Cass. Sez. III n. 42535 del 14 novembre 2008 (Ud. 4 nov. 2008)
Pres. Grassi Est. Teresi Ric. Sorrentini
Rifiuti. Responsabilità del legale rappresentante dell’impresa produttrice

Deve ritenersi sussistente la responsabilità del legale rappresentante dell\'impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche in tema di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni (fattispecie relativa a terre da scavo contaminate da blocchi di asfalto)

Con sentenza in data 10.04.2008 il Tribunale di Grosseto condannava Sorrentini Gianluca alla pena di €. 2.000 d’ammenda per avere, quale legale rappresentante della Todini costruzioni generali s.p.a., istituito, senza autorizzazione, un deposito incontrollato di rifiuti costituiti da terre da scavo contaminate da blocchi di asfalto di varie dimensioni [CER 170503], fatto accertato in Grosseto il 19.03.2004.
In particolare, essendo stato accertato che nel cantiere della società sito in località Terme di Roselle era stato depositato un notevole quantitativo del materiale sopraindicato proveniente dai lavori in corso per il raddoppio del primo lotto della strada E 78 Grosseto-Fano, il Tribunale aveva qualificato i materiali come rifiuti provenienti dal disfacimento del manto stradale e ritenuto Sorrentini responsabile della violazione perché, quale legale rappresentante della società, non aveva osservato l’obbligo di vigilanza e controllo in tema di tutela ambientale.
Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando nullità della sentenza e contraddittorietà della motivazione.
Asseriva che il fatto risaliva al 2003, epoca in cui la normativa sui rifiuti non qualificava tali le terre e le rocce da scavo, riconoscendo che la presenza dei residui d’asfalto integrava l’elemento oggettivo del reato.
Escludeva la ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato per avere egli organizzato il lavoro disponendo che i residui d’asfalto fossero riutilizzati, previa fresatura, nella lavorazione della nuova strada e che la terra residua fosse impiegata come terreno vegetale nell’ex cava di Perna dove era in corso una riqualificazione ambientale.
Il mutamento del programma era da attribuire al capo cantiere che, poi, lo aveva informato della sistemazione della terra, sicché egli non era consapevole “dell’accidentale trasporto anche dell’asfalto”.
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il ricorso è manifestamente infondato perché censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputato e confutata ogni obiezione difensiva.
Il primo motivo censura, senza alcun fondamento, il tempus commissi delicti che coincide con la data dell’accertamento, costituendo il deposito incontrollato di rifiuti un reato permanente.
Corretta è la qualifica dei materiali rinvenuti sull’area di pertinenza della società rappresentata dall’imputato come rifiuti, trattandosi di un ingente accumulo di terra e rocce con grossi blocchi di asfalto provenienti dalla demolizione del manto stradale e del livello sottostante nel quale non erano comprese rocce da scavo in galleria.
Tali materiali, depositati in modo incontrollato, senza alcuna autorizzazione, integrano, come già affermato da questa Corte nella sentenza n. 16695/2004 [Cassazione Sezione 3 n.16695/2004, Brignoli, RV. 227955: “In tema dl disciplina del rifiuti, il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale costruisce rifiuto e come tale è sottoposto alla disciplina del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22”; conforme n. 23 788/2007] il reato contestato.
Il motivo sull’elemento soggettivo del reato è inammissibile perché contesta in fatto il giudizio sfavorevole all’imputato effettuato dal Tribunale con congrua motivazione.
Infatti, in tema di rifiuti, la responsabilità per l’attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell’azienda [cfr. Cassazione Sezione III n. 47432/2003 RV. 226868).
Pertanto, in applicazione di tali principi correttamente è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante dell’impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche in tema di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni.
La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude l’applicazione di sopravvenute cause d’estinzione del reato (Cassazione SU n. 32/2000, De Luca), comporta l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.