Cass. Sez. III n. 32585 del 3 ottobre 2025 (UP 18 set 2025)
Pres. Liberati Est. Galanti Ric. Cartone
Rumore.Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare. Ciò discende dalla pacifica natura di reato di pericolo della contravvenzione in esame, tanto che la violazione può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e può consistere anche in un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo, recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui


RITENUTO IN FATTO 
1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza in data 01/04/2025, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 28/02/2017, che aveva assolto Paola Cartone in ordine al reato di cui all’articolo 659 cod. pen., dichiarava la stessa responsabile del reato ascritto ai soli effetti civili e la condannava a risarcire il danno, in favore della parte civile costituita Tripodo Salvatore, nella misura stabilita in euro 1.000,00.
2. Avverso la sentenza l’imputata propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 659 cod. pen..
La Corte di Appello ha accertato il disturbo esclusivamente nei confronti del denunciante signor Tripodo, il quale ha riferito di essere stato disturbato dai rumori del pub adiacente, tanto che all'epoca in cui fu sporta la querela intervenne di personale di Arpa Reggio Calabria.
I secondi giudici si sono limitati a considerare che i rumori avevano superato la normale tollerabilità basandosi su meri rilievi fonometrici, che peraltro appaiono inutilizzabili (v. motivo che segue), senza valutare la diffusività degli stessi e il potenziale danno a una serie indeterminata di soggetti; inoltre, l'affermazione di responsabilità si basa affermazioni meramente assertive in ordine alla idoneità dei rumori a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione legge e travisamento della prova, con conseguente contraddittorietà della motivazione.
La Corte di appello fonda la pronuncia di condanna agli effetti civili esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa e i rilievi fonometrici, ma gli accertatori non hanno verificato quale fosse la destinazione urbanistica degli immobili, che è commerciale e non abitativa, con conseguente inapplicabilità dei parametri utilizzati dal personale ARPA per valutare il superamento delle soglie di tollerabilità.
La ricorrente evidenzia che, dalla relazione di consulenza tecnica disposta in seno a processo amministrativo celebrato dinanzi al T.A.R. di Reggio Calabria, eventuali abitazioni private realizzate all'interno del centro commerciale debbono ritenersi totalmente abusive; pertanto, non possono applicarsi gli standard previsti per le civili abitazioni.
Il certificato di agibilità prodotto dalla parte civile non ha pertanto alcun rilievo, in quanto concerne un residence e quindi una attività come destinazione recettivo-alberghiera e non anche una civile abitazione, cui non possono applicarsi gli standard fonometrici previsti per tali immobili.
2.3. Con il terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 652 cod. proc. pen..
In presenza di una assoluzione perché il fatto non sussiste non poteva essere disposto il risarcimento in favore della parte civile, posto che l'articolo 652 riconduce al novero delle pronunce penali idonee a produrre effetti vincolanti in sede extrapenale esclusivamente le sentenze di assoluzione pronunciate in esito al dibattimento.
Nel caso di specie, il giudice di primo grado, stante la natura commerciale degli immobili, ha ritenuto inutilizzabile la perizia fonometrica fondata sui parametri da rispettare in ambienti abitativi ed ha assolto l’imputata con sentenza penale irrevocabile, per cui non si comprende come possa essere stata condannata in appello al risarcimento del danno civile.
3. In data 26 agosto 2025 l’Avv. Francesco Garaffa, per l’imputato, depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
4. In data 1° settembre 2025 l’Avv. Attilio Parrelli, per la parte civile, depositava conclusioni scritte in cui chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o rigettato, e depositava nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
2. Preliminarmente, va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza il terzo motivo di ricorso, posto che l’articolo 573 del codice di rito prevede espressamente la possibilità per la parte civile di impugnare la sentenza di primo grado in relazione agli interessi civili.
A tal proposito va rammentato che le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 - 01) hanno ritenuto che il comma 1-bis della disposizione in parola, come modificato dal d.lgs. 150/2022 (secondo cui «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile») si applichi alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione, ipotesi non ricorrente nel caso di specie, per cui correttamente la Corte reggina ha proceduto a trattenere il processo in decisione.
