Cass. Sez. III n. 16386 del 27 aprile 2010 (Cc.10 feb. 2010)
Pres. Onorato Est. Franco Ric. Vidori ed altri
Rifiuti. Campionamento ed analisi e garanzie difensive

L’attività di prelievo e di analisi ha natura amministrativa sempre che essa non venga eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le garanzie difensive previste dall‘art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre, venendosi in attività amministrativa, è applicabile l‘art. 223 disp. att. Il presupposto per l’operatività dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il sorgere dell’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata

 

di analogo contenuto e riferita alla stessa vicenda la sentenza n. 15372\2010

 

UDIENZA del 10.02.2010

SENTENZA N. 235

REG. GENERALE N. 22645/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.:


1. Dott. Pierluigi Onorato                                 Presidente
2. Dott. Agostino Cordova                               Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco                                 (est.) Consigliere
4. Dott.ssa Guicla I. Mulliri                             Consigliere
5. Dott. Luigi Marini                                       Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da Vidori Andrea, nato a Valdobbiadene il xx.xx.xxxx e da Vidori Giuseppe, nato a Vidor il xx.xx.xxxx;
- avverso l'ordinanza emessa il 3 aprile 2009 dal tribunale del riesame di Lecce;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 10 febbraio 2010 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Giovanni Vasoin De Prosperi;


Svolgimento del processo


1. Con ordinanza del 13.3.2009 il GIP del tribunale di Brindisi applicò nei confronti di Vidori Andrea e Vidori Giuseppe la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all'art. 260, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per avere, in concorso con Fiorillo Vincenzo, Castiglione Paolo e Di Giulio Gianluca, il Fiorillo quale consigliere di amministrazione della Formica Ambiente srl, il Castiglione quale gestore di fatto della discarica di proprietà della Formica Ambiente sita in Brindisi, il Di Giulio quale addetto alla discarica stessa, il Vidori Giuseppe quale amministratore della Vidori Servizi Ambientali spa e il Vidori Andrea quale responsabile commerciale di tale società, al fine di trarne profitto, con più operazioni, allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, gestito abusivamente un traffico di ingenti quantitativi di rifiuti tossico-nocivi per la presenza di benzene in concentrazione superiore ai limiti per l'ammissibilità in una discarica di II cat. di tipo B (falsamente indicati sui FIR anziché come rifiuti pericolosi come rifiuti composti da rifiuti non pericolosi) e di rifiuti speciali pericolosi (indicati sui FIR quali miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso) non abbandonabili nella discarica per la concentrazione di benzene. La condotta contestata era quella di avere ricevuto nell'impianto della Vidori in provincia di Treviso rifiuti anche tossico nocivi, di averli miscelati e poi trasportati presso la discarica di Formica, che non avrebbe potuto riceverli, ed infine di averli smaltiti, il tutto per 166 conferimenti di rifiuti tossico-nocivi e 66 conferimenti di rifiuti pericolosi.


