Il clientelismo nella modalità di attribuzione della caratteristica di pericolosità H14.

di Andrea VOLPATO

 

Introduzione

 

In molti hanno sottolineato, a più riprese, il “nuovo” modus operandi per l’attribuzione della caratteristica di pericolosità H14 statuito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28 di conversione, con modificazioni, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2. A seguito della legge di cui trattasi, l’allegato D punto 5 alla parte IV del D.Lgs n. 152 del 2006 viene rivisto stabilendosi l’”affidamento” all’accordo ADR sottosezione 2.2.9.1.2 (M6 ed M7) per l’assegnazione dello H14.

La nostra impressione è che trattasi dell’inveterato approccio lobbistico, sempre più “guastante” il nostro Paese, cosicché anche le nostre problematiche serie e di interesse collettivo, sembrano favorire i pochi, penalizzando i molti.

A lungo si è già dibattuto sull’attribuzione dello H14, con un ping pong di pareri1 ed interpretazioni di esperti del settore1 e pertanto non ci dilungheremo su questioni pregresse ma piuttosto sulle implicanze e peculiarità addotte dalla legge de qua.

 

Trattazione

 

L’ADR è l’accordo internazionale sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada, nato a Ginevra il 30 settembre 1957 sotto l’egida dell’UNECE2 ed entrato in vigore il 29 gennaio 1968. Il suo carattere di internazionalità presuppone un recepimento a livello europeo che ritroviamo nella direttiva 2010/61/CE, a sua volta adottata da ogni stato membro nel sistema legislativo nazionale (in Italia con il D.Lgs 27 gennaio 2010, n. 35). E’ palese, quindi, il carattere internazionale ed extra europeo dell’ADR che annovera molti paesi firmatari non appartenenti all’UE, ed è per questo che per la classificazione delle sostanze, oggetti e miscele si fa riferimento al GHS (Globally Harmonized System) e (si badi) non al regolamento 1272 del 16 dicembre 2008 (in appresso CLP3), quest’ultimo in fase di recepimento della rev. 4 del GHS (pubblicata nel 2011).

L’infelice scelta del legislatore che opta per l’ADR quale soluzione per l’assegnazione dello H14, ha diverse ripercussioni interpretative che cercheremo di spiegare con il “criterio” dell’interesse sottostante. Va rammentato che l’accordo ADR regolamenta il trasporto, con le fasi ad esso afferenti, di merci pericolose e che riprende le modalità di classificazione dal GHS, non dettando esso stesso i criteri di classificazione bensì riportandoli.

Veniamo all’articolato della legge 24 marzo 2012, n. 284 e più precisamente all’allegato D punto 5, il cui testo recita nella seconda parte: “Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14, di cui all'allegato I, la decisione 2000/532/CE non prevede al momento alcuna specifica. Nelle more dell'adozione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di uno specifico decreto che stabilisca la procedura tecnica per l'attribuzione della caratteristica H14, sentito il parere dell'ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai rifiuti secondo le modalità dell'accordo ADR per la classe 9 - M6 e M7”. Di quale ADR si parla? 2011 o 2009? L’ADR viene rivisto ogni due anni ed a fine 2012 verrà pubblicata la versione ADR 2013 che entrerà in vigore il 1° luglio 2013 e su base volontaria dal 1° gennaio 2013. Si ritiene che questo sia un primo aspetto importante della novella normativa, che non specificando quale versione sia da prendere a riferimento sembra consentire una ampia scelta. Inoltre, nel capitolo 1.6 “disposizioni transitorie” l’ADR 2011 alla sottosezione 1.6.1.19 viene prevista, proprio per la classificazione delle sostanze pericolose per l’ambiente acquatico (M6 e M7) una deroga “Le disposizioni del 2.2.9.1.10.3 e del 2.2.9.1.10.4 relative alla classificazione delle materie pericolose per l’ambiente applicabili fino al 31 dicembre 2010 possono essere applicate fino al 31 dicembre 2013” consentendo l’utilizzo dei criteri dell’ADR 2009 ai fini della classificazione delle sostanze pericolose per l’ambiente acquatico! Va da sé che ad un rifiuto cui si assegna la caratteristica di pericolosità H14, in base all’ADR viene di conseguenza trasportato ai sensi dell’accordo stesso e quindi dovrà riportare l’etichettatura idonea, gli imballaggi omologati (se del caso), la marcatura e placcatura delle unità di trasporto e dei veicoli etc. Tuttavia l’ADR, per quanto concerne i rifiuti di composizione non esattamente nota, fattispecie non tanto improbabile, recita alla sottosezione 2.1.3.5.5: “Se la materia da trasportare è un rifiuto, la cui composizione non è esattamente conosciuta, la sua assegnazione a un numero ONU e a un gruppo d’imballaggio conformemente a 2.1.3.5.2 può essere basata sulle conoscenze del rifiuto che ha lo speditore, come pure su tutti i dati tecnici e dati di sicurezza disponibili, richiesti dalla legislazione in vigore, relativa alla sicurezza e all’ambiente” e quindi potrebbe essere assegnato lo H14 senza basarsi sulle modalità previste per gli M6 e M7, ma solo sull’esperienza calata nel contesto legislativo e tecnico in essere. Nondimeno, la classificazione di un rifiuto in un’altra classe di pericolosità non esime dalla “verifica” di assoggettabilità allo H14 come ribadito da ADR 2.1.3.8 e dal CLP, né si può richiamare l’accordo multilaterale M222 che per sua natura concerne solo il trasporto internazionale in deroga (vedi ADR 1.5.1) tra paesi che lo hanno sottoscritto (ad oggi Italia, Austria, Liechtenstein e Repubblica Ceca) e quindi non riferibile al disposto normativo della L. n.28/2012 di carattere prettamente nazionale. Inoltre, l’accordo M222 consente di non considerare la classificazione di una parte di rifiuto aggiunta, per errore, ad un rifiuto già classificato a patto che non aumenti la pericolosità del carico stesso. Esemplificando: se abbiamo un rifiuto classificato UN 3175, classe 4.1 e “per errore” un altro rifiuto con ad es. UN 3082, classe 9 venisse con esso a contatto, allora - premesso che non vi sia incidenza di aumento di pericolosità al carico - potremmo non considerare il rifiuto UN 3082 ai fini della classificazione del carico stesso. Ciò pare costituire un’evenienza rara nella corretta gestione dei rifiuti.

Richiamando la parte procedimentale vera e propria di cui ai punti 2.2.9.1.10.3 e 2.2.9.1.10.4 di ADR concernenti gli M6 ed M7, volendosi considerare i rifiuti, o parte di essi, come una miscela formata da più sostanze inquinanti, si deve applicare un approccio per gradi (tiered approach). Per i rifiuti di composizione non nota, o parzialmente nota, si dovrebbe procedere con i test di eco-tossicità tenuto conto dell’applicabilità degli stessi. I dati ottenuti con metodi di prova per la determinazione dell’eco-tossicità, come ribadito sia da ADR 2011 sia dal CLP (e GHS) che dalla direttiva 1999/45/CE, hanno valenza preponderante sui metodi che di seguito verranno riferiti. A nostro modesto avviso, nel caso dei rifiuti, i principi “ponte” non dovrebbero essere presi in considerazione in quanto concepiti per miscele simili di sostanze e, pertanto, di improbabile attuazione in campo ambientale (disomogeneità di composizione del rifiuto). L’applicazione dei principi ponte nel caso di miscele di sostanze ha carattere molto dissimile rispetto ai rifiuti. I rifiuti, nella maggior parte dei casi transitano attraverso impianti di stoccaggio i quali spesso sottopongono (o dovrebbero sottoporre!) gli stessi a lavorazioni ed è pertanto inverosimile che si possano accomunare lotti di rifiuti ancorché costituiti da medesime tipologie. Lo stesso decreto 27 settembre 20105 all’allegato 1 sottolinea la necessità di determinare le caratteristiche di ciascun lotto proprio perché detti impianti non “fanno parte di un flusso di rifiuti ben caratterizzato”. Le miscele possono essere formate sia da componenti classificati (categorie di tossicità acuta 1, e/o cronica 1, 2) sia da componenti per i quali esistono adeguati dati sperimentali sulla tossicità. In quest’ultimo caso, la tossicità combinata di questi componenti deve essere calcolata con l’aiuto delle formule di additività, diversamente, per le miscele costituite da componenti classificati (categorie di tossicità acuta 1, e/o cronica 1, 2), deve essere utilizzato il metodo della somma. Pertanto, per i rifiuti a composizione nota e cioè caratterizzati da un’attenta analisi del processo produttivo e delle materie prime coinvolte, si devono utilizzare le formule di additività nel caso in cui si conoscano i dati sperimentali di tossicità dei componenti, ovvero il metodo della somma nel caso in cui si conosca la classificazione dei singoli inquinanti. Quest’ultimo è riconducibile ai metodi convenzionali di cui al D.Lgs 14 marzo 2003, n. 65 e viene riassunto nelle tabelle seguenti:

 

per i componenti classificati acuta 1

 

Somma delle concentrazioni (in %)

dei componenti classificati in

Miscela classificata in

Acuta 1 x M ≥ 25 %

Acuta 1

 

 

 

 

 

per i componenti classificati cronica 1 o 2

 

Somma delle concentrazioni (in %)

dei componenti classificati in

Miscela classificata in

Cronica 1 x M ≥ 25 %

Cronica 1

(M x 10 x Cronica 1) + Cronica 2 ≥ 25 %

Cronica 2

 

In generale, I “componenti rilevanti” di una miscela sono quelli la cui concentrazione è uguale o superiore a 0,1% (massa) per i componenti classificati come aventi una tossicità Acuta e/o Cronica 1, e uguale o superiore a 1% (massa) per gli altri componenti, salvo che si supponga (per esempio nel caso di un componente molto tossico) che un componente presente a una concentrazione inferiore a 0,1% giustifichi nondimeno la classificazione della miscela per il pericolo che presenta per l’ambiente acquatico. E’ fondamentale notare, ed evidenziare, che i componenti di tossicità Acuta 1 o Cronica 1 aventi una tossicità acuta a concentrazioni nettamente inferiori a 1 mg/l e/o una tossicità cronica a concentrazioni nettamente inferiori a 0,1 mg/l (se non rapidamente degradabili) ed a 0,01 (se rapidamente degradabili) sono suscettibili di influenzare la tossicità della miscela ed attribuire loro un peso più importante nell’applicare il procedimento della somma. A tal proposito il regolamento CLP ha introdotto il fattore moltiplicatore M per le sostanze classificate “pericoloso per l’ambiente acquatico” di cat. acuta 1 o cronica 1, “sostituendo” de facto i limiti di concentrazione specifici. I fattori M vengono utilizzati in applicazione del metodo della somma per la classificazione di miscele contenenti sostanze molto tossiche (per l’ambiente) e possono essere differenti per la tossicità acuta 1 e cronica 1. Il concetto di fattore M è stato introdotto per dare un peso maggiore alle sostanze altamente tossiche: proprio per questo esso si applica solamente alle sostanze pericolose per l’ambiente acquatico di categoria acuta 1 e cronica 1. Sono specifici per ogni sostanza e devono essere stabiliti dal fabbricante, importatore o utilizzatore a valle della sostanza qualora non siano stati armonizzati e quindi presenti nella parte 3, tabella 3.1 del CLP. I fattori M, in ADR 2011, vengono calcolati sulla base delle L(E)C50 (mg/l) per i componenti classificati “aquatic acute 1” mentre si devono considerare i NOEC (mg/l) (no observed effect concentration cioè il più alto livello di concentrazione per il quale non si evidenziano effetti) per la tossicità cronica distinguendo tra le sostanze non rapidamente degradabili e quelle rapidamente degradabili. Si ritiene opportuno precisare che quanto statuito in ADR 2011 e poc’anzi descritto, è stato recepito nel CLP con il regolamento europeo n. 286/20116 il quale diventerà norma cogente solo a partire dal 1° giugno 2015 (dal 1° dicembre 2012 per le sostanze) mentre il regolamento CLP oggi in vigore considera solamente gli L(E)C50 per il calcolo dei fattori M così come si ritrova in ADR 2009.

