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Sez. 3, Sentenza n. 26851 del 05/05/2004 Cc. (dep. 15/06/2004 ) Rv. 230102
Presidente: Savignano G. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Milone ed altri. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Ries. Bari, 22 Dicembre 2003)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Scarti di macellazione - Disciplina applicabile - Normativa generale sui rifiutidi cui al D.Lgs. n. 22 del 1997 - Esclusione - Disposizioni di cui al D.Lgs. n. 508 - Fondamento.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
La materia dei rifiuti di origine animale è disciplinata dal D.Lgs. 14 dicembre 1992 n. 508 (attuativo della Direttiva 90/667/CEE) e, pertanto, le attività di smaltimento e trasporto degli scarti da macellazione sono sottratte, in virtù del principio di specialità, alla disciplina generale in tema di rifiuti contenuta nel D.Lgs. n. 22 del 1997.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 05/05/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 587
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 5197/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Salvatore D'Aluiso, difensore di fiducia di Milone Leopoldo, n. a Napoli il 2.7.1948, di De Angelis Eliseo, n. a Nocera Superiore il 31.3.1967, e di Abate Gennaro, n. a Acerra il 9.2.1967;
avverso l'ordinanza in data 22.12.2003 del Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, con la quale è stato confermato il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal P.M. presso il medesimo Tribunale in data 15.11.2003 in relazione al reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. L.vo n. 22/97;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria LOMBARDI;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Udito il Sost. Procuratore Generale, Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza limitatamente alla sussistenza delle esigenze probatorie;
Udito il difensore, Avv. Salvatore D'Aluiso, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Bari ha rigettato l'istanza di riesame, proposta dai ricorrenti generalizzati in epigrafe, quali legali rappresentanti della società MI.SO. S.r.l., del decreto di convalida del sequestro probatorio di un autocarro e della documentazione relativa al trasporto di scarti della macellazione di animali, emesso dal P.M. in relazione al reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. L.vo n. 22/97.
La misura reale era stata adottata a seguito delle verifiche effettuate dai C.C. del NOE di Bari presso lo stabilimento SAPA S.r.l., esercente attività di produzione di concimi organici e minerali, dalle quali emergeva che erano in corso di ultimazione le operazioni di scarico all'interno di un capannone di materiale, denominato "proteine animali trasformate cat. 3 reg. 1774/2002/CE", che era stato trasportato con un autocarro appartenente alla ditta MI.SO S.r.l..
I verbalizzanti rilevavano che la ditta SAPA era stata diffidata, con nota della Provincia di Bari dell'1.10.2003, dal proseguire l'attività di raccolta di rifiuti non pericolosi e che il materiale scaricato poteva essere incompatibile con il processo di lavorazione effettuato presso tale ditta.
L'ordinanza ha osservato che l'assunto degli istanti per il riesame, secondo il quale le proteine animali venivano trasportate presso lo stabilimento della SAPA per essere trasformate in fertilizzanti e non per essere destinate al consumo umano o animale o per essere abbandonate come rifiuti, è allo stato privo di riscontri, oltre ad essere in contrasto con il quadro indiziario rilevato dai verbalizzanti e per la cui verifica è stato eseguito il sequestro. Premesso inoltre che la normativa contenuta nel regolamento CE 1774/2002 ha tacitamente abrogato il D. L.vo n. 508/92, si è osservato che il trasporto del materiale di cui si tratta risulta effettuato in violazione del predetto regolamento, in quanto dalla documentazione non è dato risalire alla categoria di provenienza dello stesso; che detto materiale veniva trasportato senza le cautele richieste dall'allegato 7^ in tema di magazzinaggio e dall'allegato 2^ (trasporto in imballaggi nuovi ermeticamente chiusi o in contenitori o veicoli stagni coperti).
Si è osservato, infine, che l'affermazione degli istanti di avere ignorato il provvedimento emesso dalla Provincia di Bari nei confronti della Ditta SAPA è privo di rilevanza, non essendo fondato il sequestro probatorio sull'esistenza degli indizi di colpevolezza in relazione a soggetti determinati, ma esclusivamente sul fumus del reato oggetto di indagine.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli istanti per il riesame, che la denuncia per violazione di legge. I ricorrenti, in sintesi, premessa la indicazione di tutte le autorizzazioni in loro possesso, richieste per la raccolta e trasformazione di sottoprodotti animali a basso rischio, osservano che l'attività posta in essere e la documentazione ad essa afferente è conforme alle prescrizioni del provvedimento emanato dalla "Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome con l'intervento del Ministero della Salute, dell'Ambiente in data 22.5.2003", che ha dettato le linee guida per l'applicazione del regolamento CE n. 1774/02.
