La causa di non punibilità di cui all'art.114 della L.388/00 Alberta Leonarda VERGINE , docente di diritto penale dell'ambiente nell'Università di Pavia VERIFICA GIURIDICA DELLE DENUNCE AMBIENTALI

  Nascosta , per non dire seppellita , all’interno di una norma di ben 28 commi a sua volta inserita in un provvedimento normativo di 158 articoli ( L.23 dicembre 2000 ,n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) ,in S.O. n.219 della G.U. n. 302 del 29 dicembre 2000) l’attento lettore , ammaestrato dalla cattiva abitudine italiana di utilizzare i “contenitori” più disparati per collocarvi norme che spesso nulla hanno a che fare con la disciplina cui è dedicato il testo di legge nel quale sono inserite [1], può rinvenire una particolarissima causa di non punibilità di alcuni reati , individuati con un'espressione non propriamente felice [2] , della cui esigenza molti si erano fatti portatori nei mesi scorsi [3]  , ma della cui opportunità e pratica utilità , stante la disciplina prevista in detta norma , è lecito dubitare.

I commi 7 e 8  dell’art. 114 della cd. Finanziaria del 2001 , recante la rubrica  "Disinquinamento , bonifica e ripristino ambientale" - rubrica invero ingannevole  , in quanto la norma è dedicata , per la sua maggior parte a questioni differenti : tra l'altro , alla modifica dell'ormai mitico art.18 della L.349/86 che viene arricchito di un comma (il 9 bis) che si occupa di dove debbano essere versate e come debbano essere riassegnate  le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale ; all'inserimento anche dei laureati in geologia accanto a quelli in ingegneria nell'art. 27 del D.P.R. 128/59 ; alla previsione di finanziamenti particolari per assicurare l'ottimale ripristino ambientale di cave localizzate in giacimenti di calcare metamorfico con sviluppo oltre i 300 metri ed elevata pendenza senza rischi eccessivi per la sicurezza dei lavoratori addetti ; piuttosto che alla interpretazione autentica dell'indeterminato concetto di "costi sopportabili" [4] di cui al comma 6 dell'art. 17 del D.Lgv.22/97 - prevedono che non sia punibile chi , senza dolo e comunque al di fuori "dell'ambito di attività criminali organizzate volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali" < comma 8 > , abbia commesso prima dell'entrata in vigore del D.Lgs.22/97 "reati connessi all'inquinamento del sito" in relazione al quale inquinamento lo stesso soggetto "abbia adottato o adotti le procedure di cui all'art. 17 del D.Lgs.22/97 e di cui al D.M. 471/77 " o "abbia stipulato o stipuli accordi di programma previsti nell'ambito delle medesime normative".

Che si tratti di un ulteriore provvedimento premiale di un legislatore che non sa più vietare e punire chi non rispetta il divieto , ma che si limita a non punire chi , dopo non aver rispettato il divieto , cerca di porre rimedio alle conseguenze dannose del suo operare, pare indubitabile . Che in molti lo aspettassero per cercare di dare fiato all’asfittico meccanismo della bonifica a iniziativa dell’interessato che , letto dai più come un meccanismo perverso che provocava l’autoincriminazione del contravventore ambientale senza portargli alcun vantaggio, non era risultato particolarmente gradito ed utilizzato nella prassi , è altrettanto indubbio . Come indubbio è che meglio sarebbe stato  collocare la disciplina di una causa di non punibilità di ben determinati reati in un "luogo" diverso  rispetto alla legge finanziaria. Ma tant’è .

Lì o altrove , se fosse stata ben disegnata e regolata , si sarebbe potuto anche apprezzare l’iniziativa , ma il legislatore , che forse per pudore - pudore per il palese inganno sotteso alla previsione di una , in buona parte solo virtuale , causa di estinzione , come meglio si vedrà in seguito -  l’ha celata all'interno della corpulenta finanziaria 2001, l’ha anche disciplinata in modo a dir poco singolare.

