Tribunale Avellino I Sez. penale Oerd. 18 ottobre 2006
Rifiuti. Discariche

Ordinanza del TdR (misure reali) di Avellino relativa al sequestro preventivo della discarica c.d. Difesa Grande di Ariano Irpino



N. 681/02 P.M. Tribunale Ariano Irpino


_TRIBUNALE DI AVELLINO_


_I^ SEZIONE PENALE_

_in funzione di Tribunale del riesame_

*Il Tribunale di Avellino*, nelle persone dei Magistrati:

Dott. Antonio Sicuranza *Presidente *est.

Dott. Stefania Amodeo *Giudice*

Dott. Daria Valletta *Giudice*

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-in merito alle istanze depositate il 10 ottobre (De Vizia Nicola e Giannattasio Raffaele) ed il 12 ottobre 2006 (De Vizia Emilio, Adiglietti Gerardo e Lanzara Vittorio) con le quali sono state proposte richieste di riesame avverso il decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Ariano Irpino del 7-8.10.06 che ha disposto il sequestro preventivo ‘/della discarica di Difesa Grande di Ariano Irpino, compresi i mezzi, attrezzature e quant’altro di pertinenze ivi esistenti/’ nell’ambito dell’emarginato procedimento penale instaurato nei confonti di Lanzara Vittorio + 24, in relazione ai reati, in concorso ex art. 110 c.p., di cui gli art. 20 lett. B) L. n. 47/85, 20 lett. C) L. n. 47/85, 51, 3° co, D.L.vo n. 22/97, ecc. ecc. (per ben 17 capi d’imputazione);

-rilevata la tempestività delle richieste di riesame;

-letti gli atti afferenti le indagini preliminari compiute -trasmessi al Tribunale l’11 ottobre 2006- e riuniti gli autonomi fascicoli formati a seguito della presentazione delle diverse istanze di riesame in quanto pertinenti al medesimo procedimento penale

* *

*OSSERVA*

Devono, in via preliminare, esaminarsi le questioni inerenti la legittimazione degli istanti a proporre riesame avverso il menzionato provvedimento di sequestro, la ricorrenza del divieto del /ne bis in idem/ e, quindi, la richiesta di espunzione avanzata nel corso dell’odierna udienza, dal difensore di De Vizia Nicola e Giannattasio Raffaele, della memoria difensiva -con l’allegata documentazione- depositata il 16.10.06 dal Comune di Ariano Irpino nella veste di persona offesa nell’ambito del procedimento penale instaurato, presso gli Uffici Giudiziari di Ariano Irpino, nei confronti di Lanzara Vittorio + 24.

La verifica della legittimazione a proporre il gravame deve, in verità, essere vagliata d’ufficio, sicché nessun rilievo può darsi alla circostanza che tale problematica sia stata sollevata dal Comune di Ariano Irpino con la citata memoria difensiva.

In fatto si osserva che De Vizia Nicola ed Adiglietti Gerardo sono componenti del consiglio di amministrazione della ASI-DEV Ecologia s.r.l., Giannattasio Raffaele è membro del consiglio direttivo del CO.DI.SO s.p.a. (Consorzio Disinquinamento Solofra), De Vizia Emilio è vicepresidente del consiglio di amministrazione della ASI-DEV Ecologia s.r.l., laddove Lanzara Vittorio è presidente del consiglio di amministrazione della stessa ASI-DEV Ecologia s.r.l., società che gestisce la discarica di Difesa Grande in forza di contratto di locazione del terreno di proprietà di tale Petruzzelli Paolo.

In punto di diritto la Suprema Corte (vds. ad es. Cass. pen., sez. I, n. 36038/05) ha avuto più volte modo di affermare che ai sensi dell’art. 568 c.p.p. è legittimato a proporre atto di gravame avverso il sequestro preventivo, oltre che il titolare della /res /vincolata, anche l’imputato o l’indagato che abbia un concreto interesse alla revoca del vincolo se ed in quanto il provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione della sua sfera giuridica, sì che l’eventuale revoca (o modifica) del sequestro possa procurargli il conseguimento di un risultato giuridicamente favorevole.

