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Sez. 3, Sentenza n. 16698 del 08/04/2004 (Ud. 11/02/2004 n.00238 ) Rv. 227956
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Zumbo A. Imputato: Barsanti. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Livorno, 11 marzo 2003).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione - - Reato di cui all'art. 51 del D. Lgs. n. 22 del 1997 - Natura di reato comune.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (Fonte CED Cassazione)

Il reato di attività di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, non ha natura di reato proprio integrabile soltanto da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce una ipotesi di reato comune che può essere pertanto commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 11/02/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 238
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 33822/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Barsanti Sergio n. Pisa il 25/2/1959;
avverso la sentenza Tribunale Livorno in data 11 maggio 2003. Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. ZUMBO.
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IZZO GIACCHINO che ha concluso per l'annullamento con rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 11 marzo 2003, il G.U.P. del Tribunale di Livorno condannava Barsanti Sergio alla pena di euro 1.148 di ammenda per il reato di cui all'art. 51, secondo comma, D.L. 22/97. L'imputato proponeva ricorso per erronea applicazione di legge, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, mancata assunzione di una prova decisiva, manifesta illogicità della motivazione sostenendo: 1) che anche dopo la richiesta di giudizio abbreviato formulata con l'opposizione a decreto penale è possibile svolgere indagini difensive riversandone, poi, il contenuto nel fascicolo del P.M.; 2) che non si era tenuto conto che le caratteristiche dei residui erano tali da non poter determinare un ostacolo al libero corso delle acque; 3) che nel fatto avrebbe dovuto essere ravvisata l'ipotesi prevista dall'art. 50 punito con la sola sanzione amministrativa. Sub 1.
Nel giudizio abbreviato, mancando la fase del dibattimento, vige il principio della decisione "allo stato degli atti" che comporta la facoltà di utilizzare tutti gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo del P.M.;
in esso, le parti accettano che il procedimento sia definito all'udienza preliminare sulla base degli atti già acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento. Nel caso in esame, dopo la richiesta di giudizio abbreviato (senza condizioni) e dopo la ammissione allo stesso da parte del giudice, il difensore ha chiesto di poter produrre verbale di indagini difensive e planimetria dei luoghi.
Ed esattamente è stato ritenuto che le produzioni difensive non sono ammissibili in quanto con la richiesta di giudizio abbreviato l'imputato ha chiesto che il procedimento sia definito allo stato degli atti esistenti al momento della richiesta stessa, per cui le produzione appaiono tardive. Per ciò che attiene alle indagini difensive, la norma di cui all'art. 391 octies c.p.p. consente al difensore di presentare direttamente al giudice gli elementi di prova a favore del proprio assistito o nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, proprio perché in tali situazioni processuali il materiale probatorio può essere arricchito al fine di acquisire elementi utili per il prosieguo.
Ed il legislatore non ha previsto la stessa possibilità per il difensore dopo che sia stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato, proprio perché tale momento cristallizza il materiale probatorio già esistente in atti.
Solo se la richiesta di giudizio abbreviato è subordinata, ex art. 438, quinto comma, c.p.p. all'acquisizione di ulteriori elementi, ovvero se il giudice ritenga necessaria una integrazione probatoria, ex art. 441 quinto comma, c.p.p., possono avere ingresso nel procedimento ulteriori elementi di prova (non a caso l'art. 441 c.p.p. esclude la possibilità di applicare nel corso del giudizio abbreviato le norme di cui agli art. 422 e 423 c.p.p. dettate in tema di udienza preliminare).
Sub 2.
Il giudice di merito ha ritenuto, con motivazione incensurabile in questa sede, che vi era stata una moria di pesci nel torrente Torà e che "tale situazione si era creata, oltre che per il gran caldo e la scarsità d'acqua, anche e soprattutto a causa dei lavori di pulitura degli argini che la ditta dell'imputato aveva eseguito nei giorni precedenti, provvedendo con apposito macchinario a frantumare in piccoli pezzi le canne esistenti. I residui della pulitura, però, invece di essere raccolti nell'immediatezza erano stati abbandonati anche sulle acque causando una diga che rendeva difficoltosa la circolazione delle acque".
Sub 3.
Quanto commesso dall'imputato costituisce abbandono di rifiuti o immissione degli stessi nelle acque superficiali in violazione del divieto di cui all'art. 14, secondo comma, D.L. 22/97, dato che, sia pure frantumati, i residui della pulitura contribuirono in modo consistente ad alterare la circolazione delle acque ed a causare una moria di pesci l'immissione dei rifluiti nelle acque non fu una azione momentanea ma una condotta che si protrasse per qualche giorno come risulta dagli atti di P.G..
Il reato di cui all'art. 51 non ha natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce una ipotesi di reato comune che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione di rifiuti in modo secondario o conseguenziale all'esercizio di un'attività primaria diversa (Cass., sez. 3^, 14 maggio 2002, n. 21925, Saba). Nel caso di specie, la gestione dei rifiuti era consequenziale all'attività principale di pulitura degli argini effettuata dall'imputato e non può parlarsi di abbandono occasionale di rifiuti (art. 50, primo comma) che punisce una condotta generica, posta in essere da "chiunque"; condotta logicamente occasionale ed estemporanea imputabile ad una singola persona fisica e non connessa ad attività di impresa.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2004