Cass. Sez. III n. 42893 del 18 novembre 2008 (Ud 24 ott. 2008)
Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Domenici
Beni culturali. Articolo 733 codice penale

Con riferimento alla fattispecie di cui all\'art. 733 c.p. la sua configurabilità non si palesa incompatibile con la qualità di sindaco dell\'imputato in relazione all\'oggetto della condotta posta in essere poiché detta fattispecie non ha natura di reato proprio, come emerge dalla individuazione del soggetto attivo con il termine "chiunque", sicché non vi è ragione per escludere dai possibili autori della violazione chi riveste una carica pubblica, allorché si tratti un monumento. E\', infatti, evidente che l\'appartenenza al privato è riferita dall\'art. 733 c.p. alle altre cose di proprietà privata, di cui sia noto al proprietario il rilevante pregio. Né appare conforme alla ratio della norma, quale si evince dalla stessa intitolazione dell\'art. 733 c.p. (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale), la esclusione di soggetti diversi dal proprietario dal novero dei possibili autori della violazione, allorché la stessa abbia ad oggetto beni costituenti "monumento", termine da riferirsi a quelle cose di rilevante interesse culturale che, pertanto, già fanno parte in modo incontrovertibile del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale. Si palesa, pertanto, incoerente con detta ratio una diversa interpretazione della norma che determinerebbe la sostanziale esclusione dei monumenti pubblici dalla tutela prevista dalla fattispecie contravvenzionale, che peraltro non coincide del tutto, sia sul piano oggettivo che ovviamente soggettivo, con quella del delitto di cui all\'art. 635 c.p.. I monumenti pubblici, invero, costituiscono la stragrande maggioranza dei beni di più rilevante interesse archeologico, storico o artistico e non possono per ovvie ragioni essere distrutti, deteriorati o comunque danneggiati dal proprietario.

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze, in accoglimento dell'impugnazione - ricorso per cassazione convertito in appello - proposta dalla Procura Generale avverso la sentenza del Tribunale di Firenze in data 24.10.2005, ha affermato la colpevolezza di D.L. in ordine ai reati: a) di cui al D.Lgs n. 490 del 1999, art. 118, comma 1, lett. a), sostituito dal D.Lgs n. 42 del 2004, art. 169, comma 1, lett. a), e art. 61 c.p., n. 9; b) di cui all'art. 733 c.p., e art. 61 c.p., n. 9, ascrittigli, perchè, con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla qualità di sindaco di Firenze, disponeva con ordinanza in data 22.5.2003, il taglio di quattro alberi, facenti parte del giardino - lato (OMISSIS) - della (OMISSIS), sottoposta a tutela quale complesso di particolare interesse storico artistico con provvedimento del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 27.2.1984, senza l'autorizzazione della Soprintendenza e nonostante l'espresso divieto della medesima, nonchè per avere, con la descritta condotta, danneggiato il predetto parco.

La sentenza ha fondato l'affermazione della colpevolezza dell'imputato sui seguenti rilievi in punto di fatto e diritto: a) inclusione del giardino circostante la (OMISSIS) tra gli immobili soggetti alla speciale tutela dei beni culturali in virtù del citato decreto ministeriale del 27.2.1984; b) illegittimità dell'ordinanza contingibile ed urgente, emessa ai sensi del D.Lgs n. 267 del 2000, art. 50, comma 5, con la quale era stato disposto l'abbattimento degli alberi, in quanto non determinata da alcuna emergenza sanitaria o di igiene pubblica, ma esclusivamente diretta a soddisfare le esigenze logistiche connesse alla manifestazione fieristica denominata (OMISSIS); c) natura di reato di pericolo presunto della fattispecie di cui al capo a) dell'imputazione e conseguente configurabilità dello stesso in presenza di opere che incidano sul bene sottoposto alla tutela dell'autorità.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi delle motivazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs n. 490 del 1999, art. 118 e art. 733 c.p., nonchè mancanza di motivazione e travisamento di fatto e delle prove.

