Corte di Giustizia (Grande Sezione) sentenza 3 ottobre 2013

«Impugnazione — Regolamento (CE) n. 1007/2009 — Commercio dei prodotti derivati dalla foca — Restrizioni all’importazione e alla commercializzazione di detti prodotti — Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Diritto di ricorso delle persone fisiche e giuridiche — Articolo 263, quarto comma, TFUE — Nozione di “atti regolamentari” — Atti legislativi — Diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva»

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

3 ottobre 2013 (*)

«Impugnazione — Regolamento (CE) n. 1007/2009 — Commercio dei prodotti derivati dalla foca — Restrizioni all’importazione e alla commercializzazione di detti prodotti — Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Diritto di ricorso delle persone fisiche e giuridiche — Articolo 263, quarto comma, TFUE — Nozione di “atti regolamentari” — Atti legislativi — Diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa C‑583/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 novembre 2011,

Inuit Tapiriit Kanatami, con sede in Ottawa (Canada),

Nattivak Hunters and Trappers Association, con sede in Qikiqtarjuaq (Canada),

Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, con sede in Pangnirtung (Canada),

Jaypootie Moesesie, residente in Qikiqtarjuaq,

Allen Kooneeliusie, residente in Qikiqtarjuaq,

Toomasie Newkingnak, residente in Qikiqtarjuaq,

David Kuptana, residente in Ulukhaktok (Canada),

Karliin Aariak, residente in Iqaluit (Canada),

Canadian Seal Marketing Group, con sede in Québec (Canada),

Ta Ma Su Seal Products Inc., con sede in Cap-aux-Meules (Canada),

Fur Institute of Canada, con sede in Ottawa,

NuTan Furs Inc., con sede in Catalina (Canada),

GC Rieber Skinn AS, con sede in Bergen (Norvegia),

Inuit Circumpolar Council Greenland (ICC-Greenland), con sede in Nuuk, Groenlandia (Danimarca),

Johannes Egede, residente in Nuuk,

Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK), con sede in Nuuk,

rappresentati da J. Bouckaert, H. Viaene e D. Gillet, avocats,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Parlamento europeo, rappresentato da I. Anagnostopoulou, D. Gauci e L. Visaggio, in qualità di agenti,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Moore e K. Michoel, in qualità di agenti,

convenuti in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da P. Oliver, E. White e K. Mifsud-Bonnici, in qualità di agenti,

Regno dei Paesi Bassi,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, vicepresidente, facente funzione di presidente, A. Tizzano, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz (relatore), A. Rosas e M. Berger, presidenti di sezione, U. Lõhmus, E. Levits, A. Ó Caoimh, A. Arabadjiev, J.‑J. Kasel, M. Safjan, D. Šváby, A. Prechal e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 gennaio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Mediante la loro impugnazione, l’Inuit Tapiriit Kanatami, la Nattivak Hunters and Trappers Association, la Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, i sigg. Moesesie, Kooneeliusie, Newkingnak, Kuptana, la sig.ra Aariak, il Canadian Seal Marketing Group, la Ta Ma Su Seal Products Inc., il Fur Institute of Canada, la NuTan Furs Inc., la GC Rieber Skinn AS, l’Inuit Circumpolar Council Greenland (ICC‑Greenland), il sig. Egede e il Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK) chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 6 settembre 2011 (T‑18/10, Racc. pag. II‑5599; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto in quanto irricevibile il ricorso proposto dai ricorrenti nonché dal sig. Agathos e volto all’annullamento del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (GU L 286, pag. 36; in prosieguo: il «regolamento controverso»).

Contesto normativo

Il regolamento controverso

2 Ai sensi del suo articolo 1, il regolamento controverso ha lo scopo di stabilire «norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca».

3 Ai sensi dell’articolo 2, punto 4), del regolamento controverso, il termine «Inuit» indica «i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia)».

4 In merito alle condizioni di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, l’articolo 3 di tale regolamento dispone quanto segue:

«1.      L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati.

2.      In deroga al paragrafo 1:

a)      l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non [devono essere] tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali;

b)      l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non [devono essere] tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali.

L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento.

3.      La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo [5], paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo.

4.      Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3».

Il regolamento (UE) n. 737/2010

5 In applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento controverso, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 737/2010, del 10 agosto 2010, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1007/2009 (GU L 216, pag. 1).

6 Ai sensi del suo articolo 1, detto regolamento «stabilisce le modalità di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1007/2009».

Il procedimento dinanzi al Tribunale e l’ordinanza impugnata

7 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 gennaio 2010, i ricorrenti e il sig. Agathos hanno proposto un ricorso volto all’annullamento del regolamento controverso.

8 Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno sollevato talune eccezioni di irricevibilità in forza dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione sono stati ammessi ad intervenire dinanzi al Tribunale a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio.

9 Il Tribunale ha accolto tale eccezione, affermando che i ricorrenti nonché il sig. Agathos non soddisfacevano i requisiti di ricevibilità di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE.

10 Il Tribunale ha osservato anzitutto che, sebbene il regolamento controverso sia stato adottato sulla base del Trattato CE, i requisiti di ricevibilità del ricorso, proposto in epoca successiva all’entrata in vigore del Trattato FUE, devono essere esaminati sulla base dell’articolo 263 TFUE.

11 Il Tribunale ha poi esaminato la ricevibilità del ricorso. In tale ambito, esso ha in primo luogo esaminato la nozione di «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Al riguardo, ha effettuato un’interpretazione letterale, storica e teleologica di tale disposizione e, ai punti da 41 a 51 dell’ordinanza impugnata, ha constatato quanto segue:

«41      In primo luogo, occorre rammentare che l’art. 230, quarto comma, CE consentiva a qualsiasi persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro le decisioni, in quanto atti di portata individuale, e contro gli atti di portata generale, quale un regolamento, che riguardassero direttamente tale persona e la pregiudicassero a causa di determinate sue peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che la distinguesse da chiunque altro e la identificasse in modo analogo al destinatario (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 36).

42      L’art. 263, quarto comma, TFUE, pur omettendo il termine “decisione”, riprende queste due possibilità aggiungendovene una terza. Esso consente di proporre un ricorso contro gli atti individuali, contro gli atti di portata generale che riguardano una persona fisica o giuridica direttamente e individualmente nonché contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione. Dal senso comune del termine “regolamentare” discende che anche gli atti del terzo gruppo sono di portata generale.

43      In tale contesto, è giocoforza constatare che tale possibilità non include tutti gli atti di portata generale, bensì una loro categoria più ristretta, vale a dire gli atti regolamentari.

44      Infatti, l’art. 263, primo comma, TFUE prevede varie categorie di atti dell’Unione che possono formare oggetto di un controllo di legittimità, vale a dire, da un lato, gli atti legislativi e, dall’altro, gli altri atti vincolanti, destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, che possono essere atti individuali o di portata generale.

45      Se ne deve dedurre che l’art. 263, quarto comma, TFUE, in combinato disposto con il primo comma dello stesso articolo, prevede che qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti di cui è destinataria, nonché, da un lato, contro gli atti di portata generale, legislativi o regolamentari, che la riguardano direttamente e individualmente e, dall’altro, contro taluni atti di portata generale, vale a dire gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura di esecuzione.

46      Peraltro, tale interpretazione del termine “regolamentare” e del termine equivalente nelle varie versioni linguistiche del Trattato FUE, in opposizione al termine “legislativo”, risulta anche da varie altre disposizioni del Trattato FUE, segnatamente dall’art. 114 TFUE, che fa riferimento al ravvicinamento delle “disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri”.

47      A tale riguardo, dev’essere respinto l’argomento dei [ricorrenti nonché del sig. Agathos] secondo cui la distinzione tra gli atti legislativi e quelli regolamentari, quale proposta dal Parlamento e dal Consiglio ed accolta supra, ai punti 42‑45, consisterebbe nell’aggiungere l’aggettivo qualificativo “legislativi” dopo il termine “atti” riferito alle prime due possibilità previste dall’art. 263, quarto comma, TFUE. Infatti, come risulta dalla conclusione raggiunta supra, al punto 45, il termine “atti” riferito a queste prime due possibilità indica, oltre agli atti di cui la persona fisica o giuridica è destinataria, tutti gli atti, legislativi o regolamentari, che la riguardano direttamente e individualmente. In particolare, gli atti legislativi e gli atti regolamentari che comportano misure di esecuzione rientrano nell’ambito di quest’ultima possibilità.

48      Occorre inoltre precisare che, contrariamente a quanto affermato dai [ricorrenti nonché dal sig. Agathos], dal tenore letterale dell’ultima parte di frase dell’art. 263, quarto comma, TFUE risulta che l’obiettivo degli Stati membri non era limitare la portata di tale disposizione ai soli atti delegati ai sensi dell’art. 290 TFUE, bensì, più in generale, agli atti regolamentari.

49      In secondo luogo, l’interpretazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE accolta supra, ai punti 42‑45, è suffragata dalla genesi del procedimento conclusosi con l’adozione di detta disposizione, che era stata inizialmente proposta come art. III‑365, [paragrafo 4], del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Infatti, risulta in particolare dalla nota di trasmissione del Praesidium della Convenzione (segretariato della Convenzione europea, CONV 734/03), del 12 maggio 2003, che, malgrado la proposta di modifica dell’art. 230, quarto comma, CE in questione, che menzionava gli “atti di portata generale”, il Praesidium ha preferito un’opzione diversa, ossia menzionare gli “atti regolamentari”. Come si evince dalla suddetta nota di trasmissione, tale formulazione consentiva “di operare una distinzione tra gli atti legislativi e gli atti regolamentari, adottando un’impostazione restrittiva per i ricorsi proposti dai privati contro gli atti legislativi (per i quali la condizione di riguardare direttamente e individualmente il ricorrente resta d’applicazione)”.

50      In terzo luogo, considerata la scelta di riprendere tale formulazione nell’art. 263, quarto comma, TFUE, si deve ritenere che lo scopo di tale disposizione sia consentire ad una persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro quegli atti di portata generale, diversi dagli atti legislativi, che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione, evitando così che essa debba violare il diritto per avere accesso ad un giudice (v. nota di trasmissione del Praesidium della Convenzione, cit. supra). Come emerge dall’analisi esposta nei punti precedenti, la formulazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE non consente di proporre un ricorso contro tutti gli atti rispondenti ai criteri dell’incidenza diretta e dell’assenza di misure di esecuzione, né contro tutti gli atti di portata generale rispondenti a tali criteri, ma unicamente contro una specifica categoria di questi ultimi, vale a dire gli atti regolamentari. Di conseguenza, i presupposti per la ricevibilità di un ricorso di annullamento contro un atto legislativo rimangono più restrittivi di quanto non lo siano nel caso di un ricorso contro un atto regolamentare.

51      Tale conclusione non può essere rimessa in dubbio dall’argomento dei [ricorrenti nonché del sig. Agathos] relativo al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, in particolare alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2007, C 303, pag. 1) [in prosieguo: la “Carta”]. Infatti, secondo costante giurisprudenza, il giudice dell’Unione non può, senza eccedere le proprie competenze, interpretare i requisiti cui è subordinata la possibilità di un singolo di proporre ricorso contro un regolamento in modo da indurre ad escludere i requisiti medesimi, che sono espressamente previsti dal Trattato, e ciò neppure alla luce del principio della tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza della Corte 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo‑Quéré, Racc. pag. I‑3425, punto 36, e ordinanza del Tribunale 9 gennaio 2007, causa T‑127/05, Lootus Teine Osaühing/Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 50)».

12 Il Tribunale ne ha tratto la conclusione, al punto 56 dell’ordinanza impugnata, «che la nozione di “atto regolamentare” ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE deve essere interpretata nel senso che include qualsiasi atto di portata generale ad eccezione degli atti legislativi». Di conseguenza, un atto legislativo può essere oggetto di un ricorso di annullamento da parte di una persona fisica o giuridica unicamente se la riguarda direttamente e individualmente.

13 In secondo luogo, ai punti da 57 a 67, il Tribunale ha esaminato la questione se il regolamento controverso debba essere qualificato come atto legislativo oppure come atto regolamentare. In proposito, esso ha dichiarato, al punto 61 dell’ordinanza impugnata, che la procedura disciplinata dall’articolo 294 TFUE, denominata «procedura legislativa ordinaria», riproduce sostanzialmente quella disciplinata dall’articolo 251 CE. Al medesimo punto, esso ne ha tratto la conclusione che il regolamento controverso, adottato secondo la procedura prevista da quest’ultimo articolo, debba essere qualificato — nell’ambito delle categorie degli atti giuridici previste dal Trattato FUE — come atto legislativo. Al punto 65 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha constatato che, nel caso di specie, il criterio pertinente per qualificare un atto come legislativo oppure come regolamentare è quello della procedura che ha portato alla sua adozione.

14 Riguardo all’interpretazione della nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, accolta ai punti da 41 a 56 dell’ordinanza impugnata, e alla conclusione che il regolamento controverso non costituiva un atto regolamentare ai sensi di tale articolo, il Tribunale ha dichiarato che il ricorso non poteva essere ritenuto ricevibile in forza della terza parte di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Pertanto, non era necessario stabilire se detto regolamento comportasse misure di esecuzione.

15 In terzo luogo, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 68 a 87 dell’ordinanza impugnata, la questione se il regolamento controverso riguardasse direttamente i ricorrenti nonché il sig. Agathos.

16 Al riguardo, il Tribunale ha ricordato, al punto 71 dell’ordinanza impugnata, che l’incidenza diretta di un atto nei confronti di un singolo presuppone che l’atto dell’Unione impugnato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale singolo e che esso non lasci alcun potere discrezionale ai suoi destinatari che sono incaricati della sua applicazione, la quale abbia carattere meramente automatico e derivi dalla sola normativa dell’Unione, senza l’intervento di altre norme intermedie.

17 In merito al regolamento controverso, al punto 75 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha osservato, richiamandosi all’ordinanza del Tribunale dell’11 luglio 2005, Bonino e a./Parlamento e Consiglio (T‑40/04, Racc. pag. II‑2685, punto 56), che, stante il contenuto dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento controverso, quest’ultimo produce effetti diretti unicamente sulla situazione giuridica di quei ricorrenti che sono attivi nell’immissione sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca. Tale regolamento non vieterebbe la caccia alle foche, che peraltro avviene al di fuori del mercato dell’Unione, né l’utilizzo o il consumo dei prodotti derivati dalle foche che non sono oggetto di commercializzazione. Benché non si possa escludere che il divieto generale di immissione in commercio di cui al regolamento impugnato possa avere ripercussioni sull’attività delle persone che intervengono a monte o a valle di detta immissione, tali ripercussioni non potrebbero tuttavia essere considerate una conseguenza diretta del suddetto regolamento. Inoltre, le eventuali conseguenze economiche di tale divieto riguarderebbero unicamente la situazione di fatto dei ricorrenti, e non la loro situazione giuridica.

18 Dopo aver richiamato, al punto 76 dell’ordinanza impugnata, la formulazione degli articoli 3, paragrafo 4, e 5, paragrafo 3, del regolamento controverso nonché del considerando 17 del medesimo, il Tribunale ha constatato, al punto 77 della stessa ordinanza, che, nonostante il divieto di immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca di cui sia stata dimostrata la provenienza da fonti diverse dalle forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e dalle altre comunità indigene a fini di sussistenza, le condizioni per l’immissione in commercio dei prodotti non sono state definite.

19 Sotto tale profilo, il Tribunale ha osservato, ai punti da 78 a 80 dell’ordinanza impugnata, che il regolamento controverso non specifica che cosa debba intendersi in particolare per «altre comunità indigene» e non fornisce alcuna spiegazione sulle forme di caccia tradizionalmente praticate a fini di sussistenza, né su come vada accertata la provenienza dagli Inuit o da altre comunità indigene. Pertanto, per quanto riguarda i prodotti che possono essere assoggettati al regime di deroga, le autorità nazionali non sarebbero in grado di applicare il regolamento impugnato in assenza di misure di attuazione stabilite da un regolamento ad hoc che stabiliscano le condizioni alle quali è autorizzata l’immissione sul mercato di tali prodotti. La situazione dei ricorrenti e del sig. Agathos, nei limiti in cui rientra nell’ambito della deroga in questione, potrebbe essere dunque valutata solo sulla base delle misure di attuazione del regolamento controverso. Di conseguenza, il regolamento controverso inciderebbe unicamente sulla situazione giuridica dei ricorrenti che siano attivi nell’immissione sul mercato dell’Unione di prodotti derivati dalla foca e che siano interessati dal divieto generale di immissione sul mercato di tali prodotti.

20 Per contro, ciò non varrebbe nel caso dei ricorrenti la cui attività non consista nell’immissione sul mercato di tali prodotti e/o di quelli rientranti nell’eccezione prevista dal regolamento controverso, dato che, in linea di principio, l’immissione sul mercato dell’Unione di prodotti derivati dalla foca provenienti da forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene a fini di sussistenza resterebbe autorizzata. Più in particolare, i cacciatori e i trappers (cacciatori di pelli) di origine Inuit, così come le organizzazioni che rappresentano gli interessi dei ricorrenti, non possono essere considerati attivi nell’immissione in commercio di prodotti derivati dalla foca.

21 Il Tribunale ha quindi osservato, ai punti da 81 a 87 dell’ordinanza impugnata, che il regolamento controverso ha un’incidenza diretta soltanto su quattro dei ricorrenti, segnatamente quelli attivi nella trasformazione e/o nella commercializzazione di prodotti derivati dalla foca provenienti da cacciatori e trappers Inuit e non Inuit. Riguardo alla sig.ra Aariak, il Tribunale ha osservato, al punto 82 dell’ordinanza impugnata, che essa non può essere considerata come direttamente interessata dal regolamento controverso. Benché la stessa sia attiva nella trasformazione di prodotti derivati dalla foca, segnatamente nella creazione e vendita di abiti confezionati con pelle di foca, dal ricorso e dalle osservazioni dei ricorrenti e del sig. Agathos sulle eccezioni di irricevibilità risulterebbe che anch’essa appartiene alla comunità Inuit e non ha mai affermato di essere attiva nell’immissione in commercio di prodotti diversi da quelli rientranti nell’eccezione in argomento.

22 Posto che, al fine di rispettare i requisiti di ricevibilità del ricorso previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, la situazione di un singolo deve essere interessata tanto direttamente quanto individualmente, il Tribunale ha verificato, ai punti da 88 a 93 dell’ordinanza impugnata, se i quattro ricorrenti da esso ritenuti direttamente interessati dal regolamento controverso potessero considerarsi anche individualmente interessati da quest’ultimo. A tal proposito, richiamandosi al punto 41 della medesima ordinanza, il Tribunale ha dichiarato che il regolamento controverso si applica a situazioni determinate in modo oggettivo e produce effetti giuridici nei confronti di categorie di persone prese in considerazione in modo generale e astratto. Il divieto generale di immissione in commercio di prodotti derivati dalla foca, ad eccezione di quelli provenienti da forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene a fini di sussistenza, sarebbe formulato in modo generale e potrebbe essere applicato indifferentemente a qualsiasi operatore economico rientrante nell’ambito di applicazione di detto regolamento.

23 Anche se i quattro ricorrenti in questione sono attivi nell’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti da cacciatori e trappers Inuit e non Inuit, essi sarebbero, in quanto tali, interessati dal regolamento controverso al pari di qualsiasi altro operatore economico che immetta in commercio prodotti derivati dalla foca. Anche ammettendo che questi ricorrenti rientrino, oltre che nell’ambito del divieto generale, in quello dell’eccezione relativa ai prodotti di origine Inuit, ciò non sarebbe sufficiente a contraddistinguerli in modo analogo al destinatario di una decisione.

24 Il Tribunale ha conseguentemente dichiarato irricevibile il ricorso di annullamento.

Conclusioni delle parti

25 I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        qualora la Corte ravvisi la sussistenza di tutti gli elementi necessari per pronunciarsi sulla ricevibilità del ricorso di annullamento del regolamento controverso, dichiarare il ricorso di annullamento ricevibile;

–        in subordine, annullare l’ordinanza impugnata e rinviare la causa al Tribunale;

–        condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese sostenute dai ricorrenti;

–        condannare la Commissione e il Regno dei Paesi Bassi a sopportare le proprie spese.

26 Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        condannare i ricorrenti in solido alle spese.

27 Il Parlamento conclude che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

28 La Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare i ricorrenti alle spese.

29 Il Regno dei Paesi Bassi non ha depositato alcuna comparsa di risposta.

Sull’impugnazione

30 A sostegno della loro impugnazione, i ricorrenti deducono quattro motivi. Il primo di essi verte su un errore di diritto nell’interpretazione ed applicazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Esso è diviso in due capi. Nel secondo motivo, i ricorrenti fanno valere una violazione dell’obbligo di motivazione da parte del Tribunale. Il terzo motivo verte sull’inosservanza da parte del Tribunale dell’articolo 47 della Carta nonché degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU). Infine, nel quarto motivo i ricorrenti deducono che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova.

Sul primo motivo

Sul primo capo del primo motivo

–       Argomenti delle parti

31 Nel primo capo del primo motivo, i ricorrenti affermano che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «atti regolamentari» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, in particolare per il fatto di avere escluso gli atti legislativi, quali il regolamento controverso, dall’ambito di applicazione di tale nozione.

32 La distinzione tra atti legislativi e atti regolamentari operata dal Tribunale non sarebbe confortata dai termini utilizzati dal Trattato FUE, in particolare, agli articoli 288 TFUE, 289 TFUE e 290 TFUE. Tali disposizioni distinguerebbero tra atti legislativi e atti non legislativi. Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, la nozione di «atti regolamentari» includerebbe non soltanto alcuni, bensì tutti gli atti di applicazione generale, con conseguente erroneità dell’interpretazione letterale compiuta dal Tribunale ai punti da 41 a 48 dell’ordinanza impugnata.

33 La distinzione delineata dal Tribunale comporterebbe che solo le raccomandazioni e i pareri adottati dal Parlamento e/o dal Consiglio potrebbero essere considerati come atti regolamentari, dato che gli atti legislativi includerebbero i regolamenti, le direttive e le decisioni adottati dal Parlamento e dal Consiglio, mentre gli atti delegati includerebbero gli atti adottati dalla Commissione. Per contro, le raccomandazioni e i pareri non rientrerebbero tra gli atti elencati dall’articolo 263, primo comma, TFUE che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento.

34 Se gli estensori del Trattato di Lisbona avessero avuto l’intenzione di utilizzare, all’articolo 263, quarto comma, TFUE, i termini «atti regolamentari» per designare il contrario degli atti legislativi, essi avrebbero utilizzato, piuttosto, la nozione di «atto delegato» ai sensi dell’articolo 290 TFUE. L’impiego dei termini «atti regolamentari» da parte degli estensori del Trattato sarebbe dovuto al fatto che essi intendevano riferirsi ad atti diversi dagli atti legislativi o non legislativi. Peraltro, gli atti di esecuzione previsti dall’articolo 291 TFUE non sarebbero coperti dalla distinzione operata dal Tribunale.

35 Di conseguenza, l’interpretazione effettuata dal Tribunale dei termini «atti regolamentari», in contrapposizione ai termini «atti legislativi», priverebbe di senso il mezzo di ricorso contro gli atti regolamentari ammesso alle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, introdotto dal Trattato di Lisbona, con l’obiettivo di ampliare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi riguardo alle persone fisiche o giuridiche. Una siffatta interpretazione avrebbe per effetto di escludere qualsiasi ricorso di un singolo che si fondi sull’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

36 L’interpretazione storica dei termini «atti regolamentari» compiuta dal Tribunale sarebbe anch’essa erronea. Il Trattato di Lisbona, benché all’articolo 263, quarto comma, TFUE menzioni —come l’articolo III‑365, paragrafo 4, del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa — gli atti regolamentari, non utilizzerebbe la classificazione degli atti giuridici prevista da tale progetto di Trattato, fra cui, in particolare, la nozione di «regolamento europeo» quale atto non legislativo. Nell’ambito del Trattato FUE, i regolamenti potrebbero essere atti legislativi oppure non legislativi.

37 La mancanza di modifiche alla formulazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE dimostrerebbe che la nozione di «atti regolamentari» ai sensi di tale disposizione sarebbe stata ampliata nel senso che essa includerebbe tutti i regolamenti, siano essi di natura legislativa o meno. Tale interpretazione teleologica corrisponderebbe, inoltre, alla preoccupazione iniziale sia degli autori del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa sia degli autori del Trattato di Lisbona, i quali intendevano colmare le lacune che erano state chiaramente individuate dalle sentenze del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (C‑50/00 P, Racc. pag. I‑6677), e Commissione/Jégo-Quéré, citata.

38 Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione concordano con l’interpretazione dei termini «atti regolamentari» accolta dal Tribunale.

39 Il Parlamento afferma che, se è vero che la gerarchia delle fonti stabilita all’articolo I‑33 del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, che distingue tra gli atti legislativi, da un lato, e gli atti regolamentari, dall’altro, non è stata fatta propria dal Trattato FUE, l’articolo 289, paragrafo 3, TFUE indica chiaramente che gli atti legislativi sono quelli adottati al termine della procedura legislativa ordinaria o di quella speciale. Inoltre, l’articolo 263 TFUE distinguerebbe, ai suoi commi primo e quarto, gli «atti legislativi» dagli «atti regolamentari». Tali due nozioni dovrebbero essere conciliate, al fine di preservare pienamente l’effetto utile dell’articolo 263 TFUE.

40 La suddetta istituzione sostiene che la censura sollevata dai ricorrenti contro la conclusione del Tribunale secondo cui non tutti gli atti di applicazione generale possono essere considerati come atti regolamentari non è formulata in modo specifico, ma riproduce gli argomenti già dedotti in primo grado. Quindi, gli argomenti dei ricorrenti al riguardo sarebbero in ogni caso irricevibili.

41 Relativamente all’argomento dei ricorrenti secondo cui l’interpretazione della nozione di «atti regolamentari» fatta dal Tribunale priverebbe la stessa nozione del suo significato, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione affermano che quest’ultima include categorie diverse di atti giuridici, tra i quali si annoverano, in particolare, gli atti delegati e gli atti di esecuzione di portata generale, adottati sulla base degli articoli 290 TFUE o 291 TFUE, laddove questi ultimi costituiscono la grande maggioranza degli atti giuridici dell’Unione. Ne conseguirebbe l’erroneità dell’argomento dei ricorrenti secondo il quale, ove gli estensori del Trattato FUE avessero inteso fare riferimento agli atti di portata generale che non siano atti legislativi, avrebbero utilizzato il termine «delegato». La Commissione aggiunge che, inoltre, rientrerebbero nella nozione di «atti regolamentari» gli atti non legislativi di portata generale adottati sul fondamento di basi giuridiche speciali, quali gli articoli 43, paragrafo 3, TFUE, 109 TFUE e 215, paragrafo 1, TFUE, nonché gli atti di portata generale adottati dai vari altri «organi e organismi» di cui al primo comma dell’articolo 263 TFUE.

42 In merito alla genesi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, il Parlamento sostiene che i ricorrenti non formulano alcuna censura specifica contro l’ordinanza impugnata, in tal modo chiedendo alla Corte di riesaminare gli argomenti dedotti in primo grado, il che sarebbe tuttavia irricevibile nell’ambito di un’impugnazione. In ogni caso, gli argomenti dedotti nell’ambito dell’impugnazione sarebbero infondati. In proposito, il Parlamento e la Commissione sostengono che è manifesto che la convenzione sul futuro dell’Europa aveva scelto i termini «atti regolamentari» con l’intento di escludere gli atti legislativi e che gli estensori del Trattato di Lisbona hanno voluto conservare la medesima distinzione tra atti legislativi e atti regolamentari in relazione ai ricorsi giurisdizionali.

43 Riguardo all’approccio teleologico del Tribunale, la Commissione rileva che lo scopo dell’introduzione della terza parte di frase del quarto comma dell’articolo 263 TFUE, consistente nell’ampliare l’ambito di applicazione delle norme in materia di legittimazione ad agire, non implicherebbe, tuttavia, che la nozione di «atti regolamentari» debba estendersi agli atti legislativi.

44 Secondo il Parlamento, l’interpretazione data dal Tribunale alla nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE non si pone in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale disposizione, consistente nel permettere la proposizione di ricorsi diretti contro atti non legislativi di portata generale a condizioni meno restrittive rispetto ai ricorsi proposti sulla base dell’articolo 230, quarto comma, CE. Là dove autorizza le persone fisiche o giuridiche a proporre ricorsi diretti contro atti regolamentari che li riguardano direttamente e non comportano misure di esecuzione, l’articolo 263 TFUE rimedia pienamente, secondo il Parlamento e il Consiglio, alla situazione messa in evidenza nelle citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio e Commissione/Jégo-Quéré. Si può osservare che, nella citata sentenza Commissione/Jégo-Quéré, l’atto controverso era un regolamento di esecuzione della Commissione, il quale, secondo l’analisi fatta dal Tribunale, doveva essere manifestamente qualificato come «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Il Consiglio afferma inoltre che, secondo la giurisprudenza del Tribunale e della Corte, spetta agli Stati membri contribuire a realizzare la completezza del sistema di rimedi giurisdizionali istituito dai Trattati.

–       Giudizio della Corte

45 Nel primo capo del primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale, in sostanza, di avere commesso un errore di diritto allorché ha dichiarato che la nozione di «atti regolamentari» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE non include gli atti legislativi ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, quali il regolamento controverso.

46 Occorre preliminarmente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, dagli articoli 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Non risponde ai requisiti di motivazione stabiliti dalle suddette disposizioni un’impugnazione che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale, ivi compresi gli argomenti di fatto da questo espressamente disattesi (v., in particolare, sentenze del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, Racc. pag. I‑2125, punti 15 e 16, nonché del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

47 Tuttavia, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse in tal modo basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento di impugnazione sarebbe privato di una parte di significato (sentenza del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione, C‑131/03 P, Racc. pag. I‑7795, punto 51 nonché giurisprudenza ivi citata).

48 Nel caso di specie, occorre rilevare che, con il primo capo del primo motivo, i ricorrenti non mirano ad ottenere un mero riesame del ricorso presentato dinanzi al Tribunale. Infatti, in tale primo capo, essi indicano in modo chiaro i passaggi dell’ordinanza impugnata che reputano viziati da errori di diritto, nonché gli argomenti giuridici dedotti a sostegno della loro domanda, fra cui in particolare quelli riguardanti i vari metodi di interpretazione applicati dal Tribunale. Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento, gli argomenti già dedotti in primo grado non sono meramente reiterati, ma in realtà sono rivolti contro una parte essenziale della motivazione dell’ordinanza impugnata e, di conseguenza, permettono alla Corte di effettuarne il controllo.

49 Ne consegue che il primo capo del primo motivo è ricevibile.

50 Quanto alla fondatezza di tale capo del primo motivo, si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima e degli obiettivi da essa perseguiti, ma anche del suo contesto e dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, Racc. pag. 3415, punto 20). Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può fornire elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 135).

51 Occorre pertanto verificare, sulla base di tali metodi di interpretazione, se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto quando ha concluso, al punto 56 dell’ordinanza impugnata, che la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE include gli atti di portata generale ad eccezione degli atti legislativi.

52 L’articolo 263, primo comma, TFUE indica gli atti dell’Unione che possono essere oggetto di ricorso di annullamento dinanzi al giudice dell’Unione, vale a dire, da un lato, gli atti legislativi e, dall’altro, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 44 dell’ordinanza impugnata, gli altri atti vincolanti destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, i quali possono essere atti individuali o di portata generale. Tali atti possono, ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, essere oggetto di ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei Trattati o di qualsiasi norma giuridica relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere.

53 L’articolo 263 TFUE opera poi una netta distinzione tra il diritto di ricorso delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri, da un lato, e quello delle persone fisiche e giuridiche, dall’altro. Così, il secondo comma dell’articolo 263 TFUE attribuisce alle istituzioni dell’Unione in esso indicate nonché agli Stati membri il diritto di contestare, con un ricorso di annullamento, la legittimità di qualsiasi atto di cui al primo comma, senza che l’esercizio di tale diritto sia subordinato alla dimostrazione di un interesse ad agire (v. sentenza del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C‑355/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, in forza del terzo comma di tale articolo, le istituzioni e il comitato ivi elencati possono adire la Corte mediante un ricorso di annullamento diretto contro i suddetti atti, a condizione che il ricorso miri alla salvaguardia delle loro prerogative.

54 Invece, relativamente al diritto a ricorrere delle persone fisiche e giuridiche, l’articolo 263, quarto comma, TFUE dispone che «[q]ualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

55 Da un lato, occorre rilevare che le prime due parti di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE corrispondono a quelle che erano previste prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona dal Trattato CE, all’articolo 230, quarto comma, di quest’ultimo (riguardo alla disposizione in ultimo citata, v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punti da 34 a 37).

56 Riferendosi agli «atti» in generale, le suddette parti di frase intendono tutti gli atti dell’Unione produttivi di effetti giuridici obbligatori (v., in tal senso, sentenze dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, Racc. pag. 2639, punto 9; del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑521/06 P, Racc. pag. I‑5829, punto 29; del 18 novembre 2010, NDSHT/Commissione, C‑322/09 P, Racc. pag. I‑11911, punto 45, e del 13 ottobre 2011, Deutsche Post/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, Racc. pag. I‑9639, punti da 36 a 38). La suddetta nozione include quindi gli atti di portata generale, di natura legislativa o di altra natura, e gli atti individuali. La seconda parte di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE specifica che, qualora la persona fisica o giuridica che propone il ricorso di annullamento non sia il destinatario dell’atto impugnato, la ricevibilità del ricorso è subordinata alla circostanza che l’atto riguardi la ricorrente direttamente e individualmente.

57 Dall’altro lato, il Trattato di Lisbona ha aggiunto all’articolo 263, quarto comma, TFUE una terza parte di frase che ha attenuato i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche o giuridiche. Infatti, tale parte di frase, senza subordinare la ricevibilità del ricorso di annullamento proposto da persone fisiche o giuridiche al requisito dell’incidenza individuale, apre tale mezzo di ricorso nei confronti degli «atti regolamentari» che non comportino alcuna misura di esecuzione e che riguardino il ricorrente direttamente.

58 Riguardo alla nozione di «atti regolamentari», risulta dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE che essa ha una portata più limitata rispetto a quella di «atti» utilizzata all’articolo 263, quarto comma, prima e seconda parte di frase, TFUE al fine di qualificare gli altri tipi di provvedimenti di cui le persone fisiche e giuridiche possono chiedere l’annullamento. La prima delle due nozioni non può, come correttamente dichiarato dal Tribunale al punto 43 dell’ordinanza impugnata, includere tutti gli atti di portata generale, ma riguarda una categoria più ristretta degli atti di questa natura. L’adozione di un’interpretazione contraria equivarrebbe a privare di senso la distinzione tra i termini «atti» e «atti regolamentari» delineata dalla seconda e dalla terza parte di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

59 Inoltre, si deve osservare che l’articolo 263, quarto comma, TFUE ha riprodotto in termini identici il contenuto dell’articolo III‑365, paragrafo 4, del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Dai lavori preparatori di quest’ultima disposizione risulta che, se è vero che la modifica dell’articolo 230, quarto comma, CE era destinata ad ampliare i requisiti di ricevibilità del ricorso di annullamento per quanto riguarda le persone fisiche e giuridiche, le condizioni di ricevibilità previste dall’articolo 230, quarto comma, CE e riguardanti gli atti legislativi non dovevano tuttavia essere modificate. In tal senso, l’impiego dei termini «atti regolamentari» nel progetto di modifica di tale disposizione consentiva di designare la categoria di atti che da quel momento in poi potevano costituire oggetto di un ricorso di annullamento a condizioni meno restrittive di prima, al contempo mantenendo «un’impostazione restrittiva per i ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti legislativi (per i quali la condizione di riguardare “direttamente e individualmente il ricorrente” resta d’applicazione)» (v., in particolare, Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia, del 25 marzo 2003, CONV 636/03, punto 22, e nota di trasmissione del Praesidium della Convenzione del 12 maggio 2003, CONV 734/03, pag. 20).

60 In tale contesto, si deve osservare che la modifica del diritto di ricorso delle persone fisiche e giuridiche, previsto dall’articolo 230, quarto comma, CE, aveva lo scopo di consentire a queste ultime di proporre, a condizioni meno restrittive, ricorsi di annullamento contro atti di portata generale ad esclusione degli atti legislativi.

61 È pertanto corretta la conclusione del Tribunale secondo cui la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE non comprende gli atti legislativi.

62 Il primo capo del primo motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo capo del primo motivo

–       Argomenti delle parti

63 Nella seconda parte del primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso taluni errori di diritto nell’esaminare se il regolamento controverso avesse su di loro un’incidenza diretta e individuale.

64 Riguardo al requisito dell’incidenza diretta da parte dell’atto di cui è chiesto l’annullamento, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto quando ha dichiarato che il regolamento controverso incide direttamente solo sui quattro ricorrenti che sono attivi nell’immissione sul mercato dell’Unione di prodotti derivati dalla foca. Al punto 82 dell’ordinanza impugnata, riguardante la situazione della sig.ra Aariak, il Tribunale avrebbe sostenuto che il regolamento controverso incide direttamente soltanto sui ricorrenti che sono attivi nell’immissione in commercio di prodotti derivati dalla foca diversi da quelli asseritamente rientranti nell’eccezione in favore degli Inuit. Tuttavia, la circostanza che i prodotti immessi sul mercato dalla sig.ra Aariak rientrino o meno nell’ambito di un’eccezione sarebbe irrilevante al fine di ritenere che tale regolamento la riguardi direttamente. Il Tribunale avrebbe quindi aggiunto un elemento supplementare al requisito dell’incidenza diretta.

65 In merito al requisito dell’incidenza individuale dell’atto di cui è chiesto l’annullamento, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto accogliendo un’interpretazione restrittiva del medesimo requisito. Orbene, gli Stati membri sarebbero stati incitati a modificare l’articolo 230, quarto comma, CE, al fine di ampliare i requisiti di ricevibilità relativamente alle persone fisiche e giuridiche, in seguito alle citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio e Commissione/Jégo-Quéré. Alla luce di tale evoluzione, la Corte dovrebbe riconsiderare l’interpretazione restrittiva del requisito dell’incidenza individuale stabilito con la citata sentenza Plaumann/Commissione. Se la Corte applicasse il criterio del «pregiudizio sostanziale» prodotto dal regolamento controverso sugli interessi dei ricorrenti, quale proposto dall’avvocato generale Jacobs al paragrafo 60 delle sue conclusioni nella causa decisa con la citata sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, essa perverrebbe alla conclusione che tale regolamento riguarda i ricorrenti nella presente causa individualmente.

66 Il Parlamento, il Consiglio nonché la Commissione sostengono che il Trattato di Lisbona non ha modificato la portata dei requisiti dell’incidenza diretta e dell’incidenza individuale da parte dell’atto di cui è chiesto l’annullamento. Non vi sarebbe alcuna indicazione in tal senso nel Trattato e nei lavori preparatori che abbia reso necessaria una modifica della giurisprudenza esistente sulla questione. Il Tribunale avrebbe interpretato tali condizioni allo stesso modo in cui ciò avveniva prima dell’entrata in vigore di tale Trattato, senza commettere errori di diritto.

67 Inoltre, il Consiglio osserva che le allegazioni dei ricorrenti in merito a che cosa debba intendersi per incidenza individuale hanno, in pratica, l’effetto che qualsiasi persona direttamente interessata dall’atto di cui chiede l’annullamento dovrebbe essere considerata anche come individualmente interessata da quest’ultimo. In tal modo, la distinzione stabilita fra gli atti regolamentari e gli atti legislativi perderebbe quasi del tutto la sua consistenza.

–       Giudizio della Corte

68 Nel secondo capo del primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale, in sostanza, di avere commesso un errore di diritto quando ha dichiarato che gli stessi non soddisfano i requisiti previsti dall’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE per propore un ricorso di annullamento, in quanto il regolamento controverso non li riguarda direttamente ed individualmente.

69 Riguardo alla condizione dell’incidenza individuale da parte dell’atto di cui è chiesto l’annullamento, occorre sottolineare che, sebbene i ricorrenti non sostengano che il Tribunale ha applicato in modo errato i criteri di valutazione risultanti dalla giurisprudenza costante della Corte a partire dalla citata sentenza Plaumann/Commissione relativa a tale requisito di ricevibilità, essi chiedono espressamente alla Corte di riesaminare tali criteri di valutazione e di sostituirli con il criterio del «pregiudizio sostanziale».

70 A tale proposito occorre rilevare che la seconda parte di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE corrisponde, come è stato osservato al punto 55 della presente sentenza, a quella dell’articolo 230, quarto comma, CE. Orbene, la formulazione di tale disposizione non è stata modificata. Inoltre, non sussiste alcun elemento tale da far ritenere che gli autori del Trattato di Lisbona intendessero modificare la portata dei requisiti di ricevibilità già previsti dall’articolo 230, quarto comma, CE. Inoltre, dai lavori preparatori relativi all’articolo III‑365, paragrafo 4, del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa risulta che la portata di tali condizioni non dovrebbe essere modificata (v., in particolare, Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia, del 25 marzo 2003, CONV 636/03, punto 23).

71 In tale contesto, occorre osservare che il tenore del requisito dell’incidenza individuale da parte dell’atto di cui è chiesto l’annullamento, quale interpretato dalla Corte nella sua giurisprudenza costante a partire dalla citata sentenza Plaumann/Commissione, non è stato modificato dal Trattato di Lisbona. Si deve quindi necessariamente constatare che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nell’applicare i criteri di valutazione previsti da tale giurisprudenza.

72 Secondo la suddetta giurisprudenza, le persone fisiche o giuridiche soddisfano la condizione dell’incidenza individuale solo se l’atto impugnato le riguarda a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che le caratterizza rispetto a qualsiasi altro soggetto e, quindi, le distingue in modo analogo ai destinatari (v. sentenze Plaumann/Commissione, cit., punto 223; del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑298/00 P, Racc. pag. I‑4087, punto 36, nonché del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere»/Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, Racc. pag. I‑4727, punto 52).

73 Nel caso di specie, è vero che il Tribunale si è limitato, ai punti da 88 a 93 dell’ordinanza impugnata, ad esaminare se quattro dei ricorrenti fossero individualmente interessati dal regolamento controverso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, poiché in ogni caso gli altri ricorrenti non erano direttamente interessati dal suddetto regolamento ai sensi della medesima disposizione. Tuttavia, si deve constatare che nessuno dei ricorrenti viene contraddistinto dal regolamento controverso in modo analogo a un destinatario come richiesto dalla giurisprudenza costante a partire dalla citata sentenza Plaumann/Commissione. Infatti, il divieto di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, stabilito nel regolamento controverso, è formulato in termini generali e si applica indistintamente a qualunque operatore economico che rientri nell’ambito di applicazione di quest’ultimo.

74 Di conseguenza, non occorre esaminare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto quando ha dichiarato che il regolamento controverso ha un’incidenza diretta solo su quei ricorrenti che sono attivi nella trasformazione e/o nella commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca provenienti da cacciatori e trappers Inuit e non Inuit, dato che un eventuale errore di diritto al riguardo non inciderebbe sulla soluzione della controversia e non influenzerebbe il dispositivo dell’ordinanza impugnata.

75 Infatti, dalla stessa formulazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE nonché da una costante giurisprudenza risulta che una persona fisica o giuridica può chiedere l’annullamento di un atto del quale non sia il destinatario o che non sia un atto regolamentare unicamente qualora l’atto la riguardi non solo direttamente, ma anche individualmente (con riferimento all’articolo 230 CE, v. sentenza del 30 marzo 2004, Rothley e a./Parlamento, C‑167/02 P, Racc. pag. I‑3149, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata).

76 Dunque, poiché i requisiti dell’incidenza diretta e dell’incidenza individuale da parte dell’atto di cui è chiesto l’annullamento sono cumulativi, il fatto che in capo al ricorrente manchi uno di essi comporta che il ricorso di annullamento da esso proposto contro tale atto debba ritenersi irricevibile.

77 In considerazione di quanto precede, occorre respingere, in quanto infondato, il secondo capo del primo motivo e, per l’effetto, il primo motivo nel suo insieme.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

78 Nel secondo motivo, i ricorrenti deducono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto in quanto non avrebbe risposto in modo specifico ed espresso agli argomenti dedotti ai punti da 53 a 57 delle loro osservazioni relative alle eccezioni di irricevibilità, in base ai quali soltanto un’interpretazione ampia dell’articolo 263, quarto comma, TFUE sarebbe conforme all’articolo 47 della Carta nonché agli articoli 6 e 13 della CEDU.

79 Inoltre, la constatazione effettuata al punto 51 dell’ordinanza impugnata, secondo cui i requisiti per la proposizione di un ricorso contro un regolamento «sono espressamente previsti» dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, si porrebbe in contraddizione con la necessità di un’interpretazione letterale, storica e teleologica di tale disposizione. Dato che il Tribunale ha effettuato un’interpretazione così approfondita dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, esso non poteva respingere gli argomenti dei ricorrenti limitandosi a dichiarare che i requisiti del diritto a ricorrere sono «espressamente previsti».

80 Secondo il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, il Tribunale ha risposto in modo sufficiente agli argomenti dei ricorrenti. Il Tribunale non sarebbe stato tenuto a svolgere osservazioni distinte sugli articoli 6 e 13 della CEDU, dato che tali articoli e l’articolo 47 della Carta avrebbero un senso e una portata identici. Il Parlamento aggiunge che il Tribunale non aveva l’obbligo di rispondere dettagliatamente alle deduzioni dei ricorrenti, in quanto, nei precedenti punti dell’ordinanza impugnata, aveva già respinto per altri motivi l’interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE propugnata dai ricorrenti. Il Consiglio afferma inoltre che, anche se il Tribunale non ha esaminato in modo dettagliato l’articolo 47 della Carta, l’obbligo di motivazione è stato rispettato tramite il rinvio alla giurisprudenza della Corte stessa, dalla quale si evincerebbe chiaramente come il giudice dell’Unione non possa prescindere dai requisiti stabiliti dall’articolo 263 TFUE.

Giudizio della Corte

81 È pacifico che, al punto 51 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha risposto all’argomentazione dei ricorrenti sul diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva, esposta ai punti da 53 a 57 delle osservazioni da essi presentate in merito all’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento e dal Consiglio. Il Tribunale ha dichiarato, basandosi sulla giurisprudenza della Corte, che il giudice dell’Unione non può, senza eccedere le proprie competenze, interpretare i requisiti cui è subordinata la possibilità di un singolo di proporre ricorso contro un regolamento in un modo tale che si risolva nell’escludere l’applicazione dei requisiti medesimi, i quali sono espressamente previsti dal Trattato, e ciò neppure alla luce del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

82 Per costante giurisprudenza della Corte, il Tribunale non è tenuto a fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. Secondo tale giurisprudenza, la motivazione del Tribunale può essere implicita, purché consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo sindacato (v. sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, Racc. pag. I‑6155, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

83 Di conseguenza, il fatto che, al punto 51 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale non menzioni espressamente gli articoli 6 e 13 della CEDU fatti valere dai ricorrenti e non affronti in modo esplicito tutti i dettagli della loro argomentazione non può essere considerato come una violazione dell’obbligo di motivazione.

84 Ciò vale anche rispetto alla circostanza che il Tribunale abbia concluso, allo stesso punto, di non poter escludere l’applicazione di requisiti per la proposizione di un ricorso contro un regolamento che «sono espressamente previsti» dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, pur avendo esso proceduto a un’interpretazione letterale, storica e teleologica di tale disposizione. Infatti, il Tribunale ha statuito sulla portata della nozione di «atti regolamentari» prevista dall’articolo 263, quarto comma, TFUE attraverso un’interpretazione classica secondo i metodi di interpretazione riconosciuti dal diritto dell’Unione. Un tale modo di procedere non ha alcuna incidenza sul fatto che detta nozione costituisce un requisito di ricevibilità espressamente previsto dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, che deve essere soddisfatto dai ricorsi di annullamento presentati dalle persone fisiche e giuridiche e non è tale da rendere contraddittoria la motivazione del Tribunale.

85 In considerazione di quanto precede, il secondo motivo di impugnazione risulta infondato.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

86 Nel terzo motivo, i ricorrenti affermano che l’interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE accolta dal Tribunale viola l’articolo 47 della Carta nonché gli articoli 6 e 13 della CEDU. Nella sua sentenza del 3 maggio 2002, Jégo-Quéré/Commissione (T‑177/01, Racc. pag. II‑2365), il Tribunale avrebbe constatato che l’interpretazione restrittiva dei requisiti di ricevibilità dei ricorsi diretti da parte del giudice dell’Unione non poteva essere ritenuta idonea a garantire alle persone fisiche e giuridiche il diritto a un ricorso effettivo che permettesse loro di contestare la legittimità degli atti di portata generale direttamente incidenti sulla loro sfera giuridica.

87 L’interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE nell’ordinanza impugnata rappresenterebbe addirittura una regressione rispetto alla situazione esistente prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Prima dell’entrata in vigore di detto Trattato, i giudici dell’Unione avrebbero applicato un criterio sostanziale al fine di accertare la legittimazione delle persone fisiche e giuridiche ad agire per l’annullamento, mentre ormai sarebbe applicato un criterio puramente formale.

88 Il Parlamento, il Consiglio nonché la Commissione sostengono che i ricorrenti godono di una tutela giurisdizionale effettiva in quanto dispongono di un diritto di ricorso contro il regolamento n. 737/2010, che costituirebbe l’atto di esecuzione del regolamento controverso dagli stessi contestato nella causa decisa con sentenza del 25 aprile 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (T‑526/10, non ancora pubblicata nella Raccolta), il quale permette loro di fare valere gli stessi argomenti di merito che hanno dedotto dinanzi al Tribunale nella presente controversia. Inoltre, facendo riferimento alle spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta, il Consiglio e la Commissione affermano che detto articolo non avrebbe ad oggetto di modificare il sistema di controllo giurisdizionale previsto dai Trattati e, in particolare, le regole relative alla ricevibilità dei ricorsi diretti.

Giudizio della Corte

89 Con il terzo motivo, i ricorrenti affermano, in sostanza, che l’interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE accolta dal Tribunale viola l’articolo 47 della Carta in quanto consente alle persone fisiche e giuridiche la proposizione di un ricorso di annullamento contro atti legislativi dell’Unione soltanto nell’ipotesi in cui tali atti le riguardino direttamente ed individualmente ai sensi dell’articolo 263, quatto comma, TFUE.

90 Occorre preliminarmente ricordare che il controllo giurisdizionale del rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è assicurato, come si evince dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, dalla Corte e dagli organi giurisdizionali degli Stati membri (v., in tal senso, parere 1/09, dell’8 marzo 2011, Racc. pag. I‑1137, punto 66).

91 Inoltre, l’Unione è un’Unione di diritto, nel senso che le sue istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti, segnatamente, ai Trattati, ai principi generali del diritto nonché ai diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2010, E e F, C‑550/09, Racc. pag. I‑6213, punto 44).

92 A tal fine, mediante gli articoli 263 e 277, da un lato, e l’articolo 267, dall’altro, il Trattato FUE ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti dell’Unione, affidandolo al giudice dell’Unione (v. sentenze del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, Racc. pag. 1339, punto 23; Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 40; Reynolds Tobacco e a./Commissione, cit., punto 80, nonché del 12 luglio 2012, Association Kokopelli, C‑59/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34).

93 Quindi, le persone fisiche o giuridiche che non possono, a motivo dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, impugnare direttamente taluni atti dell’Unione di portata generale sono tutelate contro l’applicazione di questi ultimi nei loro confronti. Qualora l’attuazione di tali atti spetti alle istituzioni dell’Unione, tali persone possono proporre un ricorso diretto dinanzi al giudice dell’Unione contro le misure di attuazione, alle condizioni stabilite dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, e dedurre a sostegno di detto ricorso l’illegittimità dell’atto generale in questione, ai sensi dell’articolo 277 TFUE. Laddove detta attuazione spetti agli Stati membri, esse possono far valere l’invalidità dell’atto dell’Unione in questione dinanzi ai giudici nazionali e sollecitare questi ultimi a interpellare la Corte al riguardo mediante la proposizione di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenza Les Verts/Parlamento, cit., punto 23).

94 Al riguardo occorre precisare che, nell’ambito di un procedimento nazionale, i singoli hanno il diritto di contestare in sede giudiziale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione di portata generale, eccependo l’invalidità di quest’ultimo (v., in tal senso, citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 42, nonché E e F, punto 45).

95 Ne consegue che il rinvio pregiudiziale per accertamento di validità costituisce, al pari del ricorso d’annullamento, uno strumento del controllo di legittimità degli atti dell’Unione (v. sentenze del 21 febbraio 1991, Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest, C‑143/88 e C‑92/89, Racc. pag. I‑415, punto 18, nonché del 6 dicembre 2005, ABNA e a., C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, Racc. pag. I‑10423, punto 103).

96 In proposito occorre ricordare che, quando un giudice nazionale ritenga che uno o più motivi di invalidità di un atto dell’Unione formulati dalle parti o, eventualmente, sollevati d’ufficio siano fondati, esso deve sospendere la decisione e investire la Corte di un procedimento pregiudiziale per accertamento di validità, essendo quest’ultima la sola competente a dichiarare l’invalidità di un atto dell’Unione (sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, Racc. pag. I‑403, punti 27 e 30 nonché giurisprudenza ivi citata).

97 In merito alla tutela conferita dall’articolo 47 della Carta, si deve sottolineare che detto articolo non ha ad oggetto di modificare il sistema di controllo giurisdizionale previsto dai Trattati, ed in particolare le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi al giudice dell’Unione europea, come si evince altresì dalle spiegazioni relative a tale articolo 47, le quali, conformemente agli articoli 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione di quest’ultima (v. sentenze del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42, nonché del 18 luglio 2013, Alemo-Herron e a., C‑426/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).

98 Quindi, i requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE devono essere interpretati alla luce del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva, senza tuttavia giungere ad escludere l’applicazione dei requisiti previsti dal suddetto Trattato (v., in tal senso, citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 44, e Commissione/Jégo-Quéré, punto 36).

99 In merito al ruolo dei giudici nazionali ricordato al punto 90 della presente sentenza, occorre rammentare che essi adempiono, in collaborazione con la Corte, una funzione loro attribuita congiuntamente al fine di garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati (parere 1/09, cit., punto 69).

100 Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva (citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 41, e Commissione/Jégo-Quéré, punto 31).

101 Siffatto obbligo degli Stati membri è stato ribadito dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, ai sensi del quale essi «stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

102 A tal proposito, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, compete all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare, nel rispetto delle esigenze richiamate ai punti 100 e 101 della presente sentenza nonché dei principi di effettività e di equivalenza, i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 15 aprile 2008, Impact, C‑268/06, Racc. pag. I‑2483, punto 44 e giurisprudenza ivi citata; del 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales, C‑118/08, Racc. pag. I‑635, punto 31, nonché del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, Racc. pag. I‑2213, punti 47 e 61).

103 In merito ai mezzi di ricorso che devono essere previsti dagli Stati membri, sebbene il Trattato FUE abbia istituito un certo numero di azioni dirette che possono essere eventualmente esperite dalle persone fisiche e giuridiche dinanzi al giudice dell’Unione, né tale Trattato né l’articolo 19 TUE hanno inteso creare mezzi di ricorso esperibili dinanzi ai giudici nazionali al fine di salvaguardare il diritto dell’Unione che siano diversi da quelli già contemplati dal diritto nazionale (sentenza del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 40).

104 La situazione sarebbe diversa soltanto se dall’ordinamento giuridico nazionale in questione, considerato nel suo complesso, risultasse che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione o, ancora, se l’unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo fosse quello di commettere violazioni del diritto (v., in tal senso, sentenza Unibet, cit., punti 41 e 64 nonché giurisprudenza ivi citata).

105 In merito all’argomento dei ricorrenti secondo cui l’interpretazione della nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE accolta dal Tribunale comporterebbe un deficit di tutela giurisdizionale e sarebbe incompatibile con l’articolo 47 della Carta, in quanto avrebbe per conseguenza che ogni atto legislativo sarebbe in pratica esente dal controllo giurisdizionale, si deve constatare che la tutela conferita dall’articolo 47 della Carta non esige che un singolo possa proporre in modo incondizionato un ricorso di annullamento contro atti legislativi dell’Unione direttamente dinanzi al giudice dell’Unione.

106 Infine, né tale diritto fondamentale né l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE esigono che un singolo possa proporre ricorso contro atti di questo tipo, in via principale, dinanzi ai giudici nazionali.

107 Per tali ragioni, occorre respingere il terzo motivo in quanto infondato.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

108 Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono uno snaturamento degli elementi di prova. Al riguardo, essi fanno valere che il Tribunale ha, a più riprese, travisato i loro argomenti in merito alla misura in cui gli atti legislativi rientrano nella nozione di «atti regolamentari» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE. In particolare, il Tribunale avrebbe confuso i loro argomenti con quelli del Parlamento e del Consiglio. Quindi, la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale sarebbe viziata da vari errori manifesti di valutazione, con la conseguenza che la Corte dovrebbe annullare l’ordinanza impugnata, per lo meno la parte dedicata all’interpretazione di tale nozione di «atti regolamentari», e dovrebbe essa stessa esaminare gli argomenti dei ricorrenti al riguardo.

109 Il Parlamento sostiene che detto motivo è manifestamente irricevibile. In realtà, i ricorrenti mirerebbero ad ottenere un riesame degli argomenti dedotti in primo grado. In ogni caso, detto motivo sarebbe infondato, poiché il Tribunale non avrebbe travisato gli argomenti dei ricorrenti. Inoltre, i ricorrenti non avrebbero dimostrato che gli asseriti errori abbiano avuto un’incidenza sulla constatazione del Tribunale secondo cui il regolamento controverso non è un «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

110 Il Consiglio e la Commissione sostengono che tale motivo deve essere respinto in considerazione del fatto che i ricorrenti non deducono elementi di fatto o di prova che siano stati snaturati dal Tribunale.

Giudizio della Corte

111 Con il quarto motivo, i ricorrenti fanno valere, sostanzialmente, uno snaturamento di taluni degli argomenti da essi dedotti dinanzi al Tribunale e, in tal modo, tentano di rimettere in discussione la conclusione del Tribunale secondo cui la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE non include gli atti legislativi.

112 Nel caso di specie, tuttavia, è necessario constatare che, come risulta dal punto 61 della presente sentenza, correttamente il Tribunale ha dichiarato che tale nozione di «atti regolamentari» non include gli atti legislativi. Pertanto, anche se il Tribunale avesse snaturato taluni degli argomenti dei ricorrenti, un siffatto travisamento non avrebbe incidenza sul dispositivo dell’ordinanza impugnata e non potrebbe, quindi, comportarne l’annullamento.

113 Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto.

114 Da tutto quanto precede risulta che, non essendo stato accolto alcuno dei motivi dedotti dai ricorrenti, l’impugnazione dev’essere integralmente respinta.

Sulle spese

115 A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

116 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Quando una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, partecipi al procedimento dinanzi alla Corte, quest’ultima può, ai sensi del paragrafo 4 del citato articolo 184, decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico. Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del suddetto regolamento, anch’esso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

117 Poiché il Parlamento e il Consiglio hanno chiesto la condanna dei ricorrenti, questi ultimi, rimasti soccombenti, devono essere condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Parlamento e dal Consiglio nell’ambito dell’impugnazione.

118 La Commissione, in quanto parte interveniente dinanzi al Tribunale, sopporta le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Inuit Tapiriit Kanatami, la Nattivak Hunters and Trappers Association, la Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, i sigg. Jaypootie Moesesie, Allen Kooneeliusie, Toomasie Newkingnak, David Kuptana, la sig.ra Karliin Aariak, il Canadian Seal Marketing Group, la Ta Ma Su Seal Products Inc., il Fur Institute of Canada, la NuTan Furs Inc., la GC Rieber Skinn AS, l’Inuit Circumpolar Council Greenland (ICC‑Greenland), il sig. Johannes Egede e il Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK) sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea sopporta le proprie spese.

Firme