Si denuncia quindi la violazione ed errata applicazione del D. L.vo n. 508/92, nonché dei citati Regolamento CE e Provvedimento adottato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome. Si deduce in proposito che il Regolamento CE 1774/02 ha classificato in 3 categorie, a seconda del grado di pericolosità, gli scarti di macellazione degli animali, includendo nell'ultima quelli che non presentano pericoli per la salute dell'uomo.
Per tale categoria il regolamento prevede la trasformazione degli scarti di macellazione in proteine animali al fine di essere trasformate in fertilizzanti.
Si osserva, quindi, che il citato Regolamento ha esteso a livello comunitario disposizioni già contenute nel D. L.vo n. 508/92, abrogato dal Provvedimento in data 22.5.2003 della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome. In ordine al decreto legislativo citato si osserva inoltre che, secondo un indirizzo interpretativo di questa Corte e varie Circolari Ministeriali, gli scarti di macellazione dovevano considerarsi assoggettati alle sole disposizioni di quest'ultimo e non anche a quelle del D. L.vo n. 22/97. Tale interpretazione - si deduce - trova puntuale conferma nel provvedimento in data 22.5.2003 nel quale si è evidenziato che, secondo l'opinione dei Ministeri competenti, il Regolamento CE non considera mai la gestione dei sottoprodotti di origine animale, non destinati al consumo, come gestioni di rifiuti, mentre li menziona come rifiuti solo relativamente alla eliminazione finale. Si conclude, osservando che nel caso in esame è, perciò, inapplicabile il disposto di cui all'art. 51 del D. L.vo n. 22/97, pur ribadendosi che l'attività di cui si tratta è stata svolta con tutte le autorizzazioni richieste, anche in relazione al mezzo di trasporto utilizzato e nel rispetto delle prescrizioni contenute nella normativa citata.
Il ricorso non è fondato.
Osserva il Collegio che i ricorrenti hanno fatto particolare riferimento, a sostegno delle argomentazioni esposte, al recente indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo il quale "La materia dei rifiuti di origine animale trova una propria particolare disciplina nel decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508 (attuativo della Direttiva 90/667/CEE), così che le attività di smaltimento e trasporto dei ed. scarti da macellazione sono sottratte alla disciplina di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 in virtù del principio di specialità rispetto alla disciplina generale in tema di rifiuti." (sez. 3^, 200329236, Miccoli, riv. 2215419).
Al citato indirizzo giurisprudenziale, tuttavia, si contrappone l'altro, anche esso recente, di questa Corte, secondo il quale "In tema di gestione dei rifiuti, configura l'ipotesi di reato di cui agli art. 30 e 51 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 lo svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e stoccaggio di scarti animali non trattati in assenza della iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti, atteso che la esclusione dal regime generale dei rifiuti prevista dall'art. 8, comma 1, del citato decreto n. 22 per le carogne ed altri rifiuti agricoli specificamente indicati, non può estendersi agli scarti animali in quanto le esclusioni dall'ambito di una normativa devono essere oggetto di interpretazione restrittiva" (sez. 3^, 200208520, Leuci E, riv. 221273).
In tale pronuncia, che ha esaminato in modo particolarmente esaustivo la questione del rapporto tra i citati testi normativi, si è osservato che le esclusioni dal regime di cui al D. L.vo n. 22/97 operano soltanto allorquando le categorie di materie esonerate siano disciplinate da specifiche disposizioni di legge, e tale non può essere considerato il D. Lgs. 14 dicembre 1992 n. 508, che regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria della fase di trasformazione dei rifiuti di origine animale, con esclusione, quindi, dei profili di gestione per i quali rimane la operatività del decreto n. 22 del 1997.
Va ancora osservato che, come dedotto nel ricorso, a seguito della pubblicazione, in data 10.10.2002, del Regolamento CE n, 1774/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio la disciplina della raccolta, trasporto, magazzinaggio e altre attività elencate dei sottoprodotti di origine animale è dettata dal citato testo normativo, stante la immediata operatività dello stesso nel diritto interno, ai sensi dell'art. 189 del Trattato CEE, in quanto emanato da fonti primarie (cfr. sent. n. 86 del 12.6.1973 e successive della Corte Cost.), di talché il D. L.vo n. 508/92 deve ritenersi tacitamente abrogato con riferimento alle disposizioni che risultino incompatibili con le norme dettate dalla Comunità Europea.
