TAR Lazio (RM), Sez. I-Quarter, n. 8164, del 9 settembre 2013
Elettrosmog.Illegittimità ordinanza demolizione di SRB assentita con silenzio assenso ex artt. 4 e segg. del d. lgs. 198/2002 dichiarato incostituzionale.

E’ illegittima l’ordinanza recante sospensione immediata lavori demolizione d'ufficio di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi in considerazione del fatto che l’installazione della stazione radio sarebbe stata assentita in virtù del silenzio assenso maturato a seguito dello speciale procedimento previsto dagli artt. 4 e segg. del d. lgs. 198/2002 proprio in relazione agli impianti di telefonia cellulare. L'art. 87, comma 9, del decreto legislativo n. 259 del 2003 ha riprodotto la disposizione di cui all'art. 6 del citato decreto legislativo n. 198 del 2002, e l'art. 4 del d.l. n. 315 del 2003, intendendo evitare che venissero travolti i procedimenti autorizzatori iniziati ai sensi del decreto legislativo n. 198 del 2002 ed ancora in corso alla data di pubblicazione della citata sentenza, ha stabilito che i predetti procedimenti venissero comunque disciplinati dall'intervenuto decreto legislativo n. 259 del 2003, e che i termini, ferma restando la loro decorrenza dalla data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio di attività, fossero computati ai sensi degli artt. 87 e 88 del decreto legislativo n. 259 del 2003. Tale decreto è stato convertito nella legge n. 5 del 16.1.2004, per cui, per effetto di tale successione di norme, il silenzio accoglimento reclamato dalla ricorrente si sarebbe, comunque, formato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 08164/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01087/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1087 del 2004, proposto da: 
Soc Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Tommasino Gennaro, rappresentati e difesi dall'avv. Maurizio Brizzolari, con domicilio eletto presso Maurizio Brizzolari in Roma, via della Conciliazione, 44;;

contro

Comune di Fiumicino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Catia Livio, con domicilio eletto presso Catia Livio in Fiumicino, via Portuense, 2496;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 154 del 2.12.2003 recante sospensione immediata lavori - demolizione d'ufficio di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Fiumicino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società ricorrente impugna l’ordinanza n. 154 del 2.12.2003 con la quale il Dirigente Area Edilizia e Mobilità del Comune di Fiumicino ha ordinato la sospensione dei lavori e la demolizione d’ufficio dell’impianto per telefonia cellulare realizzato in località Isola Sacra, via Licio Visintini 30, in ragione dell’asserita mancanza di titolo abilitativo e, in particolare, della prescritta denuncia di inizio attività.

Con il gravame si assume l’illegittimità del provvedimento impugnato in considerazione del fatto che l’installazione della stazione radio sarebbe stata assentita in virtù del silenzio assenso maturato a seguito dello speciale procedimento previsto dagli artt. 4 e segg. del d. lgs. 198/2002 proprio in relazione agli impianti di telefonia cellulare.

Il Comune di Fiumicino si è costituito in giudizio deducendo l’infondatezza dell’impugnazione.

La dichiarazione di incostituzionalità delle norme soprarichiamate, di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003, secondo la difesa del Comune , avrebbe determinato il travolgimento delle autorizzazioni tacitamente assentite e , conseguentemente, la ricorrente avrebbe dovuto proporre istanza di concessione ai sensi della disciplina successivamente introdotta dal d. lgs. 259/2003.

Con ordinanza n. 1073 del 18.2.2004 il Tribunale ha accolto la domanda di sospensiva.

Alla pubblica udienza del giorno 20 giugno 2013 la causa è stata rimessa in decisione.

DIRITTO

1. Ai fini della corretta cognizione della questione sottoposta all’esame del Collegio occorre premettere che il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di stazioni-radio base per la telefonia mobile è un procedimento ad istanza di parte nel quale il legislatore ha individuato l’esistenza di un forte interesse pubblico alla realizzazione della rete tecnologica necessaria per la fornitura di un servizio essenziale. Sulla base di tale motivazione ha imposto tempi certi per la sua definizione, all’interno dei quali il Comune ha la possibilità di far valere eventuali elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza. La necessità di completare la rete della telefonia mobile ha quindi indotto il legislatore a sancire con il silenzio-assenso la violazione, da parte del Comune, dei tempi a sua disposizione per l’esame dell’istanza.

Il d.lg. 1 agosto 2003 n. 259, recante il Codice delle Comunicazioni Elettroniche (entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione e cioè il 16 settembre 2003), all'art. 87 comma 9, riproduce sostanzialmente l'istituto del silenzio assenso già introdotto dall'art. 6, d.lg. n. 198 del 2002, poi dichiarato incostituzionale. La normativa di cui al codice, dunque, non è innovativa bensì ribadisce la disposizione previgente secondo un principio di continuità della normativa stessa, confermando una chiara voluntas legis nel senso sopra esposto: volontà avvalorata dal successivo intervento del legislatore (d.l. 14 novembre 2003 n. 315, art. 4, convertito nella l. n. 5 del 2004) - anch'esso di natura non innovativa ma meramente chiarificatrice al fine di colmare il vuoto rappresentato dall'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 303 del 2003) - secondo cui le procedure di autorizzazione all'installazione di impianti di telefonia mobile iniziate ai sensi del d.lg. n. 198 del 2002 e non ancora definite sono disciplinate dal Codice delle Comunicazioni n. 259 del 2003 nel frattempo intervenuto. La disposizione mirava ad evitare che, per effetto della dichiarazione di incostituzionalità, si potesse determinare un periodo di tempo, prima dell'entrata in vigore del Codice delle Comunicazioni e per effetto dell'applicabilità della dichiarazione di illegittimità costituzionale a tutti i procedimenti in corso, durante il quale l'istituto del silenzio assenso non sarebbe stato operante, salvo poi essere nel frattempo reintrodotto, con effetti di inammissibile discriminazione tra soggetti in identiche situazioni e di contrasto con il principio immanente nell'ordinamento di semplificazione delle procedure in determinati settori di particolare interesse pubblico, quale, nella specie, quello dello sviluppo delle reti di telefonia mobile.

2. Il ricorso merita accoglimento.

La ricorrente ha premesso che in data 25 novembre 2002 ha inoltrato domanda, ai sensi e per gli effetti degli artt. 4, 5 e 6 del decreto legislativo n. 198 del 2002, per la installazione di impianto per telefonia mobile, allegando la relazione tecnico –urbanistica, ed ottenendo sia il parere favorevole dell’Arpa (in data 16.12.2002), sia l’autorizzazione paesaggistica della Regione Lazio (in data 4.7.2003).

In data 23 febbraio 2003 era, quindi, scaduto il termine di 90 giorni dalla presentazione della istanza, con conseguente formazione del titolo abilitativo per silenzio accoglimento.

La sequenza procedimentale sopra descritta risponde esattamente alla configurazione delineata dall'art. 6 del citato decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, a quella data ancora vigente, essendo soltanto dopo intervenuta la sentenza n. 303 del 25 settembre 2003, depositata il 1° ottobre 2003, della Corte costituzionale che ne ha dichiarato la illegittimità per eccesso di delega.

Né può ritenersi che la dichiarazione di incostituzionalità del ripetuto d.lgv. n. 198 del 2002 abbia potuto travolgere l’efficacia del titolo abilitativo tacitamente formato.

Ciò per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo perchè le pronunce d'accoglimento della Corte costituzionale, pur avendo effetto retroattivo , e inficiando sin dall'origine la validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria al dettato costituzionale, non pregiudicano le situazioni consolidate, quali quelle derivanti da giudicato, da atto amministrativo non impugnabile, da prescrizione o da decadenza (cfr. ad esempio Consiglio di Stato sez. V, 31 gennaio 2007 n. 381): e, nel caso di specie, siamo in presenza di atto amministrativo consolidato, sebbene tacitamente formato secondo la speciale procedura del silenzio assenso.

In secondo luogo poiché, come ricordato, l'art. 87, comma 9, del decreto legislativo n. 259 del 2003 ha riprodotto la disposizione di cui all'art. 6 del citato decreto legislativo n. 198 del 2002, e l'art. 4 del d.l. n. 315 del 2003, intendendo evitare che venissero travolti i procedimenti autorizzatori iniziati ai sensi del decreto legislativo n. 198 del 2002 ed ancora in corso alla data di pubblicazione della citata sentenza, ha stabilito che i predetti procedimenti venissero comunque disciplinati dall'intervenuto decreto legislativo n. 259 del 2003, e che i termini, ferma restando la loro decorrenza dalla data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio di attività, fossero computati ai sensi degli artt. 87 e 88 del decreto legislativo n. 259 del 2003. Tale decreto è stato convertito nella legge n. 5 del 16.1.2004, per cui, per effetto di tale successione di norme, il silenzio accoglimento reclamato dalla ricorrente si sarebbe, comunque, formato.

3. In base alle esposte argomentazioni il provvedimento impugnato, motivato in relazione alla mancanza di denuncia di inizio attività e, quindi, di titolo abilitativo è illegittimo, senza che possano assumere rilievo le ulteriori argomentazioni difensive del Comune, in ordine alla asserita necessità di concessione edilizia, in quanto costituenti motivazione differente, in corso di causa, e che rimandano comunque all’applicazione di una disciplina sopravvenuta rispetto al consolidamento del titolo abilitativo sotto la vigenza del pregresso regime normativo.

4. Conclusivamente il ricorso può essere accolto, con conseguente pronuncia di annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di giudizio , per ragioni di equità, possono comunque essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore

Maria Ada Russo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)