Orbene questo concreto interesse (oltre nell’intuitivo tornaconto economico che, tramite la società, si produrrebbe in favore degli imputati a seguito del conferimento, dietro corrispettivo, di enormi quantità di r.s.u. provenienti dalla Regione Campania) ben può essere identificato con l’utilità che gli imputati hanno di dimostrare (quando ancora il G.U.P. di Ariano Irpino non ha disposto il loro rinvio a giudizio, essendo stata fissata l’udienza preliminare per il prossimo 30.1.07) l’infondatezza della disposta misura cautelare e, quindi, dell’assunto accusatorio.

Quanto al divieto del /ne bis in idem /in materia cautelare, va detto che tale effetto preclusivo è ravvisabile solamente qualora il nuovo provvedimento si fondi sugli stessi elementi utilizzati per l’emissione della precedente misura cautelare poi revocata o comunque decaduta non per motivi formali (vds., tra le tante, Cass. pen., sez. III, 10/5/99, Burjak, CED Cassazione 2000). Nel caso di specie, invece, deve registrarsi che, /medio temporis/, non solo si è avuto l’esercizio dell’azione penale da parte del P.M. nei confronti degli istanti con la richiesta di rinvio a giudizio del 18.11.05, ma la stessa richiesta di rinvio a giudizio si fonda su complessi accertamenti tecnici (come quelli del geologo Budetta del 4.3.04 e dei consulenti Iacucci e Sanna del 22.3.04) che non erano stati ancora eseguiti in occasione del pregresso sequestro preventivo.

La doglianza degli istanti circa l’esistenza del giudicato cautelare, quindi, va disattesa.

Analogamente deve essere elusa la richiesta di espunzione della memoria e della documentazione depositata il 16.10.06 dal Comune di Ariano Irpino.

Senza necessità di dilungarsi inutilmente sul punto, è sufficiente osservare che se è vero che la persona offesa, come tale, non è legittimata a partecipare al procedimento di riesame del sequestro (vds., ad es., Cass. pen., sez. un., n. 23271/04) è anche vero che la stessa ha la facoltà, ex art. 90 c.p.p., di depositare memorie scritte in ogni stato del procedimento penale e, pertanto, anche nelle fasi incidentali dello stesso.

Sgombrato il campo dalle questioni preliminari e prima di passare a vagliare il merito delle richieste, deve comunque essere dichiarata la sopravvenuta inefficacia del sequestro disposto nei confronti dell’imputato De Vizia Emilio, così come richiesto dal suo difensore nel corso dell’odierna udienza. De Vizia Emilio, difatti, con atto depositato presso la cancelleria del G.U.P. in data 7.9.06 (fl. 519 Vol. VII), dopo aver revocato la precedente elezione di domicilio, eleggeva domiciliatario per le notificazioni l’Avv. Francesco Maria Filoni, dom.to in Prata P.U., loc. Z.I Pontesabato, presso DEVIM sas e dove, quindi, andava notificato l’avviso di fissazione dell’odierna udienza camerale. In data 13.10.06 i Carabinieri di Montefusco hanno sì notificato l’avviso di fissazione dell’odierna udienza camerale presso il domicilio dell’imputato, in via S.Antonio Abate di Montefusco, ma non a mani del De Vizia.

E’ noto che la notifica non a mani proprie in luogo diverso da quello eletto o dichiarato, anche se avvenuta presso il domicilio reale e di effettiva abitazione dell’interessato, è affetta da nullità a regime intermedio a norma dell’art. 178 lett. c) c.p.p..