Infine, per dare concreta attuazione alla normativa comunitaria è intervenuto il Provvedimento in data 22.5.2003 della "Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome", che ha dettato linee guida e disposizioni interpretative del testo regolamentare. A proposito di queste ultime è da rilevare che, secondo il citato provvedimento, il Regolamento CE non considera mai la gestione dei sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, come gestione di rifiuti, li menziona come rifiuti solo relativamente all'eliminazione finale. Orbene, si deve osservare che, a seguito della entrata in vigore del citato Regolamento CE n. 1774/2002 il quadro normativo afferente alla disciplina dei sottoprodotti di origine animale non è sostanzialmente mutato rispetto a quello derivante dall'applicazione del D. L.vo n. 508/92, in quanto anche detto provvedimento regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia sanitaria della gestione degli scarti di origine animale non destinati al consumo umano (art. 1). Così precisato il campo di applicazione del Regolamento CE, il Collegio ritiene corretto l'indirizzo interpretativo espresso nella citata sentenza n. 8520 del 2002, Leuci, secondo il quale nel rapporto tra la normativa in materia di gestione dei sottoprodotti di origine animale e quella in materia di gestione dei rifiuti non opera il principio di specialità, in considerazione dei limiti afferenti ai profili sanitari e di polizia sanitaria cui ha riguardo la prima. La disciplina dettata dal Regolamento CE n. 1774/2002, pertanto, concorre con quella di cui al D. L.vo n. 22/97 per quanto riguarda i profili della gestione dei sottoprodotti di origine animale riferentesi alla loro natura di rifiuti, in quanto debbano essere considerati tali, anche alla luce delle disposizioni interpretative di cui all'art. 14, comma secondo lett. a) e b), del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito in L. 8.8.2002 n. 178, e, cioè, per quanto interessa ai fini del presente procedimento cautelare, in ogni caso in cui risultino destinati alla eliminazione.
Il provvedimento impugnato, infatti, ha ritenuto configurabile la fattispecie criminosa di cui all'art. 51 del D. L.vo n. 22/97, in considerazione della ritenuta sussistenza degli elementi di fatto che hanno indotto la pubblica accusa ad ipotizzare una destinazione degli scarti trasportati dalla ditta MISO alla eliminazione finale e non si palesa, perciò, in contrasto con gli enunciati principi di diritto. Tali elementi, come rilevato in narrativa, sono stati puntualmente individuati nel fatto che la società SAPA era stata diffidata dal proseguire l'attività di raccolta di rifiuti non pericolosi; nel comportamento equivoco tenuto dal conducente dell'automezzo della ditta MISO, una volta rilevata la presenza dei Carabinieri; nella circostanza che dalla documentazione di trasporto non era possibile risalire alla categoria di provenienza dei materiali; nel fatto che detto materiale veniva trasportato senza le cautele richieste dall'allegato 7^ in tema di magazzinaggio e dall'allegato 2^ (trasporto in imballaggi nuovi ermeticamente chiusi o in contenitori o veicoli stagni coperti.). Peraltro, come è noto nessun accertamento di merito doveva essere effettuato dai giudici del riesame in ordine alla fondatezza della ipotesi di reato oggetto di indagine (sez. un. 25.31993 n. 4, Gifuni, riv. 193117); ne', tanto meno, possono essere contestati in sede di legittimità gli elementi di fatto sui quali è stato fondato il giudizio del Tribunale del riesame.
Va infine osservato che i ricorrenti non hanno contestato il provvedimento impugnato in punto di indicazione delle esigenze probatorie in funzione delle quali è stata adottata la misura reale. L'esito del presente giudizio, peraltro, non preclude agli interessati la possibilità di chiedere la restituzione di quanto in sequestro, laddove debbano ritenersi venute meno le citate esigenze probatorie, che a seguito della recente pronuncia di questa Corte (sez. un. n. 5876/04, Ferazzi), devono costituire oggetto di concreta indicazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti Milone Leopoldo, De Angelis Eliseo e Abate Gennaro in solido al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2004. Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2004