Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5693, del 28 novembre 2013
Elettrosmog.I limiti di altezza per le costruzioni non si applicano alle stazioni radio base

In ordine ai limiti di altezza la giurisprudenza ha chiarito che i limiti dettati per le costruzioni non si applicano agli impianti tecnologici (srb) essendo stati posti per l’edificazione di strutture e manufatti aventi un rilievo urbanistico ed edilizio diverso da quello di detti impianti, i quali non sviluppano normalmente volumetria o cubatura, se non limitatamente ai basamenti e alle cabine accessorie e non determinano, perciò, ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni né simile impatto sul territorio, dovendosi anche considerare che spesso le stazioni radio base, per esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza, tramite strutture metalliche, pali o tralicci, talora collocati su strutture preesistenti, su lastrici solari, su tetti, a ridosso di pali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 05693/2013REG.PROV.COLL.

N. 04597/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4597 del 2007, proposto da: 
Comune di Venezia in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Nicolo' Paoletti, Giuseppe Venezian, M.M. Morino, Nicoletta Ongaro, Maurizio Ballarin e Giulio Gidoni, con domicilio eletto presso l’avv. Nicolo' Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini n.34;

contro

H3g Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Marcello Clarich, con domicilio eletto presso Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, n.32; Regione Veneto;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA SEZIONE II n. 00717/2007



Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Paoletti e Carli su delega di Clarich;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La H3G chiedeva in data 21 agosto 2006 al Comune di Venezia il rilascio della autorizzazione per la installazione dell’impianto di telefonia cellulare su un traliccio già realizzato presso il parco Albanese di Mestre e sul quale erano già operative Tim e Vodafone.

Il Comune opponeva il diniego del 12.12.2006 n. 504193 evidenziando il contrasto con l’art. 79 delle NTSA del PRG del Comune di Venezia, con l’art. 80-bis del Regolamento Edilizio e con l’art. 56 delle NTSA.

Il Tar Veneto, adito dalla società H3G, con sentenza in forma abbreviata riteneva che il diniego fosse illegittimo con riferimento all’art. 80 bis, III° co. del R.E., atteso che il punto e) del protocollo di intesa 3.3.2004 tra il Comune e H3G Italia spa prevedeva espressamente che “nel caso in cui gli impianti localizzati nell’Allegato A, tra i quali rientrava anche l’impianto in questione, risultino non conformi al Regolamento edilizio comunale, sarà avviata la procedura di cui all’art. 14 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 - Permesso a costruire in deroga agli strumenti urbanistici”.

In ogni caso la richiamata disposizione, che faceva comunque salva ogni “diversa previsione del PRG”, risultava modificata dall’art. 79, II° co., lett. b) del PRG-“Variante per la terraferma” che, intervenuto successivamente, non escludeva la possibilità di localizzare gli impianti con potenza superiore a 150 watt nelle aree destinate ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico.

Né sussisteva alcun contrasto con l’art. 56 del PRG, pure richiamato dall’atto impugnato, in quanto tale disposizione non vietava la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria a cui sono appunto assimilati gli impianti radio base dall’art. 86, III co. del DLgs n. 259/03.

Sulla base delle suddette considerazioni il ricorso veniva accolto e le spese compensate.

Nell’atto di appello il Comune di Venezia deduce nel primo motivo la carenza di motivazione della sentenza evidenziando che il diniego impugnato si fondava su più profili tra loro distinti ed autonomi, ognuno dei quali in grado di costituire idonea e sufficiente motivazione e che era onere del Tar pronunziarsi distintamente su ognuno dei profili addotti dall’amministrazione quale supporto motivazionale del diniego.

Il Tar, invece, aveva omesso di pronunziarsi in ordine alla necessità del previo parere favorevole della Commissione edilizia e quindi in ordine alla violazione dell’art. 79.2 lettera c) delle NTSA di talché la sentenza era viziata sotto tale profilo.

Nel secondo motivo di appello il Comune di Venezia deduce anche la erroneità della motivazione. Il protocollo di intesa citato in sentenza si limitava a fare riferimento all’avvio del procedimento di cui all’art. 14 del DPR n.380 del 2001 ma non dava per certo il rilascio del permesso di costruire in deroga, non potendo la Giunta comunale impegnarsi relativamente all’adozione di un provvedimento di competenza di altro organo (Consiglio Comunale).

Inoltre la disciplina dettata dall’articolo 79 secondo co. lett. b) della variante al PRG non poteva ritenersi abrogativa di quanto disposto dall’articolo 80 bis terzo co. del Regolamento Edilizio che invece disciplina la realizzazione di tali impianti in maniera più completa e esauriente.

Nel terzo motivo il Comune critica la sentenza in relazione all’art. 56 delle NTSA che dispone che nelle aree a verde attrezzato è prescritta la sistemazione esclusivamente a verde alberato, prati e specchi d’acqua con altezza inferiore ai quattro metri. Secondo il Tar tale disposizione non vieta la realizzazione delle opera di urbanizzazione primaria a cui sono assimilati gli impianti radio base.

Al riguardo il Comune richiama precedenti specifici di questo Consiglio di Stato ed in particolare la sentenza della Sezione VI, 18 maggio 2004 n.3193 in cui si sottolinea che il regime giuridico delle opere di telecomunicazioni non è identico a quello delle opere di urbanizzazione primaria la cui localizzazione deve rispondere alla soddisfazione di esigenze proprie dell’insediamento abitativo.

Quanto ai motivi assorbiti dal Tar ed in specie alla sesta censura di primo grado, con la quale la società deduceva la illegittimità degli artt. 80 bis terzo co. del regolamento edilizio e 79 secondo co. lettera b) delle n.t.s.a. sul rilievo che tali norme avrebbero valenza radioprotezionistica ed esorbiterebbero dalle competenze attribuite dalla legislazione nazionale ai Comuni, l’appellante richiama la giurisprudenza della Corte Costituzionale e del giudice amministrativo (Corte Cost. n.307/2003; Cons. Stato, VI 23 giugno 2006 n.4003 e 25 settembre 2006 n.5593) che hanno evidenziato che al fine di stabilire se la previsione urbanistica dettata dall’Ente locale per disciplinare l’insediamento degli organi di telefonia mobile nel proprio territorio costituisca o meno legittima espressione delle competenze ad esso spettanti, va definito se tale previsione comunque garantisca l’interesse pubblico alla capillare distribuzione del servizio.

Per l’appellante l’installazione di un manufatto destinato a più impianti complessivamente di potenza superiore a 150 watt comporta un impatto notevole sotto il profilo urbanistico edilizio ed un impianto avente una tale rilevanza edilizia non potrebbe essere posto in un parco cittadino destinato all’infanzia. Il limite della potenza si prefigge la finalità di contenere, sotto il profilo dimensionale, tali manufatti senza fissare la altezza massima che sarebbe troppo vincolante ai fini della realizzazione della rete di telefonia mobile.

Infondato sarebbe anche il decimo dei motivi di primo grado con il quale la ricorrente aveva lamentato la violazione del principio di concorrenza e imparzialità sostenendo che la normativa urbanistica impugnata impedirebbe solo ad H3G di svolgere il servizio pubblico secondo lo standard UMTS.

Sul dodicesimo motivo di violazione dell’art. 10 bis della legge n.241 del 1990 l’appellante sostiene che la amministrazione comunale aveva già rappresentato alla appellata, con nota del 10 febbraio 2006 che il precedente del Tar Veneto n.3872/05 invocato dalla società, doveva ritenersi irrilevante.

Si è costituita in giudizio la società H3G confutando analiticamente tutti i motivi di appello e riproducendo alcuni dei motivi assorbiti dal primo giudice.

In vista della udienza di trattazione il Comune di Venezia ha prodotto una memoria di replica sottolineando che il primo protocollo di intesa richiamato dal primo giudice e le successive proroghe erano ormai scadute alla data del 21.8.2006, di presentazione della istanza da parte di H3G.

Alla udienza del 17 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello non merita accoglimento.

In relazione alla istanza con cui H3G richiedeva in data 21 agosto 2006 al Comune di Venezia il rilascio della autorizzazione alla installazione dell’impianto di telefonia cellulare su un traliccio già realizzato sul quale erano già operative Tim e Vodafone, il Comune rispondeva negativamente, richiamando il parere negativo della Commissione edilizia che aveva evidenziato il contrasto con gli artt. 80 bis del Regolamento Edilizio, 56 e 79 delle NTSA.

La società eccepiva la illegittimità del diniego, sia in relazione ad un “Protocollo di Intesa” che aveva individuato le aree del Parco Albanese come zona di installazione di impianti di telecomunicazioni, sia per la conformità dell’impianto alla normativa comunale richiamata dai provvedimenti impugnati sostenendo che l’art. 80 bis era stato abrogato, che l’art. 79 co.2 lett. b NTSA, nelle more intervenuto, non era applicabile in quanto l’impianto ricadeva in zona a verde pubblico e non in zone A,B,C, B4 e che, trattandosi di opere di urbanizzazione primaria, non era applicabile l’art. 56 NTSA.

