 Cass. Sez. III n. 18893 del 13 maggio 2011 (Ud. 2 feb. 2011)
Cass. Sez. III n. 18893 del 13 maggio 2011 (Ud. 2 feb. 2011)
Pres. Teresi   Est. Grillo Ric. Ardizzoni
Caccia e animali. Nozione di specie selvatica
Per esemplari di specie selvatica ci si intende riferire ad esemplari di origine selvatica, mentre laddove si tratti di animali di prima generazione nati in cattività questi non possono più essere definiti di provenienza selvatica
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
 Composta dagli Ill.mi Sigg.:
 1. Dott. TERESI Alfredo                                                  Presidente
 2. Dott. SQUASSONI Claudia                                         Consigliere
 3. Dott. GRILLO Renato                                                 (est.) Consigliere
 4. Dott. MULLIRI Guida                                                  Consigliere
 5. Dott. RAMACCI Luca                                                 Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto da: ARDIZZONI Giovanni, nato a Catania il 18.12.1952;
 - avverso la sentenza emessa il 20 giugno 2009 dal Tribunale di Enna;
 - udita nella udienza pubblica del 2 febbraio 2011 la relazione fatta dal  Consigliere Dr. Renato GRILLO;
 - udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale  dott. Gioacchino Izzo che ha concluso per l'annullamento senza rinvio perché il  fatto non è previsto dalla legge come reato;
 Svolgimento del processo e motivi della decisione
 Con sentenza del 30 giugno 2009 il Tribunale di Enna dichiarava ARDIZZONI  Giovanni, originariamente imputato dei reati previsti dagli artt. 1 comma 1 °  lett. t) e 5 comma 6 in relazione all'art. 5 comma 6 della L. n.150/97  (imputazioni dalle quali veniva mandato assolto rispettivamente perché il fatto  non sussiste e perché il fatto non è previsto dalla legge come reato) nonché del  reato di cui all'art. 30 lett. b) L. n.157/92, colpevole di quest'ultimo reato  e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di €  1.000 di ammenda. Il Tribunale individuava la responsabilità dell'imputato sulla  base della univoca circostanza che i due esemplari di volatili detenuti  rientravano (anche) nello speciale elenco di cui all'art. 2 della L 157/92,  trattandosi di uccelli rapaci diurni rientranti nella fauna selvatica oggetto di  tutela ai sensi della L. 157/92.
 Propone ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del proprio difensore  denunciando falsa e/o erronea applicazione della legge penale (art. 30 lett. b)  della L. 157/92), e rilevando che, in applicazione del principio di specialità -  vertendosi in tema di concorso apparente di norme - avrebbe dovuto trovare  applicazione il disposto di cui all'art. 1 comma 1 della L. 150/92 sanzionante  la condotta della detenzione di specie faunistiche protette, rispetto a quella  contemplata all'interno della L. 157/92, con l'ulteriore rilievo che la prima,  rispetto alla seconda, che assume portata più generale, prevede una tutela  mirata per alcune specie di volatili inserite nelle appendici della CITES e  negli allegati del regolamento CEE.
 Con altro motivo la difesa del ricorrente deduce contraddittorietà ed illogicità  della motivazione, in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto della  fondamentale circostanza che i due esemplari di rapaci rinvenuti in suo possesso  erano nati e cresciuti in allevamento.
Con l'ultimo motivo la difesa deduce violazione della legge penale (artt. 163 e 164 c.p.) avendo il giudice negato il beneficio della sospensione condizionale a causa di un precedente penale ostativo alla sospensione, in aperta violazione del disposto di cui all'art. 164 il cui divieto di operatività vale per il delitti, ma non per le contravvenzioni (pena riportata con la condanna precedente ritenuta preclusiva).
 Il ricorso è fondato nei termini di cui appresso.
 Va certamente disatteso il primo motivo riguardante la qualificazione della  condotta penalmente rilevante come ritenuta dal Tribunale.
 Secondo il ricorrente, infatti, la detenzione di due esemplari di volatili  appartenenti a specie protette avrebbe dovuto essere sanzionata soltanto alla  stregua delle disposizioni di cui alla legge 150/92 e non di quelle contemplate  nell'art. 30 lett. b) della L. 157/92, norma definita dal ricorrente di portata  più generale rispetto alla prima, contenente, a suo giudizio, molteplici  elementi specializzanti.
 Correttamente il Tribunale, muovendo dalla premessa in fatto (non contestata dal  ricorrente) della appartenenza dei due volatili (si trattava di due esemplari di  avvoltoi capovaccai facenti parte della specie dei rapaci notturni) alla fauna  selvatica oggetto di tutela specifica ai sensi della L. 157/92, ha ritenuto  applicabile tale ultima normativa che opera su piani totalmente diversi rispetto  a quella delineata nella L. 150/92, individuando poi un secondo profilo di  responsabilità - penalmente non più rilevante stante l'intervenuta  depenalizzazione - nella mancata denuncia della detenzione di tali animali al  Corpo Forestale dello Stato (condotta per la quale il Tribunale ha prosciolto  l'imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato).
 La disciplina invocata dal ricorrente mira, infatti, a sanzionare il commercio  di esemplari appartenenti a specie protette o in via di estinzione laddove  attuato al di fuori di regole e controlli stabiliti al livello internazionale,  in attuazione della convenzione sul commercio internazionale delle specie  animali e vegetali in via di estinzione sottoscritta a Washington il 3 marzo  1973.
 Nel caso in esame correttamente il Tribunale ha inquadrato la condotta  dell'imputato nella fattispecie di cui all'art. 30 lett. b) della L. 157/92  ritenendo condivisibilmente che tale normativa operasse su un piano diverso  rispetto a quella ipotizzata dall'imputato.
 E' per contro fondato il secondo motivo di ricorso, non ravvisandosi nel caso in  esame - contrariamente a quanto affermato dal Tribunale - la sussistenza del  presupposto punitivo. Invero sulla base degli elementi rassegnati dalla difesa  nel corso del giudizio di merito era stata raggiunta la prova - incombente  sull'imputato - della provenienza legittima delle due specie di avvoltoi nati ed  allevati in cattività: conseguentemente il Tribunale, non avendo l'accusa  dimostrato il contrario, avrebbe dovuto prosciogliere l'imputato per assenza del  presupposto punitivo basato proprio sul divieto di detenzione di esemplari di  fauna selvatica. Versandosi in tema di detenzione di esemplari di prima  generazione nati in cattività, la norma contemplata nell'art. 30 lett. b) della  L. 157/92 non poteva trovare applicazione, dovendosi quindi escludere che i  volatili rientrassero nella fauna selvatica.
 Invero come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte per  esemplari di specie selvatica ci si intende riferire ad esemplari di origine  selvatica, mentre laddove si tratti di animali di prima generazione nati in  cattività questi non possono più essere definiti di provenienza selvatica (Cass.  Sez. 4^ 26.9.1997 n. 3062, Pagliai, Rv. 210176; Cass. Sez. 3^ 8.5.1997 n. 8877,  Muz, Rv. 209368).
 L'accoglimento di tale specifico motivo di ricorso assorbe ogni residua censura  sollevata con riferimento al terzo motivo.
 La sentenza impugnata va, pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non  sussiste.
 P.Q.M.
 Annulla senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma 2/2/2011
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 13 MAG. 2011
 
                    




