Consiglio di Stato Sez. II n. 5859 del 2 luglio 2024
Sviluppo sostenibile.Energia incentivata

Il concetto di “energia incentivata” di cui all’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 va necessariamente inteso quale energia tradottasi in incentivi, in considerazione del rilievo che l’“energia incentivata” è - in forza dell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2008 - l’“energia elettrica avente diritto agli incentivi”. Infatti, secondo la citata previsione del 2008 “energia elettrica incentivata è la quantità di energia elettrica avente diritto agli incentivi di cui al presente decreto. L’energia elettrica incentivata, determinata dal GSE secondo le modalità dettagliate nell’allegato A, è stimata in via presuntiva nella fase di qualifica dell’impianto e riconosciuta successivamente in funzione della produzione annua netta o, in acconto, in funzione della producibilità attesa ai fini del rilascio dei certificati verdi, ovvero in funzione dell’energia immessa nel sistema elettrico per l’attribuzione della tariffa fissa onnicomprensiva”. Detta disposizione ha, infatti, sancito una chiara equivalenza tra energia nominale ed energia incentivata attestata dai certificati verdi, questi ultimi definiti dall’art. 2, comma 1, lett. o), dlgs n. 387/2003 secondo cui sono tali i “diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, rilasciati nell’ambito dell’applicazione delle direttive di cui al comma 5 dell’art. 11 del medesimo decreto legislativo”. Inoltre, l’art. 3, comma 1, del D.M. 18 dicembre 2008 statuisce che “La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, con esclusione della fonte solare, è incentivata mediante il rilascio dei certificati verdi di cui al titolo II del presente decreto, alle condizioni e secondo le modalità ivi previste. La produzione di energia elettrica mediante gli impianti di cui all’art. 9, comma 2, continua a beneficiare dei certificati verdi secondo le modalità e alle condizioni ivi richiamate.” (cfr. altresì Titolo II [artt. 8 e ss.] del D.M. 18 dicembre 2018).

Pubblicato il 02/07/2024

N. 05859/2024REG.PROV.COLL.

N. 07597/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7597 del 2021, proposto da:
G.S.E. - Gestore dei Servizi Energetici s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola e Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e con domicilio fisico eletto presso lo studio legale Fidanzia - Gigliola in Roma, piazzale delle Belle Arti, n. 6;

contro

Ital Green Energy s.p.a., Powerflor s.r.l., San Marco Bioenergie s.p.a., Società Italiana Centrali Termoelettriche - Sicet s.r.l., Tampieri Energie s.r.l., Zignago Power s.r.l., Energie Tecnologie Ambiente s.r.l. - E.T.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Battista Conte, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e con domicilio fisico in Roma, via E.Q. Visconti, n. 99;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, n. 05811/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ital Green Energy s.p.a., Powerflor s.r.l., San Marco Bioenergie s.p.a., Società Italiana Centrali Termoelettriche - Sicet s.r.l., Tampieri Energie s.r.l., Zignago Power s.r.l., Energie Tecnologie Ambiente s.r.l. - E.T.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione di G.S.E. - Gestore dei Servizi Energetici s.p.a.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2024 il Cons. Francesco Cocomile e udito per le appellate l’avvocato Giovanni Battista Conte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - Le società Ital Green Energy s.p.a., Powerflor s.r.l., San Marco Bioenergie s.p.a., Società Italiana Centrali Termoelettriche - Sicet s.r.l., Tampieri Energie s.r.l., Zignago Power s.r.l., Energie Tecnologie Ambiente s.r.l. - E.T.A., titolari di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, hanno lamentato l’erroneità del parametro utilizzato dal Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. (in seguito anche solo G.S.E.) per il calcolo del contributo da corrispondere a titolo di oneri di gestione, verifica e controllo.

Hanno in sintesi sostenuto che il G.S.E. ha determinato tale contributo rapportandolo ai certificati verdi emessi, anziché sulla base dell’energia incentivata in violazione di quanto previsto dall’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012, così addebitando loro una somma maggiore di quella dovuta; hanno aggiunto che le lagnanze inoltrate al G.S.E. con note del 25, 29 settembre 2014 e 14 ottobre 2014 sono risultate inutili, giacché quest’ultimo con nota del 7 novembre 2014 ha respinto ogni addebito, rilevando che “la Procedura applicativa per l’emissione, la gestione e il ritiro dei certificati verdi pubblicata sul sito internet del GSE, in conformità al Decreto, chiarisce che il Soggetto Responsabile di un impianto incentivato mediante il rilascio dei Certificati Verdi deve corrispondere per ogni certificato percepito un contributo pari a 0,5 euro. Ciò in ragione del fatto che il CV emesso corrisponde all’energia incentivata ai sensi dell’art. 21, comma 5 del Decreto”.

2. - Le società hanno allora chiesto al Tribunale civile di Roma la condanna del G.S.E. alla restituzione di quanto indebitamente percepito, previo accertamento dell’ammontare della somma effettivamente dovuta per la copertura degli oneri di gestione e disapplicazione delle procedure applicative dello stesso G.S.E.

A fondamento di tale domanda hanno dedotto: a) la violazione dell’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 da parte del G.S.E. il quale, invece di addebitare ai produttori di energia un contributo di 0,05 euro/cent per ogni kWh di energia incentivata, aveva calcolato il contributo moltiplicandolo per ogni certificato verde emesso che, tuttavia, non corrispondeva all’effettiva energia incentivata; b) la non corrispondenza al vero della circostanza che l’energia incentivata era assimilata ad un certificato verde emesso, in quanto nelle disposizioni delle Procedure applicative del 13 gennaio 2014 era specificato che il contributo di 0,05 c/euro è previsto per ogni kWh di energia incentivata.

3. - L’adito Tribunale con sentenza 12 marzo 2018 n. 5233 ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia de qua, appartenente invece alla cognizione del giudice amministrativo, in quanto “attinente alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione concernenti la produzione di energia, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti” ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. o), cod. proc. amm.

4. - Le società hanno quindi riassunto tempestivamente il giudizio innanzi al T.A.R. Lazio deducendo «I) Violazione e falsa applicazione di legge, violazione del D.M. 6 luglio 2012, violazione dell’art. 21 co. 5 del D.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, violazione del D.M. 28 novembre 2009, punto 3.2; del D.M. 18 dicembre 2008, art. 2 lett. a). Eccesso di potere per violazione dei presupposti generali di efficienza, efficacia e buon andamento dell’azione amministrativa di cui agli artt. 3 e 97 Cost.; violazione del principio di certezza giuridica; violazione del principio di correttezza dell’azione amministrativa; travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti di diritto;

II) Indebito oggettivo, in quanto le società attrici avrebbero corrisposto importi superiori rispetto a quelli che avrebbero dovuto corrispondere al G.S.E. per i servizi dallo stesso resi; i pagamenti, così come pretesi dal Gestore, per la parte in eccedenza, si considerano effettuati senza titolo, non essendo supportati da alcuna causa giustificativa dell’attribuzione»; hanno quindi chiesto : «1) in via preliminare, per quanto occorra, qualora ritenga di natura regolamentare le Procedure Applicative del G.S.E., disapplicarle e/o annullarle in quanto contrarie al dettato normativo di cui all’art. 21 del D.M. 6 luglio 2012 e, conseguentemente, disapplicare e/o annullare ogni altro illegittimo atto del G.S.E. che ne faccia applicazione; 2) nel merito, condannare il G.S.E. alla restituzione degli importi illegittimamente percepiti in eccesso dalle società attrici sulla base dell’illegittimo criterio utilizzato, maggiorati degli interessi moratori di cui alla L. (rectius dlgs) n. 231/2002, decorrenti dalla data del pagamento con riserva o, in subordine, dalla data di messa in mora o, in ulteriore subordine dalla data domanda giudiziale o, in ulteriore subordine, dal giorno della sentenza 24 maggio 2016 n. 6102 emessa dal T.A.R. Lazio, sede di Roma.».

5. - L’adito T.A.R., nella resistenza dell’intimato G.S.E., con la sentenza segnata in epigrafe, ha accolto il ricorso, ritenendo che “La nozione di “energia elettrica incentivata” non coincide con quella di certificato verde” (pag. 7) e che “… il ragionamento del Gestore posto alla base del calcolo del contributo non coincide con la definizione normativa di base imponibile, che non è identificata con il numero dei certificati verdi emessi, ma con il numero dei kWh di energia incentivata” (pag. 8).

6. - Il G.S.E. ha tempestivamente appellato tale sentenza, chiedendone la riforma in quanto erronea e ingiusta alla stregua dei seguenti motivi: «I. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 21 co. 5 del d.m. 6 luglio 2012: manifesta illogicità della motivazione - motivazione apparente e contraddittoria - nullità della sentenza ai sensi degli articoli 88 co. 2, lett. d) e 105 co. 1 c.p.a. - annullamento per difetto assoluto di motivazione; II. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 lett. a) del d.m. 18 dicembre 2008: violazione dei criteri di interpretazione sistematica, contestuale e cotestuale - violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al Codice civile - erronea definizione del concetto di “energia incentivata”; III. Violazione e falsa applicazione del par. 2 dell’all. 1 del d.m. 24 dicembre 2014: travisamento degli effetti dell’annullamento di una disposizione di interpretazione autentica; IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 co. 144 della legge n. 244 del 2007 e dell’art. 1 co. 382 quater della legge n. 296 del 2006 in relazione agli articoli 1 e 15 delle disposizioni preliminari al Codice civile - omessa motivazione sui criteri ermeneutici; V. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 co. 1 della Costituzione - violazione del principio di eguaglianza e parità di trattamento - erronea qualificazione sulla natura della tariffa ex art. 21 co. 5 del d.m. 6 luglio 2012 - questione di legittimità costituzionale interpretativa ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953 - questione di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea.».

7. - Hanno resistito al gravame le società originarie ricorrenti, chiedendone il rigetto.

8. - All’udienza pubblica del 21 maggio 2024 la causa è passata in decisione.

9. - L’appello è fondato secondo quanto di seguito osservato.

9.1. - Va preliminarmente disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso in appello per difetto di specificità dei motivi e per inserimento di motivi intrusi in considerazione del fatto che la parte in diritto dell’atto di appello (pagg. 9 e ss.) contiene critiche specifiche avverso la sentenza impugnata, articolandosi in distinti motivi di ricorso (sub I, II, III, IV e V).

9.2. - Per quanto concerne il merito, si richiama in primis il disposto all’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 (recante: “Attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici”) la cui corretta interpretazione è fondamentale ai fini della definizione della presente controversia: «Per la copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE, i soggetti che, a qualsiasi titolo, accedono ai meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, anche già in esercizio e con eccezione degli impianti ammessi al provvedimento Cip 6/92, sono tenuti, a decorrere dal 1° gennaio 2013, a corrispondere allo stesso GSE, anche mediante compensazione degli incentivi spettanti, un contributo di 0,05 ceuro per ogni kWh di energia incentivata.».

9.3. - Ciò premesso, i motivi di appello sono suscettibili di trattazione unitaria, avendo ad oggetto la stessa questione.

9.3.1. - Come correttamente evidenziato dall’appellante G.S.E., il concetto di “energia incentivata” di cui all’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 su cui si fonda la pretesa dello stesso Gestore va necessariamente inteso quale energia tradottasi in incentivi, in considerazione del rilievo che l’“energia incentivata” è - in forza dell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2008 - l’“energia elettrica avente diritto agli incentivi”.

Infatti, secondo la citata previsione del 2008 “energia elettrica incentivata è la quantità di energia elettrica avente diritto agli incentivi di cui al presente decreto. L’energia elettrica incentivata, determinata dal GSE secondo le modalità dettagliate nell’allegato A, è stimata in via presuntiva nella fase di qualifica dell’impianto e riconosciuta successivamente in funzione della produzione annua netta o, in acconto, in funzione della producibilità attesa ai fini del rilascio dei certificati verdi, ovvero in funzione dell’energia immessa nel sistema elettrico per l’attribuzione della tariffa fissa onnicomprensiva”.

Detta disposizione ha, infatti, sancito una chiara equivalenza tra energia nominale ed energia incentivata attestata dai certificati verdi, questi ultimi definiti dall’art. 2, comma 1, lett. o), dlgs n. 387/2003 secondo cui sono tali i “diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, rilasciati nell’ambito dell’applicazione delle direttive di cui al comma 5 dell’art. 11 del medesimo decreto legislativo”.

Inoltre, l’art. 3, comma 1, del D.M. 18 dicembre 2008 statuisce che “La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, con esclusione della fonte solare, è incentivata mediante il rilascio dei certificati verdi di cui al titolo II del presente decreto, alle condizioni e secondo le modalità ivi previste. La produzione di energia elettrica mediante gli impianti di cui all’art. 9, comma 2, continua a beneficiare dei certificati verdi secondo le modalità e alle condizioni ivi richiamate.” (cfr. altresì Titolo II [artt. 8 e ss.] del D.M. 18 dicembre 2018).

Il T.A.R., pur richiamando a pag. 7 - ultimo periodo della sentenza appellata il menzionato art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2018 e il concetto di “energia incentivata” come “la quantità di energia elettrica avente diritto agli incentivi di cui al presente decreto”, tuttavia sempre a pag. 7 (quarto periodo) esclude - in modo contraddittorio - che il concetto di energia incentiva coincida con quello di certificato verde.

Il citato D.M. 18 dicembre 2008 recante “Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell’articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” è stato emanato in attuazione dell’art. 2, comma 150, legge n. 244/2007, comma abrogato dall’art. 25, comma 11, dlgs n. 28/2011. Tuttavia l’abrogazione della fonte primaria da cui discende il decreto ministeriale del 2008 non determina la caducazione dello stesso D.M.

Ritiene questo Collegio che il contributo spettante al Gestore - in base al dato normativo derivante dal combinato disposto degli artt. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 e 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2018 - vada calcolato sulla base dell’“energia incentivata” e quindi sulla base dei certificati verdi emessi a fronte dell’energia netta ceduta a sistema, moltiplicata per i relativi coefficienti.

Pertanto, non può condividersi il ragionamento, evidentemente non coerente, seguito dal primo giudice nella sentenza appellata e deve ritenersi che il D.M. 18 dicembre 2008 (e l’equivalenza che esso pone all’art. 2 tra energia incentivata ed energia avente diritto agli incentivi sub specie - ex art. 3, comma 1, del D.M. 18 dicembre 2008 - di emissione di certificati verdi) sia attualmente vigente ed operante quale criterio interpretativo dell’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012, dal momento l’abrogazione della fonte da cui lo stesso origina non ne comporta - come detto - l’automatica caducazione.

Conseguentemente le conclusioni cui è giunto il T.A.R. a pag. 8 della sentenza impugnata (secondo le quali il contributo dovuto al Gestore non può calcolarsi sulla base dei certificati verdi) collidono con la premessa giuridica posta dal primo Giudice (premessa su cui non si può che concordare, essendo in linea con il dato normativo del 2008 e del 2012), secondo cui è vero esattamente il contrario, e cioè che l’energia incentivata è proprio quella che ha diritto agli incentivi (cfr. pag. 7 della sentenza), e dunque gli stessi certificati verdi sono da considerarsi energia incentivata.

9.3.2. - Si può quindi affermare che, se i produttori di energia da fonte rinnovabile da biomasse (fattispecie rilevante nel presente contenzioso) sono stati ritenuti meritevoli dal legislatore (cfr. artt. 1, comma 382-quater, legge n. 296/2006 e 2, comma 144, legge n. 244/2007) - attraverso l’attribuzione di un coefficiente moltiplicativo di 1,3 o 1,8 - di un incentivo maggiore (e quindi di un numero maggiore di certificati verdi) rispetto al quantitativo di energia effettivamente prodotta specie con riferimento ai costi del combustibile, non presenti in nessuna delle altre forme di produzione di energia rinnovabile (come ammesso dalla parte appellata a pag. 10 della memoria del 19 aprile 2024), appare logica conseguenza che il contributo ex art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 dovuto dai produttori al G.S.E., essendo parametrato all’energia non già netta, bensì - per espressa previsione del citato art. 21, comma 5 - all’“energia incentivata”, sarà evidentemente maggiore: in conclusione maggiore è l’incentivo conseguito dall’impresa (e i corrispondenti CV), maggiore è evidentemente il contributo dovuto dall’impresa al G.S.E. ai sensi del richiamato art. 21, comma 5, senza che ciò determini, diversamente da quanto affermato dalle società appellate, un risultato illogico.

Semmai sarebbe assolutamente illogico ed irrazionale il risultato cui si perverrebbe se il contributo di cui all’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 fosse rapportato all’energia effettivamente prodotta poiché ne conseguirebbe che i produttori di energia da fonte rinnovabile da biomasse avrebbero diritto ad un incentivo maggiorato secondo i coefficienti in precedenza richiamati e tuttavia sarebbero tenuti a corrispondere al G.S.E. un contributo inferiore rispetto all’energia incentivata, con evidente attribuzione indebita di un doppio vantaggio derivante dalla medesima qualificazione dell’impianto.

9.3.3. - Inoltre, il T.A.R. nella sentenza appellata ha richiamato, a sostengo delle proprie argomentazioni, un suo precedente arresto (i.e. sentenza 24 maggio 2016, n. 6102), secondo cui “… l’amministrazione non ha evidenziato la base normativa per l’applicazione di una tariffa parametrata al numero di CV emessi (ancorché per il solo anno 2015), anziché all’energia incentivata …”.