Si deduce, in sintesi, che il vincolo imposto dal citato decreto ministeriale del 27.2.1984 è riferibile esclusivamente alla Fortezza da Basso e non all'area circostante la stessa, destinata a giardino in epoca successiva alla realizzazione del manufatto di interesse storico; che, peraltro, ove si ritenesse che l'ordinanza ministeriale ha esteso il vincolo anche all'area circostante l'immobile di interesse storico, la stessa risulterebbe carente di motivazione sul punto e, pertanto, suscettibile di disapplicazione da parte del giudice penale. Si osserva inoltre che la motivazione con la quale la sentenza ha affermato che il vincolo doveva intendersi esteso all'area circostante la Fortezza giustifica solo l'imposizione di un vincolo indiretto del D.Lgs. n. 490 del 1999, ex art. 49, con la conseguenza che la violazione dello stesso non integra la fattispecie di cui all'art. 118 del medesimo decreto legislativo. Si osserva, infine, che con memoria difensiva era stata rappresentata alla corte territoriale la inapplicabilità del testo unico sui Beni Culturali ed Ambientali in quanto la vegetazione costituente il parco non era quella originariamente impiantata nel 1800, costituita da alberi di cedro, in quanto quest'ultima era stata abbattuta negli anni '70 ed integralmente sostituita, con la conseguente inapplicabilità della normativa richiamata a beni di interesse culturale risalenti a meno di cinquanta anni.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs n. 267 del 2000, art. 50.

Si deduce che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, l'ordinanza con la quale era stato disposto l'abbattimento di quattro alberi del parco era connessa all'effettiva esistenza di un'emergenza sanitaria derivante dall'espletamento della manifestazione fieristica, la cui indizione peraltro doveva essere attribuita ad Enti ed organi amministrativi diversi dal sindaco, poichè senza la dislocazione di detta manifestazione nello spazio antistante la Fortezza si sarebbe creato un gigantesco e permanente ingorgo della circolazione lungo il (OMISSIS). Si osserva inoltre che l'esistenza di vincoli non preclude l'esercizio del potere del sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti e che il giudice penale non può disapplicare il provvedimento emesso dal sindaco sotto il profilo della insussistenza della situazione di necessità che lo ha determinato.

Con l'ulteriore mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs n. 490 del 1999, art. 118, e art. 733 c.p., nonchè manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza.

Con il motivo di gravame si deduce che la corte territoriale ha erroneamente attribuito alla fattispecie di cui al D.Lgs n. 490 del 1999, art. 118, natura di reato formale di pericolo presunto, avendo escluso dal novero delle condotte illecite solo quelle di manutenzione ordinaria e di giardinaggio e, cioè, gli interventi privi del "quid novum" che connota l'opera.

Si osserva che tale affermazione contrasta con il consolidato indirizzo interpretativo, secondo il quale per la configurabilità del reato occorre un minimo di idoneità offensiva della condotta posta in essere.

Si deduce, quindi, che nel caso in esame il giudice di primo grado aveva puntualmente motivato la pronuncia di assoluzione dell'imputato in base all'accertamento dell'assoluta carenza di offensività della condotta attribuitagli, essendo stato previsto il reimpianto degli alberi abbattuti in un contesto che contava numerosissime piante, mentre la sentenza impugnata è pervenuta alla affermazione di colpevolezza mediante una evidente forzatura interpretativa del quadro normativo con particolare riferimento alla violazione di cui all'art. 733 c.p..

Con l'ultimo motivo di gravame si denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 733 c.p., nonchè manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza.

Si deduce che la disposizione citata è riferibile esclusivamente ai fatti commessi dai privati, sicchè la violazione non è ascrivibile al rappresentante di un ente pubblico. Si aggiunge che dal fatto deve derivare un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale e che la condotta posta in essere dall'imputato, per il suo rilievo del tutto modesto riconosciuto dalla stessa sentenza, non poteva essere inquadrata nella fattispecie prevista dalla norma.

La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati ascritti all'imputato estinti per prescrizione.

Dalla commissione del fatto ((OMISSIS)), invero, è interamente decorso in data 24.11.2007 il termine di prescrizione dei reati, ai sensi degli art. 157 c.p., n. 5), nella formulazione previgente, e art. 160 c.p..

