T.a.r. Lazio Sez. Latina sent. 304 del 12 marzo 2005
Abbandono di rifiuti e responsabilità del proprietario dell'area. Curatore fallimentare
REPUBBLICA
ITALIANA |
N.304/2005
Reg. Sent. |
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO |
N.
95/2005 Reg. Ric. |
Sezione
Staccata di Latina |
|
composta
dai Signori Magistrati:
Dott.
Franco
BIANCHI
PRESIDENTE
Dott. Santino
SCUDELLER
CONSIGLIERE
Dott. Giuseppe
ROTONDO
REFERENDARIO REL.
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
nella
Camera di Consiglio del 18 febbraio 2005;
Visto il ricorso n.
95/2005, proposto da FALLIMENTO EUROPRESS S.p.A. in liquidazione, in persona del
Curatore avv. Loredana Originale, rappresentato e difeso dall’avv. Marco
Pizzutelli, con il quale è elettivamente domiciliato in Latina, via Monti, n.
13, presso lo studio dell’avv. Silvio Aurilio;
contro
il
Comune di Ceprano, in persona del Sindaco p.t., n.c.;
per
l’annullamento
dell’ordinanza
n. 160 datata 30 novembre 2004 con la quale si intima di provvedere alla
rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati e depositati sull’area sita
nel Comune di Ceprano, via Vignola, contraddistinta in catasto al foglio 19
mappale 729, nonché al ripristino dello stato dei luoghi.
Visto il ricorso e i
relativi allegati;
Visti gli atti tutti
della causa;
Udita la relazione
del Referendario Dott. Giuseppe ROTONDO e udito, altresì, l’avv. Cristiana
Loreti, con delega dell’avv. Marco Pizzutelli, per la parte ricorrente.
Ritenuto
in fatto e considerato in diritto:
FATTO
e DIRITTO
Con
atto notificato il 27 gennaio 2005 e depositato il successivo giorno 2 febbraio
2005 il ricorrente nella qualità di curatore fallimentare della Soc. Europress
ha impugnato l’atto in epigrafe col quale il Comune di Ceprano
ha intimato al “Fallimento Europress S.p.A.” la rimozione e
smaltimento dei rifiuti abbandonati sull’area sita nel Comune di Ceprano, via
Vignola, contraddistinta in catasto al foglio 19 mappale 729, nonché al
ripristino dello stato dei luoghi.
L’interessato
assume l’estraneità ai fatti in contestazione nonché l’illegittimità del
provvedimento gravato per mancanza dell’elemento soggettivo (nella circostanza
asseritamente a lui non imputabile).
Il
Collegio ritiene che la controversia può essere decisa in forma semplificata
attesa la patente fondatezza del ricorso.
In
punto di diritto, il Tribunale ritiene di aderire alla consolidata
giurisprudenza amministrativa (per tutte: C.d.S. Sez. V, n. 136 del 25 gennaio
2005) che sull’abbandono di rifiuti (art. 14, d.lvo n. 22/97) prevede la
responsabilità del proprietario e/o del titolare di diritti reali o personali
di godimento sull’area soltanto se a costoro sia imputabile la violazione di
legge a titolo di dolo o colpa, restando, peraltro, l’onere della relativa
prova a carico dell’amministrazione precedente.
In
particolare, per quanto riguarda la posizione del Curatore Fallimentare il
Collegio, condivide l’orientamento giurisprudenziale che esonera da
responsabilità il pubblico ufficiale per i rifiuti abbandonati sul terreno
della azienda posta in liquidazione.
Al
riguardo, la Sezione si riporta al precedente specifico del TAR Toscana, 1
agosto 2001, n. 1318 in cui si legge:
“Quanto alla posizione del curatore fallimentare – segnatamente per quanto concerne la legittimazione passiva di quest’ultimo rispetto all’impartito ordine di smaltimento – va osservato, in linea di principio, come i rifiuti prodotti dall’imprenditore fallito non costituiscano “beni” da acquisire alla procedura fallimentare (e, quindi non formino oggetto di apprensione da parte del curatore); comunque dovendosi rilevare che – esclusa la legittima sussumibilità dei rifiuti nel compendio fallimentare (rispetto alla quale potrebbero venire in considerazione eventuali profili di responsabilità di carattere meramente gestorio in capo al curatore) – non viene individuato, nell’ordine di ripristino sottoposto all’esame di questo Collegio, alcun ambito di univoca, autonoma e chiara responsabilità dei curatori stessi ai fini dell’abbandono dei rifiuti onde trattasi (...).
Non
è chi non veda come, alla stregua di quanto sopra osservato, si dimostri del
tutto carente quella “individuazione di responsabilità” che, alla stregua
di quanto disposto dal III comma dell’art. 14 del D. Lgs. 22/97, costituisce
ora indefettibile coordinata di legittimità del provvedimento ripristinatorio.
Non
può quindi trovare conferma l’orientamento – da questo Tribunale
tratteggiato nella vigenza della precedente disciplina di legge – per cui,
ferma la responsabilità penale dell’imprenditore fallito, l’obbligo di
provvedere allo smaltimento di rifiuti tossici ed all’allontanamento di
materiali inquinanti graverebbe sul curatore fallimentare, unico autorizzato a
porre in essere atti di disposizione o comunque iniziative incidenti sulla massa
fallimentare ....; dovendosi ora dare atto come l’obbligo in questione non
possa trovare soggettiva individuazione se non in ragione del previo
accertamento di responsabilità e, quindi, in conseguenza della presupposta
ricognizione di comportamenti (commissivi, ovvero meramente omissivi) che
abbiano dato luogo al fatti antigiuridico.
Piuttosto,
l’Amministrazione competente, in difetto della ascrivibilità soggettiva della
condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, ben avrebbe potuto, alla
stregua di quanto stabilito dall’ultima parte del III comma dell’art. 14 del
D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, procedere all’esecuzione d’ufficio “in danno
dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”: nel caso di
specie, mediante insinuazione del relativo credito nel passivo fallimentare
(come del resto previsto dal V comma dell’art. 18 del D.M. 25 ottobre 1999 n.
471, in base al quale “nel caso in cui il sito inquinato sia oggetto ... delle
procedure concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, il Comune domanda
l’ammissione al passivo ai sensi degli artt. 93 e 101 del decreto medesimo per
una somma corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in
via amministrativa”).
Le
considerazioni di cui sopra sono pertinenti anche al caso in esame,
ravvisandosi, nel provvedimento impugnato, i medesimi difetti di accertamento ed
imputabilità dell’elemento soggettivo nei confronti del
Curatore fallimentare; tanto più, che il fallimento dell’azienda è
stato pronunciato dal Tribunale civile il 16-18 luglio 2001 mentre gli atti
accertativi e sanzionatori risultano adottati dal Comune in epoca successiva
alla sentenza dichiarativa.
La
mancata costituzione in giudizio del Comune di Ceprano esime il
Collegio dalla pronuncia sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina,
accoglie il ricorso n. 95/05 meglio in epigrafe specificato.
Nulla
per le spese.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così
deciso in Latina, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2005.
IL PRESIDENTE IL GIUDICE EST.
-Dr. Franco BIANCHI-
-Dr. Giuseppe ROTONDO-
IL
SEGRETARIO
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
IL 12 MARZO 2005
(art.55
L. 27.4.1982 n.186)
IL
DIRETTORE DI SEGRETERIA