Cass. Sez. III n. 27774 del 6 luglio 2016 (Ud. 7 ott 2015)
Presidente: Franco Estensore: Gentili Imputato: Cappello
Rifiuti.Trasporto in un luogo diverso da quello indicato nel formulario

In tema di raccolta e trasporto di rifiuti speciali, integra il reato di cui all'art. 6, primo comma, lett. d) del D.L. 6 novembre 2008, n. 172 ("Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania"), conv. in l. 30 novembre 2008, n. 210, il trasporto di rifiuti non pericolosi in un luogo diverso da quello indicato nell'apposito formulario di identificazione. (Fattispecie relativa al trasporto di residui di demolizione edilizia, anziché nella discarica indicata nel predetto documento in possesso del trasportatore, in un terreno in cui era ubicato altro cantiere).

 RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Palermo in data 15 maggio 2014 ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale della medesima città aveva dichiarato la penale responsabilità di C.G. in ordine al reato di cui al D.L. n. 172 del 2008, art. 6, lett. d), come convertito con L. n. 2010 del 2008, per avere questi effettuato, in una regione caratterizzata da emergenza ambientale, attività di trasporto e deposito di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da residui di demolizione edilizia, in assenza della prescritta autorizzazione, condannandolo, pertanto, alla pena di giustizia e disponendo altresì la confisca dell'automezzo con il quale era stato effettuato il trasporto in questione.

Ha proposto ricorso per cassazione il C., tramite il proprio difensore, deducendo la contraddittorietà della sentenza per non essere stata in questa considerata una prova a discarico del prevenuto, costituita dalla testimonianza del padre di costui, il quale aveva dichiarato che la quantità di rifiuti depositati senza autorizzazione era costituita da pochi metri cubi di sfabbricidi; in particolare la Corte di appello ha considerato non attendibili le dichiarazioni del predetto teste in quanto esse erano in contraddizione con quanto riferito da altro teste, sentito nel corso del giudizio di primo grado, le cui dichiarazioni, però, già erano state dichiarate inattendibili nel corso di quel giudizio.

In tale ritenuta reciproca inattendibilità il ricorrente ravvisa la contraddittorietà della sentenza.

Lo stesso ricorrente rileva che in realtà il C., o meglio la impresa per la quale egli lavorava, non era sprovvista della autorizzazione per il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti di cui si parla, ma, per come indicato nei formulari in possesso di chi stava eseguendo il trasporto, cioè lo stesso C., questi dovevano essere depositati in un'altra discarica rispetto a quella ove, invece, erano stati effettivamente portati.

In subordine il ricorrente ha contestato il capo di decisione relativo alla confisca dell'automezzo, sostenendo la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si afferma che sarebbe stato onere del proprietario del mezzo fornire la prova della sua estraneità al trasporto ed al deposito in questione salvo poi dichiarare inammissibile per difetto di interessa da parte del ricorrente in appello la predetta domanda di annullamento parziale.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.

Il primo motivo di impugnazione articolato dal ricorrente non ha pregio;

con lo stesso, invero, è dedotta la pretesa contraddittorietà della sentenza emessa dalla Corte di appello in quanto tale sentenza sarebbe argomentata sulla base dell'asserito contrasto esistente fra la ricostruzione dei fatti fornita dal teste A.S., imputato in procedimento connesso già definito con provvedimento passato in giudicato, e quella offerta dall'imputato, discrasia che, rileva il ricorrente, ha indotto la Corte territoriale a non dare credito alle dichiarazioni del C.; tale minor credito però, osserva il ricorrente sostenendo che la predettetta sentenza della Corte di appello sarebbe pertanto contraddittoria, sarebbe ingiustificato in quanto basato su di un contrasto rilevato rispetto a dichiarazioni di teste già ritenuto inattendibile in primo grado.

L'argomento, come già osservato, non ha pregio.

Deve, infatti, rilevarsi che la Corte nell'esaminare sia le dichiarazioni rese dal teste A., il cui contenuto era finalizzato a discolpare quest'ultimo dalla imputazione di avere concorso con il C. nella commissione del reato per cui è processo, e che le dichiarazioni rese dall'imputato ne ha ritenuto la comune inattendibilità in quanto ambedue prive di riscontri; la Corte, fra le altre considerazioni volte ad evidenziare la inattendibilità della ricostruzione dei fatti operata dall'odierno imputato ha osservato, confrontandola col contenuto delle dichiarazioni rese dall' A., non, come vorrebbe il ricorrente, che la prima era inattendibile in quanto contrastante con quella, ritenuta veridica, riferita dall' A., ma che la esistenza di un'inconciliabile contrapposizione fra le due ricostruzioni dei fatti, nessuna delle quali, evidentemente tale da fornire un riscontro all'altra, ne legittimava il giudizio di comune inattendibilità.

