie è del tutto mancante, che il Comune verrebbe autorizzato a dettare jussu judicis, in assenza di legittima attribuzione della relativa competenza normativa.” (così Cons. Stato, sez. V, n. 4519 del 31.8.2007).
In senso opposto, con riguardo alle autorizzazioni per punti vendita di quotidiani e riviste, è stato invece affermato che “…di fronte ad una pluralità di domande volte ad ottenere la suddetta autorizzazione, non è ragionevole fondare la scelta sul criterio della priorità cronologica nella presentazione delle domande. Tale criterio può assumere rilievo residuale non esclusivo, dovendo l’Amministrazione, in conformità ai principi di cui all’art. 97 Cost., effettuare l’esame delle domande in comparazione fra loro, al fine di prescegliere quella maggiormente rispondente alla tutela del pubblico interesse” (Cons. Giust. Amm. Sicilia, n. 561 del 9.7.2007).
Quale che sia, in astratto, il criterio da preferire nella soluzione dei conflitti (comparazione discrezionale o priorità cronologica), è indubitabile che nella fattispecie dedotta in giudizio la “monetizzazione” del concorso di domande costituisca sintomo di sviamento dal corretto uso del potere e dia luogo ad illegittimità dei relativi provvedimenti.
Nell’attesa di una positiva regolamentazione, che potrà trovare collocazione nelle emanande linee-guida ministeriali previste dall’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di nuovi aerogeneratori (ossia la Regione Puglia) non potrà che attenersi al disposto dagli artt. 8-ss. del regolamento regionale n. 16/2006, che prevedono la cosiddetta “valutazione integrata” delle proposte progettuali concorrenti in uno stesso ambito pianificatorio, da effettuarsi a scadenze prefissate in sede regionale, allo scopo di individuare gli elementi di incongruità o di sovrapposizione tra impianti e di razionalizzare le diverse proposte tra loro interferenti.
5.4. In ragione dell’accoglimento delle censure relative all’intera procedura di gara, possono dichiararsi assorbiti i motivi di ricorso attinenti ai requisiti soggettivi per la partecipazione ed alla insufficienza dello studio anemologico richiesto dal Comune di Cerignola.
La sospensiva concessa in sede cautelare da questa Sezione ha infatti paralizzato gli effetti pregiudizievoli derivanti dalle aggiudicazioni disposte dal Comune.
Appare quanto meno dubbia, poi, l’integrale imputabilità a quest’ultimo del ritardo nella conclusione dell’iter autorizzatorio lamentato dalla Farpower s.r.l., dal momento che si è ampiamente dimostrato che il soggetto istituzionalmente deputato a gestire e portare a termine il procedimento, disciplinato dall’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, è la Regione Puglia.
Infine, il risarcimento del danno per mancato conseguimento dell’autorizzazione ad installare uno o più impianti eolici presupporrebbe la dimostrazione che la società ricorrente, in assenza degli atti illegittimamente adottati dal Comune di Cerignola, avrebbe conseguito il bene della vita a lei spettante, ossia i titoli autorizzatori. Trova però applicazione il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, secondo cui “Nei casi in cui, pur a seguito dell’annullamento dell’atto illegittimo, persistano in capo all’Amministrazione significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, il risarcimento può essere riconosciuto solo dopo e a condizione che l’Amministrazione, riesercitato il proprio potere, come le compete per effetto del giudicato, abbia riconosciuto all’istante il bene della vita; in tale ipotesi, inoltre, il danno ristorabile non potrà che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento del bene anelato” (Cons. Stato, sez. VI, n. 1945 del 15.4.2003).
Nella fattispecie, i progetti presentati nel corso del 2007 dalla Farpower s.r.l. non erano stati ancora vagliati dalla conferenza dei servizi e non avevano ricevuto la verifica di compatibilità ambientale prevista, anche per gli impianti eolici, dalla legge regionale n. 11/2001: dunque, anche dopo l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti comunali ostativi al conseguimento dei nulla-osta, residuerà in capo all’Amministrazione un’ampia discrezionalità in merito al loro rilascio, e tale circostanza è di per sé idonea ad escludere l’accoglibilità hic et nunc della domanda risarcitoria.
In conclusione, il ricorso è respinto quanto alla domanda di declaratoria di nullità dei provvedimenti impugnati; è accolto quanto alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati; è respinto quanto alla domanda di risarcimento del danno ingiusto.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie parzialmente nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla le deliberazioni della Giunta comunale di Cerignola n. 47 del 8.2.2007, n. 44 del 8.2.2007, n. 90 del 3.4.2007 e la deliberazione del Consiglio comunale di Cerignola n. 35 del 13.10.2004 (quest’ultima limitatamente agli indirizzi per lo svolgimento della procedura di evidenza pubblica e per la stipula della convenzione).
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |