TAR Lombardia (MI), Sez. I, n. 1864, del 29 luglio 2015
Caccia e animali.Legittimità diniego rilascio della licenza di porto di fucile uso caccia per porto abusivo di pistola giocattolo priva di tappo rosso.

La licenza di porto d’armi può essere negata anche in assenza di sentenza di condanna per specifici reati connessi proprio al corretto uso delle armi, potendo l’Autorità amministrativa valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato diversi, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa desumere la non completa “affidabilità” all’uso delle stesse. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01864/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02238/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2238 del 2013, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Eliana Antonella Capizzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Fontana n. 5 

contro

Ministero dell'Interno - Questura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Milano, Via Freguglia, n. 1

per l'annullamento

del decreto del Questore della Provincia di Milano Cat. 6F/3160/2013 – Div. P.A.S., emesso il 12.7.2013 e notificato in data 29.7.2013, con il quale è stata respinta l’istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30.6.2003 n. 196;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2015 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Questore di Milano ha rigettato la sua istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 43 del r.d. n. 773/1931; eccesso di potere per falsità dei presupposti;

2) violazione degli artt. 1, 2, 3, 22, commi 1 lett. b) e 6, e 24, comma 7, della l. n. 241/90; violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.; violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa; difetto d’istruttoria;

3) eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione e motivazione perplessa e apparente, erroneità e travisamento dei fatti.

Si è costituito il Ministero intimato, chiedendo la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 8 luglio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è infondato; di seguito le motivazioni della sentenza, rese nella forma redazionale semplificata di cui all’art. 74 c.p.a.

2.1. Il Questore ha adottato il provvedimento impugnato in quanto dagli atti d’ufficio è emerso che il sig. -OMISSIS-:

- “è stato deferito alla competente A.G. dal Comando Stazione Carabinieri di Desio per l’ipotesi di reato di “porto abusivo di pistola giocattolo priva di tappo rosso”, in relazione alla quale il procedimento penale “si è concluso con l’emissione del decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Monza che ha disposto l’archiviazione «perché il fatto non costituisce reato»”;

- “è stato deferito alla Procura di Brescia dal Comando Stazione Carabinieri di Villa Carcina (BS) per l’ipotesi di “rissa” per cui, in data 4.9.2000 il G.I.P. presso il Tribunale di Brescia ha emesso il decreto penale di condanna (divenuto esecutivo il 4.11.2000) al pagamento della multa di euro 1162,00”, in relazione al quale “in data 2.2.2012 il Tribunale di Monza – Sezione staccata di Desio – ha dichiarato l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 460, comma 5, c.p.p.”;

- “è stato ulteriormente deferito alla Procura di Monza dalla Tenenza Carabinieri di Paderno Dugnano per l’ipotesi di reato di «rissa» e che tale imputazione è stata successivamente derubricata nelle ipotesi di reato di «percosse», «lesioni personali e ingiurie»”, in relazione ai quali, “avendo le parti coinvolte rimesso le proprie querele … il procedimento penale si è concluso con la declaratoria di non doversi procedere «per intervenuta remissione di querela»”

- “è stato deferito alla Procura della Repubblica di Milano … per l’ipotesi di reato di «falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico»”, in relazione al quale “ha subito la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti della reclusione di mesi uno e giorni venti sostituita con la multa di euro 1900,00” e “con ordinanza del Tribunale di Monza – Sezione distaccata di Desio ha beneficiato dell’applicazione dell’indulto”; “con ordinanza del 28.1.2012 il medesimo Tribunale ha dichiarato estinto il reato ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p.”;

- “è solito frequentare persone gravate da precedenti penali”.

Il Questore ha quindi ritenuto che, “pur prescindendo dagli esiti giudiziari successivi, … i fatti comportamentali alla base delle vicissitudini del sig. -OMISSIS- unitamente alle sue frequentazioni, non sminuiscono minimamente il disvalore delle condotte da lui poste in essere e non consentono, allo stato attuale, di potere esprimere un giudizio di assoluta, completa e indiscussa affidabilità quale requisito indispensabile per potere essere titolari di autorizzazioni di polizia in materia di armi”.

2.2. La giurisprudenza in materia ha chiarito che:

- nell’ordinamento vigente non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione ed al porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni (ad apposito divieto previsto dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, della l. n. 110 del 1975) circondate di particolari cautele;

- ai sensi degli articoli 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non diano affidamento di non abusare delle armi. Tale disciplina è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso e inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa;

- i provvedimenti concessivi del porto d’armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati;

- i provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando in capo all’amministrazione l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta a intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.

2.3. Ciò posto, osserva il Collegio che l’Amministrazione ha dato adeguatamente conto in motivazione delle circostanze di fatto che hanno indotto il Questore a ritenere il ricorrente non affidabile.

Tali circostanze sono sufficienti e idonee a far ritenere ragionevole e congrua la valutazione di non affidabilità posta alla base dell’impugnato provvedimento del Questore, indipendentemente dall’esito delle vicende penali relative agli accadimenti imputati al ricorrente.

Invero, il giudizio di “non affidabilità” è per certi versi più stringente rispetto a quello di “pericolosità sociale”, giustificando il diniego anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta” (si è ritenuto, ad es., legittimo il diniego in situazioni di inusuale conflittualità fisica e verbale nei rapporti familiari, o di convivenza, o di vicinato: C.d.S., Sez. III, n. 4666/2013). Secondo la giurisprudenza la licenza di porto d’armi può essere negata anche in assenza di sentenza di condanna per specifici reati connessi proprio al corretto uso delle armi, potendo l’Autorità amministrativa valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato diversi, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa desumere la non completa “affidabilità” all’uso delle stesse (C.d.S., Sez. III, n. 3979/2013).

Le norme di cui agli artt. 11 e 43 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, difatti, oltre ad ipotesi tipiche di diniego vincolato, collegato alla riportata condanna per alcuni reati, consentono di negare le autorizzazioni di polizia, in generale, a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità, e a chi non ha tenuto una buona condotta.

In particolare, il citato art. 43, per quanto riguarda la licenza di portare armi, prevede il divieto di autorizzazione a chi ha riportato condanna alla reclusione per i medesimi delitti di cui sopra, non colposi, ovvero a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all’autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico; oppure, da ultimo, a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

Con norma di chiusura, inoltre, l’ultimo capoverso dello stesso articolo dispone che “la licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi” (in tal caso gravando la prova della mancanza della buona condotta sull’Amministrazione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 16 dicembre 1993, n. 440).

Proprio tale ultimo inciso trova applicazione nella fattispecie, trattandosi di circostanze tutte insieme valorizzate al fine di valutare la sussistenza del requisito di “affidabilità” necessario al rilascio dell’autorizzazione. In quest’ottica, alcun rilievo può attribuirsi, in senso contrario, al fatto che il ricorrente abbia “avuto un unico controllo di polizia mentre si trovava in compagnia di terzi nell’estate 2012 per un occasionale incontro lavorativo”, essendo comunque sufficienti a fondare il giudizio del Questore gli altri plurimi elementi valutativi indicati nel provvedimento impugnato.

In definitiva, il decreto del Questore indica fatti e circostanze in modo dettagliato e preciso, e ne ricava congruamente un giudizio di non sussistenza del requisito soggettivo dell’affidabilità, in modo sufficiente a rendere comprensibile l’iter logico seguito e non manifestamente illogiche le conclusioni adottate; trattasi, infatti, di elementi tutti ben idonei, nel loro complesso (pur fatta eccezione per quello relativo alla frequentazione di persone gravate da precedenti penali), a fondare la valutazione fatta dal Questore, della quale non si evidenzia alcuna irragionevolezza o difetto di istruttoria, alla luce della chiara propensione dell’interessato ad una non episodica violazione delle regole.

2.4. In ragione delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio in favore del Ministero intimato, liquidate complessivamente in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi di -OMISSIS- manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Silvia Cattaneo, Primo Referendario

Oscar Marongiu, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)