2. Il tribunale del riesame di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe, dispose la sostituzione della misura coercitiva applicata con quella degli arresti domiciliari. Osservò tra l'altro il tribunale:
- che l'eccezione di inefficacia sopravvenuta della misura per nullità dell'interrogatorio di garanzia non poteva essere dedotta dinanzi al tribunale del riesame, bensì con apposita istanza al GIP.
- che la discarica sita in contrada Formica di Brindisi, gestita dalla soc. Formica Ambiente, era una discarica di seconda categoria tipo B, in cui sono abbancabili i rifiuti speciali e quelli pericolosi perché tossico nocivi, purché non superino certe concentrazioni di alcune sostanze.
- che, a seguito di una segnalazione e di accertamenti effettuati il 2.8.2006 su rifiuti provenienti da tale srl Sieco, era iniziata una intensa attività investigativa mediante intercettazioni telefoniche ed acquisizione di documentazione da cui risultava il conferimento nella discarica di Formica di rifiuti ivi non abbancabili mediante la contraffazione dei formulari di accompagnamento.
- che fra le società che effettuavano illeciti conferimenti di rifiuti pericolosi e tossico nocivi mediante contraffazione dei formulari era stata individuata la Vidori Servizi Ambientali spa.
- che il 7.12.2006 il Corpo forestale dello Stato aveva effettuato un sopralluogo nella discarica Formica, mentre le intercettazioni telefoniche in atto avevano permesso di accertare un tentativo dei responsabili della discarica di sottrarre al controllo i camion con i rifiuti della Vidori, i cui autisti vennero avvertiti che non avrebbero potuto scaricare nella discarica e furono tenuti lontani da essa: tre camion furono fatti parcheggiare in una stazione di servizio di Polignano a mare, per farli poi scaricare il mattino successivo senza la presenza dei forestali, mentre un autocarro fu addirittura fatto ritornare in sede.
- che solo l'11.12.2006 il Fiorillo autorizzò il Castiglione a ricevere i camion, ma poi il giorno successivo il Castiglione rifiutò loro l'ingresso.
- che però nel frattempo l'11.12.2006 i tre camion parcheggiati nella area di servizio di Polignano (e di cui si era parlato nelle intercettazioni telefoniche) vennero individuati dai carabinieri ed i tecnici dell'Arpa prelevarono i campioni dei rifiuti, mentre i camion furono poi dal Vidori fatti rientrare in sede.
- che i risultati delle analisi avevano dimostrato che la tipologia dei rifiuti era diversa da quella risultante dalla documentazione di accompagnamento perché il valore degli oli minerali era superiore allo 0,1%, sicché i rifiuti andavano qualificati come tossici e nocivi oppure come rifiuti pericolosi con concentrazione di oli minerali superiore allo 0,1%, ossia rifiuti che non potevano essere smaltiti nella discarica di Formica.
- che da una intercettazione telefonica del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe e il Castiglione era risultato che, a seguito dei controlli della forestale, il Fiorillo aveva momentaneamente sospeso l'attività della discarica.
- che da altra intercettazione telefonica del 14.3.2007 risultava che Vidori Andrea e il Fiorillo avevano fatto riferimento al cambio di codici dei rifiuti ed ai controlli che venivano eseguiti.
- che, quanto alla regolarità delle procedure di campionamento, il Gip non ne aveva avuto disponibilità al momento di emissione della misura, ma dalla documentazione successivamente inviata si evinceva che i campioni erano rappresentativi dei miscugli di rifiuti, e che le modalità di prelievo erano in linea con le previsioni del manuale IRSA-CNR relativo ai metodi analitici per i fanghi.
- che dalla documentazione di accompagnamento risultava che il produttore dei rifiuti era la società Vidori, tuttavia della presunta violazione dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. poteva dolersi solo Vidori Giuseppe, legale rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, che era solo il direttore commerciale.
- che peraltro l'attività di campionamento e di analisi dei rifiuti aveva natura amministrativa e quindi non doveva rispettare le norme del codice di rito, e l'unica garanzia prevista era quella di cui all'art. 223 cod. proc. pen.
- che comunque l'avviso dell'inizio delle operazioni di analisi ai sensi dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. non era necessario perché il prelievo dell'11.12.2006 era avvenuto alla presenza degli autisti degli autocarri, dipendenti della Veca Sud Autotrasporti srl, e l'avviso che le analisi sarebbero state compiute il giorno successivo era stato dato oralmente a detti autisti, sicché era idoneo a raggiungere il suo scopo.
- che infatti doveva ritenersi che l'avviso era stato regolarmente dato alla parte interessata per il tramite degli autisti dipendenti dalla Veca Sud Autotrasporti srl, che effettuava il trasporto per conto della soc. Vidori sulla base di un regolare contratto, sicché l'avviso doveva ritenersi rivolto non solo al titolare della ditta da cui dipendevano gli autisti, ma anche alla società committente.
- che d'altra parte, dalle intercettazioni telefoniche che erano sempre in atto risultava che i Vidori erano stati subito messi al corrente dell'avvenuto prelievo dal titolare della ditta di autotrasporti Ventrone Lazzaro, che aveva loro inviato via fax anche una copia dei verbali, e che Vidori Giuseppe era anche venuto a conoscenza che le analisi si sarebbero svolte il giorno successivo, tanto da mettersi in contatto col proprio consulente con il quale avevano poi deciso di non essere presenti perché l'avviso non era stato dato anche a loro.
- che dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e di risultati delle analisi emergevano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato;
- che sussisteva altresì l'esigenza cautelare di impedire la reiterazione del reato ed il pericolo di inquinamento probatorio.


3. Vidori Andrea e Vidori Giuseppe propongono ricorso per cassazione deducendo:


1) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 302 cod. proc. pen. per errata mancata dichiarazione della decadenza della misura cautelare personale per entrambi gli imputati per nullità dell'interrogatorio di garanzia, derivante dalla violazione del diritto di difesa, anche per parziale inesistenza dell'interrogatorio o stesso, derivante da incompletezza non addebitabile all'imputato. Osservano, che nel corso dell'interrogatorio il giudice aveva affermato che le esigenze del pericolo di inquinamento probatorio non riguardavano i due Vidori. Il difensore aveva quindi articolato le sue difese prescindendo da tale profilo. L'interrogatorio era quindi nullo o comunque incompleto per factum principis. Erroneamente il tribunale del riesame ha ritenuto che l'eccezione non poteva essere proposta con il riesame ma doveva essere avanzata con apposita richiesta al GIP, con eventuale appello.


2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla:

a) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza);

b) inosservanza degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. in relazione alle sentenze n. 248/1983 e 15/1986 della Corte costituzionale;

c) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'art. 273, comma 1, cod. proc. pen. ed all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Osservano che tutta la costruzione accusatoria si fonda sui tre prelievi effettuati l'11.12.2006. Ora, tali prelievi ed analisi non possono essere ritenuti rappresentativi se non di quei tre carichi e non già anche di tutti gli altri carichi che costituirebbero gli ingenti quantitativi di rifiuti. Ciò vale anche per il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione di rifiuti e per l'organizzazione relativa.
Inoltre, nel fascicolo trasmesso dal PM al GIP con la richiesta di nuova misura cautelare del 30.10.2008 non vi sono i verbali di campionamento descrittivi delle operazioni compiute, il che è causa di nullità di tutta la procedura perché non permette al giudice di valutare la reale rappresentatività del campione.
Sembra poi che il campionamento sia stato effettuato direttamente sugli automezzi posteggiati nella stazione di servizio, ossia con modalità difformi da quelle prescritte, che prevedono il metodo della c.d. quartatura, compatibile solo con lo scaricamento del carico dal mezzo per poter raggiungere tutti i rifiuti del carico stesso. In ogni caso non si conosce a quali profondità e con quali attrezzi sono stati prelevati i rifiuti.
E' stato poi violato il diritto dell'interessato a ricevere avviso dell'inizio delle operazioni di analisi per potervi assistere con un proprio consulente. Risultava documentato che il soggetto interessato al contraddittorio in sede di analisi era la Vidori, che invece fu ignorata dai prelevatori. La mancanza di avviso non può essere surrogata dall'avviso al trasportatore (peraltro in potenziale conflitto di interessi con il produttore del rifiuti e nella specie in sostanziale conflitto) così come non può pensarsi che una ipotetica conoscenza desunta dalle intercettazioni telefoniche possa sostituire la procedura legale e l'avviso, che comunque comporta la legittimazione del destinatario a partecipare alle analisi con un proprio consulente. Inoltre, l'ultimo verbale di prelievo è iniziato alle ore 15.00 dell' 11.12.2006 e l'avviso fu dato al trasportatore per le ore 10.00 del giorno dopo. Da ciò deriva l'inutilizzabilità delle analisi e comunque la nullità della procedura seguita, a norma delle citate sentenze della Corte costituzionale. Il vizio inficia tutte le prospettazioni accusatorie sia sulla classificazione sia sui requisiti di accettabilità in discarica dei rifiuti.
Osservano poi che la questione sugli idrocarburi da considerare rilevanti in sede di analisi per il superamento della soglia e la classificazione dei rifiuti come pericolosi, è stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009, di conversione del d.l. 208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può ritenersi superata ove siano stati rilevati cumulativamente ed indistintamente tutti gli oli minerali.
E' comunque manifestamente illogico ritenere che tutti i carichi conferiti dalla Vidori alla discarica avessero le medesime caratteristiche.
Evidenziano poi alcuni elementi tecnici da cui risulta che l'approccio della Vidori in ordine ai conferimenti alla discarica di Formica era stato del tutto corretto ed in buona fede. Invero le omologhe tecniche elaborate dal fiduciario della Formica attestavano che i rifiuti potevano essere conferiti nella discarica; l'autorizzazione alla Formica dava atto che la discarica rispondeva anche ai requisiti di discarica di categoria superiore; la stessa Arpa aveva considerato i limiti di 10 volte il valore della tabella A.
A fronte della correttezza del comportamento, manca la motivazione sulla sussistenza dell'elemento psicologico del reato.


3) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 274, lett. a) e c), cod. proc. pen. Osservano che il pericolo di reiterazione del reato non poteva dedursi dai modesti precedenti penali, peraltro risalenti nel tempo. Né poteva essere considerato indice di pericolo di reiterazione la quantità di rifiuti conferita, che è elemento costitutivo del reato. L'ordinanza del Gip non ha tenuto presenti le caratteristiche dei rifiuti conferiti in altre discariche e la polivalenza dei due codici CER in questione nonché il fatto che la tipologia dei rifiuti conferiti alla Formica ora è inviata all'estero. Lamentano che le esigenze cautelati non sono né specifiche, né motivate né attuali. E' ormai superato il pericolo di inquinamento probatorio. Del resto il Gip di Brindisi con provvedimento del 28.4.2009 ha revocato il sequestro dell'impianto della Vidori, definendo impossibile alla radice il pericolo di reiterazione del reato ed inesistenti le cautele probatorie.
In prossimità dell'udienza il difensore ha depositato memoria con allegata documentazione.