Anzitutto singolare la locuzione prescelta per individuare i reati cui può essere applicata la causa di non punibilità : "reati direttamente connessi all'inquinamento del sito " . Già molti problemi sorgono con riferimento all'avverbio "direttamente" , ma sembrano poca cosa se confrontati con quelli che derivano dall'espressione "connessi all'inquinamento" . Anzitutto andrebbe chiarito l’ambito dei reati “connessi” all’inquinamento : sono quelli che l’hanno favorito , o quelli che lo hanno concretamente provocato , o ancora anche quelli che sono stati realizzati nel medesimo contesto temporale o d'occasione di quelli che l’hanno cagionato . Ma fondamentale è anche comprendere cosa si debba intendere con “inquinamento del sito”  ? All' art. 51 bis D.Lgs.22/97 il legislatore sembrerebbe convinto di aver definito l'inquinamento all'art. 17 comma 2 - sotto la rubrica "bonifica dei siti" , infatti , si punisce "Chiunque cagiona l'inquinamento di cui all'art.17 comma 2 …."- , nel comma 2 del citato art. 17 , al contrario , del termine  "inquinamento" non c'è traccia , ma c'è l'indicazione di una condotta consistente nell'aver cagionato "il superamento dei limiti di cui al comma 1 , lett.a) o il pericolo concreto e attuale di superamento dei medesimi " ; nel D.M 471/99 < quello in cui tali limiti sono stati definiti >, invece , è presente la definizione di “sito inquinato” accanto a quella di “sito potenzialmente inquinato” . All’infelice interprete la scelta di quale dei due riferimenti normativi far prevalere , con la sottolineatura che se , come imporrebbero le regole dell’ermeneutica , si supponesse di dover fare riferimento alla definizione di sito inquinato di cui alla lett.b) dell’art. 2 del D.M. 471/99 escluderemmo dall’operatività della norma tutte le ipotesi di pericolo concreto di inquinamento del sito . In altri termini la causa di non punibilità favorirebbe gli autori dei reati più gravi < di quelli , cioè , che hanno già provocato la compromissione delle risorse protette > a scapito degli autori di condotte che sono ancora alla fase della messa in pericolo , sia pure concreto , della risorsa e pertanto sono da considerarsi oggettivamente meno gravi e , dal punto di vista del ripristino , probabilmente più facilmente e a minor costo recuperabili. Il costo dell’interpretazione più corretta , in termini di logica e coerenza interna del sistema , è altissimo  ed è conseguenza esclusiva della consueta sciatteria [5] nella redazione delle norme che contraddistingue , ormai da troppo tempo , il nostro legislatore . Se invece utilizziamo come riferimento normativo il D.Lgs.152/99 [6] , allora scopriamo che lì , ove all’art. 58 si disciplina oltre al danno ambientale anche la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati “secondo il procedimento di cui all’art. 17 del D.Lgs. 22/97 ” - e quindi anche secondo il disposto del comma 13 bis , è rinvenibile una definizione di inquinamento < lett. z) dell’art. 2 >  che , tuttavia , prescinde totalmente dai parametri e dai limiti  di cui al D.M.471/99 [7]per agganciarsi , invece , genericamente , a conseguenze "tali da mettere in pericolo la salute umana , nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico , compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque" . Il disagio e le perplessità , leggendo le norme , sono grandi . L’incapacità di capire è totale . La gravità del problema è troppo evidente per dover essere ulteriormente sottolineata.

Ma non basta ancora , quand’anche l’interprete riuscisse a comprendere a quali "reati connessi all'inquinamento del sito" ed a quale "inquinamento"  possa farsi riferimento , le delimitazioni temporali alla applicabilità della causa di non punibilità in discorso riducono ad un numero assai esiguo , per non dire inconsistente , le ipotesi di fruizione della stessa. E valga il vero : sono compresi nella previsione solo quei  reati direttamente connessi all’inquinamento del sito e “posti in essere anteriormente alla data di entrata in vigore del D.Lgs.22/97”  . Cioè prima del marzo 1997 . Questa precisazione consente , anzitutto , di escludere che questa causa di non punibilità possa essere applicata in relazione a fatti di inquinamento idrico che , ai sensi dell'art. 58 del D.Lgs.152/99  abbiano “provocato un danno alle acque , al suolo e alle altre risorse ambientali , ovvero un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale”  e che , sempre ai sensi della stessa norma , obbligano i loro autori agli interventi  , a proprie spese , di messa in sicurezza , bonifica e ripristino ambientale “ai sensi e secondo il procedimento di cui all’art.17 del D.lgs.22/97”, in quanto detto obbligo è dalla legge limitato ai comportamenti realizzati “in violazione delle disposizioni del presente decreto”  e, pertanto , solo per reati commessi successivamente alla sua entrata in vigore : 16 giugno 1999 .

Sempre a norma del comma 7 dell’art.114 , detti reati debbono anche “essere stati accertati  a seguito dell’attività svolta su notifica dell’interessato , ai sensi dell’art.17 del medesimo decreto legislativo” . Ma per poter usufruire della possibilità di cui all’art. 17 comma 13 bis < cioè l’utilizzabilità delle procedure di bonifica “ad iniziativa degli interessati” > il suddetto “interessato” doveva poter conoscere i limiti di accettabilità di contaminazione che , una volta superati , rendono il sito inquinato o , se non ancora superati , a certe condizioni possono rendere il sito potenzialmente inquinato e tali limiti sono stati resi noti solo con la pubblicazione del D.M. 471/99 del 25 ottobre , avvenuta  il 15 dicembre 1999. Pertanto a tutto il 1999 non sembra potersi immaginare un "interessato" che abbia attivato di propria iniziativa procedure di bonifica di un sito che la legge non ha ancora provveduto a individuare come inquinato o potenzialmente inquinato.

Ancora , al comma 8 dell’art.114 si escludono dall’operatività della causa di non punibilità i “reati connessi all’inquinamento del sito” commessi “a titolo di dolo o comunque nell’ambito di attività organizzative volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali”.

Limitiamoci , per il momento , alla prima porzione della locuzione : reati commessi a titolo di dolo , rectius dolosi [8] . Con questa limitazione , il legislatore esclude dall’ambito della causa di non punibilità la maggior parte degli , invero non molto numerosi , delitti che , in via teorica , potrebbero rientrare tra quelli “connessi all’inquinamento del sito”, in quanto il più delle volte puniti soltanto nella previsione dolosa . Ma , in compenso , vi comprende , quando espressamente puniti anche nella forma colposa , i più gravi , in termini di danni ambientali prodotti , tra questi . Tanto per esemplificare : non potrà fruire della causa di non punibilità l'autore di un reato di danneggiamento , ma in compenso potrà fruirne chi è stato responsabile di un avvelenamento colposo di acque .

Ma allora , se solo di reati colposi si tratta e , con buona probabilità , se praticamente solo di contravvenzioni colpose si tratta e se le stesse debbono essere state commesse prima del marzo 1997 e debbono essere state accertate solo dopo il dicembre 1999 in quanto debbono esserlo state esclusivamente  a causa della “iniziativa dell’interessato” , quante di dette contravvenzioni a tale data non erano ancora prescritte [9] ? Solo quelle commesse nel primo trimestre del 1997 e delle quali l’interessato alla bonifica si sia “autodenunciato” nel primo trimestre del 2000 . Poche , riteniamo . Pochissime .

Ed ancora , ci interroghiamo curiosi, quanti reati non dolosi possono essere stati commessi "nell'ambito di attività organizzative volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali" ? Il concetto stesso di attività organizzative finalizzate a illecito lucro presuppone una volontà  direzionata in modo preciso che con l'imprudenza , la negligenza e l'imperizia , così come con la violazione di norme cautelari , ci sembra abbia ben poco a che spartire. Forse in luogo dell'alternativa tra i reati dolosi e questi particolari reati , il legislatore avrebbe meglio dovuto prevedere , sempre che si consideri effettivamente utile , per altro a fini meramente simbolici , il mantenimento del riferimento anche a questi ultimi reati , le due categorie di comportamenti collegate con una più realista "e" .

Concludendo : una ulteriore occasione sciupata dal legislatore . Collocando questa causa di non punibilità nella legge finanziaria si sono probabilmente affrettati i tempi della sua approvazione e nascondendola all'interno di una così variegata normativa si è distolta l'attenzione di coloro che , senza dubbio , qualora fosse stata discussa palesemente, avrebbero protestato e si sarebbero opposti , con il favore di una opinione pubblica non perfettamente consapevole dei reali termini della questione [10] , all'approvazione di una nuova provvidenza a favore degli inquinatori . Ma scrivendola così male e disciplinandola in maniera tanto bislacca , ne hanno azzerato il potenziale incentivante alla bonifica per così dire "spontanea"  che , se fino ad ieri era stata assai poco praticata , non lo sarà certamente  in misura maggiore dopo l'entrata in vigore dell'art.114 .

