TAR Marche Sez. I n. 571 del 19 ottobre 2016
Sostanze pericolose. Amianto

La disciplina speciale che regola la materia della cessazione dell'impiego dell'amianto contiene principi in parte diversi da quelli applicabili al settore dei rifiuti e, in generale, all’inquinamento ambientale; dalla Legge n. 257/1992 e dal D.M. 6.9.1994 emerge la circostanza per cui l’amianto non è di per sé qualificabile come un rifiuto; nei casi di abbandono dei rifiuti o di inquinamento ambientale è possibile (anche se a volte molto difficoltoso) accertare chi sia stato il soggetto responsabile dell’inquinamento o, in negativo, se l’attuale proprietario del terreno inquinato o adibito a discarica abusiva sia o meno identificabile come responsabile della condotta illecita; nel caso dell’amianto la situazione è diversa, perché l’eternit diviene pericoloso per la salute pubblica solo a certe condizioni, il che implica una continua evoluzione della situazione e quindi anche il passaggio delle responsabilità fra cedente e cessionario dei beni immobili in cui sia presente la sostanza inquinante. Di conseguenza, l’obbligo di sorveglianza, di una situazione che può modificarsi nel tempo, consente di scindere le responsabilità e obbliga passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni (di pericolosità) per l’applicazione della normativa speciale.

Pubblicato il 19/10/2016

N. 00571/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00711/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 711 del 2015, proposto da:
Società l'Olivo Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Galvani C.F. GLVNDR61P25A271P, Giorgia Sebastiani C.F. SBSGRG75S69C615H, con domicilio eletto presso Avv. Andrea Galvani in Ancona, corso Mazzini, 156;

contro

Comune di Jesi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Lucchetti C.F. LCCLSN68M28A271R, con domicilio eletto presso Avv. Alessandro Lucchetti in Ancona, corso Mazzini, 156;
Comune di Jesi - Sindaco,
Comune di Jesi - Sindaco quale Ufficiale di Governo,
Comune di Jesi - Dirigente Area Servizi Tecnici;

nei confronti di

Amministrazione Fallimentare Società M.A.B. Srl,
Azienda Sanitaria Unica Regionale - ASUR Marche,
Azienda Sanitaria Unica Regionale - ASUR Marche - Area Vasta N. 2,
Azienda Sanitaria Unica Regionale - ASUR Marche - Area Vasta N. 2 - Dipartimento di Prevenzione di Jesi,
Andrea Latini,
Società Limfin Srl in liquidazione;

e con l'intervento di

ad opponendum
Giorgia Giacani, Antonio Cuglia, rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Polita C.F. PLTMRC53M22E388Z, domiciliato presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

per l'annullamento

- dell’ordinanza sindacale 31.7.2015 n. 87 per interventi su struttura contenente amianto;

- degli atti connessi del procedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Jesi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2016 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ordinanza 31.7.2015 n. 87, adottata ai sensi della Legge n. 257/1992, del DM 6.9.1994, dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 e oggetto di gravame insieme agli atti presupposti e connessi del procedimento amministrativo, il Comune di Jesi disponeva, a carico della ricorrente, una pluralità di interventi urgenti proposti dall’ASUR Marche che rilevava possibili pericoli, per gli edifici residenziali nelle vicinanze, conseguenti allo stato di degrado della copertura in cemento-amianto dell’edificio sito in via Roma 33 di proprietà della stessa ricorrente.

In particolare veniva ordinato:

- di eseguire, entro 45 giorni, interventi di incapsulamento conservativo e riparazione delle zone danneggiate con prodotti incapsulanti certificati ai sensi del DM 20.8.1999 mirati alle parti rotte della copertura. Entro lo stesso termine veniva ordinato anche di procedere alla pulizia delle gronde e alla rimozione delle eventuali lastre a terra;

- la rimozione, entro il 31.12.2015, della copertura in cemento-amianto dell’edificio.

Qualora la ricorrente avesse preferito effettuare la sollecita rimozione della copertura, avrebbe potuto (in alternativa alle predette misure), presentare al Comune e all’ASUR, entro 30 giorni, un piano di lavoro ai sensi dell’art. 256 del D.Lgs. n. 81/2008, da eseguire entro 45 giorni dal parere favorevole espresso dall’ASUR sul piano proposto.

Si è costituito il Comune di Jesi per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.

Si sono altresì costituiti, ad opponendum, i Sigg. Giacani Giorgia e Cuglia Antonio, allegando di essere residenti a ridosso dell’edificio in questione e direttamente esposti ai pericoli derivanti dall’amianto presente nella relativa copertura.

2. Con un’unica ed articolata censura viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, degli artt. 192, 239 e ss. del D.Lgs. n. 152/2006, del DM 6.9.1994, del D.Lgs. n. 81/2008, della Legge n. 241/1990, nonché eccesso di potere sotto svariati profili.