Nel caso in esame il Collegio è impossibilitato a fissare una nuova udienza utile per impedire la perdita di efficacia della misura cautelare nei confronti di De Vizia Emilio. Il Pubblico Ministero procedente, difatti, ha trasmesso gli atti al Giudice del riesame in data 11.10.06 sicché la decisione va emessa, ex art. 324, 5° co, c.p.p., perentoriamente entro il 21.10.06, e per tale data non è possibile effettuare una nuova notifica al De Vizia con il rispetto del termine libero di tre giorni. //

Quanto al merito delle rimanenti richieste di riesame, deve anzitutto richiamarsi il consolidato orientamento della Suprema Corte (vds., ad es., Cass. pen., sez. un., 23.2.00, Mariano) secondo cui deve escludersi ogni potere di valutazione del Tribunale, in sede di riesame, circa la sussistenza e la gravità degli indizi, la fondatezza dell’accusa e la probabilità di condanna del soggetto sottoposto alle indagini preliminari, dovendosi riconoscere solamente il potere di verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato.

Per quel che interessa in questa fase, quindi, deve allora evidenziarsi come le risultanze delle corpose e complesse indagini preliminari consentono di affermare che la libera disponibilità da parte degli imputati (il P.M. ha già avanzato richiesta di rinvio a giudizio il 18.11.05) della discarica di Difesa Grande (e ciò a seguito di emissione in data 28.9.06, da parte del Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, dell’ordinanza n. 361 che ha disposto la riapertura della discarica stessa per il conferimento dei rifiuti non pericolosi provenienti dal sistema regionale di smaltimento r.s.u.) comporta il concreto pericolo di aggravamento e/o protrazione delle conseguenze dei reati soprattutto offensivi dell’ambiente e della pubblica incolumità (e di cui, in particolare, quelli contestati al capo d’imputazione sub lett. C): art. 51, 3° co., D.L.vo 22/97; E): art. 59 D.L.vo 152/99; F): artt. 439-452 c.p.; G): artt. 635-625 n. 7 c.p.; I): artt. 40-434 c.p.; L): art. 51, 4° co, D.L.vo 22/97; P): art. 51, 1° co., D.L.vo 22/97; R): art. 51, 3° co., D.L.vo 22/97; S): art. 53 bis D.L.vo 22/97), se non la certezza della commissione di ulteriori reati sempre in materia ambientale non potendo, per quanto sarà osservato più avanti, riconoscersi efficacia ‘autorizzatoria’ alla già citata ordinanza del Commissario di Governo n. 361/06.

Lamentano in proposito le difese dei richiedenti che il G.I.P. abbia ritenuto di dover anticipare, rispetto alla fase propriamente processuale, la fondatezza dei rilievi tecnici espressi /unilateralmente/ dai consulenti tecnici del P.M. senza, peraltro, tener conto di quanto affermato dal Commissario di Governo con l’ordinanza già citata.

Invero pare assai arduo al Tribunale ipotizzare che il G.I.P., come ora il Collegio, potesse rifarsi a fonti probatorie di diversa natura, stante la complessità delle indagini demandate dal P.M. ai consulenti tecnici che, peraltro, non risultano al momento adeguatamente confutate da elaborati tecnici di diversa valenza.

Ciò posto, va sottolineato che dall’esame della relazione di consulenza tecnica del 2.8.02 a firma dei consulenti del P.M. Iacucci e Sanna emerge che:

a) la discarica in oggetto è suddivisa in due invasi (principale e secondario) che non sono stati progettati, realizzati e gestititi in modo da limitare quanto più possibile il contatto tra i rifiuti in via di abbancamento e le infiltrazioni di acque esterne e, quindi, di limitare la produzione di percolato che si forma per effetto del contatto tra le acque esterne ed i rifiuti, tanto che il percolato presente nell’invaso secondario è tracimato e si è sversato dalle sponde meridionali della discarica in direzione del torrente Lavello [i consulenti tecnici, peraltro con facile previsione ‘la relazione come visto è del 2.8.02- affermavano che, in ragione delle deficienze riscontrate, /le acque di origine esterna incidenti su tali superfici in coltivazione si trasformano in percolato con il duplice effetto che l’abbancamento sarà reso instabile e saranno prodotti ingenti quantitativi di percolato/ (vds. i successivi accertamenti del 25 febbraio 2003, 23 marzo 2004, 2,5,7,8,9,17,18 aprile 2004 che hanno permesso di appurare, per la fuoriuscita di abbondante percolato, la contaminazione delle acque di larghe zone a ridosso della discarica di Difesa Grande e, in particolare, del torrente Lavello -con condotta, peraltro, perdurante, così come contestato dal P.M. sub lett. E), F) e G) del capo d’imputazione per i reati di cui agli artt. 59 D.L.vo n. 152/99, 51, 1° co, D.L.vo n. 22/97, 439-452 c.p., 635 in relazione all’art. 625 n. 7, e 734 c.p.)];