 



[1] AINIS ,La legge oscura. Come  e perché non funziona, Bari , 1997 al proposito allude a "leggi che ospitano una o più norme 'intruse' , corpi estranei che vi restano impigliate come insetti sulla carta moschicida e che poi rimangono invisibili al lettore che non vi si imbatta più o meno per caso" , mentre CASSESE, Introduzione allo studio della normazione, Riv.trim.dir.pubbl., 1992 , 324 , nota 24 , proprio con riferimento alle leggi finanziarie , le paragonava ad "un sacco d'ossa buttate alla rinfusa"

[2] Nel testo della norma si fa riferimento a "reati direttamente connessi all'inquinamento del sito"

[3] Problema non certo nuovo , si ricorda infatti la precedente previsione di obbligo di bonifica di cui all'art. 3 , comma 32 della L.549/95 , sul quale v. F.GIAMPIETRO, Bonifiche dei siti contaminati : prime idee per una iniziativa legislativa , Documenti Giustizia, 1994 ,nn.7e 8 ; sulla mancata abrogazione ex art.56 D.Lgs.22/97 di questa norma e sui conseguenti problemi di coordinamento tra essa e l'art.17 , v. FIMIANI , Acque , rifiuti e tutela penale , Milano , 2000 , 609.

[4] Il comma 9 dell'art. 114 stabilisce che "per costi sopportabili di cui al comma 6 dell'art. 17 del D.Lgs.22/97 e di cui alla lettera f) e i) del comma 1 dell'art. 2 del D.M. 471/99 , si intendono , con riferimento ad impianti in esercizio , quelli derivanti da una bonifica che non comportino un arresto prolungato delle attività produttive o che comunque non siano sproporzionati rispetto al fatturato annuo prodotto dall'impianto in questione". Definizione , questa , che tuttavia non ci pare sia del tutto risolutiva di ogni dubbio interpretativo .

[5] Sul punto ci permettiamo di rinviare a VERGINE, Inquinamento delle acque ,Dig./pen., Aggiornamento, IV ed., Torino , 2000 , 422 ed autori ivi citati.

[6] "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole" , integrato e modificato dal D.Lgv. 258/00.

[7] E non potrebbe essere altrimenti se si considera che la pubblicazione del D.Lgs.152/99 ha preceduto di alcuni mesi  quella del D.M. 471/99.

[8] Non si comprende perché il legislatore abbia preferito l'infelice espressione " a titolo di dolo" anziché la più corretta "dolosi". È ben vero che talvolta , come caso dell'art. 83 c.p. , il legislatore ha fatto ricorso all'espressione "a titolo di " - per altro con riferimento alla colpa- , ma in quanto prevede si punisca una certa condotta delittuosa  come se fosse stata realizzata con colpa . Ma in questo caso il legislatore voleva , e non poteva voler altro, semplicemente escludere dalla operatività della causa di non punibilità i reati commessi effettivamente con dolo .

[9] Infatti per le contravvenzioni punite con la pena detentiva il tempo di prescrizione è di tre anni a mente del n.5 del comma 1  dell'art. 157 c.p.. Ma il tempo per prescrivere i delitti colposi che potrebbero essere connessi direttamente all'inquinamento - fermo restando che si voglia limitare il concetto ai soli reati in senso lato ambientali -ad esempio quello di cui all'art. 439 , comma 1 , non è molto più lungo essendo previsto dal n. 4 del comma 1 dell'art. 157 in cinque anni . Ad oggi dalla data di entrata in vigore del c.d. decreto Ronchi sono già passati 4 anni .

[10] Non sempre il cittadino è posto in grado , da una corretta campagna informativa, di cogliere gli aspetti fortemente positivi per le risorse tutelate dalla normativa ambientale, rappresentati dalla proposta di una causa di non punibilità o di una causa di estinzione o di una attenuante che siano applicabili soltanto se eliminate le conseguenze dannose o pericolose del reato , ripristinato lo stato dei luoghi o risarciti i danni non eliminabili . Nessuno tra gli studiosi della materia ha dimenticato le feroci critiche all'utilizzo dell' oblazione speciale che consentiva l'estinzione di tutte le contravvenzioni ambientali punite con pena alternativa in assenza di conseguenze dannose e pericolose delle stesse , sulla base dell'assunto che , mediante il ricorso a detto provvedimento, si canonizzava il principio "chi paga può inquinare" . Solo una volta aumentati , nel 1995 ,  in modo scriteriato i limiti delle pene pecuniarie per dette contravvenzioni < ci permettiamo di rinviare a VERGINE, Sospensione condizionale della pena, Dig./Pen. , vol. XIII , 1998 , 458> e reso così poco appetibile il ricorso a detta causa di estinzione , ci si avvide che insieme al ricorso all'oblazione erano spariti anche tutti gli interventi di eliminazione spontanea delle conseguenze dannose o pericolose dei reati ambientali che prima venivano realizzati     dal contravventore al fine di poter beneficiare dell'oblazione.

Alberta Leonarda VERGINE ,
docente di diritto penale dell'ambiente nell'Università di Pavia

 

La causa di non punibilità di cui all'art.114 della L.388/00

 

 

Nascosta , per non dire seppellita , all’interno di una norma di ben 28 commi a sua volta inserita in un provvedimento normativo di 158 articoli ( L.23 dicembre 2000 ,n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) ,in S.O. n.219 della G.U. n. 302 del 29 dicembre 2000) l’attento lettore , ammaestrato dalla cattiva abitudine italiana di utilizzare i “contenitori” più disparati per collocarvi norme che spesso nulla hanno a che fare con la disciplina cui è dedicato il testo di legge nel quale sono inserite [1], può rinvenire una particolarissima causa di non punibilità di alcuni reati , individuati con un'espressione non propriamente felice [2] , della cui esigenza molti si erano fatti portatori nei mesi scorsi [3]  , ma della cui opportunità e pratica utilità , stante la disciplina prevista in detta norma , è lecito dubitare.

I commi 7 e 8  dell’art. 114 della cd. Finanziaria del 2001 , recante la rubrica  "Disinquinamento , bonifica e ripristino ambientale" - rubrica invero ingannevole  , in quanto la norma è dedicata , per la sua maggior parte a questioni differenti : tra l'altro , alla modifica dell'ormai mitico art.18 della L.349/86 che viene arricchito di un comma (il 9 bis) che si occupa di dove debbano essere versate e come debbano essere riassegnate  le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale ; all'inserimento anche dei laureati in geologia accanto a quelli in ingegneria nell'art. 27 del D.P.R. 128/59 ; alla previsione di finanziamenti particolari per assicurare l'ottimale ripristino ambientale di cave localizzate in giacimenti di calcare metamorfico con sviluppo oltre i 300 metri ed elevata pendenza senza rischi eccessivi per la sicurezza dei lavoratori addetti ; piuttosto che alla interpretazione autentica dell'indeterminato concetto di "costi sopportabili" [4] di cui al comma 6 dell'art. 17 del D.Lgv.22/97 - prevedono che non sia punibile chi , senza dolo e comunque al di fuori "dell'ambito di attività criminali organizzate volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali" < comma 8 > , abbia commesso prima dell'entrata in vigore del D.Lgs.22/97 "reati connessi all'inquinamento del sito" in relazione al quale inquinamento lo stesso soggetto "abbia adottato o adotti le procedure di cui all'art. 17 del D.Lgs.22/97 e di cui al D.M. 471/77 " o "abbia stipulato o stipuli accordi di programma previsti nell'ambito delle medesime normative".

Che si tratti di un ulteriore provvedimento premiale di un legislatore che non sa più vietare e punire chi non rispetta il divieto , ma che si limita a non punire chi , dopo non aver rispettato il divieto , cerca di porre rimedio alle conseguenze dannose del suo operare, pare indubitabile . Che in molti lo aspettassero per cercare di dare fiato all’asfittico meccanismo della bonifica a iniziativa dell’interessato che , letto dai più come un meccanismo perverso che provocava l’autoincriminazione del contravventore ambientale senza portargli alcun vantaggio, non era risultato particolarmente gradito ed utilizzato nella prassi , è altrettanto indubbio . Come indubbio è che meglio sarebbe stato  collocare la disciplina di una causa di non punibilità di ben determinati reati in un "luogo" diverso  rispetto alla legge finanziaria. Ma tant’è .

Lì o altrove , se fosse stata ben disegnata e regolata , si sarebbe potuto anche apprezzare l’iniziativa , ma il legislatore , che forse per pudore - pudore per il palese inganno sotteso alla previsione di una , in buona parte solo virtuale , causa di estinzione , come meglio si vedrà in seguito -  l’ha celata all'interno della corpulenta finanziaria 2001, l’ha anche disciplinata in modo a dir poco singolare.

Anzitutto singolare la locuzione prescelta per individuare i reati cui può essere applicata la causa di non punibilità : "reati direttamente connessi all'inquinamento del sito " . Già molti problemi sorgono con riferimento all'avverbio "direttamente" , ma sembrano poca cosa se confrontati con quelli che derivano dall'espressione "connessi all'inquinamento" . Anzitutto andrebbe chiarito l’ambito dei reati “connessi” all’inquinamento : sono quelli che l’hanno favorito , o quelli che lo hanno concretamente provocato , o ancora anche quelli che sono stati realizzati nel medesimo contesto temporale o d'occasione di quelli che l’hanno cagionato . Ma fondamentale è anche comprendere cosa si debba intendere con “inquinamento del sito”  ? All' art. 51 bis D.Lgs.22/97 il legislatore sembrerebbe convinto di aver definito l'inquinamento all'art. 17 comma 2 - sotto la rubrica "bonifica dei siti" , infatti , si punisce "Chiunque cagiona l'inquinamento di cui all'art.17 comma 2 …."- , nel comma 2 del citato art. 17 , al contrario , del termine  "inquinamento" non c'è traccia , ma c'è l'indicazione di una condotta consistente nell'aver cagionato "il superamento dei limiti di cui al comma 1 , lett.a) o il pericolo concreto e attuale di superamento dei medesimi " ; nel D.M 471/99 < quello in cui tali limiti sono stati definiti >, invece , è presente la definizione di “sito inquinato” accanto a quella di “sito potenzialmente inquinato” . All’infelice interprete la scelta di quale dei due riferimenti normativi far prevalere , con la sottolineatura che se , come imporrebbero le regole dell’ermeneutica , si supponesse di dover fare riferimento alla definizione di sito inquinato di cui alla lett.b) dell’art. 2 del D.M. 471/99 escluderemmo dall’operatività della norma tutte le ipotesi di pericolo concreto di inquinamento del sito . In altri termini la causa di non punibilità favorirebbe gli autori dei reati più gravi < di quelli , cioè , che hanno già provocato la compromissione delle risorse protette > a scapito degli autori di condotte che sono ancora alla fase della messa in pericolo , sia pure concreto , della risorsa e pertanto sono da considerarsi oggettivamente meno gravi e , dal punto di vista del ripristino , probabilmente più facilmente e a minor costo recuperabili. Il costo dell’interpretazione più corretta , in termini di logica e coerenza interna del sistema , è altissimo  ed è conseguenza esclusiva della consueta sciatteria [5] nella redazione delle norme che contraddistingue , ormai da troppo tempo , il nostro legislatore . Se invece utilizziamo come riferimento normativo il D.Lgs.152/99 [6] , allora scopriamo che lì , ove all’art. 58 si disciplina oltre al danno ambientale anche la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati “secondo il procedimento di cui all’art. 17 del D.Lgs. 22/97 ” - e quindi anche secondo il disposto del comma 13 bis , è rinvenibile una definizione di inquinamento < lett. z) dell’art. 2 >  che , tuttavia , prescinde totalmente dai parametri e dai limiti  di cui al D.M.471/99 [7]per agganciarsi , invece , genericamente , a conseguenze "tali da mettere in pericolo la salute umana , nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico , compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque" . Il disagio e le perplessità , leggendo le norme , sono grandi . L’incapacità di capire è totale . La gravità del problema è troppo evidente per dover essere ulteriormente sottolineata.

Ma non basta ancora , quand’anche l’interprete riuscisse a comprendere a quali "reati connessi all'inquinamento del sito" ed a quale "inquinamento"  possa farsi riferimento , le delimitazioni temporali alla applicabilità della causa di non punibilità in discorso riducono ad un numero assai esiguo , per non dire inconsistente , le ipotesi di fruizione della stessa. E valga il vero : sono compresi nella previsione solo quei  reati direttamente connessi all’inquinamento del sito e “posti in essere anteriormente alla data di entrata in vigore del D.Lgs.22/97”  . Cioè prima del marzo 1997 . Questa precisazione consente , anzitutto , di escludere che questa causa di non punibilità possa essere applicata in relazione a fatti di inquinamento idrico che , ai sensi dell'art. 58 del D.Lgs.152/99  abbiano “provocato un danno alle acque , al suolo e alle altre risorse ambientali , ovvero un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale”  e che , sempre ai sensi della stessa norma , obbligano i loro autori agli interventi  , a proprie spese , di messa in sicurezza , bonifica e ripristino ambientale “ai sensi e secondo il procedimento di cui all’art.17 del D.lgs.22/97”, in quanto detto obbligo è dalla legge limitato ai comportamenti realizzati “in violazione delle disposizioni del presente decreto”  e, pertanto , solo per reati commessi successivamente alla sua entrata in vigore : 16 giugno 1999 .

Sempre a norma del comma 7 dell’art.114 , detti reati debbono anche “essere stati accertati  a seguito dell’attività svolta su notifica dell’interessato , ai sensi dell’art.17 del medesimo decreto legislativo” . Ma per poter usufruire della possibilità di cui all’art. 17 comma 13 bis < cioè l’utilizzabilità delle procedure di bonifica “ad iniziativa degli interessati” > il suddetto “interessato” doveva poter conoscere i limiti di accettabilità di contaminazione che , una volta superati , rendono il sito inquinato o , se non ancora superati , a certe condizioni possono rendere il sito potenzialmente inquinato e tali limiti sono stati resi noti solo con la pubblicazione del D.M. 471/99 del 25 ottobre , avvenuta  il 15 dicembre 1999. Pertanto a tutto il 1999 non sembra potersi immaginare un "interessato" che abbia attivato di propria iniziativa procedure di bonifica di un sito che la legge non ha ancora provveduto a individuare come inquinato o potenzialmente inquinato.

Ancora , al comma 8 dell’art.114 si escludono dall’operatività della causa di non punibilità i “reati connessi all’inquinamento del sito” commessi “a titolo di dolo o comunque nell’ambito di attività organizzative volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali”.

Limitiamoci , per il momento , alla prima porzione della locuzione : reati commessi a titolo di dolo , rectius dolosi [8] . Con questa limitazione , il legislatore esclude dall’ambito della causa di non punibilità la maggior parte degli , invero non molto numerosi , delitti che , in via teorica , potrebbero rientrare tra quelli “connessi all’inquinamento del sito”, in quanto il più delle volte puniti soltanto nella previsione dolosa . Ma , in compenso , vi comprende , quando espressamente puniti anche nella forma colposa , i più gravi , in termini di danni ambientali prodotti , tra questi . Tanto per esemplificare : non potrà fruire della causa di non punibilità l'autore di un reato di danneggiamento , ma in compenso potrà fruirne chi è stato responsabile di un avvelenamento colposo di acque .

Ma allora , se solo di reati colposi si tratta e , con buona probabilità , se praticamente solo di contravvenzioni colpose si tratta e se le stesse debbono essere state commesse prima del marzo 1997 e debbono essere state accertate solo dopo il dicembre 1999 in quanto debbono esserlo state esclusivamente  a causa della “iniziativa dell’interessato” , quante di dette contravvenzioni a tale data non erano ancora prescritte [9] ? Solo quelle commesse nel primo trimestre del 1997 e delle quali l’interessato alla bonifica si sia “autodenunciato” nel primo trimestre del 2000 . Poche , riteniamo . Pochissime .

Ed ancora , ci interroghiamo curiosi, quanti reati non dolosi possono essere stati commessi "nell'ambito di attività organizzative volte a realizzare illeciti guadagni in violazione delle norme ambientali" ? Il concetto stesso di attività organizzative finalizzate a illecito lucro presuppone una volontà  direzionata in modo preciso che con l'imprudenza , la negligenza e l'imperizia , così come con la violazione di norme cautelari , ci sembra abbia ben poco a che spartire. Forse in luogo dell'alternativa tra i reati dolosi e questi particolari reati , il legislatore avrebbe meglio dovuto prevedere , sempre che si consideri effettivamente utile , per altro a fini meramente simbolici , il mantenimento del riferimento anche a questi ultimi reati , le due categorie di comportamenti collegate con una più realista "e" .

Concludendo : una ulteriore occasione sciupata dal legislatore . Collocando questa causa di non punibilità nella legge finanziaria si sono probabilmente affrettati i tempi della sua approvazione e nascondendola all'interno di una così variegata normativa si è distolta l'attenzione di coloro che , senza dubbio , qualora fosse stata discussa palesemente, avrebbero protestato e si sarebbero opposti , con il favore di una opinione pubblica non perfettamente consapevole dei reali termini della questione [10] , all'approvazione di una nuova provvidenza a favore degli inquinatori . Ma scrivendola così male e disciplinandola in maniera tanto bislacca , ne hanno azzerato il potenziale incentivante alla bonifica per così dire "spontanea"  che , se fino ad ieri era stata assai poco praticata , non lo sarà certamente  in misura maggiore dopo l'entrata in vigore dell'art.114 .

 



[1] AINIS ,La legge oscura. Come  e perché non funziona, Bari , 1997 al proposito allude a "leggi che ospitano una o più norme 'intruse' , corpi estranei che vi restano impigliate come insetti sulla carta moschicida e che poi rimangono invisibili al lettore che non vi si imbatta più o meno per caso" , mentre CASSESE, Introduzione allo studio della normazione, Riv.trim.dir.pubbl., 1992 , 324 , nota 24 , proprio con riferimento alle leggi finanziarie , le paragonava ad "un sacco d'ossa buttate alla rinfusa"

[2] Nel testo della norma si fa riferimento a "reati direttamente connessi all'inquinamento del sito"

[3] Problema non certo nuovo , si ricorda infatti la precedente previsione di obbligo di bonifica di cui all'art. 3 , comma 32 della L.549/95 , sul quale v. F.GIAMPIETRO, Bonifiche dei siti contaminati : prime idee per una iniziativa legislativa , Documenti Giustizia, 1994 ,nn.7e 8 ; sulla mancata abrogazione ex art.56 D.Lgs.22/97 di questa norma e sui conseguenti problemi di coordinamento tra essa e l'art.17 , v. FIMIANI , Acque , rifiuti e tutela penale , Milano , 2000 , 609.

[4] Il comma 9 dell'art. 114 stabilisce che "per costi sopportabili di cui al comma 6 dell'art. 17 del D.Lgs.22/97 e di cui alla lettera f) e i) del comma 1 dell'art. 2 del D.M. 471/99 , si intendono , con riferimento ad impianti in esercizio , quelli derivanti da una bonifica che non comportino un arresto prolungato delle attività produttive o che comunque non siano sproporzionati rispetto al fatturato annuo prodotto dall'impianto in questione". Definizione , questa , che tuttavia non ci pare sia del tutto risolutiva di ogni dubbio interpretativo .

[5] Sul punto ci permettiamo di rinviare a VERGINE, Inquinamento delle acque ,Dig./pen., Aggiornamento, IV ed., Torino , 2000 , 422 ed autori ivi citati.

[6] "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole" , integrato e modificato dal D.Lgv. 258/00.

[7] E non potrebbe essere altrimenti se si considera che la pubblicazione del D.Lgs.152/99 ha preceduto di alcuni mesi  quella del D.M. 471/99.

[8] Non si comprende perché il legislatore abbia preferito l'infelice espressione " a titolo di dolo" anziché la più corretta "dolosi". È ben vero che talvolta , come caso dell'art. 83 c.p. , il legislatore ha fatto ricorso all'espressione "a titolo di " - per altro con riferimento alla colpa- , ma in quanto prevede si punisca una certa condotta delittuosa  come se fosse stata realizzata con colpa . Ma in questo caso il legislatore voleva , e non poteva voler altro, semplicemente escludere dalla operatività della causa di non punibilità i reati commessi effettivamente con dolo .

[9] Infatti per le contravvenzioni punite con la pena detentiva il tempo di prescrizione è di tre anni a mente del n.5 del comma 1  dell'art. 157 c.p.. Ma il tempo per prescrivere i delitti colposi che potrebbero essere connessi direttamente all'inquinamento - fermo restando che si voglia limitare il concetto ai soli reati in senso lato ambientali -ad esempio quello di cui all'art. 439 , comma 1 , non è molto più lungo essendo previsto dal n. 4 del comma 1 dell'art. 157 in cinque anni . Ad oggi dalla data di entrata in vigore del c.d. decreto Ronchi sono già passati 4 anni .

[10] Non sempre il cittadino è posto in grado , da una corretta campagna informativa, di cogliere gli aspetti fortemente positivi per le risorse tutelate dalla normativa ambientale, rappresentati dalla proposta di una causa di non punibilità o di una causa di estinzione o di una attenuante che siano applicabili soltanto se eliminate le conseguenze dannose o pericolose del reato , ripristinato lo stato dei luoghi o risarciti i danni non eliminabili . Nessuno tra gli studiosi della materia ha dimenticato le feroci critiche all'utilizzo dell' oblazione speciale che consentiva l'estinzione di tutte le contravvenzioni ambientali punite con pena alternativa in assenza di conseguenze dannose e pericolose delle stesse , sulla base dell'assunto che , mediante il ricorso a detto provvedimento, si canonizzava il principio "chi paga può inquinare" . Solo una volta aumentati , nel 1995 ,  in modo scriteriato i limiti delle pene pecuniarie per dette contravvenzioni < ci permettiamo di rinviare a VERGINE, Sospensione condizionale della pena, Dig./Pen. , vol. XIII , 1998 , 458> e reso così poco appetibile il ricorso a detta causa di estinzione , ci si avvide che insieme al ricorso all'oblazione erano spariti anche tutti gli interventi di eliminazione spontanea delle conseguenze dannose o pericolose dei reati ambientali che prima venivano realizzati     dal contravventore al fine di poter beneficiare dell'oblazione.