Cass.Sez. III n. 10518 del 19 marzo 2012 (Ud.17 gen.2012)
Pres.Teresi Est.Ramacci Ric.P.G. in proc. Scarponi.
Rifiuti. Reato di illecita gestione di rifiuti e rapporto con il reato di gestione di discarica abusiva

Il reato di illecita gestione di rifiuti (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è autonomo e non resta assorbito in quello di gestione di discarica abusiva (art. 256, comma terzo, del citato d.lgs.).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 17/01/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 126
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 45920/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI PERUGIA;
nei confronti di:
1) SCARPONI ARMANDO N. IL 07/11/1958 C/;
avverso la sentenza n. 1482/2010 CORTE APPELLO di PERUGIA, del 10/05/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Volpe G., che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Mardone Elisabetta di Roma (sost. Proc.). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Spoleto, con sentenza emessa l'11 giugno 2010 a seguito di opposizione a decreto penale, assolveva, con la formula "perché il fatto non costituisce reato", SCARPONI Armando dal reato di cui al D.Lgs. n. 152del 2006, art. 256, comma 1 concretatosi nell'aver conferito rifiuti speciali non pericolosi, in violazione degli obblighi di cui all'art. 188 del medesimo Decreto, presso una discarica, gestita da terzi, con autorizzazione scaduta di validità, escludendo la sussistenza di profili di colpa in considerazione del non chiaro quadro normativo disciplinante la materia e nell'affidamento prestato dall'imputato al regolare svolgimento dell'attività svolto dal gestore della discarica negli anni precedenti.
La sentenza veniva appellata dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Perugia e dal Procuratore della Repubblica di Spoleto.
La Corte d'Appello, riconoscendo la fondatezza dell'impugnazione, perveniva ad una diversa qualificazione giuridica del fatto contestato, ritenuto inquadrabile nella più grave fattispecie contravvenzionale di cui al terzo comma del menzionato articolo 256 e, per l'effetto, dichiarava la nullità della sentenza impugnata e, rilevata la diversità del fatto, ordinava la restituzione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Spoleto. Avverso tale pronuncia il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Perugia proponeva ricorso per cassazione deducendo, con un unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Rilevava, a tale proposito, che la Corte territoriale non aveva considerato che il conferimento di rifiuti presso un impianto non autorizzato doveva ritenersi punito a norma del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 e non anche del successivo comma 3, riguardante la realizzazione e gestione di discarica abusiva. Aggiungeva che era comunque ipotizzabile il concorso tra le due ipotesi di reato e che il termine "discarica" utilizzato nell'imputazione non poteva ritenersi necessariamente indicativo di un'attività giuridicamente qualificabile come tale. Rilevava inoltre che, se la Corte avesse ritenuto configurabile l'ipotesi di cui all'art. 256, comma 3 avrebbe dovuto trasmettere gli atti al Pubblico Ministero ma procedere comunque per il reato concorrente previsto dal comma 2 del medesimo articolo e che, in ogni caso, una diversa qualificazione del fatto non avrebbe determinato lesioni al diritto di difesa, in considerazione del fatto che l'impostazione difensiva non sarebbe stata diversa in presenza della differente qualificazione giuridica del fatto.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente osservare che, sulla base degli elementi ricavabili dal provvedimento impugnato e dall'imputazione in esso riportata, la condotta contestata è chiaramente indicata nell'aver conferito rifiuti speciali non pericolosi ad una discarica per la quale l'autorizzazione precedentemente rilasciata era scaduta di validità.
In tale condotta la Corte territoriale ravvisa il concorso o la cooperazione nel reato di discarica abusiva quale conseguenza del conferimento non preceduto da un'attenta verifica della sussistenza di un valido titolo abilitativo che avrebbe agevolato la condotta illecita posta in essere dal gestore del sito, ma non valuta adeguatamente se nella condotta potesse ravvisarsi la fattispecie criminosa contestata.
Quanto alle condotte sanzionate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3 le stesse riguardano la realizzazione e la gestione di discarica abusiva che, come ricordato anche in ricorso, la giurisprudenza di questa Corte ha indicato come un'attività, svolta in assenza di titolo abilitativo, caratterizzata da un accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un'area determinata, dall'eterogeneità dell'ammasso dei materiali, dalla definitività del loro abbandono (v. ad es. Cass. Sez. 3 n. 37557, 15 novembre 2006) e dal degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione (cfr. Sez. Ili n. 6796, 20 febbraio 2002).
L'attività di gestione della discarica abusiva, che qui interessa, presuppone, di norma, l'attivazione di una struttura organizzativa, anche rudimentale, diretta al funzionamento della discarica ed un comportamento ripetuto nel tempo.
Si rileva che il mero conferimento del rifiuto, peraltro effettuato, come si desume dalla sentenza impugnata, previo trasporto debitamente autorizzato ed accompagnato dai prescritti formulari, non può, per ciò solo, concretare gli estremi del concorso o della cooperazione colposa nel reato di gestione di discarica abusiva, ma la condotta di colui che conferisce il rifiuto va però valutata alla luce degli oneri e delle responsabilità imposte al produttore ed al detentore dei rifiuti dalla disciplina di settore in generale e, in particolare, dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188 ai fini della eventuale configurabilità di ipotesi di concorso o cooperazione colposa nel reato in esame.
A tale proposito, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il detentore di rifiuti può affidare la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti ad altri soggetti privati affinché svolgano per suo conto tali attività, ma in tal caso ha l'obbligo di controllare che gli stessi siano autorizzati alle attività di raccolta e smaltimento o recupero e, qualora tale doverosa verifica sia omessa, il detentore risponde a titolo di colpa, per inosservanza della citata regola di cautela imprenditoriale, dei reati configurati dall'illecita gestione (Sez. 4 n. 21588, 1 aprile 2004. V. anche Sez. 3 n. 16016, 19 febbraio 2003;
Sez. 3 n. 44291, 28 novembre 2007; Sez. 3 n. 44292, 28 novembre 2007;
Sez. 3 n. 8367 25 febbraio 2008).
Si è precisato, inoltre, che la mera osservanza delle condizioni stabilite dalle disposizioni in materia di oneri del produttore e del detentore non vale ad escludere la loro responsabilità allorché si siano resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti (Sez. 3 n. 1767, 6 febbraio 2000. V. anche Sez. 3 n. 7746, 27 novembre 2003; Sez. 3 n. 6420, 11 febbraio 2008; Sez. 3 n. 8367, 25 febbraio 2008, cit.).
Alla luce di tali considerazioni, deve rilevarsi, con riferimento alla fattispecie in esame, che dal tenore del provvedimento impugnato risulta pacificamente che il conferimento dei rifiuti avvenne presso una discarica, facendosi ripetutamente riferimento ad un'autorizzazione alla gestione del sito in tal senso ormai scaduta. Il conferente aveva l'obbligo giuridico di fare i dovuti accertamenti e poteva agevolmente desumere dai formulari se l'autorizzazione in essi menzionata fosse o meno scaduta, cosicché la Corte territoriale avrebbe potuto trasmettere si gli atti al Pubblico Ministero ma doveva procedere con riferimento all'originaria contestazione. In conclusione, poiché ex Sez. 3 n. 43817, 25 novembre 2008 il reato di illecita gestione di rifiuti è autonomo e non assorbito in quello di gestione di discarica abusiva, erroneamente la Corte distrettuale ha escluso la configurabilità del reato contestato. Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto.
Il ricorrente solleva, infine, dubbi sulla correttezza della scelta dei giudici del gravame di rimettere gli atti al Pubblico Ministero a seguito della diversa qualificazione giuridica del fatto, ma tale deduzione non rileva in questa sede in quanto attinente alla trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per un reato non contestato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2012