Consiglio di Stato, Sez. III, n. 306, del 23 gennaio 2015
Elettrosmog.Legittimità annullamento autorizzazione stazione radio base per violazione del Protocollo d’Intesa tra il Comune e le società di telefonia mobile

E’ legittimo il limite di m.100 (di cui al 4 alinea del paragrafo “Impegni del Comune” del Protocollo d’Intesa) e deve ritenersi applicabile alla generalità degli immobili, senza distinzione tra immobili pubblici e privati. Una lettura coordinata (e coerente) delle citate disposizioni fa, infatti, ritenere che spetti innanzitutto al Comune di Roma (e ai Municipi interessati) l’individuazione di siti di proprietà comunale ove è possibile collocare gli impianti, anche nel rispetto delle distanze indicate a tutela dei siti sensibili, e che, nel caso in cui il Comune non individui tali siti, i gestori possano procedere egualmente (individuando quindi possibili siti idonei), ma pur sempre nel rispetto delle norme di settore e di quelle (ulteriori) dettate dallo stesso Protocollo d’Intesa (fra le quali devono ritenersi incluse le disposizioni dettate a tutela dei siti sensibili). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00306/2015REG.PROV.COLL.

N. 06575/2014 REG.RIC.

N. 06656/2014 REG.RIC.

N. 06831/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6575 del 2014, proposto da: 
Wind Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto in Roma, Via Luigi Luciani, n. 1; 

contro

- Valentina Pennisi, Mauro Castellucci, Massimo Giuseppetti, Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 259 in Roma e Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 255, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Francario, con domicilio eletto in Roma, Piazza Paganica n. 13;
- Massimo Portaro e Domenico Chiapperino, n.c.; 

nei confronti di

- Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Raimondo e Alessandro Rizzo, con domicilio eletto in Roma, Via Tempio di Giove, n. 21;
- Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Massimiliano De Luca, con domicilio eletto in Roma, Via Salaria n. 400; 
- Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lazio, n.c.; 


sul ricorso numero di registro generale 6656 del 2014, proposto da:
Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Rosalda Rocchi e Alessandro Rizzo, con domicilio eletto in Roma, Via Tempio di Giove, n. 21; 

contro

- Valentina Pennisi, Mauro Castellucci, Massimo Giuseppetti, Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 259 in Roma e Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 255, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Francario, con domicilio eletto in Roma, Piazza Paganica, n. 13;
- Massimo Portaro e Domenico Chiapperino, n.c.; 

nei confronti di

Wind Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto in Roma, Via Luigi Luciani, n. 1; 
Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ed Arpa Lazio; 


sul ricorso numero di registro generale 6831 del 2014, proposto da: 
Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Massimiliano De Luca, con domicilio eletto in Roma, Via Salaria n. 400; 

contro

- Valentina Pennisi, Mauro Castellucci, Massimo Giuseppetti, Condominio di viale Ciamarra n. 259 in Roma e Condominio di viale Ciamarra n. 255, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Francario, con domicilio eletto in Roma, Piazza Paganica n. 13;
- Massimo Portaro e Domenica Chiapperino, n.c.; 

nei confronti di

- Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Rosalda Rocchi e Alessandro Rizzo, con domicilio eletto in Roma, Via Tempio di Giove, n. 21;
- Wind Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto in Roma, Via Luigi Luciani, n. 1; 
- Arpa Lazio, n.c; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Bis, n. 1021 del 27 gennaio 2014, resa tra le parti, concernente l’autorizzazione alla installazione di una stazione radio base.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Valentina Pennisi, Mauro Castellucci e Massimo Giuseppetti, del Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 259 e del Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 255, di Roma Capitale e di Ericsson Telecomunicazioni S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Di Raimondo, su delega di Sartorio, Francario, Siracusa, su delega dichiarata di Raimondo e di Rizzo, e Galione, su delega di De Luca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- I signori Valentina Pennisi, Mauro Castellucci, Massimo Giuseppetti, Massimo Portaro, Domenico Chiapperino, il Condominio di Viale Antonio Ciamarra n. 259 e il Condominio di Viale Antonio Ciamarra n. 255 hanno impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio, chiedendone l’annullamento, gli atti con i quali è stata assentita l’installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile, per la Wind Telecomunicazioni, in Roma, Via Francesco Gentile n. 135.