Ed è a questo punto che trova ingresso (e che si gioca la partita de) il clientelismo legislativo. A nostro modesto avviso, la sottosezione 2.2.9.1.10.5 si applica residualmente ai criteri posti nelle sottosezioni 2.2.9.1.10.3 e 2.2.9.1.10.4 sopra indicati: quindi il CLP, ovvero la direttiva 1999/45/CE, sono succedanei all’approccio GHS/ADR, anche se quest’ultimi sono del tutto analoghi al CLP per quanto concerne la pericolosità per l’ambiente acquatico delle categorie di cui trattasi. Infatti, la richiamata sottosezione recita: “Se non ci sono dati disponibili per la classificazione conformemente ai criteri del 2.2.9.1.10.3 e 2.2.9.1.10.4, una materia od una miscela:

(a) deve essere classificata come una materia pericolosa per l’ambiente (ambiente acquatico) se gli devono essere attribuita/e la/e categoria/e “Acquatica Acuta 1”, “Acquatica Cronica 1” o “Acquatica Cronica 2” conformemente al Regolamento 1272/2008/CE o, qualora ancora pertinente conformemente al citato Regolamento, la/e frase/i di rischio R50, R50/53 o R51/53 conformemente alle Direttive 67/548/CEE o 1999/45/CE”. Tuttavia, dato che nel regolamento CLP ovvero nell’inventario delle sostanze sono riportati pochi fattori M, l’ADR, per quanto poc’anzi cennato, prevede in subordine l’applicazione dei metodi convenzionali di cui alla direttiva 1999/45/CE. Come già sottolineato, la legge in commento ha come primo ed unico intento quello di caratterizzare un rifiuto senza tenere in considerazione le sostanze classificate R52/53 ovvero le sostanze pericolose per l’ambiente che pur avendo diversa classificazione in quanto tali (in particolare R50/53, R51/53) possono determinare la classificazione di un preparato (ora miscela) in base alla loro concentrazione, atteso che non vi sia un limite specifico, nel qual caso se ne dovrà tenere conto, e che la concentrazione sia superiore al valore indicato in allegato IX al D.lgs del 16 marzo 2003, n. 65. Qui di seguito, per maggior chiarezza esplicativa, si riporta la tabella 1 di cui all’allegato II, parte B del decreto ora citato.

 

 

 

Classificazione della sostanza

Classificazione del preparato

N, R50-53

N, R51-53

R52-53

N, R50-53 (0,1 < L(E)C50 ≤ 1)

Cn ≥ 25%

2,5% ≤ Cn ≤ 25%

0,25% ≤ Cn ≤ 2,5%

N, R51-53

 

Cn ≥ 25%

2,5% ≤ Cn ≤ 25%

R52-53

 

 

Cn ≥ 25%

 

Il d.lgs 3 dicembre 2010, n. 2057 nella nota 2 all’allegato I stabilisce, ove pertinente, l’applicazione dei limiti di cui alla direttiva 1999/45/CE (si noti che non viene citato il decreto di recepimento di tale direttiva!) e pertanto ci si deve riferire, con le eccezioni del caso, alla tabella su riportata escludendo la colonna in grassetto in attuazione delle modifiche apportate dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

Infatti, l’ADR, considera pericolose per l’ambiente acquatico, ai fini del trasporto di merci pericolose su strada, solo le sostanze di tossicità acuta di categoria 1 (N, R50 e R50-53), di tossicità cronica di categoria 1 (N, R50-53) e di tossicità cronica di categoria 2 (N, R51-52) escludendo pertanto quelle sostanze la cui classificazione rientra nella tossicità cronica di categoria 3 cioè quelle classificate R52-53 ai sensi della direttiva 67/548/CEE. In tal modo, sembra qui, come dire…. chiarirsi quale sia il reale intento del legislatore!