Per completezza di esame deve essere rilevato che il ricorso non risulta inammissibile, non palesandosi manifestamente infondati i motivi di gravame con particolare riferimento alle questioni afferenti alla interpretazione del decreto del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali in data 27.2.1984, ai fini della esatta individuazione degli immobili sottoposti a tutela, ed alla richiesta di disapplicazione di detto provvedimento per carenza di motivazione in ordine alla sua estensione alle aree verdi che circondano la (OMISSIS), nonchè in ordine all'effettiva esistenza di un nocumento per il patrimonio storico o artistico nazionale con riferimento al reato di cui al capo b).

L'accoglimento dei motivi di gravame, peraltro, renderebbe necessaria una ulteriore valutazione di merito sui punti oggetto di contestazione, preclusa dall'obbligo di immediata declaratoria di estinzione dei reati ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1.

Non sono, infatti, ravvisatali le condizioni per il proscioglimento dell'imputato con formula ampia in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2.

Sul punto si deve rilevare, in sintesi, che l'affermazione relativa al carattere recente degli alberi esistenti nel parco che circonda la (OMISSIS) risulta assertiva, nonchè irrilevante, in quanto oggetto della tutela è il parco che circonda la Fortezza e non i singoli alberi, e deve essere, pertanto, ricondotta all'esigenza di un ulteriore accertamento di merito in ordine alla effettiva estensione della tutela prevista dal D.M. 27 febbraio 1984, ed alla richiesta di disapplicazione di detto provvedimento in relazione al predetto parco.

Con riferimento alla dedotta insindacabilità da parte del giudice ordinario dell'ordinanza contingibile ed urgente emessa ai sensi del D.Lgs n. 267 del 2000, art. 50, occorre rilevare che la stessa giurisprudenza citata dal ricorrente non esclude la necessità del controllo da parte della autorità giudiziaria al fine di accertare se il provvedimento è assolutamente inesistente ovvero emesso in assoluta carenza di potere; verifica, in ogni caso, demandata al giudice di merito.

Con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 733 c.p., si osserva, in sintesi, che sua configurabilità non si palesa incompatibile con la qualità di sindaco dell'imputato in relazione all'oggetto della condotta posta in essere.

Detta fattispecie, invero, non ha natura di reato proprio, come emerge dalla individuazione del soggetto attivo con il termine "chiunque", sicchè non vi è ragione per escludere dai possibili autori della violazione chi riveste una carica pubblica, allorchè si tratti un monumento (cfr. sez. 3^, 199503967, Balzan, RV 202073).

E', infatti, evidente che l'appartenenza al privato è riferita dall'art. 733 c.p., alle altre cose di proprietà privata, di cui sia noto al proprietario il rilevante pregio.

Nè appare conforme alla ratio della norma, quale si evince dalla stessa intitolazione dell'art. 733 c.p., (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale), la esclusione di soggetti diversi dal proprietario dal novero dei possibili autori della violazione, allorchè la stessa abbia ad oggetto beni costituenti "monumento", termine da riferirsi a quelle cose di rilevante interesse culturale che, pertanto, già fanno parte in modo incontrovertibile del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.

Si palesa, pertanto, incoerente con detta ratio una diversa interpretazione della norma che determinerebbe la sostanziale esclusione dei monumenti pubblici dalla tutela prevista dalla fattispecie contravvenzionale, che peraltro non coincide del tutto, sia sul piano oggettivo che ovviamente soggettivo, con quella del delitto di cui all'art. 635 c.p..

I monumenti pubblici, invero, costituiscono la stragrande maggioranza dei beni di più rilevante interesse archeologico, storico o artistico e non possono per ovvie ragioni essere distrutti, deteriorati o comunque danneggiati dal proprietario.

Anche in relazione alla fattispecie di cui all'art. 733 c.p., pertanto, l'accoglimento del motivo di gravame dell'imputato renderebbe necessaria la rimessione del procedimento al giudice di merito per un ulteriore accertamento di fatto sul punto della effettiva esistenza del danno.

P.Q.M.

La Corte:
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 24 ottobre 2008.