Tuttavia, detta pronuncia del 2016 (avente ad oggetto il D.M. 24 dicembre 2014 recante “Approvazione delle tariffe per la copertura dei costi sostenuti dal Gestore servizi energetici GSE S.p.A. per le attività di gestione, verifica e controllo, inerenti i meccanismi di incentivazione e di sostegno delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, ai sensi dell’articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116”) non è pertinente in relazione alla fattispecie in esame. Essa aveva ad oggetto il contributo spettante al Gestore “per la copertura dei costi sostenuti dal Gestore dei servizi energetici per le attività di gestione, verifica e controllo, inerenti i meccanismi di incentivazione e di sostegno delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica”, laddove le peculiarità tipiche degli impianti a biomassa (rilevanti nella fattispecie oggetto del presente giudizio) hanno imposto al legislatore di predisporre una disciplina tecnica ad hoc, non superabile in forza del mero richiamo ad una diversa sentenza del 2016 che si riferisce genericamente agli “impianti diversi dai fotovoltaici”.

In conclusione, l’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 deve essere interpretato, alla luce del dato sistematico e teleologico in precedenza evidenziato, secondo quanto stabilito dal più volte richiamato art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2008.

9.3.4. - A pag. 8 della sentenza appellata il Giudice di primo grado sostiene che le disposizioni disciplinanti il coefficiente moltiplicativo (i.e. artt. 1, comma 382-quater, legge n. 296/2006 e 2, comma 144, legge n. 244/2007) non possano integrare l’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012, poiché erano state abrogate dall’art. 25, comma 11, dlgs n. 28/2011, a partire dal 2013 e dal 2016.

Tuttavia, detta impostazione non può essere seguita.

Come correttamente rilevato dal G.S.E., gli effetti dell’abrogazione sono validi ex nunc. Quindi la nozione di “energia incentivata” definita nell’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 deve continuare ad essere integrata da tali disposizioni, oltre che dall’art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2008, poiché il concetto di “energia incentivata” non può non coincidere con quello stesso definito nelle fonti precedenti.

9.3.5. - Inoltre, come sottolineato dall’appellante, il computo del contributo dovuto dagli operatori al G.S.E. ai sensi dell’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012, prendendo quale base imponibile non già l’energia netta, bensì quella risultante dai certificati verdi, realizza il principio di parità di trattamento ed eguaglianza tra i vari operatori del mercato.

Il legislatore, infatti, compiendo una scelta tecnico-discrezionale (non sindacabile in sede giurisdizionale, in quanto priva di vizi macroscopici) ha scisso il valore dell’energia netta da quella risultante dai certificati verdi, valutando ulteriori parametri che costituiscono esclusive peculiarità degli impianti a biomassa.

Il Gestore ha, quindi, correttamente utilizzato quale base imponibile del contributo ex art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 proprio i certificati verdi (ciò a prescindere se l’energia netta prodotta dalle società fosse inferiore o superiore al valore dei certificati verdi ottenuti); ciò al fine di adeguare la realtà giuridica a quella fattuale, e dunque dando rilievo anche alla “qualità” di energia prodotta, e non solo alla sua “quantità” netta.

In altri termini, il contributo spettante al Gestore non può prescindere dal valore reale dell’energia, che non è quello netto, bensì quello “finito”, e cioè quello tradottosi in certificati verdi di cui all’art. 3, comma 1, del D.M. 18 dicembre 2008.

Se si accedesse alle argomentazioni sostenute dal T.A.R. nella sentenza impugnata i soggetti (come le società appellate) che hanno ottenuto certificati verdi in numero maggiore rispetto all’energia effettivamente prodotta, laddove fosse applicata quale base imponibile per la determinazione del contributo dovuto al G.S.E. l’energia netta, conseguirebbero - come chiarito al precedente par. 9.3.2. - un ulteriore indebito vantaggio economico rispetto a quanto già ottenuto con i certificati verdi; all’opposto, i soggetti, che hanno prodotto un quantitativo maggiore di energia, ma ottenuto un numero inferiore di certificati verdi, si vedrebbero applicata una base imponibile maggiore calcolata sull’energia netta.

Ne consegue che l’interpretazione del concetto di “energia incentivata” ai fini della determinazione del contributo dovuto dai singoli operatori al G.S.E. ai sensi dell’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012, collegata al numero dei certificati verdi emessi, consente la parità di trattamento tra gli operatori economici.

9.3.6. - Alla luce delle sopra esposte considerazioni la questione di legittimità costituzionale sollevata dal G.S.E. a pag. 27 dell’atto di appello e la richiesta (peraltro formulata in via subordinata a pag. 29 dell’atto di appello) di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 del TFUE non possono trovare positivo apprezzamento, in considerazione del difetto del presupposto della rilevanza delle questioni, potendo le argomentazioni dell’appellante G.S.E. - come visto in precedenza - trovare accoglimento senza necessità di alcuna rimessione pregiudiziale.

10. - In conclusione, alla stregua delle argomentazioni svolte l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado.

11. - In considerazione della peculiarità e complessità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore