Cass.Sez. III n. 197 del 7 gennaio 2013 (Ud.6 nov.2012)
Pres.Franco Est.Ramacci Ric.Zanotti e altri
Polizia Giudiziaria.Relata di notifica su foglio separato

In tema di notificazioni, la relata di notifica va compilata in calce all'atto da notificare e alla copia notificata, ma può anche essere redatta in un foglio separato o in un verbale in cui la polizia giudiziaria attesti l'espletamento di altre attività delegate dal pubblico ministero, sempre che non sussistano dubbi sul documento cui essa si riferisce e che sia assicurata la completezza dell'atto notificato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FRANCO Amedeo - Presidente - del 06/11/2012
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - SENTENZA
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - N. 2603
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - N. 38249/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ZANOTTI MARCO N. IL 22/12/1961;
2) BONETTI AGOSTINO N. IL 13/01/1945;
3) BONETTI PIERROBERTO N. IL 31/12/1970;
4) PRESTINI ALESSANDRA N. IL 14/12/1969;
avverso la sentenza n. 4169/2010 TRIBUNALE di BRESCIA, del 16/01/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore avv. Luceri G., di Roma, in sost. Avv. Ambrosio S., avv. Favino L., in sost. Avv. Magli L., Avv. Lojacono S. in sost. Avv. Ghemri C..
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, con sentenza del 16.1.2012 ha affermato la penale responsabilità di ZANOTTI Marco per i reati di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005, art. 16, comma 1, art. 650 c.p., artt. 81 e 110 c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a) e comma 2; di BONETTI Agostino, BONETTI Pierroberto e Alessandra PRESTINI per i reati di cui agli artt. 81 e 110 c.p., art. 256, comma 1, lett. a), condannandoli alla pena dell'ammenda.
In particolare, ZANOTTI Marco, quale socio amministratore della "Azienda Agricola Travedo ss.", esercente attività di allevamento di suini, era stato chiamato a rispondere dell'esercizio di detta attività in assenza della prescritta autorizzazione integrata ambientale, nonché dell'inottemperanza ad un'ordinanza sindacale che imponeva lo smaltimento immediato dei reflui zootecnici provenienti dall'allevamento. Inoltre, in concorso con BONETTI Agostino e BONETTI Pierroberto, rispettivamente legale rappresentante e socio della "Bonetti Agostino e figli Società semplice agricola", doveva rispondere anche di abbandono di rifiuti speciali non pericolosi (CER 02.01.06), consistenti in liquami zootecnici che venivano prelevati con autobotti e depositati su terreni senza alcuna finalità agronomica.
Ad Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, inoltre, era contestato l'abbandono di rifiuti dello stesso genere (CER 02.01.06), con analoghe modalità, effettuato in concorso con PRESTINI Luigi Angelo Giacomo (separatamente giudicato) e PRESTINI Alessandra, legali rappresentanti della "Società agricola Prestini S.S. di Luigi e Alessandra Prestini", nonché l'illecita gestione sempre di liquami zootecnici (CER 02.01.06).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione.
2. ZANOTTI Marco deduce, con un primo motivo di ricorso la mancata assunzione di una prova decisiva la cui assunzione era stata richiesta mediante inserimento nella lista testimoniale ed ammessa dal Tribunale, che aveva successivamente revocato il precedente provvedimento, concernente l'escussione di un teste. Lamenta che il teste avrebbe potuto riferire in merito al ruolo da lui stesso svolto riguardo allo spandimento dei liquami, chiarendo così la sua condotta rispetto alle imputazioni ascrittegli. 3. Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, lamentando che il giudice del merito avrebbe trascurato elementi probatori aventi rilevanza certa e che indicava nella deposizione di un ufficiale di polizia giudiziaria e nella memoria difensiva contenente un parere di un consulente di parte.
4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia, ancora una volta, il vizio di motivazione per avere il giudice trascurato l'esame della documentazione difensiva, dalla quale emergerebbe il possesso di autorizzazione allo "scarico sul suolo agricolo delle sostanze provenienti da allevamenti zootecnici" e la presentazione del P.U.A. (piano di utilizzazione agronomica) da parte di soggetto diverso. 5. Con un quarto motivo di ricorso contestava il rigetto della richiesta di oblazione, che assumeva effettuato dal giudice senza considerare significative circostanze emerse nel corso del dibattimento.
6. Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, con unico ricorso, deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando, in primo luogo, che il giudice del merito avrebbe fondato la propria decisione sull'erroneo presupposto che i liquami zootecnici fossero qualificabili come rifiuti, sulla base della sola mancanza di un valido piano di utilizzazione agronomica (PUA) e senza verificare la sussistenza di finalità agronomica o meno nello spandimento.
Aggiungono che la motivazione si palesava illogica laddove valorizzava, ai fini dell'affermazione di penale responsabilità, le dichiarazioni dell'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva proceduto agli accertamenti nella parte in cui riferiva che i terreni interessati dallo spandimento erano già utilizzati in altri PUA, circostanza che evidenziava, al più, una irregolarità formale ed amministrativa nello svolgimento di attività agronomica. La tipologia di attività effettivamente svolta, osservano, non richiedeva alcun titolo abilitativo previsto dalla disciplina sui rifiuti ed inoltre, per quanto riguarda il profilo soggettivo, non avevano nessun obbligo di informazione circa l'esistenza o meno di un valido PUA.
Si contesta, infine, la equiparazione, sotto il profilo sanzionatorio, di tutte le condotte attribuite ai diversi imputati, senza alcuna distinzione per le qualifiche singolarmente ricoperte. 7. Alessandra PRISTINI deduce, con un primo motivo di ricorso la violazione di legge, rilevando la nullità della sentenza per omessa notificazione dell'avviso conclusione delle indagini. Rileva, a tale proposito, di aver eccepito la nullità della notifica dell'avviso prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto l'atto non riportava in calce l'attestazione di avvenuta notificazione, per essere la stessa contenuta, invece, in un atto diverso (verbale di identificazione redatto dalla polizia giudiziaria) e che l'eccezione era stata respinta dal giudice con ordinanza che pure si impugna.
La mancanza della relata in calce all'atto, osserva, determina incertezza sul fatto che l'atto sia stato consegnato al destinatario completo in ogni sua parte, ivi compresa l'indicazione dei diritti e delle facoltà previste dalla legge.
8. Con un secondo motivo di ricorso e relativamente al capo B) dell'imputazione (abbandono di rifiuti in concorso), denuncia il vizio di motivazione, affermando che, pur deponendo tutte le risultanze dibattimentali nel senso della sua completa estraneità ai fatti, il giudice del merito ne ha riconosciuto la responsabilità in quanto amministratore di fatto, mentre invece ella è amministratore di diritto e facendo riferimento all'effettuazione di pagamenti ai coimputati BONETTI quale corrispettivo per lo sversamento in mancanza di qualsivoglia elemento di riscontro.
9. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancanza di motivazione in relazione ai fatti di cui al capo C) dell'imputazione (illecita gestione di rifiuti in concorso), indicati in rubrica come commessi il 26 giugno 2007 e rispetto ai quali il provvedimento non fa alcuna menzione
10. Con un quarto motivo di ricorso lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, avendo fatto richiesta ai sensi dell'art. 495 c.p.p., comma 2 di procedere all'audizione, in controprova rispetto ai testi indicati dal Pubblico Ministero, del coimputato PRESTINI Luigi Angelo Giacomo, assunzione di prova che non poteva essere richiesta nei termini ordinari in quanto, nella stessa udienza nella quale furono ammesse le prove, la posizione del predetto era stata separata avendo egli richiesto l'applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p..
Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO
11. Tutti i ricorsi sono infondati.
Con riferimento al primo motivo di ricorso prospettato dallo ZANOTTI, deve richiamarsi la decisione delle SS.UU. di questa Corte, secondo la quale il diritto alla prova riconosciuto alle parti implica la corrispondente attribuzione del potere di escludere le prove manifestamente superflue ed irrilevanti, secondo una verifica di esclusiva competenza del giudice di merito che sfugge al sindacato di legittimità ove abbia formato oggetto di apposita motivazione immune da vizi logici e giuridici (SS.UU. n. 15208, 21 aprile 2010). Nella fattispecie, come risulta dal verbale di udienza del 16.1.2012, che la Corte può consultare stante la natura processuale dell'eccezione, il giudice del merito ha ritenuto superflua l'escussione del teste indicato dalla difesa (STABIUMI Onorato) sulla base di una produzione documentale acquisita nella stessa udienza.
Si tratta di una motivazione che non evidenzia alcun vizio di logicità ed appare giuridicamente corretta e sfugge, pertanto, ad ogni censura in questa sede.
In ogni caso, il ricorrente non deduce di aver eccepito immediatamente l'eventuale nullità dell'ordinanza di revoca, ne' la formulazione dell'eccezione risulta dall'esame del verbale medesimo, con la conseguenza che la stessa sarebbe in ogni caso sanata ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2 (cfr. Sez. 5, n. 18531, 14 maggio 2012;
Sez. 3, n. 816, 12 gennaio 2006).
Quanto osservato risulta determinante ai fini della declaratoria di infondatezza del motivo, ma è comunque il caso di osservare che mancherebbe, comunque, la doverosa dimostrazione della decisività della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 3, n. 25781, 15 luglio 2010; Sez. 6, n. 14916, 19 aprile 2010 ed altre prec. conf.).
Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare l'ordinanza con la quale viene esclusa la prova già ammessa in forza del principio di specificità di all'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), (Sez. 6, n. 15673, 23 aprile 2012) e, nella fattispecie, non risulta dimostrato, dal tenore del ricorso, che l'esito della deposizione negata sarebbe stato sufficiente a scardinare l'impianto argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata, in quanto il ricorrente si limita ad affermare che il teste avrebbe potuto riferire riguardo a determinati dati fattuali e documenti senza tuttavia meglio chiarire la rilevanza della testimonianza ai fini suddetti rispetto alle determinazioni del giudice. 12. Il secondo motivo e terzo motivo del ricorso dello ZANOTTI sono invece articolati interamente in fatto e si sostanziano nella prospettazione di una lettura alternativa delle risultanze dibattimentali attraverso l'illustrazione di stralci di verbali e di memorie che non è consentita in questa sede di legittimità. Occorre ricordare, a tale proposito, che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all'art. 606 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 3, n. 12110, 19 marzo 2009; Sez. 6, n. 23528, 6 luglio 2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6, n. 10951, 29 marzo 2006).
Si è altresì precisato che il vizio di motivazione ricorre nel caso in cui la stessa risulti inadeguata perché non consente di riscontrare agevolmente le scansioni e gli sviluppi critici che connotano la decisione riguardo a ciò che è stato oggetto di prova ovvero impedisce, per la sua intrinseca oscurità od incongruenza, il controllo sull'affidabilità dell'esito decisorio, sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti (Sez. 6, n.7651, 25 febbraio 2010). Nella fattispecie il Tribunale, come pure si dirà in seguito, ha sviluppato un percorso argomentativo del tutto coerente e scevro da salti logici.
13. Quanto al quarto motivo di ricorso presentato dallo ZANOTTI, lo stesso è connotato da estrema genericità, perché si limita a contestare il rigetto della istanza di ammissione all'oblazione affermando che il giudice avrebbe trascurato di considerare circostanze fondamentali indicate con il mero richiamo alle argomentazioni in precedenza svolte.
In realtà il provvedimento impugnato si presenta, anche sul punto, del tutto immune da censure, avendo il giudice motivatamente respinto la richiesta con riferimento alla gravità dei fatti, ampiamente illustrati in sentenza e con specifici richiami alle risultanze dibattimentali dalle quali emergeva la permanenza della condotta illecita contestata.
Il Tribunale ha dunque proceduto in modo del tutto corretto alla valutazione discrezionale richiestagli dall'art. 162 bis c.p.. 14. A conclusioni non diverse deve pervenirsi riguardo al ricorso presentato da Agostino BONETTI e Pierroberto BONETTI, rispetto al quale occorre rilevare che l'impianto argomentativo è principalmente fondato sull'erroneo convincimento di una non corretta qualificazione giuridica dei fatti da parte del giudice del merito. In sostanza, i ricorrenti assumono che l'applicazione ai liquami della disciplina dei rifiuti non è corretta, sostenendo che si tratta, nella fattispecie, di semplice utilizzazione agronomica, nulla dimostrando la mancanza di un valido piano di utilizzazione agronomica (PUA) e l'inclusione dello stesso terreno in più PUA, assumendo invece rilievo l'assenza di verifiche circa la sussistenza o meno di finalità agronomiche nello spandimento dei liquami zootecnici.
Occorre preliminarmente ricordare, a tale proposito, che questa Corte ha già avuto modo di individuare, attraverso l'esame delle disposizioni di settore, i casi in cui lo spandimento di liquami zootecnici rientra nella lecita pratica della fertirrigazione. Si è infatti affermato che detta pratica, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, rispetto alla quale è autonoma ed indipendente e non richiede che gli effluenti provengano da attività agricola e siano riutilizzati nella stessa attività agricola, presuppone l'effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che essa sia di una qualche utilità per l'attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con essa, con la conseguenza che, in difetto, lo spandimento dei liquami resta sottoposto alla disciplina generale sui rifiuti (Sez. 3, n. 5039, 9 febbraio 2012;
nello stesso senso, Sez. 3, n. 5044/2012, non massì mata). Sulla scorta di tale principio, che va ribadito, deve dunque procedersi alla verifica di legittimità richiesta sul provvedimento impugnato.
Le modalità di spandimento dei liquami sui terreni indicati nell'imputazione risultano diffusamente descritte in più punti della motivazione, con precisi riferimenti alla ripetizione, per più volte l'anno, degli sversamenti, all'assenza di finalità agronomica, alla presenza su uno dei terreni di una "palude" con almeno 20 centimetri di liquame, all'assenza di coltivazioni in atto.
Si tratta di accertamenti in fatto che inequivocabilmente deponevano per una attività di abbandono o illecita gestione di rifiuti e che in alcun modo potevano indurre il giudicante a conclusioni diverse da quelle correttamente assunte e, cioè, che la condotta contestata andava inquadrata nell'ambito di operatività del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, non potendosi parlare di "fertirrigazione" rispetto ad accadimenti del genere.
Tale stato di cose rende del tutto evidente l'infondatezza degli argomenti prospettati in ricorso, che attengono ad attività completamente diverse da quelle effettivamente svolte. Nè manca, come si desume dalle inequivoche affermazioni del Tribunale, quell'accertamento sulla effettiva sussistenza di finalità agronomiche dello smaltimento che i ricorrenti ritengono assente.
15. Parimenti infondata risulta l'ulteriore censura concernente la posizione soggettiva dei singoli ricorrenti.
Va ricordato, a tale proposito, che, in linea generale, la responsabilità per la attività di gestione non autorizzata, non avendo necessariamente attinenza al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta e potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione e che, legittimamente, si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda, ben può ascriversi anche in ragione di un atteggiamento semplicemente negligente (v. Sez. 3, n. 47432, 11 dicembre 2003).
Nella fattispecie, il giudice del merito ha dato atto non solo del ruolo primario svolto da BONETTI Pierroberto il quale, sebbene semplice socio, è risultato dalle testimonianze acquisite colui il quale direttamente impartiva le direttive al personale che poi effettuava il trasporto e lo spandimento dei rifiuti, ma anche della evidente responsabilità del padre, BONETTI Agostino, il quale, nella sua qualità di amministratore, era certamente consapevole dell'attività illecita reiteratamente posta in essere dalla società da lui rappresentata che portava, peraltro, alla società medesima, il vantaggio economico dei pagamenti effettuati per le prestazioni svolte in favore dei coimputati.
Per quanto attiene, inoltre, al trattamento sanzionatorio, la determinazione dello stesso rientra nell'ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito che risulta legittimamente esercitato fornendo adeguata motivazione.
16. Parimenti infondato risulta il ricorso presentato da PRESTINI Alessandra rispetto al quale occorre osservare, riguardo al primo motivo di ricorso, che correttamente il giudice del merito risulta aver respinto l'eccezione di nullità della notifica. Va in primo luogo rilevato che la ricorrente non pone in discussione il fatto che il personale di polizia giudiziaria incaricato della notifica abbia effettivamente consegnato un atto incompleto, bensì che le modalità della notificazione farebbero venir meno la certezza della consegna.
Ciò che viene dedotta è, in altre parole, la mera irregolarità formale della notificazione.
Ciò posto, risulta dagli atti opportunamente allegati al ricorso che detta notificazione è stata effettuata dalla polizia giudiziaria delegata dal Pubblico Ministero mediante consegna dell'atto all'imputata presente, includendo poi la relata di notifica all'interno di un verbale di identificazione ed elezione di domicilio.
Il giudice del merito ha escluso la sussistenza di cause di nullità rilevando che, nel verbale suddetto, erano state indicate la presenza fisica del destinatario dell'atto, le generalità dell'organo notificatore, l'atto notificato mediante indicazione del numero di registro generale del procedimento e la data dell'avvenuta notifica. La conclusione cui il giudice è pervenuto appare corretta. In effetti non risulta rinvenibile, nella fattispecie, nessuna tra le ipotesi di nullità della notifica contemplate dall'art. 171 c.p.p. nè, come si è già detto, la ricorrente ha posto in dubbio che l'atto sia stato notificato in modo incompleto.
Va peraltro ricordato, che, con riferimento alla nozione di "notifica in modo completo" cui fa riferimento l'art. 171 c.p.p., lett. a) si è già avuto modo di precisare che tale espressione differisce da quella utilizzata nell'art. 148 c.p.p., comma 3, ove si dispone che gli atti siano notificati "per intero" cosicché, in ragione della non perfetta corrispondenza tra le due norme deve considerarsi atto completo e quindi utilmente notificabile, quello che, per quanto non "intero", contenga tuttavia gli elementi essenziali di conoscenza per il pieno esercizio del diritto di difesa (Sez. 1, n.3273, 5 agosto 1993) cosa che, in ogni caso, nella fattispecie, è certamente avvenuta.
Invero, sulla base dei medesimi presupposti, si era già avuto occasione di riconoscere la validità della relazione di avvenuta notifica redatta su un foglio separato, purché non sussistano dubbi sul documento cui essa si riferisce (Sez. 6, n. 6791, 7 giugno 2000) Inoltre, la circostanza che l'avvenuta notifica sia attestata su un verbale nel quale l'ufficiale che l'ha eseguita documenta anche l'esecuzione di altre attività delegate (nel caso in esame, l'identificazione l'elezione di domicilio del destinatario) non lede in alcun modo i diritti del destinatario e risponde ad esigenze di speditezza ed economicità dell'ufficio di procura che, evidentemente, attraverso la delega contestuale di più attività alla polizia giudiziaria ha la possibilità di utilizzarla anche per le notifiche nel rispetto dei limiti di cui all'art. 151 c.p.p. (la cui inosservanza, peraltro, costituisce mera irregolarità: v. Sez. 3, n.26110, 23 giugno 2009).
17. Va dunque ribadito il principio secondo il quale, in tema di notificazione, la relazione di avvenuta notifica va scritta in calce all'atto da notificare e alla copia notificata, ma può anche essere redatta in un foglio separato, sempre che non sussistano dubbi sul documento cui essa si riferisce, con l'ulteriore precisazione che la suddetta relazione può essere contenuta anche in un verbale nel quale la polizia giudiziaria attesta l'espletamento di altre attività delegate dal Pubblico Ministero, poiché ciò che rileva è la completezza dell'atto notificato intesa come presenza degli elementi essenziali di conoscenza per il pieno esercizio del diritto di difesa.
18. Quanto al secondo motivo del ricorso presentato da PRESTINI Alessandra, deve osservarsi che, dalla semplice lettura della sentenza, emerge chiaramente che il riferimento al ruolo della stessa come amministratore di fatto della "Società agricola Prestini S.S. Di Luigi e Alessandra Prestini", oggetto di contestazione, riguarda, in realtà, la posizione degli imputati BONETTI, cui il giudice si riferisce nel periodo che, in ricorso, viene riprodotto solo in parte.
Dopo aver infatti trattato della posizione dei due coimputati, evidenziando la identità della posizione dei BONELLI in relazione alla responsabilità per i fatti oggetto di imputazione, il giudice del merito riprende il discorso precisando che "analoga considerazione" vale rispetto alla posizione della PRESTINI cui subito dopo si riferisce.
Non si ravvisa alcuna contraddizione o illogicità nella motivazione nella parte in cui si prende in esame la posizione dell'imputata nell'organizzazione aziendale, chiarendo che la stessa svolgeva funzioni di amministratore al pari del coimputato, separatamente giudicato, Luigi Angelo Giacomo PRESTINI.
In ragione di tale paritaria posizione il Tribunale respinge la tesi difensiva secondo la quale l'imputata svolgeva esclusivamente compiti amministrativi e, ancora una volta del tutto coerentemente, chiarisce che il suo ruolo non ne esclude la responsabilità in ragione della presenza in azienda, della violazione dei positivi doveri di vigilanza impostigli dal ruolo ricoperto e del fatto che lo svolgimento di attività amministrativa contemplava anche l'effettuazione dei pagamenti a chi materialmente effettuava lo spandimento dei liquami.
La ricorrente contesta anche l'individuazione dei coimputati BONETTI quali destinatari dei pagamenti, richiamando, del tutto genericamente, uno stralcio di verbale stenotipico allegato contenente le dichiarazioni di un teste dalle quali risulterebbe che lo sversamento dei rifiuti sarebbe stato effettuato per conto di altri soggetti.
La circostanza tuttavia non rileva, perché pur volendo considerare il contenuto, incompleto, del verbale prodotto escludendo la questione concernente l'effettuazione dei pagamenti ai coimputati, la responsabilità della ricorrente risulterebbe comunque ampiamente giustificata dal giudice di primo grado attraverso il corretto riferimento agli obblighi imposti dal ruolo ricoperto. La coerenza e logicità della decisione impugnata trova infatti conferma nel dato fattuale, evidenziato del giudice, dello svolgimento dell'attività nella sede della società, cui conseguiva la possibilità, per la ricorrente, di prendere cognizione della violazione di specifici obblighi di legge beneficiando, peraltro, dei vantaggi conseguiti dalla società medesima dall'inosservanza delle specifiche disposizioni in materia di rifiuti.
19. Anche con riferimento al terzo motivo di ricorso non si ravvisa il vizio di motivazione denunciato.
Si sostiene, infatti, che sarebbe del tutto mancante la motivazione in ordine al reato rubricato sub C) concernente la reiterazione delle condotte descritte nel precedente capo B) accertata il 26.6.2007, poiché nell'impugnata sentenza tale episodio non sarebbe mai menzionato e perché non aveva alcuna attinenza con esso il richiamo fatto dal giudice alle dichiarazioni testimoniali precedentemente richiamate.
In realtà, anche in questo caso, il lineare l'iter logico seguito dal giudice è ricavabile dalla lettura del provvedimento impugnato. La sentenza, pur richiamando in più parti singoli episodi o specifici capi di imputazione, illustra complessivamente le attività illecite poste in essere attraverso la ricostruzione dei fatti risultante dall'istruzione dibattimentale.
Nel capo C) dell'imputazione, come si è già detto, viene contestata la reiterazione della condotta descritta sub B) indicando come data di commissione del reato il 26.6.2007 ed in sentenza viene più volte fatto riferimento a condotte poste in essere nell'anno 2007. Ad esempio, si fa riferimento alla deposizione di alcuni testi indicando come periodo di svolgimento dei fatti l'anno 2007 senza alcuna ulteriore specificazione e la circostanza che le condotte descritte ed attribuite alla PRESTINI ed ai BONETTI, come afferma il giudice, continuarono fino al giugno 2007, risulta chiaramente dal riferimento contenuto sempre in sentenza, all'acquisizione di un verbale di sequestro di mezzi, poi restituiti, presso l'azienda agricola BONETTI datato 26.6.2007.
Peraltro una identica collocazione temporale delle condotte illecite risulta dalla stessa documentazione che la ricorrente ha allegato al ricorso: nella parte di verbale stenotipico relativo alle dichiarazioni della teste PIACENTINI, la stessa colloca la sua attività di indagine nell'anno 2007 e, in particolare, riferisce che l'indagine si è protratta da aprile 2007 a giugno 2007 (pag. 29). Effettuata la ricostruzione della vicenda nel suo complesso, il giudice del merito menziona il capo di imputazione affermando che quanto in precedenza evidenziato dimostra la sussistenza della continuità della condotta di cui al capo B) contestata nel capo C). 20. Per quanto riguarda, infine, il quarto motivo di ricorso, prescindendo dalla circostanza che l'esame del coimputato poteva effettivamente essere richiesto in precedenza, come osservato dal giudice, va richiamato quanto già rilevato in precedenza con riferimento al primo motivo del ricorso presentato dallo ZANOTTI e, segnatamente, i principi giurisprudenziali ricordati, segnalando come difetti, nella fattispecie, la dimostrazione della decisila della prova richiesta.
I ricorsi, conseguentemente, devono essere rigettati. 21. Va tuttavia rilevato, con riferimento ai reati di cui al procedimento n. 11374/2007 che, avuto riguardo alla data di commissione dei reati indicati nell'imputazione, deve ritenersi maturato il termine massimo di prescrizione.
Per quanto attiene, invece, alle contestazioni concernenti il procedimento n. 16782/2008, non può pervenirsi ad analoga conclusione in quanto, la violazione di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005, art. 16, comma 1 (ora contemplata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 29 quattordecies) di cui al capo A) ha natura di reato permanente e quella d, cui al capo b) (art. 650 c.p.) risulta accertata in data 9.11.2007 cosicché i termini massimi di prescrizione non risultano ancora maturati.
Tenuto conto della prescrizione del reato di cui al capo A) del procedimento n. 11374/2008 contestato anche allo ZANOTTI deve conseguentemente procedersi alla eliminazione della relativa pena di Euro 1.500 di ammenda trattandosi di una operazione aritmetica effettuabile anche in questa sede sulla base del calcolo già effettuato dal giudice del merito, il quale ha indicato tale importo nella determinazione dell'aumento per la continuazione tra i diversi reati ascritti all'imputato.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui al procedimento n. 11374/2007 perché estinti per prescrizione ed elimina per ZANOTTI Marco la relativa pena di Euro 1.500,00 di ammenda.
Rigetta nel resto il ricorso di ZANOTTI Marco.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2013