Motivi della decisione


4. Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, da cui non vi sono valide ragioni per discostarsi, «in materia di impugnazioni avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale, nel procedimento incidentale di riesame disciplinato dall'art. 309 c.p.p. - e nel successivo giudizio di Cassazione - non sono deducibili, né rilevabili di ufficio, questioni relative all'inefficacia della misura cautelare diverse da quelle concernenti l'inosservanza dei termini stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo (Nella specie, si trattava di asserita inefficacia della misura per il mancato interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p.; la Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto inammissibile la questione, riproposta in Cassazione in conseguenza di declaratoria di inammissibilità pronunciata in sede di riesame, ed ha precisato che la questione stessa - in quanto estranea all'ambito del riesame - avrebbe dovuto formare oggetto di istanza al giudice del procedimento principale, con conseguente provvedimento ex art. 306 c.p.p. soggetto all'appello previsto dall'art. 310 c.p.p.» (Sez. IV, 6.5.1999, n, 1430, Barbaro, m. 214243; Sez. VI, 10.6.2003, n. 29564, Vinci, m. 225222).


5. Quanto al secondo motivo, è innanzitutto fondata l'eccezione di violazione degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen.
Il tribunale del riesame ha ritenuto che nella specie - in riferimento alle attività di prelievo e di analisi dei campioni di rifiuti sui tre camion della Vidori fermi nella stazione di servizio di Polignano a mare - non dovevano applicarsi le procedure di cui all'art. 220 cit., bensì quelle di cui al successivo art. 223, e ciò perché si sarebbe trattato di attività avente natura amministrativa.
Si tratta di motivazione chiaramente erronea. Invero, l'attività di campionamento e di analisi ha si, almeno normalmente, natura amministrativa, ma sempre purché sia svolta dagli organi di polizia e di controllo nell'ambito della loro normale attività amministrativa di vigilanza e di ispezione, ossia quando sia diretta soltanto ad accertare la regolarità della attività e non sia ancora emersa nessuna notizia di reato. E tuttavia, proprio perché anche dallo svolgimento di tali verifiche amministrative potrebbero emergere indizi di reato, il legislatore (conformemente alle indicazioni della Corte costituzionale) con l'art. 223 delle disposizioni di coordinamento del cod. proc. pen. ha previsto alcune garanzie difensive nei riguardi dei soggetti interessati proprio per l'eventualità che a seguito delle analisi emergano nei loro confronti indizi di reato. Le previsioni e le garanzie di cui all'art. 223 cit. riguardano dunque i prelievi e le analisi inerenti all'attività meramente amministrativa, ossia appunto alla normale attività di vigilanza e di ispezione. Da tale ipotesi bisogna pertanto distinguere nettamente le analisi ed i prelievi inerenti non ad una attività amministrativa, bensì ad una attività di polizia giudiziaria nell'ambito di una indagine preliminare, per i quali devono invece trovare applicazione le norme dell'art. 220 disp. coord. cod. proc. pen., in base al quale «quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice».
Nel caso quindi di attività di polizia giudiziaria svolta nell'ambito di una indagine preliminare, devono operare «le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, anche laddove emergano indizi di reato nel corso di un'at-tività amministrativa che in tal caso non può definirsi extra-processum» (Sez. III, 14.5.2002, n. 23369, Scarpa, m. 221627). In altre parole, l'attività di prelievo e di analisi ha «natura amministrativa... sempre che essa non venga eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le garanzie difensive previste dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre, vertendosi in attività amministrativa, è applicabile l'art. 223 disp. att. cit.» (Sez. III, 16.10.1998, n. 12390, Fecchio, m. 212374).
D'altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla «sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata» (Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, m. 220291; Sez. II, 13.12.2005, n. 2601, Cacace, m. 233330).
Nel caso in esame la stessa ordinanza impugnata ricorda che le indagini preliminari erano iniziate fin dal 2.8.2006 nei confronti di una serie di soggetti in relazione alla attività della discarica di Formica, tanto che nei confronti di detti soggetti, tra i quali gli odierni ricorrenti, era stata avviata «un'intensa attività di intercettazioni telefoniche ... unitamente ai servizi di riscontro ed alla acquisizione di copiosa documentazione». Risulta quindi che all'epoca dei prelievi Vidori Giuseppe e Vidori Andrea, al pari di altri concorrenti nel reato ipotizzato, avevano già acquistato la qualità di persone sottoposte alle indagini, tanto da essere soggetti, insieme agli altri indagati, ad intercettazioni telefoniche. Del resto, avevano sicuramente assunto la detta qualità altri soggetti concorrenti nel medesimo reato, quale il Fiorillo, già iscritto nel registro delle notizie di reato, il che è sufficiente per ritenere che le procedure di cui all'art. 220 cit. dovevano essere rispettate nei confronti di tutti i concorrenti nello stesso reato. In ogni caso, non può dubitarsi che nella specie, quando il giorno 7.12.2006 il corpo forestale fece il sopralluogo nella discarica di Formica e quando l'11.12.2006 i carabinieri individuarono gli autocarri ed i tecnici dell'Arpa eseguirono i prelievi, erano già in corso le indagini preliminari, iniziate sin dal precedente mese di agosto, e sussistevano sicuramente, come afferma la stessa ordinanza impugnata, gli «indizi di reato» di cui parla l'art. 220 cit. anche nei confronti degli odierni ricorrenti. Del resto, sempre dalla ordinanza impugnata, emerge anche che la stessa localizzazione dei camion e la decisione di effettuare i campionamenti ed i prelievi vennero fatte, per così dire, in diretta ed a colpo sicuro perché i camion erano stati individuati e localizzati proprio sulla base delle intercettazioni telefoniche che venivano contemporaneamente eseguite nei confronti degli indagati, ivi compresi gli attuali ricorrenti. Ed infatti i carabinieri si recarono nella stazione di servizio dove i camion erano parcheggiati facendosi già accompagnare dai tecnici dell'Arpa proprio per prelevare i campioni. Non è quindi discutibile che le attività di prelievo ed analisi di campioni di rifiuti, eseguite nei confronti di persone già indagate e proprio al fine di assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro potesse servire per l'applicazione della legge penale, costituivano vera e propria attività di polizia giudiziaria svolta nel corso delle indagini preliminari, e non mera attività amministrativa, ed avrebbero pertanto dovuto svolgersi a norma dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., ossia con l'osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale e delle conseguenti procedure e garanzie difensive. La polizia giudiziaria avrebbe quindi dovuto procedere al sequestro dei mezzi, notiziare il pubblico ministero, seguire le procedure di cui all'art. 360 cod. proc. pen., qualora gli accertamenti tecnici fossero non ripetibili, ossia avessero ad oggetto cose o luoghi il cui stato era soggetto a modificazione, avvisare gli indagati delle facoltà di cui agli artt. 360 e 369 bis, fra cui quella di nominare un difensore e propri consulenti prima di procedere al prelievo ed all'analisi dei campioni. D'altra parte, per i motivi che saranno di seguito indicati, deve ritenersi che nella specie il tribunale del riesame abbia implicitamente ritenuto che si trattava di accertamenti non ripetibili, ossia su elementi e sostanze deteriorabili o soggetti a modificazione.
Il fatto che siano state violate le disposizioni del codice di procedura e tutte le garanzie difensive previste dal codice stesso per assicurare le fonti di prova e raccogliere elementi utili alle indagini comporta che i risultati delle analisi in tal modo ottenuti non possono assumere efficacia probatoria e, quindi, non sono utilizzabili (cfr. Sez. III, 18.11.2008, n, 6881/09, Ceragioli, m. 242523). D'altra parte, quand'anche si volesse - peraltro discutibilmente, trattandosi di prove illegittimamente acquisite in violazione dei divieti stabiliti dal codice di rito in relazione alle fonti di prova raccolte nel corso delle indagini preliminari - parlare in termini di nullità, nella specie dovrebbe comunque affermarsi la nullità di tutta la attività di campionamento e di analisi dei rifiuti, senza che rilevi la questione se si tratti di nullità assoluta o relativa, dal momento che la stessa è stata tempestivamente eccepita con il primo atto difensivo.


6.1. Può peraltro per completezza anche osservarsi che nella specie non sono state osservate nemmeno le norme dettate dall'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. per le attività di campionamento ed analisi aventi mera natura amministrativa. Va ricordato che l'art. 223 cit. prevede due distinte procedure, quella di cui al primo comma, qualora si tratti di analisi di campioni per i quali non è prevista la revisione, e quella di cui al secondo comma, per l'ipotesi di analisi per le quali è prevista la revisione. Nella specie non risulta espressamente dall'ordinanza impugnata se per le analisi in questione era o meno prevista la revisione, ossia se le stesse avevano o meno ad oggetto cose modificabili o deteriorabili. Peraltro, nella ordinanza impugnata si afferma, da un lato, che dovevano trovare applicazione le norme di cui al primo comma dell'art. 223 cit., e, da un altro lato, che tali norme sarebbero state nella specie osservate. Deve quindi ritenersi che il tribunale del riesame abbia implicitamente accertato in fatto che le analisi avevano ad oggetto elementi deperibili o modificabili, giacché altrimenti non avrebbero alcun senso le ripetute affermazioni che erano state rispettate le norme di cui all'art. 223, primo comma, ed in particolare l'obbligo di avvisare l'interessato dell'effettuazione delle prime analisi.
L'art. 223, primo comma, dispone che, a cura dell'organo procedente, deve essere dato, anche oralmente, avviso agli interessati del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. Nella specie è pacifico che l'avviso che le analisi si sarebbero svolte a Bari il giorno successivo venne dato oralmente soltanto agli autisti dei tre camion, i quali peraltro non erano dipendenti della mittente società Vidori, bensì di una distinta società di autotrasporti. E' pertanto evidente la assoluta insufficienza di tale avviso, dal momento che l'art. 223 prescrive che l'avviso deve essere dato agli interessati, i quali nella specie erano peraltro tutti individuabili e già individuati, in quanto già sottoposti alle indagini preliminari ed alle intercettazioni telefoniche.
L'ordinanza impugnata ha ritenuto invece sufficiente l'avviso agli autisti per il motivo che, pur essendo questi dipendenti dalla Veca Sud Autotrasporti srl e non della Vidori Servizi Ambientali Spa, tra le due società era stato stipulato un contratto per il trasporto dei rifiuti da conferire alla discarica di Formica, sicché «il preavviso devesi ritenere rivolto, per il tramite degli autisti che hanno presenziato ai rilievi, non solo al titolare della loro ditta, ma anche al committente Vidori Servizi Ambientali, cui quel trasporto era riconducibile e che era legata alla Veca Sud dagli accordi negoziali intercorsi tra le due società». Si tratta di motivazione meramente apparente nonché manifestamente illogica sotto diversi profili. L'art. 223 dispone che l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate deve essere dato all'interessato, ossia al soggetto nei cui confronti potrebbero sorgere indizi di reato in conseguenza dei risultati delle analisi. Tale soggetto, ovviamente, non è l'autista dipendente della società di autotrasporti. Nella specie, del resto, gli interessati ai quali doveva essere dato l'avviso erano stati già individuati attraverso le intercettazioni telefoniche, ed erano i diversi soggetti indagati, a vario titolo connessi con la società Vidori o con la società Formica. In secondo luogo, non è spiegato per quale ragione potesse presumersi che un avviso di analisi per l'indomani dato ai dipendenti della società di autotrasporti, ossia di un soggetto estraneo agli interessati, fosse stato portato a conoscenza anche dei mittenti e dei destinatari e comunque che costoro fossero stati avvisati tempestivamente ed integralmente, anche circa il luogo e l'ora delle analisi. La giurisprudenza citata dalla ordinanza impugnata è inconferente perché si riferisce all'ipotesi di avviso dato al dipendente del titolare interessato, fissando un principio che si condivide ma che non può essere esteso analogicamente alla diversa ipotesi di avviso dato al dipendente di società terza estranea rispetto a tutti gli indagati.
L'ordinanza impugnata, peraltro, afferma anche che l'avviso agli interessati sarebbe stato superfluo perché dalle intercettazioni telefoniche in corso emergeva che il giorno stesso Vidori Giuseppe era stato messo a conoscenza dal titolare della ditta di autotrasporti dell'avvenuto prelievo e della fissazione delle analisi, tanto che si era messo in contatto con il consulente della Formica prof. Laricchiuta per discutere sulla possibilità ed opportunità che questi presenziasse alle analisi. Anche questa motivazione è erronea oltre che manifestamente illogica in quanto la conoscenza comunque avuta aliunde del luogo e dell'ora delle analisi non può sostituire l'avviso ufficiale che deve essere dato, anche oralmente ed in modo informale, ma sempre «a cura dell'organo procedente». Solo questo avviso ufficiale, invero, è in grado di mettere legalmente l'interessato in condizione di esercitare i suoi diritti di difesa ed in particolare l'onere di essere presente alle analisi, in modo che possano ricadere su di lui le conseguenze della eventuale mancata presenza. Conoscenze avute in altro modo e per via indiretta non possono dare la certezza che la mancata presenza sia dovuta ad una decisione consapevole dell'interessato e ad una sua rinuncia ad esercitare in questa fase le garanzie difensive, invece che, ad esempio, alla convinzione che, in mancanza di avviso ufficiale, non fosse sorto il diritto o l'onere di partecipare alle analisi. Nella specie, del resto, proprio dalla intercettazione della telefonata intercorsa quel giorno tra Vidori Giuseppe ed il prof. Laricchiuta, il cui contenuto è riportato testualmente dalla ordinanza impugnata, sembra emergere che i due ritennero opportuno non presenziare alla analisi proprio perché si erano convinti che, in mancanza di una avviso legalmente rivolto alla Vidori, il titolare di questa non avrebbe potuto e dovuto presentarsi.
Pertanto, anche qualora fosse applicabile l'art. 223 e non invece l'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. dovrebbe ugualmente ritenersi che i risultati delle analisi, a causa del mancato avviso agli interessati - nella specie a Vidori Giuseppe ed Andrea - sarebbero inutilizzabili (cfr. Sez. VI, 5.11.1992, n. 592, Urzi; Sez. VI, 8.10.1993, n. 189, Meini; Sez. III, 4.3.1993, n. 2581, Terenziani, m. 193378; Sez. III, 21 febbraio 1994, n. 5310, Elena; Sez. III, 20.11.2002, n. 1068/03, Manzolillo; Sez. F., 3 agosto 2006, Paolillo), sia perché si tratterebbe di prove raccolte in violazione del divieto di effettuare le analisi di cui all'art. 223 cit. primo comma senza avere dato previamente avviso all'interessato, sia perché il terzo comma del medesimo art. 223 dispone che se non sia stata seguita la procedura ivi prevista i verbali delle analisi non possono essere raccolti nel fascicolo del dibattimento e sono, quindi, inutilizzabili. In ogni caso, anche volendo ritenere che l'omesso avviso all'interessato determini non la inutilizzabilità dei risultati ma la nullità della procedura di analisi (Sez. III, 13.11.1997, n. 10209, Serva; Sez. III, 15.3.2000, n. 5207, Murri) nella specie dovrebbe comunque dichiararsi tale nullità, dal momento che essa è stata tempestivamente eccepita con il primo atto difensivo.