Va del resto ribadito l’orientamento consolidato secondo cui la parte civile è legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilità dell'imputato, sia pure incidentalmente e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorché in mancanza di una precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilità delle statuizioni penali (Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019, Murone, Rv. 277375 - 01; Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019, Murone, Rv. 277375 - 01).
3. Passando ora ai primi due profili di censura, essi sono infondati.
3.1. Correttamente la Corte di appello ha ritenuto che la destinazione urbanistica della zona sia sostanzialmente irrilevante, in quanto la persona offesa gestisce legittimamente un «residence», ossia una attività commerciale in cui abitualmente le persone sono dedite (anche) al riposo.
Ciò che ai fini penali rileva non è infatti la destinazione urbanistica dell’immobile, quanto il suo lecito utilizzo a fini di riposo, circostanza di fatto positivamente verificata dalla Corte calabrese e quindi intangibile in sede di legittimità.
A ciò consegue, per un verso, l’utilizzabilità dei rilievi fonometrici effettuati dal personale ARPA; per altro verso, la potenzialità offensiva «estesa» dei rumori prodotti a tutti gli avventori del suddetto residence.
3.2. A tale ultimo proposito va rammentato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, «la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare» (Sez. 3, n. 2258 dl 17/11/2020, D’Anello, non massimata).
Ciò discende dalla pacifica natura di reato di pericolo della contravvenzione in esame, tanto che la violazione (Sez. 3, n. 2685 del 20/11/2019 — dep. 2020, Margareci, non massimata) può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone (cfr. Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito e altro, Rv. 257345; Sez. 1, n. 7748 del 24/1/2012, Giacomasso e altro, Rv. 252075; Sez. 1, n. 246 del 13/12/2007 (dep. 2008), Guzzi e altro, Rv. 238814 ed altre prec. conf. V. anche Sez. 3, n. 23529 del 13/5/2014, loniez, Rv. 259194) e può consistere anche in un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo, recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui (Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014 — dep. 2015, Calvarese, Rv. 262510. In senso conforme, Sez. 3, n. 28570 del 9/5/2019, Torchio, non massimata).
3.3. Quanto poi al concetto di «normale tollerabilità», la sedimentata giurisprudenza della Corte ritiene che «l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio alla quiete al riposo ed alle occupazioni di un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento in fatto rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifici accertamenti di natura tecnica, ben potendo fondare il proprio convincimento sulla base di altri dati fattuali suscettibili di valutazione ed oggettivamente sintomatici della sussistenza di un fenomeno oggettivamente disturbante» (Sez. 3, Sentenza n. 2685, 20/11/2019 — dep. 2020, Margareci, non massimata, che si riporta a Sez. 3, n. 11031 del 5/2/2015, Montoli e altro, Rv. 263433; Sez. 1, n. 20954 del 18/1/2011, Toma, Rv. 250417; Sez. 1, n. 7042 del 27/5/1996, Fontana, Rv.
205324.; Sez. 3, n. 9699 del 15/11/2018 — dep. 2019, Mezzapesa, non massimata) Analogamente Sez. 3, n. 10938 del 18/12/2018 (dep. 2019), Girotto, non massimata, ha chiarito che «il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità».
Ancora, la citata sentenza n. 37097 del 2015 ha precisato che «le sole dichiarazioni rese dai denuncianti sono sufficienti a sostenere l'accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro, anche di natura fonometrica, in ordine al reato di cui all'art. 659 cod. pen. perché la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convincimento del Giudice penale il ricorso esclusivo ad accertamenti di natura tecnica».
3.4. Il ricorso, nel contestare la utilizzabilità (peraltro erroneamente, in quanto semmai potrebbe costituire oggetto di censura la «pertinenza» dei parametri utilizzati, non già l’utilizzabilità del mezzo di prova in sé) dei rilievi fonometrici, non considera la precitata giurisprudenza, posto che secondo una valutazione di merito il giudice può sviluppare, come ha fatto, una motivazione del tutto adeguata e conforme all’oggetto delle prove assunte.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue l’onere delle spese del procedimento nonché della rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile Salvatore Tripodo, che si stima equo liquidare in euro 3.686,00.

P.Q.M.
Rigetta il  ricorso e condanna la ricorrente al  pagamento del le spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così è deciso, 18/09/2025