Cass. Sez.
III sent. 1503 del 27 settembre 2005 (ud. 6 luglio 2005)
Pres. Zumbo Est. Petti Ric. De Michele
Rifiuti – Oli esausti – Attività di gestione in assenza di autorizzazione
Al di fuori dell’ipotesi del deposito temporaneo nel luogo di produzione, le attività di stoccaggio e messa in riserva degli oli esausti, nell’attesa del conferimento ai luoghi di rigenerazione, effettuate in assenza di autorizzazione, sono sanzionate a norma dell’articolo 51 del decreto legislativo n. 22 del 1997
Svolgimento del
processo
Con
sentenza del 12 novembre 2004, la corte d'appello di Lecce confermava quella
pronunciata dal tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, con cui De
Michele Fernando era stato condannato alla pena di mesi sette di arresto e ed
€ 3000,00 di ammenda, quale responsabile del reato di cui all'art. 51 primo
comma lett. b) del decreto legislativo n. 22 del 1997, per avere raccolto olio
esausto senza la prescritta autorizzazione; reato accertato in Mesagne il 1°
marzo del 2001.
II
fatto, nella sentenza impugnata, era riassunto nella maniera seguente.
Il
1° marzo del 2001, in Mesagne, i carabinieri del luogo, nel corso di
un'ispezione all'area sulla quale il De Michele svolgeva l'attività di
carrozziere, rinvennero e sequestrarono carcasse di automezzi vari, organi di
motori ed un fusto contenente olio esausto ormai irrecuperabile. Per il
rinvenimento del materiale anzidetto il De Michele era tratto al giudizio del
tribunale di Mesagne perché rispondesse del reato di cui all'articolo 51 comma
primo lett. b) decreto legislativo n. 22 del 1997, per avere svolto attività di
raccolta e smaltimento dei rifiuti pericolosi (carcasse di autovetture, olio
esausto) senza essere in possesso della prescritta autorizzazione. All'esito del
dibattimento era ritenuto responsabile del reato ascrittogli limitatamente
all'olio esausto in quanto, per le carcasse di automezzi e pezzi di motore, non
si era raggiunta la prova del mancato riutilizzo.
La
corte d'appello leccese, adita su impugnazione dell'imputato, confermava la
decisione appellata osservando che l'olio esausto contenuto nel fusto poteva
senza dubbio qualificarsi rifiuto perché irrecuperabile, come era emerso dalla
deposizione dei verbalizzanti; che, d'altra parte, l'assunto dell'imputo,
secondo il quale in quel fusto veniva raccolto l'olio tolto dai motori delle
autovetture in riparazione nell'attesa di reintrodurlo nei motori stessi dopo i
lavori alla carrozzeria, era inattendibile giacché non era verosimile che in
quel contenitore fosse raccolto olio prelevato da diverse autovetture.
Ricorre
per cassazione l'imputato tramite il suo difensore sulla base di un unico
articolato motivo.
II ricorrente denuncia violazione di legge e più precisamente
dell'articolo 14 del D.L.vo n. 95 del 1992 il quale non era stato abrogato
dall'articolo 56 del D.L.vo n. 22 del 1997: assume che erroneamente sarebbe
stata applicata la disciplina sui rifiuti anziché quella sugli oli esausti,
giacché nessuna indagine era stata svolta per accertare che si trattasse
proprio di rifiuto. In ogni caso, quand'anche si fosse trattato di rifiuto, il
fatto non configurava gli estremi del reato contestato in quanto gli oli erano
stati rinvenuti nel luogo di produzione. Si trattava quindi di un deposito
temporaneo per il quale non era richiesta alcuna autorizzazione. Sostiene
inoltre che il proprio assistito avrebbe agito in buona fede per avere ritenuto
sufficiente l'autorizzazione allo scarico nell'impianto di depurazione IMHOF dei
propri liquami. Lamenta infine la violazione delle regole in materia di
acquisizione probatoria nonché mancanza ed illogicità della motivazione:
assume che la corte territoriale aveva affermato che l'olio raccolto in quel
fusto provenisse da diverse autovetture senza svolgere alcuna indagine tecnica
in proposito e senza controllare l'effettivo quantitativo ivi raccolto e la
natura di esso. In subordine chiede una congrua riduzione della pena previa
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Motivi della
decisione
II
ricorso è infondato e va pertanto disatteso. I giudici di merito sulla base
della testimonianza del Mignona, il quale al dibattimento aveva dichiarato che
in quel fusto era contenuto un quintale di olio ormai irrecuperabile, hanno
accertato che l'olio ivi raccolto costituiva un rifiuto essendo impensabile che
potesse essere reintrodotto nelle autovetture in riparazione, come sostenuto dal
prevenuto. Inoltre nell'area dove l'imputato svolgeva la propria attività di
carrozziere erano state rinvenute carcasse di autovetture e motori, che
impropriamente i giudici di merito hanno ritenuto non essere rifiuti in base al
rilievo che non era stata fornita la prova del riutilizzo, giacché tale prova
doveva essere fornita dall'imputato. Disattesa la tesi del prevenuto i giudici
di merito hanno ritenuto che quell'olio fosse stato raccolto da terzi. L'assunto
non presenta vizi logici o giuridici, tanto più che, come sopra precisato, in
quell'area sono state rinvenute carcasse di autovetture e di motori. Ciò
premesso in fatto, si rileva che la disciplina degli oli usati, in attuazione
della direttiva comunitaria n. 439 del 1975 era originariamente contenuta nel
D.P.R. n. 691 del 1982. A seguito della direttiva n. 101 del 1987 la disciplina
previgente è stata trasfusa nel decreto legislativo n. 95 del 1992 il quale
all'articolo 1 qualifica olio usato "qualsiasi olio industriale o