2.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, con sentenza della Sezione II Bis, n. 1021 del 27 gennaio 2014, ha accolto il ricorso.

Il T.A.R. ha rilevato che la questione centrale del giudizio riguardava il lamentato vizio del titolo autorizzatorio, determinato dalla mancata partecipazione al procedimento del competente Municipio X, prevista del Protocollo d’Intesa tra il Comune di Roma e le società concessionarie dei servizi di telefonia mobile, in data 5 luglio 2004, con il relativo Addendum, in data 22 luglio 2004, che aveva impedito la formazione del silenzio assenso sulla richiesta di autorizzazione.

2.1.- Dopo aver ricordato le diverse fasi del complesso procedimento che era stato avviato a seguito della domanda di autorizzazione all’installazione dell’impianto in via F. Gentile n. 135, presentata al Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma dalla società Ericsson, per conto della società Wind, in data 23 maggio 2011, il T.A.R. ha ritenuto che, nella specie, non risultava formato «il silenzio-assenso previsto dalla normativa in materia (primo, secondo e quarto mezzo del ricorso introduttivo)». Ciò in quanto «l’Amministrazione, dopo la presentazione della domanda di autorizzazione da parte della società interessata alla realizzazione dell’impianto, non ha correttamente attivato quella fase del procedimento derivante dall’applicazione del Protocollo d’Intesa tra il Comune di Roma e le società concessionarie di telefonia mobile in data 5 luglio 2004 – per l’installazione, il monitoraggio, il controllo e la razionalizzazione degli impianti di stazioni radio base - e del successivo Addendum procedurale del 22 luglio 2004, che definisce le procedure riguardanti la concessione a titolo oneroso di aree pubbliche ed immobili di proprietà comunali per le suddette installazioni».

Il T.A.R. ha, infatti, ritenuto che il Protocollo d’Intesa tra il Comune di Roma e le società concessionarie «si inserisce nell’ambito dell’ordinario procedimento per l’installazione, il monitoraggio e il controllo degli impianti», disciplinato dall’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, «e costituisce, sul piano sostanziale, un atto regolamentare che, nel rispetto della normativa statale e regionale vigente, definisce la volontà oggettivamente consacrata negli specifici impegni delle società concessionarie e del Comune di Roma».

2.2.- Il T.A.R. ha, quindi, rilevato che, come sostenuto dai ricorrenti, il competente Municipio X non era stato messo in condizione di partecipare al procedimento, essendo stata comunicata allo stesso la domanda dopo il decorso dei novanta giorni dalla presentazione dell’istanza, ossia in data 5 dicembre 2011. Inoltre il Municipio X, dopo aver conosciuto la domanda, aveva rilevato la mancata indicazione, negli elaborati grafici, della presenza di un plesso scolastico nelle vicinanze dell’impianto e, dopo aver accertato, a seguito di sopralluogo, le distanze, aveva richiesto al competente Dipartimento una verifica sulla correttezza della domanda, in relazione al rispetto delle distanze minime, ed aveva poi espresso un formale dissenso sull’iter seguito, con la richiesta di revoca del titolo autorizzativo.

2.3.- Con riferimento alla questione del mancato rispetto delle distanze, per la presenza di siti sensibili nelle vicinanze dell’impianto, il T.A.R. ha poi osservato che il Municipio X, con nota n. 8097 del 2012, ha rilevato la mancanza negli elaborati grafici dell’indicazione della presenza del plesso scolastico ad una distanza dall’impianto di m. 37,80 (distanza tra la recinzione della scuola e lo spigolo del fabbricato su cui è collocata la SRB), nonché una distanza dell’impianto inferiore a m. 20 dagli immobili di Viale Ciamarra n. 225 e Viale Ciamarra n. 259.

In particolare, ha aggiunto il T.A.R., contrariamente a quanto ritenuto dalle resistenti --secondo cui sarebbe stato applicabile il limite di m. 100, posto dal citato Protocollo d’Intesa, soltanto nell’ipotesi in cui l’immobile dove viene installata l’antenna sia di proprietà comunale e non anche quando l’immobile sia di proprietà privata, come nella specie—si deve ritenere ragionevole considerare «il suddetto limite di m.100 (di cui al 4 alinea del paragrafo “Impegni del Comune” del Protocollo d’Intesa) applicabile alla generalità degli immobili, senza distinzione tra immobili pubblici e privati, attesa la funzione di tutela della salute per la quale sono dettate le prescrizioni delle distanze , secondo criteri prudenziali, nel contemperamento delle opposte esigenze dei soggetti coinvolti».

2.4.- Il T.A.R. per il Lazio ha, infine, ritenuto illegittimo anche il primo parere rilasciato sulla domanda dall’ARPA, in quanto pur costituendo (in generale) il parere dell’ARPA un posterius rispetto all’autorizzazione, necessario per l’attivazione dell’impianto (e non per la richiesta di autorizzazione), tuttavia, nella specie, tale parere si fondava su una relazione tecnica del progetto dell’impianto di SRB, che non indicava la presenza, nelle vicinanze, del plesso scolastico.

Mentre il (secondo) parere dell’ARPA, impugnato con i motivi aggiunti, «è stato adottato sulla base dell’originario progetto presentato dal gestore al quale sono state apportate successivamente delle correzioni».

3.- La società Wind Telecomunicazioni, Roma Capitale e la società Ericsson Telecomunicazioni hanno appellato l’indicata sentenza, con tre distinti ricorsi, chiedendone la riforma.

Agli appelli si oppongono Valentina Pennisi, Mauro Castellucci, Massimo Giuseppetti, il Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 259, in Roma e il Condominio di viale Antonio Ciamarra n. 255.

4.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione, ai sensi dell’art. 96, comma 1, del c.p.a., dei tre appelli che sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

5.- Passando all’esame del merito, la prima questione che questa Sezione deve esaminare (che è oggetto di tutti gli atti di appello) riguarda l’esistenza di un titolo autorizzatorio (espresso o tacito) alla installazione della stazione radio base in questione.

5.1.- Sul punto, come si è già accennato, il T.A.R. per il Lazio ha ritenuto che, sulla domanda presentata dalla Ericsson, non si era formato il silenzio assenso, a causa della mancata (tempestiva) partecipazione al procedimento del competente Municipio X, con la conseguenza che la stazione radio base doveva ritenersi realizzata in assenza della prescritta autorizzazione.

La stazione radio base, ha poi aggiunto il T.A.R., non poteva comunque essere realizzata nel sito di via Francesco Gentile perché in contrasto con le disposizioni dettate dal Protocollo d’Intesa sottoscritto dal Comune di Roma e dalle società concessionarie il 5 luglio 2004, con il relativo Addendum del 22 luglio 2004.

5.2.- Ritiene questa Sezione che, sulla questione riguardante la formazione del titolo autorizzativo sulla domanda proposta dalla società Ericsson, le conclusioni raggiunte dal T.A.R. possano essere condivise solo in parte.

5.3.- Se è vero, infatti, che, come affermato dal T.A.R., la mancata (tempestiva) partecipazione al procedimento del competente Municipio X (determinata dall’erroneo coinvolgimento nel procedimento di altro Municipio) non ha consentito la formazione del silenzio assenso, sulla domanda proposta dalla società Ericsson, allo spirare del termine, di cui all’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, di novanta giorni dalla presentazione della domanda, tuttavia, come risulta sempre dagli atti, a seguito del successivo coinvolgimento nel procedimento del Municipio X, il competente Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale ha deciso, con determinazione n. 9161 del 3 febbraio 2012, di non intervenire in autotutela sull’autorizzazione (che si riteneva già formata), perché non si ritenevano mancanti i requisiti di legge necessari ai fini del rilascio (in modo espresso o tacito) dell’autorizzazione.

Con tale atto, che ha sicura natura provvedimentale, il competente dipartimento di Roma Capitale ha quindi ritenuto, a seguito di una rinnovata valutazione complessiva della questione (sollecitata proprio dal Municipio X), che la società Ericsson doveva ritenersi abilitata alla realizzazione dell’impianto per il quale aveva fatto richiesta, con ciò ritenendo esente da vizi l’autorizzazione rilasciata e, comunque, sanati gli eventuali vizi procedimentali.

