Corte di Giustizia (Prima Sezione) 12 dicembre 2013
«Ambiente – Rifiuti – Nozione – Direttiva 2006/12/CE – Spedizioni di rifiuti – Informazione delle autorità nazionali competenti – Regolamento (CEE) n. 259/93 – Sussistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto»

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

12 dicembre 2013 (*)

«Ambiente – Rifiuti – Nozione – Direttiva 2006/12/CE – Spedizioni di rifiuti – Informazione delle autorità nazionali competenti – Regolamento (CEE) n. 259/93 – Sussistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto»

Nelle cause riunite C‑241/12 e C‑242/12,

aventi ad oggetto domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank te Rotterdam (Paesi Bassi), con decisioni dell’11 maggio 2012, pervenute in cancelleria il 18 maggio 2012, nei procedimenti penali a carico di

Shell Nederland Verkoopmaatschappij BV (C‑241/12),

Belgian Shell NV(C‑242/12),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, K. Lenaerts, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, A. Borg Barthet (relatore), E. Levits e M. Berger, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 marzo 2013,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Shell Nederland Verkoopmaatschappij BV e la Belgian Shell NV, da R. Fibbe e R. Laan, advocaten,

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. de Ree e C. Wissels, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da A. Alcover San Pedro, D. Düsterhaus e P.‑J. Loewenthal, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 giugno 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della nozione di «rifiuto», ai sensi del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1º febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (GU L 30, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2557/2001 della Commissione, del 28 dicembre 2001 (GU L 349, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 259/93»), e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190, pag. 1).

2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due procedimenti penali promossi rispettivamente nei confronti di Shell Nederland Verkoopmaatschappij BV e Belgian Shell NV (in prosieguo, congiuntamente: la «Shell»), a causa del trasporto, dal Belgio nei Paesi Bassi, di un carico di gasolio a bassissimo tenore di zolfo involontariamente mescolato con del methyl tertiary butyl ether (in prosieguo: il «carico di cui trattasi»).

Contesto normativo

Il regolamento n. 259/93

3 I considerando sesto, nono e diciottesimo del regolamento n. 259/93 enunciano quanto segue:

«considerando che è importante organizzare la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti in modo da tener conto della necessità di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente;

(...)

considerando che le spedizioni di rifiuti devono essere soggette a notifica preliminare alle autorità competenti affinché queste siano debitamente informate in particolare del tipo, dei movimenti e dello smaltimento o del ricupero dei rifiuti, in modo che dette autorità possano prendere le misure necessarie per la protezione della salute umana e dell’ambiente, con la possibilità di sollevare obiezioni motivate nei confronti della spedizione;

(...)

considerando che la persona il cui comportamento sia all’origine di un traffico illecito deve riprendere e/o smaltire o ricuperare i rifiuti secondo metodi alternativi ecologicamente corretti e che, quando tale persona non vi provveda, le stesse autorità competenti del paese di spedizione o di destinazione devono all’occorrenza intervenire».

4 A norma dell’articolo 2 del regolamento n. 259/93, si deve intendere per:

«(...)

a)      rifiuti: i rifiuti quali definiti nell’articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/CEE [del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39)]

(...)

h)      destinatario: la persona o l’impresa alla quale i rifiuti vengono spediti ai fini del ricupero o dello smaltimento;

i)      smaltimento: lo smaltimento quale definito nell’articolo 1, lettera e) della direttiva 75/442/CEE;

(...)

k)      ricupero: il ricupero quale definito dall’articolo 1, lettera f) della direttiva 75/442/CEE».

5 Il titolo II del regolamento n. 259/93, intitolato «Spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità», contiene un capitolo A relativo alla procedura applicabile alle spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento, di cui fa parte l’articolo 3 del regolamento in parola. Il paragrafo 1 di tale articolo così dispone:

«Quando il notificatore intende trasferire rifiuti, a scopo di smaltimento, da uno Stato membro all’altro e/o farli transitare attraverso uno o più altri Stati membri, fatti salvi l’articolo 25, paragrafo 2 e l’articolo 26, paragrafo 2, invia una notifica all’autorità competente di destinazione trasmettendone copia alle autorità competenti di spedizione, alle autorità competenti di transito e al destinatario».

6 In forza dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento di cui trattasi, la spedizione di rifiuti destinati allo smaltimento può essere effettuata solo dopo che il notificatore abbia ricevuto l’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente di destinazione.

7 Il titolo II, capitolo B, del regolamento n. 259/93 riguarda la procedura applicabile alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero. L’articolo 6 di tale regolamento, che fa parte di detto capitolo, al suo paragrafo 1, così dispone:

«Quando il notificatore intende trasferire rifiuti destinati al ricupero, come previsto dall’allegato III, da uno Stato membro all’altro e/o farli transitare attraverso uno o più altri Stati membri, fatti salvi l’articolo 25, paragrafo 2 e l’articolo 26, paragrafo 2, invia una notifica all’autorità competente di destinazione trasmettendone copia alle autorità competenti di spedizione e di transito nonché al destinatario».

8 Ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, del suddetto regolamento:

«Costituisce traffico illecito qualsiasi spedizione di rifiuti:

a)      effettuata senza che la notifica sia stata inviata a tutte le autorità competenti interessate conformemente al presente regolamento, o

b)      effettuata senza il consenso delle autorità competenti interessate, ai sensi del presente regolamento

(...)».

Il regolamento n. 1013/2006

9 A norma dell’articolo 2 del regolamento n. 1013/2006, si deve intendere per «“rifiuti”: i rifiuti quali definiti dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9)]».

10 L’articolo 61, paragrafo 1, del medesimo regolamento recita:

«Il regolamento (CEE) n. 259/93 e la decisione 94/774/CE sono abrogati con effetto al 12 luglio 2007».

11 L’articolo 64, paragrafo 1, di tale regolamento è redatto nei seguenti termini:

«Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 12 luglio 2007».

La direttiva 2006/12

12 I considerando da 2 a 4 e 6 della direttiva 2006/12 recitano:

«(2)  Ogni regolamento in materia di gestione dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti.

(3)       Per rendere più efficace la gestione dei rifiuti nell’ambito della Comunità, sono necessarie una terminologia comune e una definizione dei rifiuti.

(4)       Una regolamentazione efficace e coerente dello smaltimento e del recupero dei rifiuti dovrebbe applicarsi, fatte salve talune eccezioni, ai beni mobili di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi.

(...)

(6)       Ai fini di un’elevata protezione dell’ambiente è necessario che gli Stati membri (...) provved[ano] in modo responsabile allo smaltimento e al recupero dei rifiuti (...)».

13 L’articolo 1 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«1.      Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a)      “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi;

b)      “produttore”: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti (“produttore iniziale”) e/o la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;

c)      “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;

(…)

e)      “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;

f)      “recupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;

(...)

2.       Ai fini del paragrafo 1, lettera a), la Commissione, conformemente alla procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 3, prepara un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all’allegato I. Questo elenco è oggetto di un riesame periodico e, se necessario, è riveduto secondo la stessa procedura».

14 L’articolo 4 della direttiva in parola prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (...).

2.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti».

15 A norma dell’articolo 8 della medesima direttiva:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti:

a)       li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B,

oppure

b)       provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della presente direttiva».

16 L’articolo 20 della direttiva 2006/12 è del seguente tenore:

«La direttiva 75/442/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione di cui all’allegato III, parte B.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IV».

17 Conformemente a quanto previsto dal suo articolo 21, la direttiva 2006/12 è entrata in vigore il 17 maggio 2006.

18 L’allegato I della direttiva in parola elenca le seguenti categorie di rifiuti:

«(...)

Q2      Prodotti fuori norma

(...)

Q4      Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc., contaminati in seguito all’incidente in questione

(...)

Q7      Sostanze divenute inadatte all’impiego (ad esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.)

(...)

Q14      Prodotti di cui il detentore non si serve più (ad esempio articoli messi fra gli scarti dall’agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.)

(...)

Q16      Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate».

19 L’allegato II B della suddetta direttiva contiene il seguente elenco delle operazioni di recupero:

«R 1      Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

R 2      Rigenerazione/recupero di solventi

R 3      Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche)

R 4      Riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici

R 5      Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche

R 6      Rigenerazione degli acidi o delle basi

R 7      Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento

R 8      Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

R 9      Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

R 10      Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

R 11      Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R 1 a R 10

R 12      Scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R 1 a R 11

R 13      Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R 1 a R 12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

20 Il 3 settembre 2006 la Shell ha caricato su una nave cisterna, nei Paesi Bassi, gasolio a bassissimo tenore di zolfo (Ultra Light Sulphur Diesel; in prosieguo: il «gasolio ULSD»), ai fini della sua consegna a un cliente stabilito in Belgio (in prosieguo: il «cliente belga»).

21 Quando il carico di cui trattasi è stato consegnato al predetto cliente, è emerso che, al momento del caricamento, i serbatoi di tale nave cisterna contenevano residui di methyl tertiary butyl ether, cui si è miscelato il gasolio ULSD.

22 Poiché il punto di infiammabilità di tale carico era troppo basso ai fini della sua rivendita come carburante per motori diesel conformemente alla sua destinazione iniziale e il destinatario non poteva immagazzinare la miscela sulla base del suo permesso ambientale, quest’ultimo ha restituito il suddetto carico alla Shell, che l’ha trasportato nei Paesi Bassi.

23 Dinanzi al Rechtbank te Rotterdam, il pubblico ministero sostiene che, al momento del suo trasporto dal Belgio nei Paesi Bassi, il prodotto di cui trattasi costituiva un rifiuto e che, non essendosi conformata alla procedura di notifica prevista dall’articolo 15 del regolamento n. 259/93, la Shell è pertanto colpevole di traffico illecito, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, del suddetto regolamento.

24 La Shell sostiene, invece, che il carico di cui trattasi non poteva essere qualificato come rifiuto.

25 Ritenendo che la soluzione delle controversie di cui è investito dipenda dall’interpretazione della nozione di «rifiuto», ai sensi dei regolamenti nn. 259/93 e 1013/2006, il Rechtbank te Rotterdam ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un carico di gasolio debba essere qualificato come rifiuto, ai sensi [dei regolamenti nn. 259/93 e 1013/2006], nelle seguenti circostanze:

–        il carico è composto [da gasolio ULSD], che è stato involontariamente miscelato con Methyl Tertiary Butyl Ether;

–        dopo la sua consegna all’acquirente è emerso che il carico – a causa della mescolanza – non soddisfaceva più le specifiche convenute tra acquirente e venditore (è dunque: “off spec”);

–        in forza del contratto di compravendita, il venditore – a seguito di reclamo dell’acquirente – ha ripreso il carico e ha rimborsato il prezzo di acquisto a quest’ultimo;

–        il venditore ha l’intenzione di reimmettere il carico sul mercato – eventualmente dopo miscelazione con un altro prodotto.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

a)      Se si possa indicare un momento, nelle circostanze di cui sopra, a partire dal quale il prodotto è qualificato come un rifiuto;

b)      Se muti la qualifica del carico e quest’ultimo cessi di essere un rifiuto in un dato momento tra la consegna all’acquirente e una nuova miscelazione ad opera o in nome del venditore e, in tal caso, in quale momento.

3)      Se ai fini della risposta alla prima questione rilevi la circostanza che:

–        il carico poteva essere utilizzato allo stesso modo come carburante come puro ULSD, ma non soddisfaceva più i requisiti (in materia di sicurezza), a causa del suo punto inferiore di infiammabilità;

–        il carico, a causa della sua nuova composizione, non poteva essere immagazzinato dall’acquirente sulla base del suo permesso ambientale;

–        il carico non poteva essere utilizzato dall’acquirente per lo scopo per cui era stato acquistato, ossia la vendita nelle stazioni di servizio come carburante diesel;

–        l’acquirente aveva o meno l’intenzione di restituire il carico al venditore ai sensi del contratto di compravendita;

–        il venditore aveva effettivamente l’intenzione di riprendere il carico, al fine di sottoporlo ad un’operazione di miscelazione e di reimmetterlo sul mercato;

–        il carico poteva essere recuperato o meno, o nello stato originale, o ottenendo un prodotto commerciabile ad un prezzo simile al valore di mercato del carico originario [di gasolio ULSD];

–        siffatta operazione di recupero nello stato originale è un processo produttivo usuale;

–        il valore di mercato del carico nello stato in cui si trova nel momento in cui viene ripreso dal venditore corrisponde (in modo apprezzabile) al prezzo di un prodotto che soddisfa senz’altro le specifiche convenute;

–        il carico ripreso nello stato in cui si trova nel momento della restituzione può essere venduto sul mercato senza ulteriore trattamento;

–        il commercio in prodotti come il carico è normale e nell’ambito degli scambi commerciali non è considerato come commercio in rifiuti».

26 Con ordinanza del presidente della Corte del 2 luglio 2012, le cause C‑241/12 e C‑242/12 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

27 Con le sue questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il Rechtbank te Rotterdam chiede sostanzialmente se si debba qualificare come rifiuto, ai sensi dei regolamenti nn. 259/93 e 1013/2006, un carico di gasolio che, al momento del suo caricamento su una nave cisterna, sia stato accidentalmente mescolato con un’altra sostanza allorché, dopo la consegna all’acquirente, è emerso che esso non soddisfaceva né le specifiche contrattuali né i requisiti in materia di sicurezza a causa del suo punto di infiammabilità troppo basso e che, a causa della sua nuova composizione, esso non poteva essere immagazzinato dall’acquirente sulla base del suo permesso ambientale, né venduto da quest’ultimo in stazioni di servizio come carburante per motori diesel conformemente alla sua destinazione, sicché, in seguito al reclamo dell’acquirente, esso è stato restituito al venditore che intende reimmetterlo sul mercato dopo averlo miscelato con un altro prodotto.

28 Va anzitutto rilevato che il regolamento n. 1013/2006, di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione, non è applicabile ratione temporis ai procedimenti principali, in quanto, come emerge dagli atti di causa, il carico di cui trattasi è stato caricato sulla nave a destinazione dei Paesi Bassi nel settembre 2006.

29 Infatti, a tal riguardo è sufficiente rilevare che, conformemente all’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 1013/2006, quest’ultimo è divenuto applicabile a decorrere dal 12 luglio 2007, data in cui, peraltro, come previsto dal suo articolo 61, paragrafo 1, ha abrogato il regolamento n. 259/93.

30 Di conseguenza, occorre esaminare le questioni pregiudiziali alla luce delle disposizioni pertinenti del regolamento n. 259/93.

31 Come risulta dal suo sesto considerando, il regolamento n. 259/93 si prefigge di organizzare la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti in modo da tener conto della necessità di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente.

32 In particolare, dagli articoli 3, paragrafo 1 e 6, paragrafo 1, del regolamento n. 259/93, in combinato disposto con il nono considerando di tale regolamento, emerge che i trasferimenti, da uno Stato membro ad un altro e/o il transito attraverso uno o più altri Stati membri, di rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero, devono essere previamente notificati alle autorità competenti in modo da consentire loro di adottare le misure necessarie per la tutela della salute umana e dell’ambiente.

33 In tale contesto, il giudice del rinvio chiede se il carico di cui trattasi rientri nella nozione di «rifiuto», ai sensi del suddetto regolamento, al fine di determinare se, in applicazione delle predette disposizioni, la Shell fosse tenuta o meno ad informare le autorità olandesi della spedizione di tale carico dal Belgio nei Paesi Bassi.

34 A norma dell’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 259/93, in combinato disposto con l’articolo 20 della direttiva 2006/12, per «rifiuti» si devono intendere le sostanze o gli oggetti definiti nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) della citata direttiva, ossia «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I [della suddetta direttiva] e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».

35 Tenuto conto della categoria residua Q16, di cui all’allegato I della direttiva 2006/12, categoria che comprende «[q]ualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie [in precedenza menzionate], l’elenco delle categorie di rifiuti contenuto in tale allegato I ha principalmente carattere illustrativo. Lo stesso vale per quanto riguarda l’elenco stabilito dalla Commissione, in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, dei rifiuti appartenenti alle categorie enumerate nel suddetto allegato I.

36 Occorre nondimeno considerare che il fatto che una sostanza o un oggetto rientri in una o più delle citate categorie di rifiuti, al di fuori della categoria Q16, costituisce un primo indizio a favore della sua qualifica come «rifiuto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12.

37 Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la qualifica di «rifiuto» deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer, C‑188/07, Racc. pag. I‑4501, punto 53, e del 18 dicembre 2007, Commissione/Italia, C‑263/05, Racc. pag. I‑11745, punto 32).

38 Per quanto riguarda l’espressione «disfarsi», da tale giurisprudenza risulta altresì che siffatta espressione va interpretata tenendo conto dell’obiettivo della direttiva 2006/12 che, ai sensi del suo considerando 2, consiste nella tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi causati dalla raccolta, dal trasporto, dal trattamento, dall’ammasso e dal deposito dei rifiuti, nonché alla luce dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, a tenore del quale la politica dell’Unione europea in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che il termine «disfarsi», e dunque la nozione di «rifiuto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12, non possono essere interpretati in modo restrittivo (v., in tal senso, sentenza Commune de Mesquer, cit., punti 38 e 39).

39 Dalle disposizioni della direttiva 2006/12 emerge che il termine «disfarsi» comprende al contempo lo «smaltimento» e il «recupero» di una sostanza o di un oggetto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere e) e f), di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie, C‑129/96, Racc. pag. I‑7411, punto 27).

40 Più specificamente, l’esistenza di un «rifiuto» ai sensi della direttiva 2006/12 va accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della direttiva ed in modo da non pregiudicarne l’efficacia (v. sentenze del 15 giugno 2000, ARCO Chemie Nederland e a., C‑418/97 e C‑419/97, Racc. pag. I‑4475, punti 73, 88 e 97; del 18 aprile 2002, Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, C‑9/00, Racc. pag. I‑3533, punto 24, nonché Commissione/Italia, cit., punto 41).

41 Talune circostanze possono costituire indizi dell’esistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12.

42 Anzitutto, occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che l’oggetto o la sostanza di cui trattasi non abbia o non abbia più alcuna utilità per il suo detentore, sicché tale oggetto o tale sostanza costituirebbe un ingombro di cui egli cerchi di disfarsi (v., in tal senso, sentenza Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, cit., punto 37). Infatti, ove ricorra tale caso, sussiste un rischio che il detentore si disfi dell’oggetto o della sostanza in suo possesso con modalità atte a cagionare un danno ambientale, in particolare mediante abbandono, scarico o smaltimento incontrollati. Rientrando nella nozione di «rifiuto», ai sensi della direttiva 2006/12, tale oggetto o tale sostanza soggiace alle disposizioni della direttiva in parola, il che implica che, conformemente all’articolo 4 della predetta direttiva, il suo recupero o il suo smaltimento dovrà essere effettuato in modo da non mettere in pericolo la salute umana e senza che vengano utilizzati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.

43 Per quanto riguarda un eventuale «obbligo di disfarsi» del carico di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12, occorre anzitutto rilevare che, a priori, non sussiste alcun obbligo assoluto di eliminare tale carico, poiché quest’ultimo non è composto da una sostanza vietata, illegale o da materiali a rischio specifici che il detentore sarebbe tenuto ad eliminare (v., per analogia, sentenza del 1° marzo 2007, KVZ retec, C‑176/05, Racc. pag. I‑1721, punto 59). Come emerge dalla decisione di rinvio, il suddetto carico poteva, infatti, essere venduto sul mercato, senza previo trattamento, nello stato in cui si trovava al momento della sua restituzione alla Shell.

44 Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha nondimeno fatto valere che, siccome, da un lato, il carico di cui trattasi era inadatto all’impiego cui lo destinava il cliente belga e che, dall’altro, quest’ultimo non era autorizzato ad immagazzinarlo a causa del suo punto di infiammabilità troppo basso, esso rappresentava per tale cliente un ingombro di cui aveva l’intenzione, se non l’obbligo, di disfarsi.

45 Tali circostanze di per sé sole non consentono tuttavia di concludere che il carico di cui trattasi costituisse un «rifiuto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12. Infatti, occorre dapprima verificare se, restituendo il suddetto carico alla Shell, in quanto esso non corrispondeva alle specifiche contrattuali, il cliente belga si sia effettivamente «disfatto» del medesimo, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12.

46 A tal riguardo, riveste particolare importanza la circostanza che il cliente belga abbia restituito alla Shell il gasolio ULSD non conforme, al fine di ottenerne il rimborso, e ciò sulla base del contratto di compravendita. Orbene, non si può considerare che, agendo in tal modo, il suddetto cliente avesse la volontà di sottoporre il carico di cui trattasi a un’operazione di smaltimento o di recupero e, pertanto, egli non se ne è «disfatto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12. D’altronde, va aggiunto che, in circostanze come quelle ricorrenti nei procedimenti principali, il rischio che il detentore si disfi di tale carico con modalità atte a causare un danno all’ambiente è esiguo. Ciò vale a fortiori allorquando, come nel presente procedimento, la sostanza o l’oggetto interessato abbia un valore di mercato non insignificante.