lubrificante, a base minerale o sintetica, divenuto improprio all'uso cui era
inizialmente destinato, in particolare gli oli usati dei motori a combustione e
dei sistemi di trasmissione nonché gli oli minerali per macchinari, turbine e
comandi idraulici e quelli contenuti nei filtri usati". Il comma secondo
del medesimo articolo prescrive che "sono comunque soggette alla disciplina
prevista per gli oli usati le miscele oleose, intendendosi per tali i composti
usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico,
compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua ed olio e le
emulsioni". La definizione di emulsione è ricavabile indirettamente dal
D.M. 16 maggio del 1996 n. 392, quale composto oleoso la cui percentuale di
acqua superi il 15%. Prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 95
del 1992, l'attività di raccolta, stoccaggio e smaltimento degli oli usati era
subordinata all'autorizzazione rilasciata in base D.P.R. n. 915 del 1982. La
previsione dell'obbligo di presentazione di una nuova domanda di autorizzazione
imposta dal comma 5 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 95 del 1992 non
ha determinato nella fase transitoria la necessità del pregresso analogo
provvedimento rilasciato in base al D.P.R. n. 915 del 1982 per la prosecuzione
dell'attività di raccolta e smaltimento di oli usati, sia perché il primo
comma dell'articolo 14 disponeva che continuavano ad applicarsi le disposizioni
penali vigenti in materia, sia perché il terzo comma dell'articolo 15
dichiarava valida fino al conseguimento della nuova autorizzazione quella
precedente, sancendo in tal modo l'illiceità della gestione degli oli esausti
senza il rilascio dell'atto amministrativo (Cass. Sez. III 27 maggio 1993 n.
5363, Pullé). I rapporti tra il D.P.R. n. 915 del 1982 sui rifiuti e quello n.
691 del 1982 sugli oli esausti erano regolati dall'articolo 9 duodecies della
legge 9 novembre 1988 n. 475 di conversione del D.L. 9 settembre 1988 n 397, il
quale disponeva che "si applica(va)no al conferimento, al trasporto, allo
stoccaggio degli oli esausti di cui al D.P.R. n.691 del Ì982, fino al momento
della loro cessione a soggetti che provvedono alla rigenerazione, le norme in
vigore concernente i rifiuti." In sostanza, secondo l'orientamento già
espresso da questa Corte con la decisione n 1345 del 2000, si era fissato il
principio della classificazione degli oli usati come rifiuti fino al momento
della rigenerazione e tale principio era riconfermato dall'art. 70 lett. d)
della legge comunitaria 29 dicembre 1990 n. 428 ove si era prescritto l'obbligo,
nel recepire le direttive comunitarie, di mantenere "ferma la
classificazione degli oli usati come rifiuti". In attuazione di tali
principi il decreto legislativo n. 95 del 1992 che ha ridisciplinato la materia
degli oli esausti, da un lato, ha assoggettato ad autorizzazione regionale
l'attività di raccolta e conferimento degli oli usati e, dall'altro, con il
terzo comma dell'articolo 1, ha disposto che "si applicano alla raccolta,
immagazzinamento e trasporto degli oli usati e nel momento della loro consegna
alle imprese autorizzate alla rigenerazione, le norme in vigore per i
rifiuti." Trattasi, come già statuito da questa corte nella decisione
dianzi citata, di "un rinvio integrativo espresso alla normativa generale
sui rifiuti testualmente riferito a ciascun momento della gestione degli oli
usati, sicché esso deve ritenersi operante in ciascuna fattispecie e non con
riferimento ai principi generali".
II decreto Ronchi ha ribadito la configurazione degli oli usati quali rifiuti
inserendoli nell'allegato A) catalogo europeo dei rifiuti e qualificandoli
nell'allegato D) come rifiuti pericolosi (Cod. CER 1302: oli esauriti da motori,
trasmissioni ed ingranaggi). .Nell'allegato C) la rigenerazione o altri
reimpieghi degli oli vengono espressamente previsti tra le attività dì
recupero R9). Da ciò consegue che al di fuori dell'ipotesi del deposito
temporaneo nel luogo di produzione, le attività di stoccaggio e messa in
riserva degli oli esausti, nell'attesa del conferimento ai luoghi di
rigenerazione, effettuate in assenza di autorizzazione, sono sanzionate a norma
dell'articolo 51 del Decreto Legislativo n. 22 del 1997. Nella fattispecie
l'imputato non era in possesso di alcuna autorizzazione. Lo stesso si è
limitato ad affermare, in contrasto con gli accertamenti compiuti dagli
inquirenti, che non si trattava di rifiuto ma di olio provvisoriamente inserito
in quel fusto nell'attesa di essere reintrodotto nei motori delle autovetture in
riparazione. L'attività di stoccaggio non può ricondursi al deposito
temporaneo di cui all'articolo 6 lett. m) del Decreto Legislativo n. 22 del 1997
poiché non trattasi di olio proveniente dall'attività svolta dall'imputato
ossia di olio raccolto sul luogo di produzione, ma di olio che il prevenuto
raccoglieva da terzi o prelevava dalle carcasse delle autovetture depositate in
quel sito.
La
sussistenza dell'elemento psicologico appare congruamente valutata nella
sentenza impugnata giacché sì è sottolineato che l'autorizzazione allo
scarico dei liquami prodotti dall'attività svolta dal prevenuto, peraltro
intestata a soggetto diverso, non aveva alcuna attinenza con la raccolta degli
oli usati, che non sono liquami e non escludeva l'elemento psicologico del reato
in esame. Del pari adeguatamente motivata è la decisione in merito al diniego
delle circostanze attenuanti generiche.