b) in assenza di sistemi di aspirazione forzata, il /biogas/ (e cioè l’effluente gassoso che si produce dalla trasformazione dei rifiuti, costituito principalmente da metano ed anidride carbonica) tenderà ad espandersi all’interno della discarica costituendo, oltre che una fonte di inquinamento ambientale (vds. il reato di cui all’art. 674 c.p., contestato con condotta perdurante sub lett. M) del capo d’imputazione), anche un pericolo per innesco di possibili incendi;

c) relativamente alla possibilità di cedimento strutturale delle scarpate su cui insiste la discarica in sequestro, gli accertamenti hanno evidenziato che non possono ritenersi soddisfacenti le condizioni di stabilità e di sicurezza delle pareti della discarica (vds. la contestazione, sub lett. I) del capo d’imputazione, del reato ex art. 434 c.p. e, cioè, di un tipico delitto contro la pubblica incolumità).

Dall’esame della relazione tecnica del 23.3.04, sempre a firma dei consulenti Iacucci e Sanna, emerge in modo chiaro che le acque riscontrate nei pozzi scavati nei pressi della discarica sono inquinate da contaminanti che non sono di origine naturale (invero, la landa deserta -dove insiste la discarica- che appare dalle foto allegate nelle varie relazioni di consulenza tecnica ed allegate ai vari sopralluoghi di accertamento, non può far residuare alcun dubbio che l’inquinamento delle acque sia da attribuire alla discarica stessa).

Dall’esame della relazione tecnica del 23.3.04 a firma del solo Iacucci, ancora, emerge con certezza che le acque del torrente Lavello, pulite a monte, presentano elevati indici di contaminazione, anche di metalli pesanti, una volta che si trovano a scorrere nei pressi della discarica, lì dove ricevono le acque di ruscellamento della stessa.

Dalla relazione tecnica del 4.3.04 del Geologo Budetta (nominato ausiliario di P.G. dal NOE dei Carabinieri il 21.11.03), infine, si ricava che le verifiche di stabilità effettuate sulle sezioni a maggior pendenza delle scarpate della discarica (realizzata per di più in zona sismica di 1^ categoria) fornivano valori di sicurezza maggiori del limite imposto dalla normativa vigente ma solo al termine delle operazioni di abbancamento previste per il mese di febbraio 2004, giacché in caso di ulteriori conferimenti di rifiuti si determinerebbe un sovraccarico tale da non garantire più le condizioni di stabilità delle pareti della discarica come imposto dal D.M. 11/3/88.

Già in quel periodo (e cioè nel mese di marzo 2004) il geologo Budetta affermava, quindi, che /ulteriori proroghe all’esercizio della discarica andranno subordinate all’esecuzione di studi più approfonditi ed alla realizzazione di interventi atti a garantire la piena stabilità dei rilevati nelle nuove condizioni che si verranno a creare /(p. 16 della relazione di consulenza).

Va a tal punto osservato come l’ordinanza del Commissario di Governo n. 361/06 è espressione di un potere contingibile ed urgente (formalmente previsto dall’art. 5 L. n. 225/92 istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile) del cui /genus /partecipano sicuramente anche i poteri eccezionali stabiliti, in tema di smaltimento dei rifiuti, dall’art. 13 D.L.vo 22/97 in favore del Presidente della giunta regionale, del Presidente della provincia o del sindaco.

Più precisamente l’art. 5 L. 225/92 riserva il potere di emanare ordinanze anche in deroga alla legislazione vigente, pur sempre /nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico/ (art. 5, 2° co.), relativamente alle calamità naturali esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri (ovvero, per sua delega, al Ministro per il coordinamento della protezione civile; art. 5, 3° co., L. cit.) che per l’attuazione degli interventi che si rendono necessari può avvalersi di commissari delegati.

E’ stato già considerato che non è certamente conforme a legge un’ordinanza con la quale il predetto potere contingibile ed urgente, di esclusiva spettanza del Presidente del Consiglio, venga delegato al commissario straordinario nominato per fronteggiare l’emergenza derivante dalla necessità di procedere allo smaltimento dei rifiuti della Regione Campania (Corte Conti, sez. contr., 19 novembre 1996, n. 151, in Foro amm. 1997, n. 1231).

Nel caso al vaglio, tuttavia, con l’ordinanza n. 361/06 il Commissario di Governo ha esercitato i poteri che in forza dell’OPCM n. 3345 del 30.5.04 gli sono stati conferiti dal Presidente del Consiglio laddove, sub lett. f) dell’OPCM, ha autorizzato l’organo amministrativo straordinario /a prorogare, se necessario ed in via temporanea, l’esercizio delle discariche attive, eventualmente autorizzando l’apertura di quelle non più in esercizio, utilizzando ed ampliando le volumetrie residue, nei limiti necessari per far fronte al particolare contesto emergenziale in atto/.

Il corretto esercizio formale, da parte del Commissario di Governo, dei poteri delegatigli non vale, però, a rendere immune da censure d’illegittimità/ /l’ordinanza stessa, il cui contenuto deve pur sempre rispettare i principi generali dell’ordinamento giuridico.

Infatti proprio in relazione al potere contingibile ed urgente disciplinato, successivamente alla L. n. 225/92, dall’art. 13 D. L. vo n. 22/97 (norma che, come nel caso al vaglio, è prevista per far fronte a /situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere/) si è più volte affermato in giurisprudenza il potere-dovere del Giudice di accertare in termini di assoluta certezza la legittimità delle relative ordinanze (vds., in tema di sequestro preventivo, Cass. pen., sez. III, in Riv. giur. ambiente 2001, 800), riconoscendosi espressamente in favore del Giudice penale (in conformità, del resto, del disposto di cui all’art. 5 L. n. 2248 del 1865, all. E -circostanza che priva di ogni rilievo la pur ventilata eccezione del difetto di giurisdizione del Tribunale) il dovere di applicarle solo in quanto siano conformi a legge (vds., /ex multis/, Cass. pen., sez. III, n. 377/98, in Giust. pen. 1998, II, 703).

Inoltre non può tralasciarsi di evidenziare che le ordinanze espressive di tale potere possono discriminare solo i reati previsti dal D.L.vo n. 22/97, ma non possono certamente avere tale effetto per i reati sostanziali in materia ambientale (come quelli di cui agli artt. 434, 439-452, 635-625 n. 7, e 674 c.p., ascritti dal P.M. sub lett. F), G), I) e M) del capo d’imputazione) potendo, al più, rendere giustificate quelle condotte necessitate poste in violazione di vincoli formali (1/quinquies L. 431/85/, 734 c.p., come affermato da Cass. pen., sez. III, 19 novembre 1996, in Cass. pen. 1997, 3593, laddove per altra giurisprudenza non opererebbe comunque alcuna causa di giustificazione anche per tali violazioni formali: vds. in proposito, Cass. pen., sez. III, n. 12692/98, in Cass. pen. 2000, 171).

A p. 2 dell’ordinanza n. 361/06 il Commissario di Governo dà atto della nota del 17.3.06 con la quale il Prof. Luciano Ferrara, il Dott. Pasquale Cacace ed il Centro Compartimentale di Metodologie Chimico-fisiche dell’Università Federico II di Napoli avrebbero accertato che /non risultano evidenze di contaminazione da parte della discarica nei confronti del suolo, del sottosuolo, delle acque sotterranee, delle acque superficiali e dell’aria circostante/, circostanza che di per sé, secondo l’assunto difensivo, escluderebbe la ricorrenza delle esigenze cautelari.