47 Ciò premesso, rimane da determinare se la Shell abbia avuto l’intenzione di «disfarsi» del carico di cui trattasi, nel momento in cui è stata rivelata la non conformità di quest’ultimo. Infatti, una simile intenzione non può essere attribuita alla Shell prima di tale momento, poiché a quel tempo essa non era consapevole del fatto di detenere una sostanza non conforme ai termini del contratto stipulato con il cliente belga.

48 A tal riguardo, spetta al giudice del rinvio, il quale deve verificare se il detentore dell’oggetto o della sostanza di cui trattasi avesse effettivamente l’intenzione di «disfarsene», tenere conto del complesso delle circostanze del caso di specie, vigilando sul rispetto dell’obiettivo contemplato dalla direttiva 2006/12, che consiste nell’assicurare che le operazioni di recupero e di smaltimento siano eseguite senza mettere in pericolo la salute umana e senza che siano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.

49 Per quanto riguarda le circostanze, menzionate dal giudice del rinvio, secondo cui, da un lato, il carico di cui trattasi poteva essere venduto sul mercato senza previo trattamento, nello stato in cui si trovava al momento della sua restituzione alla Shell da parte del cliente belga e, dall’altro, il valore di mercato del carico di cui trattasi corrisponde in modo apprezzabile a quello di un prodotto che soddisfa le specifiche convenute, va sottolineato che, sebbene esse tendano piuttosto a confutare l’idea secondo cui tale carico rappresenterebbe un ingombro di cui la Shell cercherebbe di «disfarsi», tali circostanze non possono essere determinanti in quanto non rivelano quale fosse la vera intenzione della Shell.

50 A tal riguardo, va d’altronde ricordato che, secondo giurisprudenza costante, la nozione di «rifiuto» non deve intendersi nel senso che esclude le sostanze e gli oggetti aventi un valore commerciale e che possono dare luogo a un riutilizzo economico (v., in tal senso, sentenza Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, cit., punto 29).

51 Neppure la circostanza che il commercio di prodotti analoghi al carico di cui trattasi, in via generale, non venga considerato come commercio di rifiuti, pur costituendo altresì un elemento idoneo ad indicare che tale carico non è un rifiuto, consente di escludere che la Shell avesse l’intenzione di «disfarsene».

52 Per contro, nel caso di specie assume un’importanza determinante la circostanza che la Shell abbia ripreso il carico di cui trattasi con l’intenzione di sottoporlo a un’operazione di mescolanza e di reimmetterlo sul mercato.

53 Infatti, non sarebbe in alcun modo giustificato assoggettare alle disposizioni della direttiva 2006/12, che mirano ad assicurare che le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti siano eseguite senza mettere in pericolo la salute umana e senza che vengano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente, beni, sostanze o prodotti che il detentore intende sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose indipendentemente da una qualsiasi operazione di recupero. Tuttavia, alla luce dell’obbligo di procedere a un’interpretazione estensiva della nozione di «rifiuto», occorre circoscrivere tale argomentazione alle situazioni in cui il riutilizzo del bene o della sostanza in questione non sia soltanto eventuale ma certo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, senza che sia necessario ricorrere preventivamente a uno dei procedimenti di recupero dei rifiuti di cui all’allegato II B della direttiva 2006/12 (v., per analogia, citate sentenze Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, punto 36, nonché dell’11 settembre 2003, AvestaPolarit Chrome, C‑114/01, Racc. pag. I‑8725, punto 36).

54 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 259/93 deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, non rientra nella nozione di «rifiuto», ai sensi della predetta disposizione, un carico di gasolio accidentalmente miscelato con un’altra sostanza, a condizione che il suo detentore abbia realmente l’intenzione di reimmettere sul mercato tale carico miscelato con un altro prodotto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sulle spese

55 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 2, lettera a), del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1º febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, come modificato dal regolamento (CE) n. 2557/2001 della Commissione, del 28 dicembre 2001, deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, non rientra nella nozione di «rifiuto», ai sensi della predetta disposizione, un carico di gasolio accidentalmente miscelato con un’altra sostanza, a condizione che il suo detentore abbia realmente l’intenzione di reimmettere sul mercato tale carico miscelato con un altro prodotto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Firme