Cass. Sez. III n. 17102 del 26 aprile 2016 (Ud 8 mar 2016)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric. Puglia
Beni Ambientali.Caccia in parchi regionali

Ai fini della configurabilità del reato di cui alli art. 30 comma 1 lett. d) in relazione all'art. 21 comma 1 lett. b legge 11.2.1992 n. 157, la presenza di regolare tabellazione fa presumere noto il divieto di esercizio dell'attività venatoria nei parchi naturali regionali e l'accusa non deve dimostrare la conoscenza da parte del trasgressore, mentre in assenza di tabellazione il divieto si presume ignoto e deve essere l'accusa a dimostrare che, nonostante la mancanza di tabellazione, il trasgressore sia a conoscenza del divieto

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 27.5.2013, il Tribunale di Sciacca, pronunciando, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, nei confronti di P.V., imputato del reato di cui all'art. 110 cod. pen. e art. 30, comma 1, lett. d) in relazione alla L. n. 157 del 1992, art. 21, comma 1 lett. b) per aver esercitato la caccia all'interno della Riserva Regionale "(OMISSIS)" in località guardiola uccidendo due esemplari adulti di cinghiale (in (OMISSIS)), lo dichiarava responsabile del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di mesi due di arresto ed Euro 800,00 di ammenda con confisca del fucile in sequestro.

Con sentenza del 29.1.2015, la Corte di appello di Palermo, a seguito di appello proposto dall'imputato, confermava la sentenza del Tribunale e condannava l'appellante P.V. al pagamento delle spese del grado.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione P. V., per il tramite del difensore di fiducia, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

Violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in ordine al reato di cui all'art. 30, comma 1, lett. d) in relazione alla L. n. 157 del 1992, art. 21, comma 1, lett. b).

Il ricorrente deduce che la L.R. Sicilia 1 settembre 1997, n. 33, art. 21 stabilisce che le aree sottratte all'esercizio venatorio devono essere individuate a mezzo di effettiva perimetrazione, così derogando a quanto previsto della L. 11 settembre 1992, n. 157 e che l'art. 45, commi 3 e 4, della predetta legge regionale dispone che i confini delle oasi devono essere delimitati con tabelle perimetrali, in assenza delle quali è esclusa l'applicazione di sanzioni;

argomenta, quindi, che la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare in merito alla consapevolezza del divieto di caccia all'interno del Parco Regionale dei (OMISSIS) in difetto di prova dell'esistenza di una regolare tabellazione.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte - che il Collegio condivide - le aree naturali protette regionali devono essere perimetrate da apposita tabellazione e la tabellazione, ancorchè imposta per le oasi regionali dalla L. Statale n. 157 del 1992, art. 10, comma 9, non costituisce un elemento costitutivo del reato di esercizio illecito della caccia nelle stesse - art. 30, comma 1, lett. d) in relazione alla L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 21, comma 1, lett. b -, in assenza del quale esso per le aree protette regionali non sarebbe configurabile, ma serve solo a rendere opponibile ai terzi il divieto, avendo il legislatore ritenuto insufficiente la pubblicazione sul bollettino regionale (Sez. 3, n. 1989 del 10/12/2009, dep. 18/01/2010, Rv.

246012; Sez. 3, n. 33286 del 21/04/2005, Rv.232177; Sez. 3, 13.9.2005, n. 33286).

Pertanto, in presenza di una tabellazione regolare, la conoscenza del divieto si presume ed il trasgressore, salvo casi eccezionali, non può invocare a propria discolpa l'ignoranza del divieto. La stessa mancanza di tabellazione o la sua inadeguatezza non determina, peraltro, automaticamente la non configurabilità del reato ma pone a carico dell'accusa l'onere di dimostrare che, nonostante la mancanza di tabelle, il trasgressore aveva la consapevolezza del divieto (Sez. 3, n. 39112 del 29/05/2013, Rv. 257525; Sez. 3, n. 9576 del 25/01/2012, Rv. 252249).

Nella specie, nella sentenza impugnata si dà atto della presenza in loco di perimetrazione vincolata dell'area protetta (cfr pag 2) e, pertanto, deve ritenersi presunta la conoscenza del divieto di esercizio dell'attività venatoria da parte del ricorrente.

Risulta, conseguentemente, infondata la censura difensiva, in quanto, essendo presunta la consapevolezza del divieto da parte dell'imputato, la Corte territoriale non era gravata da obbligo motivazionale in merito.

Va, quindi, ribadito, il seguente principio di diritto: ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 30, comma 1, lett. d) in relazione alla L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 21, comma 1, lett. b, la presenza di regolare tabellazione fa presumere noto il divieto di esercizio dell'attività venatoria nei parchi naturali regionali e l'accusa non deve dimostrare la conoscenza da parte del trasgressore, mentre in assenza di tabellazione il divieto si presume ignoto e deve essere l'accusa a dimostrare che, nonostante la mancanza di tabellazione, il trasgressore sia a conoscenza del divieto.

3. Il ricorso, pertanto, va rigettato e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

4. Va, infine, dato atto che la prescrizione non è maturata, in quanto la fattispecie estintiva, in base al combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen., e tenuto conto del periodo di sospensione di giorni 60 del procedimento per legittimo impedimento professionale del difensore, si sarebbe completata solo alla data del 16.3.2016.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2016