A titolo esemplificativo, si consideri una scoria che contiene, tra l’altro, anche ossido di zinco con tenore dell’1,5% e cioè ca. 12.000 p.p.m. (mg/kg) di (ione) zinco. L’ossido di zinco è classificato come aquatic acute 1 e aquatic chronic 1 ai sensi del CLP e N, R50-53 ai sensi della direttiva 67/548/CEE, in entrambi i casi senza limiti specifici di concentrazione. Quindi, il rifiuto contenente ossido di zinco prima dell’entrata in vigore della legge in discorso presentava limite di 2.500 p.p.m. per l’attribuzione dello H14 mentre ora questo limite, per le considerazioni su esposte, è stato elevato a 25.000 p.p.m. con il risultato che la nostra scoria, oggi, non sarebbe considerata pericolosa. Purtroppo, l’atteggiamento, ci si consenta “dilettantistico” che ha portato alla stesura dell’articolato de qua, non ha tenuto conto di tutti quei casi in cui siamo in presenza di sostanze ben più preoccupanti dell’ossido di zinco che continuiamo ad utilizzare nella cura corporea dei nostri neonati. Due esempi fanno capire la rilevanza (se non la gravità) di siffatte novità normative. Si consideri, ad esempio, il naftalene, un IPA, classificato carc. cat. 3 R40, Xn R22 e N, R50-53. Un rifiuto contenente naftalene non sarà pericoloso se non al superamento della soglia dei 10.000 p.p.m. per la cancerogenità di categoria 3, mentre il limite più basso precedente alla legge n. 28/2012 era 2.500 p.p.m. (per l’attribuzione dello H14). Da ultimo, consideriamo la categoria dei pesticidi, gran parte dei quali è anche classificata come N, R50-53. Molti terreni contaminati da pesticidi senza limite specifico (diuron, aldicarb, carbosulfan etc.) non sono più da considerarsi pericolosi per l’ambiente se detti pesticidi sono in concentrazione inferiore a 25.000 p.p.m. (prima 2.500 p.p.m.!). In realtà la trattazione è più complessa e non può esimere dal non considerare anche la modifica alla tabella di cui sopra, introdotta dalla direttiva 2006/8/CE8 del 23 gennaio 2006 (mai recepita dall’ordinamento italiano) che rapporta la classificazione di un preparato come N, R50-53, N, R51-53 o R52-53 alla L(E)C50 della sostanza contenuta nel preparato e classificata N, R50-53 e pertanto la prima riga della tabella è in realtà una semplificazione che presuppone 0,1 < L(E)C50 ≤ 1.

Mantenendo i fattori M avremmo potuto applicare il metodo della somma. Per chiarezza si riportano alcuni esempi di terreni contaminati da pesticidi di cui si conosce l’identità e la concentrazione determinata analiticamente: contaminazione da alochlor pari allo 0,007 %, il rifiuto risulta non pericoloso in quanto il valore soglia per l’alochlor è pari allo 0,01 %. Se gli inquinanti sono invece mevinphos allo 1 x 10 -3 % (M=10.000, aquatic acute 1 e aquatic chronic 1) e ziram allo 0,2 % (M=100, aquatic acute 1 e aquatic chronic 1), in entrambi i casi i valori sono sopra il valore soglia e pertanto è possibile applicare il metodo della somma. Rientra nella classificazione di categoria acuta 1 in quanto 0,2 x 100 + 0,001 x 10.000 ≥ 25 % e pertanto al terreno posso attribuire la caratteristica di pericolosità H14. Da ultimo, thiram allo 0,005 % (M=10, aquatic acute 1 e aquatic chronic 1) e amitraz allo 0,012 % (M=10, aquatic acute 1 e aquatic chronic 1), la miscela deve essere classificata come cronica di cat. 3 (R52-53) ma come sappiamo l’ADR esclude questa categoria tra le pericolosità per l’ambiente acquatico da considerarsi in ambito trasporto merci pericolose e quindi anche ai sensi della L. n. 28/2012.

Gli esempi appena riportati non tengono in considerazione la classificazione completa della sostanza, ma solo quella inerente alla pericolosità riferibile allo H14.

