Cass. Sez. III n. 18030 del 11 maggio 2007 (Up 27 mar. 2007)
Pres. Onorato Est. Ianniello Ric. Zanatta
Rifiuti. Concorso del produttore nel reato di gestione illecita

Il produttore di rifiuti risponde del reato di illecita gestione a titolo di concorso col soggetto ricevente, nel caso in cui quest'ultimo risulti privo della prescritta autorizzazione al recupero. Trattasi infatti di responsabilità personale per omesso controllo relativamente al possesso di tale autorizzazione, conseguente alla violazione dell'obbligo (e non solo onere in senso tecnico: cfr. il secondo comma dell'articolo 10 del D. Lgs. n. 22-1997, ripreso anche al secondo comma dell'art. 188 del D. Lgs. n. 152-2006) imposto al produttore di rifiuti, qualora decida di conferirli ad un terzo per lo smaltimento o il recupero, di rivolgersi a soggetto debitamente autorizzato. Tale responsabilità non è evidentemente esclusa dal fatto che il terzo sia munito di autorizzazione, ma relativamente a rifiuti diversi da quelli oggetto di conferimento, perché ciò si risolve nella mancanza di autorizzazione relativamente ai rifiuti conferiti; né si configura come una inammissibile forma di responsabilità oggettiva, conseguendo viceversa alla negligenza nella verifica della esistenza di specifica autorizzazione.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 2 novembre 2005, il Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Montebelluna, ha condannato Ruggero Zanatta alla pena di 1.800 di ammenda (col beneficio della non menzione), avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 51, comma 1°, lett. a) del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (oggi art. 256, comma lo, lett. a) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), per avere, in data 31 gennaio 2005, in concorso o comunque in cooperazione colposa con altri, nella qualità di legale rappresentante della Tecnica s.p.a., conferito, per il recupero, rifiuti speciali non pericolosi classificati coi codd. CE 070213, 160304 e 040109 (rispettivamente materiale plastico, rifiuti inorganici e rifiuti da confezionamento e finitura di pelli) alla GEO SERVIZI s.r.l., che non era autorizzata al recupero di tale tipologia di rifiuti.

Con atto di appello, qualificabile, alla stregua di quanto stabilito agli artt. 593, 3° comma e 568, 5° comma c.p.p., come ricorso per cassazione e quindi pervenuto alla Corte ai sensi dell’ultima parte dell’articolo da ultimo citato, l’imputato censura, a mezzo dei propri difensori, la predetta sentenza, deducendo:

1 - l’assenza di prova in ordine alla mancanza in capo alla s.r.l. Geo Servizi dell’autorizzazione al recupero e smaltimento dei rifiuti del tipo in esame. Ci sarebbe in atti invece la prova delle autorizzazioni al recupero dei rifiuti speciali non pericolosi di cui Geo Servizi era munita e dalla stessa inviate a Tecnica.

2 - l’erronea applicazione della legge penale: sostiene infatti il ricorrente che l’art. 10 del D.Lgs n. 22/97 (ora 188 del D.Lgs. n. 152/06) impone al detentore o produttore di rifiuti che conferisce gli stessi a terzi per lo smaltimento o per il recupero l’onere di verificare che il terzo sia munito della prescritta autorizzazione, ma non anche di accertare l’eventuale esclusione dall’autorizzazione dell’uno o l’altro rifiuto. E nel caso in esame la Geo servizi s.r.l. era sicuramente munita di automazione al recupero, debitamente trasmessa alla Tecnica sp.a..

Inoltre, il terzo comma dell’art. 10 citato, stabilisce che “La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa... b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulano di cui all’art. 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore...”, condizione che si era puntualmente verificata in ogni occasione di conferimento alla Geo Servizi s.r.l..

3 - la Geo Servizi s.r.l. riceveva rifiuti per il recupero dalla Tecnica s.p.a. e da altre numerose imprese di confezionamento del pellame della zona da molti anni, senza che si fosse verificato inconveniente o contestazione di sorta. Inoltre tale impresa forniva a quella rappresentata dal ricorrente una consulenza ambientale a tutto campo, financo provvedendo alla verifica e classificazione dei rifiuti, stilava il formulano dei rifiuti e fatturava regolarmente a Tecnica s.p.a. le prestazioni effettuate.

Da tutto ciò il giudice avrebbe dovuto desumere l’assenza dell’elemento soggettivo del reato e il non avere rilevato tale carenza costituirebbe un ulteriore vizio della sentenza.

4 - Infine, in via gradata, il ricorrente censura l’omessa applicazione dell’esimente di cui all’art. 48 c.p..

Conclude pertanto chiedendo la riforma (recte, l’annullamento) della sentenza impugnata (senza rinvio) perché il fatto non sussiste o con altra formula ritenuta congrua.

All’udienza del 27 marzo 2007 le parti presenti hanno concluso come in epigrafe indicato.

 

Motivi della decisione

Quanto ai primi due motivi di ricorso, il Tribunale ha ritenuto sussistente la materialità del fatto contestato alla luce delle dichiarazioni del teste Ferdinando Santoro del Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Treviso il quale aveva riferito con assoluta certezza che la Geo Servizi, cui la Tecnica, come altre numerose imprese della zona di Montebelluna conferivano rifiuti, era fornita di una autorizzazione provinciale al recupero degli stessi, ma non per quanto riguarda le specifiche tipologie di rifiuto indicate nel capo di imputazione.

Il giudice ha pertanto correttamente ritenuto che il produttore di rifiuti risponda della contravvenzione di cui all’art. 51, primo comma del citato D.Lgs. n. 22, a titolo di concorso col soggetto ricevente, nel caso in cui quest’ultimo risulti privo della prescritta autorizzazione al recupero.

Trattasi infatti di responsabilità personale per omesso controllo relativamente al possesso di tale autorizzazione, conseguente alla violazione dell’obbligo (e non solo onere in senso tecnico: cfr. il 2° comma dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 22, ripreso anche al secondo comma dell’art. 188 del D.Lgs. n. 152/06) imposto al produttore di rifiuti, qualora decida di conferirli ad un terzo per lo smaltimento o il recupero, di rivolgersi a soggetto debitamente autorizzato (cfr. al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte citata nella sentenza di merito e riguardante la norma di legge in esame: Cass. 17 marzo 2003 n. 16016 - ud. del 19 febbraio2003 - e 6 maggio 2004 n. 21588 - ud. 1° aprile 2004).

Tale responsabilità non è evidentemente esclusa dal fatto che il terzo sia munito di autorizzazione, ma relativamente a rifiuti diversi da quelli oggetto di conferimento, perché ciò si risolve nella mancanza di autorizzazione relativamente ai rifiuti conferiti; né si configura, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, come una inammissibile forma di responsabilità oggettiva, conseguendo viceversa alla negligenza nella verifica della esistenza di specifica autorizzazione.

Negligenza che il giudice di merito ha ritenuto non esclusa nel caso in esame dal fatto di essere l’imputato incorso in un errore scusabile sul fatto, eventualmente determinato dall’altrui inganno - come viceversa sostenuto negli altri motivi di ricorso.

Stante il carattere evidente e la natura elementare dell’adempimento richiesto, consistente nella acquisizione dal candidato ricevente dell’atto autorizzatorio e nella semplice lettura dello stesso, il Tribunale ha infatti in maniera non irragionevole valutato le circostante addotte dal ricorrente a sostegno della propria buona fede come non idonee ad escluderne la colpa.

Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.