Cass. Sez. III n. 28144 del 15 luglio 2024 (CC 10 giu 2024)
Pres. Sarno Est. Giorgianni Ric. PM in proc. Di Febo
Beni culturali.Reato di impossessamento di beni culturali ed udienza preliminare

Non è abnorme l'ordinanza con cui il Tribunale, in sede di udienza predibattimentale ex art. 554-bis cod. proc. pen., nell’ambito di un procedimento avente a oggetto il reato ex art. 176 del d.lgs. n. 42 del 2004, ha disposto la restituzione degli atti al P.M. per quanto di competenza, rilevando che l’art. 176 d.lgs. n. 42/2004 era stato abrogato ed era confluito nell’art. 518-bis, comma 1, cod. pen., fattispecie per la quale è oggi prevista l’udienza preliminare, e che non vi era stata, da parte del pubblico ministero, una definizione giuridica in termini corrispondenti a quanto emergente dagli atti.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 18 ottobre 2023, con cui il Tribunale di Teramo, in sede di udienza predibattimentale ex art. 554-bis cod. proc. pen., nell’ambito di un procedimento avente a oggetto il reato ex art. 176 del d.lgs. n. 42 del 2004, ha disposto la restituzione degli atti al P.M. per quanto di competenza, rilevando che l’art. 176 d.lgs. n. 42/2004 era stato abrogato ed era confluito nell’art. 518-bis, comma 1, cod. pen., fattispecie per la quale è oggi prevista l’udienza preliminare, e che non vi era stata, da parte del pubblico ministero, una definizione giuridica in termini corrispondenti a quanto emergente dagli atti.

2. Con il ricorso il Procuratore ricorrente deduce l’abnormità del provvedimento impugnato, evidenziando che l’ordinanza ha determinato una indebita regressione del procedimento, provocando così una stasi processuale non rimovibile, atteso che, ai fini della corretta qualificazione giuridica della fattispecie ai sensi dell’art. 518-bis cod. pen., il giudice avrebbe dovuto esercitare i poteri conferitigli dall’art. 554-bis, comma 6, cod. proc. pen., attivando il contraddittorio ed invitando il P.M. di udienza ad apportare le necessarie modifiche in ordine alla definizione giuridica dei fatti. Aggiunge che il provvedimento impugnato non è giustificabile neanche nel riferimento fatto dal giudicante alla necessità dell’udienza preliminare per i fatti sanzionati dall’art. 518-bis cod. pen., dovendo applicarsi i criteri di cui all’art. 2 cod. pen. che impongono il più severo regime sanzionatorio ai soli fatti commessi a decorrere dal 23 marzo 2022.

CONSIDERATO IN DIRITTO

     1. Il ricorso è infondato.

       2. In via preliminare deve richiamarsi la consolidata affermazione della giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552; Sez. U, n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, Rv. 282807; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Rv. 273581; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Rv. 243590; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, Rv. 215094; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, Rv. 209603), secondo cui è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. In tal senso è stato chiarito che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo.
In definitiva, l’atto può essere dichiarato abnorme quando concorrano almeno i seguenti requisiti: a) sia affetto da un vizio per il quale non sono previste cause di nullità o inutilizzabilità; b) non sia altrimenti impugnabile; c) non sia inquadrabile nella struttura procedimentale prevista dall’ordinamento, ovvero determini una stasi processuale non altrimenti superabile, con la precisazione che, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell'abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica.

       3. Orbene, tali caratteristiche della abnormità del provvedimento impugnato non sono ravvisabili nel caso di specie.

       3.1 E’ opportuno prendere le mosse dell’affermazione contenuta nel ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo circa la sussistenza di una continuità normativa tra l’art. 176 d.lgs. n. 42/2004 e l’art. 518-bis cod. pen.
       La Corte ha, in proposito, già affermato che la riforma operata con la legge n. 22 del 2022 «si è limitata a riprodurre nel codice penale, in ossequio al principio della riserva di codice, con coevo inasprimento dei compassi edittali, i delitti del patrimonio culturale già ospitati in seno al codice di settore - ove ora restano allocate le sole contravvenzioni - contestualmente abrogati all'art. 5, comma 2, lettera b), dalla stessa legge n. 22 del 2022» (Sez. 3, n. 36265 del 15/06/2023, Andretta, Rv. 284907). Pertanto, limitatamente alle nuove sanzioni abbinate al predetto gruppo di reati, ora codificati, «vale perciò il principio di irretroattività della pena di cui agli artt. 25, secondo comma, Cost., 7 CEDU e 1 cod. pen., per il resto versandosi per lo più in ipotesi di abrogatio sine abolitione con conseguente continuità normativa del tipo di illecito, già punito secondo la legge previgente e che conserva rilevanza penale anche sotto la nuova disciplina codicistica» (Sez. 3, n. 36265 del 15/06/2023, cit.). 
    L’art. 5, comma 2, lett. b), legge n. 22 del 09/03/2022, entrato in vigore il 23 marzo 2022, ha abrogato, tra gli altri, l’art. 176 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che disciplinava la fattispecie di reato di impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, fattispecie contestata nel procedimento oggetto di ricorso per cassazione da parte del Procuratore della Repubblica di Teramo.
    L’art. 1, comma 1, legge n. 22 del 09/03/2022, entrato in vigore il 23 marzo 2022, ha inserito nel codice penale il Titolo VIII-bis del libro secondo contenente, tra le altre, la disposizione di cui all’art. 518-bis cod. pen. che ha riproposto, ampliando l’ambito di applicazione, la fattispecie incriminatrice di impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo e nei fondali marini, precedentemente contenuta nell’art. 176 d.lgs. n. 42/2004, inasprendone il trattamento sanzionatorio: è ora prevista la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1.500. 
    L’inasprimento sanzionatorio della pena detentiva massima, in precedenza fissata in tre anni di reclusione, ha come conseguenza processuale, per il pubblico ministero, che l’azione penale non può essere esercitata con citazione diretta a giudizio ai sensi dell’art. 550 cod. proc. pen., bensì con richiesta di rinvio a giudizio ai sensi degli artt. 416 e 417 cod. proc. pen.

    3.2 E’ insegnamento della Corte di legittimità che «In tema di esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio previsto dall'art. 550 cod. proc. pen. alla pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, è "fisso" in quanto, stante l'inderogabilità del principio tempus regit actum in ambito processuale, va riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non già a quella di diritto sostanziale concretamente applicabile all'imputato, sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali del tempo» (Sez. 2, n. 9876 del 12/02/2021, Macrì, Rv. 280724: fattispecie relativa al reato di cui all'art. 642 cod. pen., la cui pena - in data successiva alla consumazione ma antecedente all'esercizio dell'azione penale - era stata aumentata nel massimo edittale a cinque anni, in cui la Corte ha annullato la sentenza emessa a seguito di citazione diretta a giudizio).
    In altri termini, nella pronuncia richiamata, la Corte ha precisato che il rinvio contenuto nell’art. 550 cod. proc. pen. al limite di pena dei quattro anni debba essere inteso come “fisso”, ovvero riferito alla norma vigente nel momento in cui si esercita l’azione penale, e non come “mobile” ovvero collegato alla norma di diritto penale sostanziale in concreto applicabile all’imputato sulla base dei criteri indicati dall’art. 2 cod. pen. E’ stato anche osservato che la violazione delle regole previste dall'art. 550 cod. proc. pen. lede il diritto di difesa solo se l'illegittimità genera una contrazione delle garanzie processuali attraverso l'eliminazione della fase dell'udienza preliminare, tanto che l’art. 550, comma 3, cod. proc. pen. prevede una nullità relativa limitatamente al caso in cui si sia proceduto con citazione diretta invece che con richiesta di rinvio a giudizio e non nel caso inverso (il terzo comma dell’art. 550 cod. proc. pen. non ha subìto modifiche a seguito della entrata in vigore della riforma Cartabia). 
    Il principio ha trovato continuità nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 28694 del 19/05/2022, Caggia, Rv. 283578 – 01) ed è stato anche richiamato, in parte motiva, dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552).

    3.3 Ebbene, così delineate le coordinate giuridiche della questione relativa alle modalità di esercizio dell’azione penale, il fatto oggetto di contestazione, nella fattispecie in esame, è stato commesso nella vigenza della disposizione più favorevole, ma l’esercizio dell’azione penale, mediante citazione diretta a giudizio, risale ad epoca successiva alla trasposizione nel codice penale, con applicazione del principio della riserva di codice, dei delitti del patrimonio culturale già inseriti nel codice di settore, con inasprimento del trattamento sanzionatorio. Consegue che, al momento dell’esercizio dell’azione penale, la disciplina di cui all’art. 550 c.p.p. non consentiva la citazione diretta a giudizio per la fattispecie di reato per la quale era stata elevata l’imputazione, sicchè le modalità di esercizio dell’azione penale prescelte dal pubblico ministero presso il Tribunale di Teramo erano giuridicamente erronee.
    Le Sezioni Unite da ultimo pronunciatesi sull’argomento (Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, cit.; Sez. U, n. 42603 del 13/07/2023, P.M. c/ El Karti, Rv. 285213) hanno richiamato l’approdo della giurisprudenza precedente (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590) che, nel rapporto tra giudice e pubblico ministero, ha ritenuto che l’abnormità strutturale ricorra nei casi di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto), mentre l’abnormità funzionale, ravvisabile nei casi di stasi del procedimento e di impossibilità di proseguirlo, ricorra nell’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo, rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. Solo in tali limiti il pubblico ministero può ricorrere, altrimenti è tenuto ad ottemperare in un sistema che non consente la possibilità di conflitto, in caso di contrasto tra pubblico ministero e giudice, non potendo affermarsi che l’effetto della regressione del processo ad una fase precedente caratterizzi di per sé l’abnormità al di fuori dei casi in cui la restituzione degli atti al pubblico ministero sia disposta indebitamente.
    Nel caso di specie, il provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero, fondato sulla considerazione che la fattispecie di reato contestata (art. 176 d.lgs. n. 42/2004) fosse confluita nella disposizione codicistica di cui all’art. 518-bis cod. pen., i cui limiti di pena imponevano la necessità della fissazione dell’udienza preliminare, non è giuridicamente erroneo e non è pertanto affetto da abnormità; ed anzi, è conforme agli insegnamenti della Corte di legittimità.
    Resta chiaro che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, cod. pen., l’imputato sarà giudicato sulla base della disposizione normativa sostanziale per lui più favorevole.

4. Per completezza, va aggiunto come un eventuale invito al pubblico ministero a meglio precisare la definizione giuridica ai sensi dell’art. 554-bis, comma 6, cod. proc. pen. non avrebbe potuto avere come esito la risoluzione della problematica, dal momento che l’oggetto della questione verte non sulla qualificazione giuridica dei fatti, bensì sulla corretta individuazione delle modalità di esercizio dell’azione penale, non più emendabili nella fase processuale in cui è stata pronunciata l’ordinanza impugnata, se non mediante la restituzione degli atti al pubblico ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso il 10/06/2024.