Si ritiene che, nonostante l’applicabilità della direttiva 1999/45/CE fino al 1° giugno 2015 nella fattispecie residuale di cui sopra, sia opportuno, ove possibile, considerare i fattori M in quanto costituiscono adeguamento al progresso tecnico e scientifico, principio a cui tutte le normative vigenti di settore, e nondimeno l’ADR, si appellano. Pertanto, la scelta dell’approccio più opportuno (e non più…..conveniente!) dovrebbe essere basata sulla possibilità oggettiva dell’applicazione del metodo della somma ai sensi dell’ADR, e di riflesso del CLP, mentre solo in subordine della direttiva 1999/45/CE. Va da sé che non si possono applicare i fattori M ove ci si avvalga dei metodi convenzionali di cui all’allegato III parte A e B della direttiva in commento.

Doverosamente, si ritiene precisare che esistono diverse opinioni sull’applicazione temporale della direttiva 1999/45/CE rispetto al CLP. A nostro modesto avviso, in generale, per quanto attiene le sostanze in quanto tali, si dovrebbe fare riferimento al CLP, parte 3 tabella 3.1 dal 1° dicembre 2010, mentre per quanto concerne le miscele e quindi nei casi di fattispecie inerenti ai rifiuti, alla direttiva 1999/45/CE sino al 1° giugno 2015 con le opportune eccezioni del caso, si veda lo H14. L’entrata in vigore della L. n. 28/2012 cozza contro questa interpretazione dato che, afferendo all’ADR, impone l’utilizzo dei criteri sanciti nel GHS che, seppur con minime differenze, vengono periodicamente recepiti negli emendamenti al CLP, contraddicendo quanto enunciato nella nota 2 dell’allegato I del d.lgs 3 dicembre 2010, n 205, il quale poi richiama la direttiva 1999/45/CE (si noti che l’ADR esisteva anche al momento della pubblicazione del cit. D.Lgs. 205/2010).

 

Conclusioni

 

Concludendo, a nostro modesto avviso, sembra improvvido richiamarsi alla disciplina dell’ADR per normare l’attribuzione dello H14, poiché l’accordo disciplina i trasporti, preoccupandosi quindi di tenere in considerazione i rischi connessi, ad esempio, ad un incidente stradale.

Paradossalmente, sarebbe stato più efficace (e meno confusionario o contraddittorio o erroneo) far riferimento, semplicemente ad un regolamento europeo, quale il CLP, restringendo il campo di applicazione alle categorie acuta 1 e cronica 1 e 2 onde ottenere, appunto, questi voluti effetti (a nostro avviso “clientelari”) pro bono pacis!

 

 

1 Si vedano i contributi offerti nel volume collettaneo (a cura di A.PIEROBON), Nuovo Manuale di diritto e gestione ambientale, Rimini, 2012. In particolare sia permesso rinviare ai nostri scritti titolati: <La classificazione dei rifiuti alla luce del CLP> (pagg. 507-516) e pure <Il regolamento 1013/2006/CE.L’Allegato VII: usi e abusi> (pagg. 605-618). Da ultimo si veda anche la rassegna delle varie tesi “tecniche” (addirittura cinque) contenuta nell’articolo di A.PIEROBON, Ancora sull’H14: aggiornamenti in seguito alla conversione del d.l. 9.2.2012, n.5, cosiddetto “decreto semplificazioni”, leggibile in http://www.pierobon.eu/convers/p1253634.20120529_162811.pdf.

Di particolare rilevanza il parere espresso all’Istituto Superiore di Sanità del 5 luglio 2006, prot. n. 0036565 diventato cogente a seguito di pubblicazione in G.U. con D.M. 4 agosto 2010.

2 UNECE: United Nations Economic Commission for Europe.

3 Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006.

4 Legge 24 marzo 2012, n. 28 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (G.U. n. 71 del 24 marzo 2012).

5 decreto 27 settembre 2010, definizione dei criteri di assimilabilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005.

6 REGOLAMENTO (UE) N. 286/2011 DELLA COMMISSIONE del 10 marzo 2011 recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele (secondo ATP al CLP). Il regolamento 286/2011 adegua le disposizioni tecniche e i criteri degli allegati al regolamento (CE) n. 1272/2008 alla terza edizione riveduta del GHS.

7 Decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.

8 DIRETTIVA 2006/8/CE DELLA COMMISSIONE del 23 gennaio 2006 che modifica, per adeguarli al progresso tecnico, gli allegati II, III e V della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.