E', infatti, evidente che laddove il teste di riscontro indicato dalla difesa dell'imputato offra una versione dei fatti sostanzialmente diversa da quella che, attraverso la predetta testimonianza l'imputato aveva tentato di provare, l'esito della prova non può essere certamente ritenuto favorevole per l'imputato, quale che sia stato il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste, essendo sufficiente al fine di cui sopra che le stesse non forniscano, rispetto alla tesi del prevenuto, il riscontro desiderato a quanto da quest'ultimo dichiarato.

Nessuna contraddittorietà è pertanto, riscontrabile fra le sentenza del Tribunale di Palermo e della Corte territoriale, posto che entrambi i predetti giudici non hanno attribuito credito alcuno alle dichiarazioni dell' A. e del C., osservando, peraltro, che la dichiarazione della penale responsabilità di quest'ultimo era giustificata, oltre che dall'"alibi fallito", dalla circostanza che -

diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente e dal padre di questo, i quali hanno parlato di un piccolo quantitativo di sfabbricidi riversati sul terreno di un cantiere dove quest'ultimo lavorava onde consentire ad un mezzo meccanico, diverso da quello condotto dal C., di fare presa sul terreno fangoso - sul luogo in questione (ove, giova precisare, per quanto riferisce la sentenza impugnata non vi era traccia di fango) erano state rinvenute non modeste ma copiose quantità di materiali di risulta del tipo di quello trasportato dal C., già precedentemente riversate al suolo ed ivi spianate.

Infondato è, altresì, il secondo motivo di impugnazione, afferente alla ritenuta violazione di legge per non avere la Corte dichiarato il proscioglimento dell'imputato stante la pretesa insussistenza del fatto a lui addebitato in quanto la impresa alle cui dipendenze il C. lavorava era in possesso della necessaria documentazione per potere effettuare il trasporto di rifiuti di cui al capo di imputazione.

Osserva, infatti, la Corte che, secondo la previsione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193, normativa applicabile per la parte non autonomamente disciplinata dal D.L. n. 172 del 2008, così come convertito, dalla L. n. 210 del 2008, per l'effettuazione di un trasporto di rifiuti non pericolosi è necessario per il trasportatore munirsi di apposito formulario di identificazione, nel quale deve essere indicato, fra gli altri dati, l'impianto cui i rifiuti sono destinati ad essere trasportati.

Laddove il documento in questione rechi, come nel caso in questione, un'indicazione diversa dalla effettiva destinazione dei rifiuti trasportati, è evidente che esso debba essere considerato tamquam non esset.

Per quanto emerge dalla, incontestata sul punto, sentenza di primo grado il C. era in possesso di formulari che prevedevano quale destinazione dei rifiuti da lui portati una discarica in località (OMISSIS) (si tratta dell'impianto gestito dalla Euro Stone srl) mentre il luogo ove il prevenuto ha trasportato e depositato i detti rifiuti era un terreno in via (OMISSIS) ove era ubicato un altro cantiere edile.

La circostanza, pertanto, che il C. fosse nel possesso dei formulari necessari per l'esecuzione del trasporto dei rifiuti, essendo tali formulari quanto meno inesatti recando l'indicazione di un luogo di destinazione diverso rispetto a quello reale, rende la circostanza medesima del tutto irrilevante ai fini della affermazione della insussistenza del reato.

Quanto al terzo motivo di impugnazione, concernente la illegittimità della disposta confisca del mezzo tramite il quale è stato eseguito il trasporto illecito di rifiuti per cui è processo, rileva la Corte che lo stesso è del tutto inammissibile; con esso, infatti, il ricorrente intenderebbe fare valere la illegittimità della confisca del bene in questione in ragione del fatto che lo stesso apparterrebbe a soggetto estraneo rispetto alla commissione del reato in questione, essendo stato questo contestato a lui in concorso con l' A., responsabile del cantiere ove sono stai riversati gli sfabbricidi per cui è causa, e non in concorso con il titolare della impresa proprietaria del veicolo che trasportava i rifiuti de quibus.

Tanto premesso rileva la Corte che, a prescindere dalla adeguatezza o meno della motivazione con la quale, nella sentenza impugnata, è stato rigettato il motivo di gravame avente ad oggetto lo stesso tema ora sollevato come motivo di ricorso per cassazione, cioè che, incomberebbe sul terzo estraneo proprietario del bene oggetto della misura di sicurezza patrimoniale l'onere di dimostrare la sua buona fede ovvero che l'uso illecito del bene gli era ignoto e che lo stesso non era collegabile ad un suo comportamento negligente (Corte di cassazione, Sezione 3^ penale, 5 maggio 2015, n. 18515), va osservato che, per come è stato introdotto il motivo di impugnazione, il ricorrente è, rispetto ad esso, carente di interesse, posto che, in ogni caso non sarebbe egli il soggetto che potrebbe giovarsi dall'eventuale accoglimento delle ragioni impugnatorie, non vantando egli alcun diritto sul bene oggetto del provvedimento di confisca.

Rimane, beninteso, salva la possibilità per il terzo, ricorrendone le condizioni di carattere soggettivo, di fare direttamente valere il suo diritto sul bene in opposizione alla disposta confisca di fronte al giudice delle esecuzione.

Al dichiarato rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016