In via subordinata la ricorrente sosteneva la illegittimità del diniego derivata dalla illegittimità della normativa comunale richiamata a fondamento dei provvedimenti impugnati (motivi sesto-decimo) in quanto gli estesi divieti di localizzazione previsti da tali norme comunali violavano la legge n.36/2001 in ordine alle competenze in materia, nonché l’art. 86 del d.lgs. n.259/2003 nella parte in cui assimila gli impianti di tlc alle opere di urbanizzazione primaria.

Tali ultimi motivi, assorbiti dal Tar, vengono riproposti dalla società nella memoria depositata in appello, ove, oltre a confutare i motivi dedotti dal Comune di Venezia, è stata ribadita la illegittimità della normativa comunale richiamata a fondamento del provvedimento impugnato.

2. La Sezione ritiene utile sottolineare in fatto che la presente controversia concerne la installazione, da parte di H3G, su un traliccio in legno lamellare in cositing con altri operatori, già realizzato sulla base di un precedente permesso di costruire del 2004, di una stazione radiobase consistente in tre antenne per telefonia cellulare e di tre parabole di diametro 30 cm..

Come precedentemente rilevato in ordine al tale localizzazione era stato stipulato un Protocollo di Intesa più volte prorogato (sia pure scaduto all’epoca del diniego impugnato) che aveva individuato l’area in esame come zona di installazione di impianti di telecomunicazioni; il Protocollo prevedeva espressamente che, ove gli impianti da realizzare non risultassero conformi agli strumenti urbanistici, sarebbe stata avviata la procedura di permesso di costruire in deroga.

Tale Protocollo rendeva il parere della Commissione edilizia, se non necessario, quanto meno inutile agli specifici fini della verifica di compatibilità della localizzazione dell’impianto in relazione alla pianificazione comunale, trattandosi di siti già individuati dal Comune di intesa con le società interessate.

Scaduto il Protocollo, il Comune di Venezia ha opposto alla appellata gli stessi motivi fondati sugli artt. 79 co.2 lett.b), NTSA, 80-bis e 56 PRG che in precedenza aveva opposto a Vodafone e Tim per la realizzazione dei loro impianti, motivi che tuttavia, sono stati ritenuti illegittimi sia in primo che in secondo grado tant’è che gli impianti sono stati regolarmente realizzati (Tar Veneto, II Sez. n.3872/ 2005; Cons. Stato VI Sez., n.5342/2007).

In sostanza, a seguito di tali pronunzie giurisdizionali, solo con riferimento a H3G, il Comune di Venezia insiste nel diniego contestando la legittimità del titolo edilizio da rilasciare, pur essendo la società appellata nella medesima posizione sostanziale degli altri due operatori di telecomunicazione ed anche nella ipotesi di accoglimento dell’appello, permanendo pur sempre in loco il traliccio già realizzato e le antenne degli altri due operatori.

Fatte tali precisazioni la Sezione non può che richiamare per relationem le condivisibili considerazioni già svolte, sia dal Tar che dal Consiglio di Stato, in ordine al traliccio e agli impianti di Tim e Vodafone riferibili quindi anche alle antenne di proprietà della società appellata in base alle quali, sia l’art. 80-bis co.2 R.E., (in base al quale gli impianti con potenza superiore a 150 W devono essere localizzati al di fuori delle aree con destinazione A,B,C e E4 destinate dal PRG ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico), sia l’art. 79.2. lett. b) NTSA (in base al quale gli impianti con potenza superiore a 150 W devono essere localizzati al di fuori delle aree A,B,C e E4), introducono divieti fondati su parametri diversi da quelli stabiliti dal legislatore nazionale (limiti di emissioni elettromagnetiche indicati dal DM n.381/98 e successivamente DPCM 8 luglio 2003) perseguendo finalità sanitarie che spettano in via esclusiva allo Stato ed esulano dalla competenza spettante alle amministrazioni comunali ai sensi degli artt. 1,4,8 della legge n.36/2001.

Infatti il Consiglio di Stato VI Sez., nella sentenza n.5342/2007, ha così ritenuto che “va verificata la legittimità della previsione … dell’art.79, comma 2, lettera b), delle predette NTSA, prescrivente che “gli impianti con potenza superiore a 150 watt dovranno essere localizzati, fatti salvi i limiti anzidetti, al di fuori delle zone A, B, C ed E4 individuate con il presente piano …come affermato dalla costante giurisprudenza di questa Sezione, le norme comunali che si risolvano, come nel caso, nella generalizzata esclusione della possibilità di installare impianti s.r.b. in intere aree del territorio comunale, (qui si tratta di tutte quelle a vocazione residenziale o a servizio delle stesse), può trovare giustificazione solo se le stesse norme risultino improntate al carattere della ragionevolezza e siano sorrette da un’adeguata e specifica istruttoria, idonea a dimostrare la loro idoneità rispetto al fine perseguito.

Nel caso tali caratteri risultano del tutto carenti, poiché fermo restando che in atti non risulta alcuna istruttoria del genere sopra specificato, la ragionevolezza deve escludersi proprio in ragione del fatto che gli interventi volti all’installazione delle infrastrutture delle reti pubbliche di telecomunicazione sono assimilate alle opere di “urbanizzazione primaria”, in base al disposto dell’art.86, comma 3 del D.lgs.1 agosto 2003, n.259, onde detti interventi sono normalmente e logicamente operabili in tutte le zone del territorio comunale.

La natura “radioprotezionistica” della previsione comunale in parola, evidenziata dal giudice di prime cure, allora, emerge proprio in ragione della natura interdittiva generalizzata e immotivatamente “mirata” della disposizione in esame, che introduce un divieto assoluto di realizzazione degli impianti proprio nelle zone residenziali dove maggiormente è rinvenibile la dimensione concreta dell’interesse generale a cui il sistema delle reti di telecomunicazione sopperisce, secondo una disciplina che, a partire dalla sua fonte comunitaria, è tutta volta a tutelare la realizzazione di detto interesse, rimuovendo ostacoli irragionevoli sul piano dell’economicità ed aggravamenti procedimentali, come si desume dalla formulazione dell’art.87 del D.lgs. 259/2003, che è teso a garantire una disciplina certa e rapida nelle definizione delle autorizzazioni demandate agli Enti locali.”

Quanto poi all’art. 56 delle NTSA, sempre la sentenza di cui sopra ha rilevato:

“In relazione all’art.56 della medesime NTSA, deve del pari concordarsi con la decisione impugnata, poiché, come si è già precisato, la “assimilazione” degli impianti di radiodiffusione in parola alle opere di urbanizzazione primaria “a tutti gli effetti” (art. 86, comma 3, D.lgs.259\2003 cit.), fa sì che le previsioni della predetta norma comunale, inclusi i limiti di altezza e l’indicazione delle tipologie di opere realizzabili, rivestano un carattere di stretta interpretazione, rispetto alla materia della rete di telecomunicazione.

Dette previsioni, cioè, non possono ritenersi derogatorie del regime impresso dalla norma statale alla realizzabilità degli impianti di radiodiffusione, sicchè la norma va preferibilmente intesa in un senso che consenta di ritenerne la legittimità (cioè la portata non prescrittiva di un irragionevole divieto esteso ad un’intera zona del territorio comunale) e quindi la compatibilità con la installazione di detti impianti.”

3. Le conclusioni cui era pervenuto il giudice di appello sono state ribadite anche da questa Sezione che di recente ha rilevato che la potestà assegnata ai Comuni dall'art. 8, co. 6, della legge quadro 36/2001, deve tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), ma non può trasformarsi in limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, III, 4 aprile 2013, n. 1873).

Nè il Comune può adottare, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizio-urbanistica, misure che costituiscono una deroga ai limiti di esposizione fissati dallo Stato quali il generalizzato divieto di installazione delle stazioni radiobase per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale, ovvero adottare misure che, pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze altezze, ecc.), non siano funzionali al governo del territorio quanto piuttosto alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo (Sez. III,n.1873/2013 cit.).

Anche in ordine ai limiti di altezza la giurisprudenza ha chiarito che i limiti dettati per le costruzioni non si applicano agli impianti tecnologici di cui qui si tratta, essendo stati posti per l’edificazione di strutture e manufatti aventi un rilievo urbanistico ed edilizio diverso da quello di detti impianti, i quali non sviluppano normalmente volumetria o cubatura, se non limitatamente ai basamenti e alle cabine accessorie e non determinano, perciò, ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni né simile impatto sul territorio, dovendosi anche considerare che spesso le stazioni radio base, per esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza, tramite strutture metalliche, pali o tralicci, talora collocati su strutture preesistenti, su lastrici solari, su tetti, a ridosso di pali (Cons. Stato, VI 17 dicembre 2009 n.8214).

4. Sulla base di tali considerazioni l’appello non merita accoglimento e la sentenza di primo grado deve essere confermata.

5. Sussistono motivi, tuttavia, per compensare spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore

Dante D'Alessio, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)