In particolare viene dedotto:

- che non sussistevano i presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente perché la situazione era nota dal 2013, era stato redatto un programma di manutenzione e controllo del materiale nell’ottobre 2014 con sopralluoghi dell’ASUR, la quale, nella relazione del dicembre 2014, non evidenziava ragioni di urgenza, mentre, nella relazione del 17.6.2015, proponeva la programmazione di un intervento di bonifica entro 12 mesi a fronte di un eventuale pericolo derivante dalla sola presenza di alcuni frammenti e danneggiamenti della copertura. Di conseguenza il Comune avrebbe dovuto esercitare i poteri ordinari di cui all’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006;

- che l’edificio è stato realizzato abusivamente dalla società Limfin (che poi ha chiesto il condono nel 1986) e utilizzato dalla società MAB. La ricorrente è mera proprietaria del terreno e non era a conoscenza dell’edificazione, dovendosi pertanto considerare proprietario incolpevole. L’ordine avrebbe dovuto essere rivolto alla società Limfin benché abbia cessato l’attività nel 1994 e sia stata posta in liquidazione, in quanto devono rispondere i soci fino alla concorrenza delle somme riscosse con il bilancio finale di liquidazione ai sensi dell’art. 2495 CC. C’è comunque responsabilità solidale degli amministratori ai sensi dell’art. 192 c. 4 del D.Lgs. n. 152/2006.

L’articolata censura non può trovare condivisione.

In via generale occorre premettere che questo Tribunale ha già esaminato fattispecie analoghe, svolgendo le considerazioni che possono così essere riassunte (cfr. TAR Marche, 5.6.2015 n. 467):

- la disciplina speciale che regola la materia per cui è causa (cessazione dell'impiego dell'amianto) contiene principi in parte diversi da quelli applicabili al settore dei rifiuti e, in generale, all’inquinamento ambientale;

- dalla Legge n. 257/1992 e dal D.M. 6.9.1994 emerge la circostanza per cui l’amianto non è di per sé qualificabile come un rifiuto;

- nei casi di abbandono dei rifiuti o di inquinamento ambientale è possibile (anche se a volte molto difficoltoso) accertare chi sia stato il soggetto responsabile dell’inquinamento o, in negativo, se l’attuale proprietario del terreno inquinato o adibito a discarica abusiva sia o meno identificabile come responsabile della condotta illecita;

- nel caso dell’amianto la situazione è diversa, perché l’eternit diviene pericoloso per la salute pubblica solo a certe condizioni, il che implica una continua evoluzione della situazione e quindi anche il passaggio delle responsabilità fra cedente e cessionario dei beni immobili in cui sia presente la sostanza inquinante. Di conseguenza, l’obbligo di sorveglianza, di una situazione che può modificarsi nel tempo, consente di scindere le responsabilità e obbliga passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni (di pericolosità) per l’applicazione della normativa speciale.

Poste tali premesse, va osservato che sussisteva l’urgenza di intervenire poiché, trattandosi di una situazione in evoluzione, gli accertamenti eseguiti dopo l’avvio del procedimento (avvenuto nel 2013) non potevano considerarsi definitivi e irripetibili, tanto è vero che l’ordinanza oggetto di gravame, sulla scorta degli accertamenti successivi, diversifica gli interventi a carico della proprietà, distinguendo tra quelli da eseguire entro 45 giorni (incapsulamento conservativo e riparazione mirati alle parti danneggiate della copertura) e quelli da eseguire entro il 31.12.2015 (rimozione della copertura), con possibilità di optare immediatamente per un intervento unitario previa elaborazione di un piano di lavoro.

Del resto anche parte ricorrente ammette l’esistenza di parti danneggiate della copertura, pur ritenendo che la sola presenza di alcuni frammenti e danneggiamenti escluda pericoli per l’incolumità, senza tuttavia fornire elementi tecnici a confutazione di quanto accertato dai competenti organismi pubblici e per ritenere che il pericolo possa considerarsi definitivamente superato attraverso meri interventi di riparazione di una copertura comunque in stato di degrado spontaneo dovuto al naturale invecchiamento delle lastre e che libera materiale friabile e polverulento rinvenuto depositato in gronda (cfr. relazione ASUR del 17.6.2015).

Per quanto concerne l’ulteriore doglianza, relativa alla pretesa applicabilità della disciplina sui rifiuti e all’impossibilità di coinvolgere il proprietario incolpevole, vanno richiamati i principi giurisprudenziali esposti in precedenza e condivisi anche dall’odierno Collegio. Di conseguenza l’ordinanza non poteva che essere rivolta all’attuale detentore del bene su cui grava l’onere di sorveglianza e di eliminazione del pericolo.

3. Il ricorso va conclusivamente respinto.

4. Le spese di giudizio possono essere compensate considerata la particolarità e per certi versi complessità della vicenda in esame.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Gianluca Morri, Consigliere, Estensore

Simona De Mattia, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Gianluca Morri        Maddalena Filippi