In conseguenza, anche a voler ammettere che sulla domanda della società Ericsson non si era formato (decorso il termine di legge) il silenzio assenso, comunque la stessa società, per espressa determinazione del competente Dipartimento di Roma Capitale, doveva ritenersi oramai abilitata alla realizzazione dell’impianto.

5.4.- Mentre le valutazioni (negative) che, sulla realizzazione dell’impianto, erano state espresse (anche se tardivamente) dal X Municipio possono considerarsi come atti interni del procedimento.

6.- A questo punto diventa centrale l’altra questione che era stata sollevata in primo grado riguardante la legittimità sostanziale dell’autorizzazione che, comunque, doveva ritenersi rilasciata per la realizzazione dell’impianto di via Francesco Gentile n. 135.

6.1.- Per risolvere tale questione occorre chiedersi se l’autorizzazione (rilasciata per silenzio o per atto esplicito dell’Amministrazione) doveva rispettare anche le disposizioni dettate dal citato Protocollo d’Intesa tra il Comune di Roma e le società concessionarie dei servizi di telefonia mobile, in data 5 luglio 2004, con il relativo Addendum procedurale, in data 22 luglio 2004 e, poi, se in concreto, l’autorizzazione rilasciata in favore della Ericsson rispettava tali disposizioni.

7.- Per quanto riguarda il primo profilo, la Sezione ritiene che correttamente il T.A.R. ha ritenuto vincolate le parti al rispetto delle disposizioni del Protocollo d’Intesa.

Attraverso il Protocollo d’Intesa con le società concessionarie dei servizi di telefonia mobile, del 5 luglio 2004, con il relativo Addendum procedurale, in data 22 luglio 2004, l’Amministrazione comunale ha inteso, infatti, dettare una disciplina sul rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti radio base di telefonia mobile. In conseguenza il Protocollo d’Intesa in questione costituisce un parametro per valutare la legittimità dei relativi atti autorizzativi.

8.- Si deve, al riguardo, ricordare che la legge n. 36 del 22 febbraio 2001 (legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), ha, fra l’altro, disciplinato l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per la telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ed ha assegnato ai Comuni il potere di adottare un regolamento «per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici» (art. 8, comma 6).

Tale potere è espressione dell’autonoma e fondamentale competenza che i Comuni hanno nella disciplina dell'uso del territorio e può tradursi nell'introduzione di regole poste a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico, o ambientale, o storico artistico, ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che, per destinazione d'uso e qualità degli utenti, possano essere considerati “sensibili” alle immissioni radioelettriche, e quindi inidonei alle installazioni degli impianti (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3282 del 25 maggio 2010).

8.1.- La disposizione dettata dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 trova pacifica applicazione anche nei procedimenti, riguardanti le installazioni di infrastrutture di comunicazione elettronica, disciplinati ora dall’at. 87 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d. lgs. n. 259 del 1 agosto 2003 (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 898 del 17 febbraio 2010).

9.- Nella fattispecie, il Comune di Roma, all’esito delle complesse vicende (anche giudiziarie) che sono state descritte nelle premesse del Protocollo d’Intesa in questione, e facendo seguito a precedenti protocolli d’intesa già sottoscritti in materia, ha inteso disciplinare la futura collocazione degli impianti, attraverso la sottoscrizione di un apposito nuovo protocollo d’intesa con le imprese concessionarie di telefonia mobile. Tale atto, sottoscritto per il Comune dal competente assessore di settore, regola così l’attività delle parti, detta regole per la corretta installazione degli impianti, e costituisce, in definitiva, come si è accennato, il parametro per valutare la legittimità degli atti autorizzativi.

9.1.- Il Protocollo d’Intesa, fissando una disciplina generale per il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti radio base di telefonia mobile e prevedendo regole generali (ed astratte) di regolamentazione dei (futuri) procedimenti in materia, costituisce, sul piano sostanziale, un atto regolamentare, la cui peculiarità consiste peraltro nel fatto che la volontà normativa si è espressa con l’adesione del Comune ad una procedura partecipata e mediante l’acquisizione del consenso, nel Protocollo d’intesa, dei gestori dei concessionari di telefonia mobile.

9.2.- Del resto, della natura regolamentare dà atto lo stesso Protocollo d’Intesa che, a pagina 4, afferma che, per le ragioni indicate nelle premesse, si è «ritenuto… necessario regolamentare gli impianti di stazioni radio base presenti sul territorio urbano al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione e l’impatto ambientale degli stessi».

E ciò risulta coerente con i poteri regolamentari, che come si è ricordato, sono assegnati ai Comuni dal citato art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001.

10.- Quanto ai contenuti che, in generale, può avere il regolamento comunale previsto dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001, la giurisprudenza ha affermato che, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti, i comuni possono dettare regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.). I comuni non possono però imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 723 del 14 febbraio 2014).

10.1.- In conseguenza non sono stati ritenuti legittimi, limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile, eventualmente contenuti nella disciplina regolamentare comunale, di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale in assenza di una plausibile ragione giustificativa (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1955 del 16 aprile 2014, Sez. VI, n. 9414 del 27 dicembre 2010). Né si è ritenuto possibile imporre limiti di carattere generale giustificati da un’esigenza di tutela generalizzata della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1955 del 16 aprile 2014, n. 1377 del 21 marzo 2014), il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici.

10.2.- Anche la Corte costituzionale, nell’esaminare la legittimità costituzionale di disposizioni dettate (con legge) dalla Regione Lombardia che prevedevano distanze minime da una serie di siti sensibili, ha affermato, con le sentenze n. 331 del 7 novembre 2003 e n. 307 del 2003, il principio che tali disposizioni sono illegittime se pongono limiti generali che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbero addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, con la conseguenza che i «criteri di localizzazione» si trasformerebbero in «limitazioni alla localizzazione». Mentre le disposizioni poste a tutela di siti sensibili sono legittime se comunque consentono «una sempre possibile localizzazione alternativa» e non «l'impossibilità della localizzazione».

10.3.- Si deve ritenere quindi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell'impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8 della legge n. 36 del 2001.

Nel regolamento comunale possono essere, quindi, ammessi anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti purché sia comunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale.

10.4.- In conseguenza possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono (in generale) la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole ed ospedali) purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree.

11.- Ciò chiarito sulla natura sostanzialmente regolamentare del Protocollo d’Intesa sottoscritto dal Comune di Roma e dai concessionari di telefonia mobile (e sugli effetti che possono essere prodotti dalle relative disposizioni), resta ora da vedere se l’impianto di via Francesco Gentile n. 135, per il quale la società Ericsson ha presentato domanda di autorizzazione (che è stata comunque assentita da Roma Capitale), si pone effettivamente in contrasto, come ha affermato il T.A.R. per il Lazio, con le disposizioni contenute nello stesso Protocollo d’Intesa.

12.- Viene, al riguardo, in rilievo, ai fini della risoluzione della questione sollevata, la parte del Protocollo d’Intesa riguardante gli “Impegni delle Società Concessionarie di telefonia mobile”.

Il Protocollo prevede a tal proposito che le Società Concessionarie si impegnano «a richiedere all’Amministrazione comunale la disponibilità di aree ed immobili di proprietà comunale per l’installazione degli impianti. Tali aree ed immobili di proprietà comunale devono comunque essere localizzati ad una distanza non inferiore a 100 m. dai siti sensibili quali ospedali, case di cura, scuole, asili nido e case di riposo. Solo in assenza di indicazioni di disponibilità di aree ed immobili di proprietà comunale, tecnicamente idonei, gli impianti potranno essere installati in altre posizioni, fermi restando il rispetto della normativa in vigore».

Le Società Concessionarie si impegnano poi anche «a non installare impianti in prossimità di edifici destinati a permanenza superiore alle quattro ore nel caso in cui detti edifici siano posti a distanza uguale o inferiore alle fasce di rispetto degli elettrodotti, definite dal D.P.C.M. 8 luglio 2003».

A sua volta il Comune di Roma si è impegnato, per quel che qui interessa, a «rendere disponibili, sentiti i Municipi, aree, immobili ed infrastrutture di proprietà comunale per l’installazione o la rilocalizzazione di apparati ricetrasmittenti, ad una distanza non inferiore a 100 m. calcolati dal bordo del sistema radiante al perimetro esterno degli edifici quali ospedali, case di cura, scuole, asili nido e case di riposo».

L’addendum procedurale al Protocollo d’Intesa, sottoscritto il 22 luglio 2004, nel prevedere il coinvolgimento dei Municipi per l’individuazione dei siti ove collocare gli impianti, conclude poi affermando che «qualora il Comune di Roma ed i Municipi non siano in grado di indicare un’area o immobile di proprietà comunale i Gestori procedono sui siti da loro individuati, secondo le procedure previste dalla normativa vigente e nel rispetto del Protocollo sottoscritto».

13.- Alla luce delle indicate disposizioni, la Sezione ritiene che debbano essere condivise le conclusioni alle quali è giunto il T.A.R., secondo cui «il suddetto limite di m.100 (di cui al 4 alinea del paragrafo “Impegni del Comune” del Protocollo d’Intesa)» deve ritenersi «applicabile alla generalità degli immobili, senza distinzione tra immobili pubblici e privati».

Sebbene le citate disposizioni del Protocollo d’Intesa non siano state formulate con adeguata chiarezza, una lettura coordinata (e coerente) delle stesse disposizioni fa, infatti, ritenere che spetti innanzitutto al Comune di Roma (e ai Municipi interessati) l’individuazione di siti di proprietà comunale ove è possibile collocare gli impianti, anche nel rispetto delle distanze indicate a tutela dei siti sensibili, e che, nel caso in cui il Comune non individui tali siti, i gestori possano procedere egualmente (individuando quindi possibili siti idonei), ma pur sempre nel rispetto delle norme di settore e di quelle (ulteriori) dettate dallo stesso Protocollo d’Intesa (fra le quali devono ritenersi incluse le disposizioni dettate a tutela dei siti sensibili).

13.1.- Sarebbe, del resto, del tutto illogica la diversa conclusione, prospettata dagli appellanti, secondo cui la tutela dei siti sensibili potrebbe essere assicurata solo qualora il Comune avesse a disposizione un immobile di sua proprietà nel quale collocare l’impianto per il quale è stata chiesta l’autorizzazione.

13.2.- Non vi sono poi dubbi, per quanto già esposto in precedenza, sul fatto che il Comune (anche attraverso un accordo con i gestori, come nella fattispecie) possa imporre limiti per la tutela di particolari aree e di siti sensibili, purché ovviamente tali limiti siano ragionevoli e non comportino un assoluto impedimento alla realizzazione degli impianti e alla necessaria copertura di rete.

14.- Considerato che, nella fattispecie, come risulta pacificamente dagli atti, non è stato rispettato il limite di distanza dai siti sensibili (per la presenza, in particolare, nell’area di rispetto, di un plesso scolastico), l’autorizzazione rilasciata alla società Ericsson non sfugge ai profili di illegittimità già accertati dal T.A.R. per il Lazio.

Il Municipio X, con nota n. 8097 del 2012, come ha ricordato il T.A.R., ha, infatti, rilevato la mancanza negli elaborati grafici dell’indicazione della presenza del plesso scolastico ad una distanza dall’impianto di m. 37,80 (distanza tra recinzione della scuola e spigolo del fabbricato su cui è collocata la SRB) nonché ad una distanza inferiore a m. 20 dagli immobili di Viale A Ciamarra n. 225 e n. 259, inferiore a quella di m. 50, previsto con riferimento agli edifici sensibili quale fascia di rispetto di cui al D.P.C.M. 8.7.2003.

15.- Pertanto, l’appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio deve essere, sul punto, confermata, con la conseguenza che non assume più alcuna rilevanza l’esame delle ulteriori questioni, sollevate negli appelli, riguardanti la legittimità dei pareri rilasciati sull’autorizzazione in questione da parte dell’ARPA.

16.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, gli appelli proposti dalla società Wind, dalla società Ericsson e da Roma Capitale devono essere respinti e la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Bis, n. 1021 del 27 gennaio 2014, deve essere confermata, seppure in parte con diversa motivazione.

17.- Le spese del grado di appello possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)