6.2. E' appena il caso di rilevare come sia palesemente erroneo, oltre che manifestamente illogico, l'assunto secondo cui della violazione dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. potrebbe dolersi solo Vidori Giuseppe, che è legale rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, per il motivo che questi era solo il responsabile commerciale senza poteri di rappresentanza esterna. La titolarità della rappresentanza esterna è infatti elemento del tutto irrilevante, laddove ciò che rileva è la circostanza che anche Vidori Andrea era sicuramente sottoposto alle indagini e quindi soggetto interessato, che aveva diritto di essere avvisato e di presenziare alla analisi.


7. E' opportuno anche rilevare che il mancato rispetto delle procedure e garanzie difensive previste dall'art. 220 e, in ogni caso, dall'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. sembra avere anche determinato risultati la cui attendibilità non è stata accertata con congrua ed adeguata motivazione, tanto che l'ordinanza impugnata, quand'anche i risultati delle analisi fossero utilizzabili, dovrebbe comunque essere annullata sul punto.
Ed invero, la difesa aveva innanzitutto eccepito che nel fascicolo processuale trasmesso dal PM al GIP unitamente alla richiesta di misura cautelare in data 30.10.2008, non erano contenuti i verbali di campionamento. Sebbene, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, «l'assenza del verbale delle operazioni di analisi di campioni è causa di inutilizzabilità dei relativi risultati in quanto rende impossibile per il giudice il controllo sull'attività compiuta dall'organo amministrativo» (Sez. III, 31.1.1994, n. 4423, Negrini, m. 197329), il tribunale del riesame ha risposto in modo poco chiaro a questa eccezione, perché da un lato sembra confermare la mancanza del verbale, ma dall'altro lato, attribuisce rilievo ad un verbale trasmesso dall'Arpa al PM oltre due anni dopo, senza chiarire di che verbale si tratta e in quale data é stato redatto.
La difesa aveva altresì eccepito che le modalità di campionamento eseguite sarebbero state difformi da quelle prescritte, perché i campioni di rifiuti erano stati prelevati direttamente sui camion invece di seguire il metodo della c.d. quartatura, che prevede lo scaricamento del mezzo in modo da poter raggiungere tutti i rifiuti componenti il carico. Il tribunale del riesame ha risposto in modo generico a questa eccezione affermando, senza spiegare i motivi, che i campioni erano sicuramente rappresentativi dei miscugli di rifiuti perché erano state seguite le modalità previste dal manuale IRSA-CNR. Sennonché, ai sensi del punto 2, dell'allegato 3, del d.m. dell'ambiente e della tutela del territorio 2 agosto 2005 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica), «il campionamento dei rifiuti ai fini della loro caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale da ottenere un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i metodi e gli standard di cui alla norma UNI 10802 "Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati "». L'ordinanza impugnata non ha motivato sulle ragioni per le quali nella specie sarebbe stato correttamente utilizzato il metodo IRSA-CNR, anziché il metodo UNI 10802 previsto dalla norma tecnica.
La difesa aveva inoltre eccepito che i risultati delle analisi - svolte peraltro senza che gli indagati fossero stati messi in condizione di assistervi - erano inattendibili e comunque non significativi, anche per la minima entità dei parametri considerati dall'Arpa al fine della classificazione dei rifiuti in questione come tossico-nocivi, come tali non abbancabili nella discarica di Formica. In particolare aveva eccepito che la questione sulla individuazione in sede di analisi degli idrocarburi da considerare rilevanti per il superamento della soglia di legge ai fini della dei rifiuti come pericolosi o meno, era stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009, di conversione del d.1. 208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può ritenersi superata ove siano stati rilevati cumulativamente ed indistintamente tutti gli oli minerali. L'ordinanza impugnata ha omesso di rispondere anche a questa eccezione.
Deve infine ritenersi anche fondato il motivo di ricorso con il quale i ricorrenti lamentano che comunque manca sostanzialmente una congrua ed adeguata motivazione anche sulle ragioni per le quali il solo fatto che tre carichi della Vidori contenessero rifiuti che superavano i limiti tabellari per alcune sostanze potesse costituire grave indizio che tutti o almeno la gran parte (tale da configurare la ingente quantità) dei rifiuti inviati nel tempo dalla Vidori alla discarica di Formica fossero ugualmente tossico-nocivi o pericolosi per la concentrazione di oli minerali superiore ai limiti di legge.