Invero non vi è dubbio che, in questa fase, debbono essere ancora privilegiate le risultanze dei complessi accertamenti tecnici effettuati dal P.M. che, come visto, hanno fatto risaltare concreti rischi (se non danni tangibili ed irreversibili, avendo il P.M. contestato anche il reato di danneggiamento al capo G) dell’imputazione), sia per le acque di una larga zona a ridosso della discarica di Difesa Grande, comprese quelle del torrente Lavello, che per l’aria circostante e per i luoghi soggetti a speciale protezione dell’Autorità, trattandosi di discarica realizzata in zona sottoposta a vincolo archeologico. Al riguardo, peraltro, va sottolineato come il Prof. Ferrara ed il Dott. Cacace non hanno affermato, /tout court/, la possibilità che venga riattivata la discarica di Difesa Grande, avendo posto in risalto che il conferimento ulteriore dei rifiuti è possibile /purché siano rispettate tutte le norme previste dal D.L. 36/03/, elencando una serie di lavori che devono essere eseguiti prima dell’ulteriore conferimento (vds. la relativa relazione di consulenza, depositata in copia nel corso dell’udienza camerale), e quindi sostanzialmente confermando che, allo stato, la discarica non è idonea all’immediata riapertura.

Notevoli perplessità, inoltre, nascono dal constatare che la capacità di smaltimento della discarica è valutata ancora in 144.000 mc. (p. 4 dell’ordinanza commissariale) laddove, come visto, il geologo Budetta ha espressamente affermato che nuove proroghe nell’attività di conferimento dei rifiuti devono essere subordinate alla previa esecuzione di interventi atti a garantire la stabilità delle pareti della discarica, interventi, in verità, di cui non vi è traccia in atti.

Anche in relazione a tale problematica la ‘perizia’ tecnica giurata redatta dall’Ing. Michele Barbieri per conto dell’ASI-DEV Ecologia s.r.l., depositata in data odierna, non apporta alcun dato rassicurante, giacché il professionista ha affermato (vds. p. 2 della ‘perizia’ giurata) che dalle rilevazioni effettuate, confrontate con i dati accertati in precedenza, si è accertata una fase di assestamento e le scarpate /stanno diminuendo in modo abbastanza sensibile le loro caratteristiche geometriche riportandosi verso valori più bassi di quelli consigliati/ (com’è normale che sia, non ricevendo più la discarica rifiuti), giacché nulla dice circa l’impatto determinato dalla riapertura della discarica, così come problematicamente evidenziato dall’ausiliario del P.M. Budetta.

Il conferimento, pertanto, di tale massa enorme di rifiuti renderebbe ben concreto il rischio del verificarsi dell’evento di cui all’art. 434, 2° co, c.p., dovendosi ricordare ancora che la zona è classificata come sismica di 1^ categoria.

In altre parole deve affermarsi che il Commissario di Governo non ha tenuto in adeguato conto dei rilievi fattuali, integranti plurime ipotesi di reato, emersi nel corso delle indagini preliminari, verosimilmente perché astretto dalla constatazione che /non risultano soluzione alternative ‘ e considerata l’estrema urgenza del provvedere /(p. 4 dell’ordinanza commissariale).

Ma se al Commissario di Governo -che pur deve conformare necessariamente la sua condotta al principio di legalità in quanto organo amministrativo- è consentito di poter scegliere operando un discrezionale contemperamento degli interessi in gioco (sacrificando i beni ambientali di una collettività assai più ristretta rispetto a quella, assolutamente preponderante, del resto della Regione Campania), certamente ciò non è permesso al Giudice che, soggetto soltanto alla legge ex art. 101, 2° co., Cost, ha il dovere/ /di reprimere le condotte penalmente rilevanti, e quindi di impedire che le stesse vengano reiterate o portate a conseguenze ulteriori e più gravi.

E’ di intuitiva comprensione, difatti, che il conferimento annunciato di ulteriori 144.000 mc. di r.s.u. nella discarica di Difesa Grande (la quale, già in funzione da anni, era stata progettata e convenzionata originariamente per far fronte ad una necessità di 300.000 mc. di r.s.u., mentre successivamente è stata prevista a sanatoria una volumetria di 453.000 mc. reali; vds. la relazione Iacucci-Sanna del 2.8.02) importerà inevitabilmente, per quanto accertato dai consulenti tecnici del P.M. in ragione delle condizioni geofisiche del sito (che già necessitava, da almeno un lustro, di un progetto esecutivo relativo alla messa in sicurezza ed alla gestione della fase /post mortem /della discarica; vds. del resto l’imputazione di cui al capo H) pertinente al reato di cui all’art. 328 c.p.) conseguenze allarmanti, oltre che per la già evidenziata (in)stabilità delle pareti, per la fuoriuscita del percolato (che andrà ad attingere in modo più pregnante, inquinandole maggiormente, le acque circostanti) e, inoltre, per la dispersione nell’atmosfera del /biogas/, la cui generazione sarà stimolata dall’inevitabile aumento della compressione dovuta alla enorme massa di rifiuti destinati all’abbancamento.

Quanto osservato sinora rende del tutto giustificato, e perciò legittimo, il sequestro preventivo della discarica di Difesa Grande disposto dal G.I.P. di Ariano Irpino con provvedimento del 7-8.10.06 (sul quale non può avere alcuna conseguenza la sopravvenuta normativa di cui al D.L. n. 263/06, pubblicato sulla G.U. n. 235 del 9.10.06 ed entrata in vigore dopo l’esecuzione del sequestro penale dell’8.10.06).

Difatti le conseguenze antigiuridiche che il sequestro preventivo tende ad evitare non sono identificabili necessariamente con l’evento del reato in senso naturalistico e neppure con l’evento in senso giuridico (cioè la lesione del bene penalmente tutelato), sicché esse possono configurarsi anche dopo la consumazione del reato in relazione alla possibile realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto.

Pertanto non vi è dubbio che in materia di reati concernenti la difesa del territorio e, più in generale, la tutela dell’ambiente, l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze pregiudizievoli che il legislatore mira a tutelare attraverso il provvedimento cautelare ben possono verificarsi anche dopo la consumazione del reato, laddove perduri, come nel caso di specie, la lesione dell’equilibrio ambientale e del territorio per il mancato impedimento della libera disponibilità della cosa pertinente al reato in capo all’autore di esso o di terzi (vds., da ultimo, Cass. pen., sez. II, 15 giugno’10 agosto 2006, n. 29160).

Infine deve evidenziarsi che dalla condanna (così come anche dall’applicazione di pena ex art. 444 c.p.p.) per il reato di cui all’art. 59, 3° co., D.L.vo n. 22/97 (contestato dal P.M. sub lett. C) del capo d’imputazione) consegue l’obbligo di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi (non la confisca, poiché dall’analisi degli atti non emerge che tra gli imputati vi sia anche il proprietario dell’area dove insiste la discarica) sicché sarebbe certamente illogico consentire, mediante il conferimento di una notevole massa di rifiuti, l’ulteriore degradazione dei luoghi che, invece, dovranno essere riportati allo /status quo ante/.

Le compiute osservazioni circa le esigenze cautelari inerenti il sequestro preventivo della discarica esonerano il Collegio dal valutare la fondatezza delle (ultronee) esigenze probatorie pur poste dal G.I.P. a fondamento della misura di cautela reale.

* *

*P.Q.M.*

Rigetta le richieste di riesame avanzate da *De Vizia Nicola*, *Giannattasio Raffaele*, *Adiglietti Gerardo* e *Lanzara Vittorio* e, per l’effetto, conferma il decreto di sequestro preventivo della discarica di Difesa Grande di Ariano Irpino emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Ariano Irpino il 7-8.10.06, e condanna gli istanti, in solido, al pagamento delle spese della presente procedura.

Dichiara la sopravvenuta inefficacia del sequestro preventivo nei confronti di *De Vizia Emilio*.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.

*Così deciso in Avellino*, camera di consiglio del 18 ottobre 2006.


Il Presidente est.


Dott. Antonio Sicuranza