Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4278, del 15 settembre 2015
Beni Ambientali.Manufatto visibile solo dalla proprietà dell’esecutore dell’abuso. Legittimità diniego compatibilità paesaggistica postuma.

Il diniego di compatibilità paesaggistica postuma (e/o di sanatoria di opere edili realizzate in zone vincolate) è da ritenersi sufficientemente motivato con l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela paesistica poste a base del relativo vincolo, sicché anche una motivazione scarna e sintetica, laddove riveli gli estremi logici dell’incompatibilità, va considerata soddisfacente. Si precisa, in particolare, che l’ivi addotta circostanza, secondo cui il manufatto sarebbe visibile solo dalla proprietà dello stesso ricorrente, deve ritenersi privo di rilevanza, poiché la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela paesaggistico-ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle opere stesse, ma al rispetto della particolare disciplina vincolistica posta a tutela del valore paesaggistico di quella zona specifica di territorio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 04278/2015REG.PROV.COLL.

N. 02246/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2246 del 2010, proposto da: 
Massari Michele, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciana Colantoni e Franco Buonassisi, con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Roma, via G. Belli, 60; 

contro

Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Comune di Pesaro, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Galvani e Mariangela Bressanelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Salaria, 95; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA, SEZIONE I, n. 932/2009, resa tra le parti e concernente: accertamento compatibilità paesaggistica postuma;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Colantoni e Galvani, nonché l’avvocato dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r per le Marche respingeva il ricorso n. 211 del 2009, proposto da Massari Michele avverso i seguenti atti:

(i) il provvedimento n. 9 del 20 gennaio 2009 del Comune di Pescara, con cui è stata respinta la domanda di compatibilità paesaggistica presentata dal ricorrente il 31 gennaio 2005 ai sensi dell’art. 1, comma 39, l. 15 dicembre 2004, n. 308, in relazione ad opere abusive realizzate in località Fonte Nova Novilara, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 42 del 2004, costitute da due manufatti accorpati costituenti un capanno ad uso agricolo;

(ii) il parere di non compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche con atto n. 16921 del 22 novembre 2006;

(iii) ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, tra cui, segnatamente, il parere negativo della Commissione edilizia comunale integrata dell’8 ottobre 2008.

Il T.a.r. basava la statuizione reiettiva sui seguenti rilievi:

- in alcuna parte dell’impugnato provvedimento comunale era stato assunto il carattere vincolante del parere soprintendentizio, che dunque era stato fatto liberamente proprio dall’Amministrazione comunale;

- il parere soprintendentizio, richiamato nel provvedimento comunale di diniego, conteneva una motivazione esauriente, seppure succinta, delle ragioni della ravvisata non compatibilità paesaggistico, con specifico riguardo alla natura dell’opera;

- per contro, la relazione descrittiva prodotta dalla ricorrente a corredo dell’istanza ex art. 1, comma 39, l. n. 308 del 2005 era del tutto generica, limitandosi ad affermazioni apodittiche attorno alla compatibilità paesaggistica dell’opera;

- [previo richiamo di un precedente specifico del Consiglio di Stato (parere Sezione II, 19 ottobre 2005, n. 9029), relativo al procedimento ex art. 1, commi 37 ss., l. n. 308 del 2004] il Comune, in ogni caso, avrebbe potuto discostarsi dal parere della Soprintendenza solo con un’adeguata motivazione, attesa la rilevanza degli interessi coinvolti e la tendenziale prevalenza assunta dal valore, costituzionalmente primario, della tutela ambientale.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originario ricorrente, sostanzialmente riproponendo le censure di primo grado, seppur adattate all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza, nonché dolendosi dell’inammissibile integrazione giudiziale postuma della motivazione degli impugnati provvedimenti, effettuata dal T.a.r..

L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3. Si costituivano in giudizio sia l’Amministrazione statale, sia il Comune di Pescara, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. Respinta con ordinanza n. 1716 del 15 aprile 2010 l’istanza di sospensiva, la causa alla pubblica udienza del 5 maggio 2015 è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato.

Giova premettere, in linea di fatto, che le opere abusive oggetto di istanza di compatibilità paesaggistica ex art. 1, comma 39, l. n. 308 del 2004 presentata il 31 gennaio 2005 (oltre che di istanza di condono edilizio ex d.-l. n. 269 del 2003, convertito nella l. n. 326 del 2003, presentata il 7 dicembre 2004), realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 42 del 2004 – che sottopone a vincolo paesaggistico «i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’art. 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227» –, sono costituite da due manufatti accorpati d’altezza media di ca. m 2,60 e volume complessivo di mc 177,63, ad uso deposito macchinari ed attrezzi agricoli, di cui l’uno costituito da un capanno in lamiera di tipo prefabbricato con una superficie di mq 14,00, e l’altro, di maggior dimensione, da una struttura in tubi metallici su fondazioni di piccoli plinti in cemento armato, copertura e tamponamenti in onduline di plastica e metallo, con una superficie di mq 54,68 (v. documentazione in atti).

Orbene, sono condivisibili le conclusioni del T.a.r. in ordine alla logicità, adeguatezza e sufficienza motivazionali del parere soprintendentizio – richiamato nel provvedimento comunale di diniego e nel parere negativo della commissione edilizia comunale integrata – di non compatibilità paesaggistica delle opere, in quanto arrecanti notevoli ed incongruenti modificazioni dello stato dei luoghi, incompatibili con il vincolo paesaggistico gravante sulla zona.

Sebbene il parere sia stato motivato in modo alquanto sintetico e succinto, il riferimento alla natura dell’opera implica una valutazione dei materiali costruttivi, delle caratteristiche costruttive e delle relative dimensioni, ritenute incompatibili con la tutela dei valori paesaggistici tutelati dal vincolo, con conseguente insussistenza della dedotta integrazione giudiziale postuma della motivazione degli impugnati provvedimenti in relazione alle risultanze della documentazione fotografica in atti, ictu oculi confermativa delle caratteristiche manifestamente pregiudizievoli ed impattanti dei manufatti abusivi sul tessuto paesaggistico dell’area (boschiva) di ubicazione.

Deve al riguardo precisarsi, in aderenza a consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, che il diniego di compatibilità paesaggistica postuma (e/o di sanatoria di opere edili realizzate in zone vincolate) è da ritenersi sufficientemente motivato con l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela paesistica poste a base del relativo vincolo, sicché anche una motivazione scarna e sintetica, laddove riveli gli estremi logici dell’incompatibilità, va considerata soddisfacente (v. sul punto, per tutte, Cons. St., Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3142; Cons. St., Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899).

Peraltro, la valutazione circa la compatibilità paesaggistica attiene, all’evidenza, all’esercizio della discrezionalità amministrativa, sindacabile soltanto ove rilevino manifesti profili di illogicità ed irrazionalità.

Nella specie, per quanto sopra esposto, devono ritenersi enunciate, sebbene nell’evidenziato modo succinto, con sufficiente chiarezza le ragioni ostative alla compatibilità paesaggistica, immanenti alle caratteristiche intrinseche delle opere quali sopra descritte, in contrasto con il vincolo paesaggistico gravante sulla zona.

Per altro verso, come correttamente rilevato nell’impugnata sentenza, la stessa parte ricorrente, nella relazione descrittiva da essa prodotta, si è limitata ad enunciare apoditticamente l’asserita compatibilità delle opere nel contesto in cui sono inserite, senza fornire alcuna prova specifica che possa minimamente inficiare, attraverso particolari riferimenti alla tipologia dei materiali e alle caratteristiche costruttive, la correttezza del giudizio espresso dalla Soprintendenza e dal Comune.

Si precisa, in particolare, che l’ivi addotta circostanza, secondo cui il manufatto sarebbe visibile solo dalla proprietà dello stesso ricorrente, deve ritenersi privo di rilevanza, poiché la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela paesaggistico-ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle opere stesse, ma al rispetto della particolare disciplina vincolistica posta a tutela del valore paesaggistico di quella zona specifica di territorio (v. in tal senso, in fattispecie analoghe, Cons. St., Sez. VI, 22 gennaio 2015, n. 234; Cons. St., Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3142).

Né, infine, è ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 16, comma 6, d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 (sostitutivo dell’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004), attesa la specialità della disciplina di cui all’art. 1, comma 39, l. n. 308 del 2004, in tema di giudizio di compatibilità paesaggistica postuma sulla sanabilità di opere già realizzate, correttamente posta a base degli impugnati provvedimenti.

Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 2246 del 2010), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere alle Amministrazioni appellate (Ministero, Comune di Pescara) le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano, favore di ciascuna delle stesse, nell’importo di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015, con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/09/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)