8. I ricorrenti lamentano anche che tutta la costruzione accusatoria in relazione al contestato reato di cui all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, si fonda unicamente sulle analisi dei tre prelievi effettuati dall'Arpa di Bari l'11.12.2006 sui tre camion in sosta a Polignano ed individuati attraverso le intercettazioni telefoniche.
Ora, il tribunale del riesame ha espressamente riconosciuto che sul contenuto dei dialoghi intercettati riposa «parte della piattaforma indiziaria», sembrando in tal modo riconoscere che, senza i risultati delle analisi - nella specie inutilizzabili o comunque nulli per quanto dianzi osservato - le sole intercettazioni telefoniche non sarebbero di per sé idonee a fornire gravi indizi della sussistenza del reato ipotizzato.
In ogni modo l'ordinanza impugnata riporta innanzitutto una serie di intercettazioni telefoniche fra i Vidori ed i gestori della discarica che però si sono svolte tutte fra il 7 e l'11 dicembre 2006 e riguardano unicamente il controllo del Corpo forestale nella discarica ed camion della Vidori, il carico di parte dei quali fu sottoposto al prelievo ed alle analisi. Viene poi riportata una conversazione del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe e Castiglione, da cui si desume che il Fiorillo aveva sospeso l'attività della discarica. Viene infine riportata una telefonata del 14.3.2007 tra Vidori Andrea ed il Fiorillo, in cui si fa riferimento a cambi di codice, ai controlli ed a difficoltà della Vidori. Non vengono però indicate le ragioni per le quali da queste ultime due telefonate e dalle telefonate del 7-11.12.2006 si può desumere che i rifiuti inviati dalla Vidori fossero non abbancabili nella discarica perché contenenti elementi con valori superiori ai limiti consentiti e perché i carichi illeciti fossero la gran parte di quelli inviati tanto da raggiungere una quantità ingente di rifiuti illecitamente trafficati.
In sostanza, la motivazione dell'ordinanza impugnata è generica sulla circostanza che dai contenuti delle intercettazioni telefoniche emergano nei confronti degli attuali ricorrenti gravi indizi sulla sussistenza del reato ipotizzato, tali da giustificare un provvedimento restrittivo della libertà personale. Dai dialoghi riportati relativi ai Vidori possono semmai emergere semplici indizi sulla possibile esistenza di un qualche reato, indizi che giustificavano un approfondimento investigativo, ed in particolare dei sequestri probatori e degli accertamenti tecnici. L'ordinanza però non spiega perché tali dialoghi costituissero anche gravi indizi di colpevolezza con specifico riferimento all'ipotizzato reato di traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti.


9. Analogamente, la motivazione dell'ordinanza impugnata è meramente apparente e di stile anche in relazione alle esigenze cautelari, in quanto non sono stati specificati né i pericoli di inquinamento probatorio che giustificherebbero il provvedimento privativo della libertà personale, né gli elementi da cui si desumerebbe l'esistenza di un pericolo attuale e concreto di reiterazione di reati della stessa specie. In particolare, non sono stati presi in considerazione gli elementi indicati dalla difesa, tra cui il fatto che il reato risulta contestato come commesso fino al dicembre 2006, mentre il provvedimento restrittivo è stato emesso solo due anni dopo, il 13 marzo 2009.


10. In conclusione l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al tribunale del riesame perché valuti, con adeguata e congrua motivazione, senza tenere conto degli inutilizzabili risultati delle analisi chimiche, se sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato nonché se sussistano, in concreto ed attualmente, le richieste esigenze cautelari.


Tutti gli altri motivi restano assorbiti.


Per questi motivi


La Corte Suprema di Cassazione
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Lecce.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 10 febbraio 2010..


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  27 APR. 2010